Resta un grosso punto in sospeso – il capitolo pensioni dopo la fine di Quota 100 – ma da ieri lo schema a grandi linee della prima manovra del governo Draghi è tracciato. Il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento programmatico di bilancio (Dpb). La scadenza per inviarlo a Bruxelles non è stata rispettata (era il 15 ottobre) e per la verità anche il varo dell’articolato vero e proprio slitterà alla prossima settimana, visto che il premier sarà al Consiglio europeo sia giovedì che venerdì, nonostante la scadenza fosse prevista per oggi.
Il testo è stato approvato “all’unanimità”, dopo due ore e mezza di riunione a Palazzo Chigi, preceduta in mattinata da una cabina di regia della maggioranza. Il via libera è arrivato solo grazie alla decisione di congelare la discussione sul capitolo pensioni, superando così la “riserva politica” espressa dai ministri leghisti. Draghi non ha voluto forzare la mano, una mossa che sarebbe apparsa come uno schiaffo il giorno dopo la batosta dei ballottaggi. La questione è nota: dopo Quota 100, che scade a fine anno, va trovato un modo per evitare un ritorno per tutti agli stringenti requisiti della riforma Fornero (mai abrogati), ma l’ipotesi offerta dal ministro dell’Economia Daniele Franco di Quota 102 nel 2022 e quota 104 nel 2023 non è piaciuta ai leghisti e per la verità nemmeno ai sindacati, tanto più che riguarda una platea (50 mila persone) ancora più piccola di quella della misura voluta nel 2018 ai tempi del Conte 1. C’è una settimana per trovare la soluzione, ma grandi interventi sono esclusi.
Nel complesso la prossima manovra vale tra i 23 e i 25 miliardi, grazie allo spazio fiscale aperto dalla decisione di mantenere il deficit di 1,2 punti di Pil sopra il livello a cui si sarebbe fermato nel 2022 senza interventi. Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco hanno presentato uno schema sostanzialmente definito nei numeri complessivi, con margini ristretti di trattativa per i partiti (che potranno dilettarsi con il solito fondo per le “esigenze parlamentari”). Circa 8 miliardi saranno destinati alla riduzione delle tasse, due in più dell’ultimo intervento sul bonus Irpef, (portato da 80 a 100 euro ampliando la platea fino ai 40mila euro di reddito). Questa volta potrebbe riguardare i contribuenti fino a 55mila euro di reddito che scontano l’aliquota del 38% (previsto anche un taglio dei contributi per le aziende). Il centrodestra, compresa Italia Viva, chiedeva un taglio da 10 miliardi.
I 5Stelle incassano la conferma del Reddito di cittadinanza, che viene rifinanziato per il 2022 portando lo stanziamento dai 7 miliardi iniziali ai quasi 9 che si spenderanno quest’anno dopo il disastro del Covid. In cambio dal Movimento hanno aperto a una revisione in manovra che sulla carta si annuncia abbastanza indolore (ritocco sui controlli e riduzione dell’assegno per chi rinuncia alle offerte di lavoro) ammesso che il centrodestra seppellisca qualsiasi velleità di ridimensionare la misura. I grillini però devono dire addio per ora alla proroga totale del Superbonus edilizio al 110% per tutto il 2023: sarà riservato solo ai condomini (sembra destinato a saltare il bonus facciate), anche se la discussione è aperta.
Per il resto arrivano 2 miliardi in più l’anno fino al 2024 per la Sanità, un nuovo fondo (da circa 1 miliardo) per fronteggiare il caro bollette, una cifra minima visto che – ha confermato ieri l’Authority per l’energia – i prezzi continueranno a salire a lungo. Sono attesi fondi per la scuola e l’università, il taglio dell’Iva sugli assorbenti, la stabilizzazione dei congedi per i papà e del bonus tv.
Resta ancora da definire lo stanziamento per la riforma degli ammortizzatori sociali. Il testo, a cui lavora il ministro Andrea Orlando, non è chiuso: nella versione più estesa vale quasi 8 miliardi, più del doppio di quanto il Tesoro sembra disposto a concedere. Se ne riparlerà – come molte altre misure – nei prossimi giorni.