Sir Elton John, la sua è una vita immersa nella musica altrui. Sin da quando lavorava in un negozio di dischi.
Beh, cominciai comprando i 78 giri, questo dimostra quanto io sia vecchio. Il mio primo 78 era di Doris Day, The Deadwood Stage. C’era sempre musica in casa dai miei. E non ho mai perso l’abitudine di acquistare qualche cd o vinili, ovunque io sia. Entro in un negozio e mi sento come quando ero bambino. Riprendo nuove copie di album che già possiedo. Non resisto a Cupid & Psyche degli Scritti Politti, lo vedo e apro il portafogli. E ogni venerdì tiro giù la lista delle nuove uscite e me le procuro.
Facendo grande attenzione ai giovani talenti.
Su Spotify spuntano trentamila nuovi pezzi a settimana. Roba fantastica, c’è un mucchio di musica sensazionale di ogni tipo, a voler fare i cercatori d’oro. Prendete Morgen, una sedicenne americana. Alla sua età io mi mettevo ancora le dita nel naso. Ho passato due suoi pezzi al programma radiofonico che conduco da sei anni su Apple, Rocket Hour.
Dove trasmise anche una Billie Eilish ancora alle prime armi.
Se mi entusiasma il lavoro di una ragazzina già così talentosa, le telefono e la intervisto in onda. Un po’ di tempo dopo Billie mi ha detto di ricordarsi di quella chiamata. Un giorno forse faremo qualcosa insieme, ma è ancora presto. Sta crescendo alla grande, quel piccolo fiore diventa un albero robusto.
Intanto lei, Elton, ha coinvolto molte superstar nel suo album in uscita il 22 ottobre, The Lockdown Sessions. Il singolo con Dua Lipa, “Cold Heart”, che impasta nell’ultradance “Rocket Man” e “Sacrifice”, sta sbancando le classifiche.
Dua mi chiese di parlare su Instagram della scena disco anni 70 dello Studio 54, ci siamo conosciuti così. Poi abbiamo duettato per la Elton John AIDS Foundation, siamo usciti a cena e diventati amici. Il mio manager le ha detto: senti questo remix e sparatelo al massimo volume a bordo piscina. Nel caso, chiamaci. Lei lo ha fatto: ‘Ok, voglio cantarci dentro io Rocket Man’”.
Sedici pezzi nell’album, con nomi come Brandi Carlile, Charlie Puth, Eddie Vedder dei Pearl Jam, Gorillaz, Lil Nas X, Miley Cyrus in una cover di “Nothing Else Matters” dei Metallica, Nicki Minaj, Rina Sawayama, SG Lewis, Stevie Nicks dei Fleetwood Mac, Stevie Wonder, Surfaces, Years & Years, Young Thug, lo scomparso mito del country Glenn Campbell. Un disco collettivo, con lei, Sir Elton, che si presta a fare il session man di lusso.
Non volevo pubblicare un album di Elton John, soprattutto durante il lockdown. Non avevo alcun progetto per fare musica, in realtà. Avevo una pila alta così di magnifici testi di Bernie Taupin, ma non avevo la testa per concentrarmi su me stesso. La reclusione in casa mi aveva sorpreso alla fine del segmento Australia-Asia del mio Farewell tour, prima di un rinvio a tempo indeterminato.
La tournée riprenderà nel prossimo anno, una volta che avrà riacquistato la forma dopo un’operazione all’anca. Per la prima e unica volta sbarcherà anche a San Siro, il 4 giugno. Poi a Los Angeles i concerti finali della sua storia live.
Nello stop forzato degli scorsi mesi ho dovuto impiegare il tempo in qualche modo, come tutti. Mi sono buttato a guardare la serie su Chernobyl e poi con i miei figli organizzavamo tornei di “Snakes and Ladders”: vincevano sempre loro. Non avevo niente altro da fare tutto il giorno. Finché qualcuno mi ha insegnato a comunicare via Zoom, e ho ripreso a contattare gli amici, imparando a duettare a distanza. Questo The Lockdown Sessions è nato dopo un primo contatto al ristorante con Charlie Puth: non lo avevo mai incontrato prima malgrado vivesse a tre porte da me a LA. Poi tutti gli altri. E con il sostegno di un produttore da Grammy, Andrew Watt. Qui e là mi limitavo a suonare il piano. Volevo tornare a fare il session man.
Lo era stato spesso nella sua carriera.
Ho avuto la fortuna di registrare con Bob Dylan, John Lennon, George Harrison, Leon Russell. Ho cantato con Leonard Cohen, Aretha Franklin, Ray Charles, Stevie Wonder. Non male come elenco, no?
Wonder l’ha ritrovato in questo album.
Sì, ma sono ancor più concentrato e motivato a duettare con le giovani stelle. Ho conosciuto tutti i grandi, abbiamo condiviso meraviglie. Ma ora tanti altri stanno conquistando la scena, riconciliandomi con la sensazione familiare di quando avevo la loro età. Questo disco ha trovato me, non viceversa. Ero privo d’ispirazione, ma le nuove star mi hanno restituito vita ed entusiasmo. E una fiducia mai così piena nel futuro della musica.