L’assalto di Forza Nuova alla sede nazionale della Cgil ripropone l’eterna contrapposizione italiana tra fascismo e antifascismo, che copre tutto l’arco della Repubblica. Qual è oggi l’esatta dimensione della questione? Per “Bifo” è falsa, vuota, se non ridicola. Aiuta a distrarre dai veri problemi di oggi: il dogmatismo sanitario ai tempi del Covid e la drammatica emergenza dei migranti. Al contrario, Giovanni Valentini evoca il rischio di un regia ben precisa dietro il sabato fascista del 9 ottobre. In pratica, lo spettro di una nuova strategia della tensione.
Parere/1
I “buoni” ipocriti e il vero fascismo dell’Ue che ammazza e discrimina
Lo sdegno di cui le persone per bene riempiono in questi giorni le prime pagine dei loro giornali suona falso, vuoto, perfino ridicolo.
A Roma qualche giorno fa si è svolta una sceneggiata orrenda: poche decine di patetici individui noti alle cronache hanno riproposto un copione vecchio di cento anni: l’assalto alla sede del sindacato dei lavoratori.
Questo assalto si è svolto nel contesto di una mobilitazione no-vax di proporzioni inquietanti che riunisce motivazioni e sensibilità molto diverse fra loro, ma è stata unificata e consegnata in blocco all’egemonia dei rottami fascisti dal dogmatismo sanitario dominante. L’intero arco politico si veste di antifascismo. Evviva. Siamo salvi, la democrazia è destinata a trionfare se gode di tanti appassionati difensori come Giorgia Meloni e come Letta e Salvini, quei due buontemponi che corsero a portare solidarietà a Israele mentre Israele bombardava i palazzi di Gaza.
L’auto-assoluzione delle persone per bene mi fa vomitare. Quelle persone per bene dimenticano allegramente un paio di cose: che questo Paese, anzi questa Unione europea, uccide ogni anno decine di migliaia di persone nelle acque del Mediterraneo, nelle foreste a est di Bihac, nei campi di concentramento disseminati tutt’attorno al bacino mediterraneo. E adesso questa Unione dei bianchi europei progetta la costruzione di un muro per proteggersi dalle orde che provengono dai luoghi che la nostra aviazione ha bombardato e che le nostre imprese hanno saccheggiato.
Le persone per bene che oggi in coro condannano il fascismo forse non sanno che in questo Paese si sono formate sacche di lavoro schiavistico. Infatti tra gli sciagurati che riescono a sopravvivere ai campi di tortura libici, ai cani-poliziotto croati, all’annegamento, a Minniti e Salvini, tra i fortunati che riescono a sbarcare, molti lavorano come schiavi nelle piantagioni del sud assolato dove alcuni muoiono di infarto dopo 12 ore a raccogliere pomodori sotto il sole impazzito.
La popolazione europea convive con questo arcipelago di nazismo come i cittadini di Auschwitz convivevano col fumo che usciva da quelle ciminiere. La maggioranza dei cittadini europei approva e caldeggia lo sterminio. Il nazismo è dovunque, e le persone per bene che firmano gli editoriali sdegnati dovrebbero sapere che due squilibrati aggressivi come Fiore e Castellino sono solo un minuscolo problema di pulizia, mentre la peste nazista è rifiorita nel cuore di una popolazione impoverita dal liberismo, umiliata dall’impotenza e rimbambita dalle trombe del panico.
Inoltre siamo complici di un apartheid globale che esclude metà del genere umano dall’accesso al vaccino mentre ci prepariamo a iniettarci una terza dose e poi una quarta destinate solo a coloro che appartengono alla razza superiore.
Non giudico le misure di sanità pubblica, non ne ho la competenza né l’autorità. Riconosco che la potenza del virus è più grande della potenza della volontà umana; che la volontà dei politici è poca cosa, anzi nulla di fronte alla tempesta caotica che il virus ha scatenato. Ma proprio per questo capisco bene che una parte della popolazione (irriducibile a un’identità politica) si ribelli inorridita di fronte alla disciplina sanitaria.
L’unanime coro delle persone per bene che firmano articoli sui giornali del regime draghiano (il regime ideologicamente più compatto della storia italiana) provoca tra l’altro l’effetto catastrofico che abbiamo visto in piazza del Popolo: quattro gaglioffi ignoranti vestiti di nero guidano una rivolta eterogenea che si riconosce nel grido equivoco di “libertà”.
Franco “Bifo” Berardi
Parere/2
Stiamo attenti, rischiamo una nuova strategia della tensione
Chi – per ragioni anagrafiche o scelta politica – non è mai stato né fascista né comunista, stenta a comprendere l’origine del clima di tensione e di odio esploso con le violenze che hanno sconvolto Roma alla fine della settimana scorsa. Fra queste, in particolare l’assalto alla sede nazionale del Cgil, il maggiore sindacato dei lavoratori che sabato prossimo scenderà in piazza insieme a Cisl e Uil per manifestare contro lo squadrismo, chiedendo a norma della Costituzione lo scioglimento di Forza Nuova e di altre formazioni neofasciste. Un attacco tanto incomprensibile e ingiustificato quanto inatteso e imprevedibile. E il primo aspetto da mettere a fuoco è proprio l’assurda contrapposizione fra il mondo del lavoro e il popolo dei No Green Pass o No Vax, l’uno identificato con la sinistra e l’altro con la destra. Quasi che il vaccino anti-Covid rappresentasse uno spartiacque politico o addirittura ideologico, per distinguere i due campi e i due schieramenti.
L’infausta teoria degli “opposti estremismi”, come si ricorderà, risale storicamente alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso: la sua finalità principale era quella di aggregare le forze centriste per isolare le due ali della destra e della sinistra. E tornò in auge negli anni Settanta, sfruttando le violenze di una parte e dell’altra attraverso la cosiddetta “strategia della tensione” che insanguinò il Paese con le bombe, le stragi e poi le azioni dei terroristi neri e rossi. Ecco, non vorremmo che oggi quella storia si ripetesse, magari sotto la regìa occulta di centrali di potere nazionali o internazionali e con la complicità di apparati deviati dello Stato. Ma, per evitare un pericolo di questo genere, occorre una maggiore vigilanza da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della magistratura, insieme a una mobilitazione generale dell’opinione pubblica democratica.
Proprio chi non è mai stato né fascista né comunista non può mettere sullo stesso piano le due grandi tragedie del Novecento, come pretende di fare il direttore di Libero Alessandro Sallusti e altri con lui. Non può farlo per un motivo fondamentale: e cioè che la nostra Costituzione è geneticamente antifascista. E, come si sa, reca in calce anche la firma del comunista Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente, insieme a quelle del liberale Enrico De Nicola e del democristiano Alcide De Gasperi.
Certo, in nome di un ideale di uguaglianza e di un’utopia degenerata nella dittatura, i regimi comunisti hanno commesso nel mondo enormi atrocità, sopprimendo la libertà e i diritti civili. Ma per nostra fortuna, o forse proprio perché il Pci era diverso e la vecchia Dc faceva da argine, in Italia il comunismo non c’è mai stato al contrario purtroppo del fascismo. E comunque, a partire dalla metà degli anni Settanta con Enrico Berlinguer, il Partito comunista italiano ha compiuto un lungo percorso di revisione e trasformazione riformista, fino a cambiare più volte nome e simbolo per approdare nel 2007 al Partito democratico. Equiparare oggi il Pd al comunismo, dunque, significa incorrere in un doppio errore: storico e politico.
Ma il peggio è che, magari senza volerlo e senza esserne consapevoli, si rischia così di innescare una spirale antagonistica che può riprodurre gli “opposti estremismi”, con la rapidità e le varianti di un virus epidemico. Separare la sinistra riformista dal comunismo equivale a separare la destra liberale dal fascismo e dallo squadrismo. Senza ambiguità, ammiccamenti o strumentalizzazioni che fanno il gioco di chi vuole soffiare sul fuoco dell’odio e della violenza.
Giovanni Valentini