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Green pass mai ricevuto: una follia tutta italiana

Scrivo a nome di mio padre ultrasettantenne, che ha fatto la prima dose di vaccino nella regione di residenza, Lombardia, e la seconda in Friuli, visto che c’era la possibilità di farlo il 13 luglio. Ebbene a oggi 2 ottobre, dopo numerose telefonate ai numeri verdi regionali dedicati e non ultimo quello istituzionale e inviato numerose email con foto di tutti i documenti necessari, NESSUNO si è degnato di una risposta in merito: continuano a dire che “abbiamo fatto segnalazione”. Mi rivolgo a voi, come lettore quotidiano, per un aiuto o per indirizzarmi a qualcuno che risolva la situazione del continuo rimpallo di responsabilità in merito. Non è possibile accollarsi spese in più, vedi tamponi, per poter solo banalmente mangiare una pizza.

Andrea Redolfi

 

Caro Andrea, pubblico la sua lettera sperando che qualche autorità nazionale, o regionale, la legga e si prenda cura del vostro caso.

M. Trav.

 

Persino un sindaco può violare le leggi se ingiuste

Concordo integralmente con l’editoriale di Travaglio “Amaro Lucano” pubblicato il primo ottobre. Pena eccessiva, seppur inflitta codice alla mano, per una persona che ha violato la legge, ma certamente in buona fede e per scopi e valori condivisibili. Tuttavia ritengo che anche un sindaco, come chiunque altro con responsabilità amministrative e di governo della cosa pubblica, abbia il diritto-dovere di non rispettare la legge, quando palesemente ingiusta e non rispettosa dei diritti umani, come in questo caso il diritto dei migranti a essere salvati e accolti. Certamente agendo in modo del tutto trasparente e affrontando, come scrive Travaglio, consapevolmente le conseguenze delle proprie azioni.

Patrizio Innamorati

 

Caro Patrizio, Lucano non ha violato leggi ingiuste sull’immigrazione (per quello è stato assolto), ma vari articoli del Codice penale che puniscono peculato, truffa allo Stato, falso in atto pubblico e abuso d’ufficio.

M. Trav.

 

La schiforma cancellerà la strage di Peteano

La schiforma Cartabia prevede che siano cancellate dal web tutte le vicende giudiziarie che non si concludono con una sentenza definitiva di condanna, come le assoluzioni, le prescrizioni, le improcedibilità e le amnistie. Prima che venga cancellata la memoria dell’incriminazione di Almirante per favoreggiamento aggravato degli autori della strage di Peteano, diventa urgente ricordare quei fatti, perché “in un solo processo si sono visti uniti nella congiura contro la verità tutti i poteri dello Stato” (G. Ferrari, pm del processo Peteano bis). Dagli atti di quel processo risulta che Almirante abbia coperto la fuga di un dirigente del Msi friulano, esecutore materiale di quella strage. Almirante e un avvocato friulano fecero pervenire al terrorista la somma di 35 mila dollari perché si sottoponesse a un intervento alle corde vocali in modo che non venisse riconosciuta la sua voce nella telefonata fatta ai carabinieri per attirarli nella trappola (Wikipedia). Entrambi vennero incriminati per favoreggiamento aggravato verso i terroristi, ma soltanto il secondo fu condannato, mentre il leader del Msi si avvalse prima dell’immunità parlamentare e poi dell’amnistia.

Maurizio Burattini

 

Paolo “Straccio” Liguori straparla di coerenza

Ho letto l’articolo di Travaglio pubblicato ieri, in cui il brillante giornalista Paolo Liguori assume la funzione del giudice contro la Raggi accusandola di essere incoerente. Strabiliante! Proprio lui che tempo fa si faceva chiamare “Straccio” e animava da estrema sinistra i cortei contro i vili padroni, adesso presta questa sua loquela al padrone dei padroni. Ottimo esempio di coerenza! Dovrebbe per pudore nei confronti degli ascoltatori o lettori omettere questo aggettivo quando dà giudizi nei confronti degli altri.

Marco Olla

 

Diritto di replica

A differenza di quanto si legge nello stravagante articolo del vostro giornale di ieri a firma Marco Palombi, il figlio del presidente della Repubblica si chiama Bernardo Giorgio, è professore universitario di Diritto amministrativo ed è persona diversa dall’amministratore del Mediocredito. Distinti saluti

Ufficio stampa del Quirinale

 

È vero. Il quasi omonimo manager di Mcc è il nipote del presidente della Repubblica. È dunque col capo cosparso di cenere e l’umiliazione nel cuore che, chiedendone perdono agli interessati e ai lettori, ammettiamo l’incredibile errore. Come unica scusa, comunque non sufficiente, vorremmo almeno accampare il nostro ben noto entusiasmo per un eventuale Mattarella bis…

Ma. Pa.

Il grado d’improvvisazione a destra

 

“Io su queste cose divento pazza, ma come si fa a frequentare certa gente per prendere 30-40 preferenze in più?”

Giorgia Meloni. “Corriere della Sera”

 

Al tempo dello scandalo Lewinsky universale indignazione suscitarono le bugie di Bill Clinton sui rapporti intrattenuti con la stagista Monica. E altrettanta universale ilarità suscitarono le battute su ciò che avveniva sotto la scrivania dello Studio Ovale. Giocare sull’aspetto ridicolo di un evento drammatico ha fatto sempre la fortuna della satira. Anche se forse quando la satira contemporanea si occupa dei politici non ha più bisogno di un Aristofane o di un Giovenale visto che i testi migliori sono quelli autoprodotti dagli stessi bersagli della derisione. Paradigmatico il triplice scandalo che ha investito Fratelli d’Italia dopo il clamoroso video di Fanpage rilanciato giovedì sera da Piazzapulita. Che si articola sull’ipotesi fondi neri e sulle affermazioni di stampo fasciorazzista espettorate dalla cameratesca combriccola guidata da Carlo Fidanza. Il tutto reso ancora più grave e imbarazzante dalla posta in palio: un pugnetto di preferenze riconducibili alla figura minore di una candidata sconosciuta ai più. C’è uno schema che si ripete. Abbiamo il caso del temutissimo superguru Luca Morisi, che mette nei guai se stesso, il suo adorato principale e la Lega in blocco per un diverbio su millecinquecento euro forse dovuti o forse no al prestatore d’opera rumeno. E osserviamo il turbo europarlamentare dicono dal futuro radioso che incasina se stesso e la vigilia elettorale di FdI. Entrambi mossi da superficialità e delirio di onnipotenza. La miscela, o se vogliamo la droga Ghb dei comportamenti dissennati, che comporta l’abbassamento delle difese immunitarie di ogni elementare buon senso. Per cui tutto si può dire, tutto si può fare, tanto a noi non ci tocca nessuno. Comportamenti già abbastanza a rischio per i comuni mortali ma dalle possibili conseguenze catastrofiche quando ne siano protagonisti personaggi politici di rilievo pubblico. Casi nei quali l’errore individuale comporta, come nel gioco del domino, un effetto a catena dalle conseguenze imprevedibili. Ecco dunque che deflagra il problema di una classe dirigente populista e sovranista spesso selezionata come capita e senza le opportune verifiche (e di cui i candidati sindaci a Roma e Milano, Michetti e Bernardo costituiscono un esempio) Se e in che misura i partiti di Salvini e Meloni pagheranno le dissennatezze dei loro sottoposti lo valuteremo tra poche ore. Ma se pure i leader dovessero limitare i danni, o anche cantare vittoria qui o là, indelebile resterebbe la sensazione di due destre che si candidano a governare l’Italia con una notevole improvvisazione. E con sommo sprezzo del ridicolo.

 

Settembre dei record. Ma ci sono ancora margini per la Terra

In Italia – L’autunno tenta di farsi strada, il flusso perturbato atlantico si è abbassato di latitudine portando talora fenomeni violenti, ma nei giorni scorsi le temperature erano ancora estive a chiusura di un settembre tra i dieci più caldi in due secoli al Settentrione (anomalia circa +2 °C). Domenica 26 una perturbazione ha attraversato il Centro-Nord innescando intensi temporali tra Levante ligure e alta Toscana, raffiche di vento oltre 100 km/h (non trombe d’aria o tornado) hanno abbattuto alberi sulle auto in sosta a Massa, e una grandinata con chicchi fino a 8 cm di diametro ha distrutto tetti e vetture e ferito una decina di persone nel Mugello. Nelle stesse ore lo scirocco surriscaldava la Sardegna con 36 °C presso Oristano, notevoli anche i 35 °C di lunedì nel Catanese e i 31 °C di martedì a Firenze. Nella notte di mercoledì 29 ecco forti scrosci sull’alta Lombardia già battuta dai nubifragi estivi, con il paese di Blevio (Como) invaso da una colata detritica del torrente Pertus – (co)stretto tra gli edifici – come avvenuto anche lo scorso 25 luglio, e un’imponente grandinata a Gornate Olona (Varese). Inoltre, all’alba di giovedì 30 settembre allagamenti a Imola e Forlì sotto temporali fino a 65 mm di pioggia. I giovani sono tornati nelle piazze di tutto il pianeta con le proteste dei Fridays for Future per chiedere azioni più incisive per la protezione del clima, e sono stati protagonisti a Milano dell’evento “Youth4climate”, portando le loro idee di sostenibilità ai leader mondiali nell’ambito della pre-Cop26 in vista della grande conferenza per il clima di inizio novembre a Glasgow. Per cambiare strada la consapevolezza è fondamentale, e a coltivarla dal 1998 contribuisce il festival Cinemambiente di Torino, in corso fino al 6 ottobre con proiezioni dal vivo ma anche on line su www.cinemambiente.it.

Nel mondo – L’intenso uragano tropicale “Sam” (categoria 4) per fortuna è rimasto al largo nell’Atlantico sfiorando solo le Bermuda, e lo stesso farà la tempesta “Victor”, la ventesima di una stagione molto attiva: a questa data nella serie dal 1851 e in questo oceano se ne erano conteggiate di più (ben 24, mentre la media è 11) solo nel recentissimo 2020, anno da record. Il ciclone “Gulab” ha investito l’India con un grave bilancio di duecento vittime, e ora si è rigenerato nel Mar Arabico con il nome di “Shaheen” minacciando le coste di Pakistan, Iran e Oman. Neve e freddo precoce in Alaska, ad Anchorage la media delle temperature notturne della terza decade di settembre (-0,4 °C) non era così bassa da un trentennio, e prime brinate anche nelle pianure dell’Europa centrale, ma nell’insieme del mondo il bilancio termico continua a pendere verso il troppo caldo. Eccezionale calura tardiva tra il Midwest e il Canada centrale, 38 °C nel North Dakota e 34 °C nell’Alberta, inoltre 44 °C in Marocco, mai raggiunti così avanti nella stagione autunnale, e in Giappone 33,5 °C a Kagoshima, record per settembre in oltre un secolo. I risultati dell’attuale inerzia nelle politiche climatiche graveranno come una spada di Damocle sulle generazioni future: lo studio “Intergenerational inequities in exposure to climate extremes”, coordinato dalla Libera Università di Bruxelles e pubblicato su Science, dice che i bambini nati nel 2021 sperimenteranno il doppio degli incendi, circa il triplo di siccità e alluvioni, e sette volte le ondate di calura rispetto a un adulto di oggi. Secondo un nuovo rapporto dell’International Energy Agency (Net Zero by 2050) la strada verso la neutralità climatica è stretta ma ancora percorribile, ed è fatta di fonti rinnovabili, di efficienza ed equità energetica. Ma se non ci diamo da fare si tratterà del solito “bla-bla” che Greta Thunberg l’altro giorno a Milano ha rinfacciato ai grandi della Terra.

 

Gesù. Mariti che ripudiano le mogli, la dura lex di un cuore durissimo

L’evangelista Marco (10, 2-18) ci racconta che alcuni farisei si avvicinarono per metterlo alla prova. Ricordiamo che il Maestro era in viaggio verso la Giudea. Gesù cammina e di nuovo la gente gli si raduna intorno. Vediamo intrecciarsi il movimento lineare di Gesù e quello circolare delle folle che si radunano e si avvicinano.

In questo movimento notiamo quello di alcuni farisei. Si apre una controversia e Gesù è messo alla prova. L’argomento era se fosse lecito a un marito ripudiare la propria moglie. La chiave del ragionamento è la parola lecito. Siamo cioè sul piano normativo-giuridico. Gesù risponde alla domanda con una domanda, destabilizzando il dibattito: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. La risposta che riceve resta sul piano della legalità: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”. Il testo legislativo si preoccupava di tutelare la posizione della donna ripudiata, del resto, rivendicandone la piena autonomia nei confronti dell’ex-marito. Ma a questo punto avviene il capovolgimento del discorso. Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Gesù spiazza: prende il punto interrogativo della disputa e chiaramente lo sposta dal livello giuridico del lecito a quello del cuore (e della sua durezza). Non c’è legge che possa far nascere l’amore o resuscitarlo dove è morto, infatti. Gesù non vuole porre una legislazione più rigorosa o una visione morale più elevata. Sta dicendo però che l’atto legale è stato motivato dalla durezza del vostro cuore, che è il vero punto focale del discorso; non la norma, ma il cuore. Occorre cambiare il cuore, sciogliere la sua durezza.

Cambio di scena. Gesù era per via circondato da gente. Adesso Marco, senza soluzione di continuità, lo inquadra a casa, circondato dai discepoli che lo interrogavano di nuovo su questo argomento. È un modo diverso di interrogare, però: non per strada e per prova, ma nell’intimità, per comprendere. E Gesù chiarisce che il ripudio è adulterio, al di là delle norme di salvaguardia. È il cuore che ripudia. L’amore che Gesù annuncia, quello che è nella mente di Dio, non ripudia. E non c’è legge che possa rendere accettabile la durezza del cuore. Cambio ulteriore di scena. Marco scatta una istantanea: alcuni presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse. Dove? In casa? Pare più una scena da esterno. Siamo nuovamente fuori, forse. I discepoli li rimproverarono. E Gesù s’indigna: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. Marco si sofferma a inquadrare Gesù mentre prende i bambini tra le braccia. Che senso può avere questa istantanea sui bambini proprietari del regno di Dio alla fine di un long take che accompagna gli eventi dalla strada alla casa? Il bambino è povero, nel senso che riceve tutto come dono d’amore, e lo fa con naturalezza. Il figlio “è” sempre “di” qualcuno, indissolubilmente. L’orgoglio, che è in realtà paura di non essere amati, impedisce l’essere amato e l’amare. Forse allora è così che la durezza del cuore può sciogliersi ed essere guarita: gettando le difese, fidandosi di un amore più grande. Solo così, diventando come bambini l’uno dell’altro, i due potranno essere una carne sola.

 

I due nuovi “eroi” tipici di un’Italia deragliata

Due Italie autorevoli e opposte, rispettate e scandalose, fondate sulla legge e senza la legge, si sono fatte sentire insieme nel giro di poche ore.

La vice-questore di Roma, Schilirò, e il Tribunale di Locri. In tutti e due i casi le autorità (Polizia, Tribunale) si assumono il compito di separare di più due parti dell’Italia, notoriamente giù divisa sulla questione dei “Green pass” (definita dalla vice questore di Roma in un comizio politico “una tessera di discriminazione”) e su quella degli immigrati, spesso con donne incinte e bambini piccoli, e spiagge coperte di piccoli cadaveri e disperati che chiedono rifugio (che invece in Italia è reato).

Proprio nel momento in cui il Tribunale di Locri stava eliminando dalla vita pubblica e politica il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, colpevole di avere aperto tutte le case disponibili del suo paese semi-abbandonato a chi dormiva sulle rocce, all’aperto, e per questo veniva condannato a 13 anni di prigione, la vice-questore di Roma diceva in televisione e in un comizio in Piazza San Giovanni che “il momento storico che stiamo vivendo (quello in cui si chiede ai cittadini di mostrare il Green pass per evitare contagi) è di una gravità senza precedenti. Manifestare è come denunciare un delitto”.

Come una matassa che si è arrotolata lungo il verso sbagliato, la vita pubblica italiana è certamente parte di una grande confusione, composta di tante falsità, tante fratture. Tante diverse spinte politiche. Interessa per esempio sapere (vedi Ilvo Diamanti, la Repubblica 27 settembre ) che gli italiani hanno abbandonato la presa feroce contro gli “stranieri e le ‘sacre frontiere’” di Salvini e della Meloni, tanto che anche i due leader di semi-opposizione si stanno scegliendo altri ideali (e non giova alla Meloni l’affezionato legame con Orbàn e a Salvini avere un ex come Putin).

Il fatto nuovo del disordine italiano, che attrae l’attenzione dei negativisti (opporsi a tutto non in nome di un principio ma per strappare voti alla cieca) si rivela oggi attraverso una corsa stralunata per mostrare la propria bravura in qualcosa che doveva accadere ieri ma oggi non serve più. Non credo che sia stato facile argomentare, dimostrare e colpire adeguatamente i reati e le violazione della legge e della rettitudine di sindaco commessi da Mimmo Lucano, diventato nel mondo una specie di Gandhi italiano per tutto quello che aveva osato fare in favore dei poveri. Per fortuna di Mimmo Lucano la sua condanna da Conte di Montecristo è di primo grado. Ma il fatto importante è che un bel po’ di italiani (forse già la maggioranza) si accorge che il Paese è vuoto, nessuno raccoglie la frutta, una Italia in ripresa è sguarnita di manodopera, e il “reato” compiuto a Riace non sembra più così sinistro, sembra anzi una iniziativa profetica.

Noi, oggi, ci troviamo di fronte a due fatti stupefacenti, uno dei quali (il comizio della vice-questore) pericoloso (e quindi restiamo in attesa di interventi credibili). E un altro – il processo di Locri – in cui credo che molti cittadini non riusciranno a vedere e a condividere il rapporto fra il delitto e la pena. Sappiamo che ci saranno altri giudici. Però, con tutto il doveroso rispetto per il Tribunale di Locri, una cosa è impossibile non notare. I giudici hanno deciso in sentenza, per il sindaco di Riace una pena doppia rispetto a quella richiesta dai pm. È un fatto raro, quasi sempre dedicato a fatti di sangue in cui resta in discussione la responsabilità finale del delitto. E c’è una immensa somma da restituire all’Europa dopo un processo in cui nessuno, tranne i profughi, ha preso soldi e nessuno può più lavorare. Preciso: non sto criticando una sentenza che non conosco e che non capisco. Sto notando – certo insieme a molti lettori – che tutto ciò è stato fatto in modo incomprensibilmente esagerato proprio perché molti di noi pensassero, dicessero o scrivessimo queste righe. Ci sono riusciti.

 

 

Caro Furio, rispetto come sempre il tuo pensiero, anche se non lo condivido. Ma, per amor di verità, ricordo che Lucano non è stato condannato perché dava casa ai migranti e aiutava i poveri. Ma per il motivo opposto: perché dirottava forti somme di denaro dell’Ue e dello Stato (cioè dei cittadini) dallo scopo per cui le aveva ottenute come sindaco (presentando falsi giustificativi e false fatture) verso altri fini, “privati” ed estranei all’accoglienza dei migranti (inclusi acquisti di case e un viaggio in Argentina). E anche per aver affidato senza gara l’appalto dei rifiuti comunali a una coop legata a lui e ai suoi amici priva di qualunque autorizzazione ambientale e in barba all’“imparzialità della Pa” prescritta dalla Costituzione. Brava persona, per carità, ma l’ultimo sindaco al mondo a cui vorrei affidare i soldi delle nostre tasse.

Marco Travaglio

Il giovane abate Ji Chen, l’amico calzolaio e le procaci concubine

Dalle fiabe apocrife di Cao Xueqin. La condotta di Ji Chen, il nuovo, giovane abate del monastero Dongda, stava dando scandalo: gli altri monaci giudicavano sconveniente che, con un amico calzolaio, trascorresse notti di deboscia nel tempio, accompagnandosi con procaci concubine. I pettegolezzi, che raccontavano di risate femminili notturne, e di ragazze discinte che lasciavano il monastero all’alba, giunsero fino a Pechino, costringendo i superiori a inviare un bonzo venerabile a Jining per verificare le accuse ed esaminare la fede di Ji Chen. Quel bonzo, un sant’uomo, comunicava solo a gesti, avendo fatto voto di non proferire parola. Alla notizia del suo arrivo, Ji Chen atterrì: era sicuro che l’esame dottrinale avrebbe portato alla sua espulsione. Che disonore! Ma l’amico ciabattino, che era più sfacciato, non si perse d’animo: indossò i paramenti di Ji Chen e attese l’incontro, mentre Ji Chen si nascondeva dietro l’altare. Il bonzo santo entrò nel tempio e si prostrò davanti alla statua del Buddha. Poi si voltò verso il finto monaco e si toccò la fronte col palmo della mano destra. Il ciabattino replicò battendo sul pavimento il piede sinistro. Il pellegrino venerabile sorrise, e si toccò l’ascella. Subito il calzolaio si diede un colpetto sul sedere. Il sant’uomo annuì, e gli mostrò le prime tre dita della mano destra. Il ciabattino rispose aprendo la mano destra. L’esame era terminato e il monaco anziano pareva molto soddisfatto. Tornato a Pechino, si recò al monastero Longquan, dove i superiori in attesa gli porsero carta e penna. Scrisse: “Ho visitato molti templi da qui al Siam, ma non ho mai incontrato un monaco così ferrato nella dottrina come l’abate Ji Chen. Non solo ha risposto perfettamente alle mie domande, ma lo ha fatto con parabole sottili che dimostrano una grande cultura. Gli ho detto: ‘Dobbiamo sempre venerare l’immagine del Buddha nella nostra mente’, e lui ha replicato: ‘Dobbiamo allontanare con forza le illusioni di Mara, il tentatore.’ Allora gli ho mostrato la mia ascella per indicare che le preghiere del giusto raggiungono il cielo come protette da una cicogna sotto le sue ali delicate. E lui ha risposto: ‘La cicogna scompare nelle nuvole, ma la fedele tartaruga continua a portare il peso del ricordo sul suo dorso curvo.’ Allora ho citato la frase: ‘Le tre stelle della fede risplendono sotto l’arco celeste.’ E lui immediatamente ha risposto: ‘Le cinque gioie entrano nella casa del fedele.’ Queste citazioni sono tutte prese dalle sacre scritture e creano parabole degne di un grande maestro. Il vostro giovane abate è giunto lontano lungo la via della fede. Mi congratulo con voi per la vostra scelta.” Una delegazione si recò dunque da Pechino a Jining per omaggiare il giovane abate: “Possa il Buddha perdonarci di aver dubitato della tua vocazione e di aver dato retta alle dicerie degli invidiosi. Il consiglio ha deciso all’unanimità di assegnarti tre aiutanti. Saranno a tua disposizione affinché tu possa continuare la tua buona opera e arricchire con i tuoi scritti la libreria del tempio.” Dopodiché si congedarono con mille scuse. I due amici si abbracciarono esultando. “Ma come hai fatto? Cosa gli hai detto?” domandò Ji Chen al ciabattino. E questi: “Quel vecchio bonzo è un imbroglione come te. Appena mi ha visto, mi ha chiesto se ero un cappellaio. Gli ho risposto che facevo scarpe. Allora mi ha indicato l’ascella per dirmi che voleva un paio di sandali tagliati dalla parte più morbida dell’animale. Gli ho risposto che il cuoio ricavato dal culo regge meglio l’usura sulle strade polverose. Allora mi ha offerto tre soldi per comprarli, ma io gliene ho chiesti cinque, e lui se n’è andato. Forse gli sembrava troppo.”

 

84 mila euro di Mance posson bastare

Necessaria, inopportuna, tanta, poca, al proprietario proprio no ma ai dipendenti quasi doverosa. Questa fino a oggi la querelle intorno alla ricompensa che si dà, ad esempio, a camerieri, facchini e rider e che, per decenni, a suon di “il resto è mancia” ha permesso a intere generazioni di ragazzi alle prese con i lavoretti stagionali di “arrotondare” le basse paghe offerte. Eppure oggi si scopre che la mancia va addirittura tassata, perché rientra tra i redditi da lavoro dipendente, come ha stabilito la Corte di Cassazione. Sdegno e incredulità hanno avvolto il popolo del web che, con tweet e post, è arrivato addirittura a chiedere di rendere obbligatorie le mance come negli Stati Uniti per non arrivare a trovarsi tassate anche le paghette che si danno a figli e nipoti. Addirittura c’è chi ha sottolineato l’assurdità di un mondo in cui il gran capo di Amazon, Jeff Bezos, paga lo “zerovirgola” di tasse con trucchetti perfettamente legali, mentre ora i camerieri verranno tassati per pochi euro. Ma in questa storia di poco non c’è molto. A far decidere che la mancia va tassata in questo caso è stato l’importo: non proprio spiccioli, ma 84 mila euro che il “capo ricevimento” di un hotel di lusso della Costa Smeralda ha ricevuto in un anno di lavoro e ha poi pensato di versare in banca in contanti. Da qui sono scattate le verifiche e l’accusa di evasione. E ora chi lo dice agli imprenditori della ristorazione? Si sono lamentati tutta l’estate per la difficoltà a trovare personale, perché i giovani preferiscono stare sul divano: avranno provato a fargli presente che solo di mancia puoi tirare su 84 mila euro?

Sorpresa: la Nadef di Draghi taglia la spesa per l’istruzione

Tutto si può dire di Mario Draghi, ma non che sia un premier che non abbia speso parole a favore della scuola. “Spesso mi sono chiesto se noi, la mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo per i giovani tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi”, aveva detto nel suo discorso programmatico alle Camere: “È una domanda – proseguì – che ci dobbiamo porre quando non facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e la cultura”.

Nell’estate 2020, non ancora presidente del Consiglio, era intervenuto al Meeting di Comunione e Liberazione: “Vi è un settore, essenziale per la crescita, dove la visione di lungo periodo deve sposarsi con l’azione immediata: l’istruzione e, più in generale, l’investimento nei giovani”. La parola “investimento” era risuonata più volte in quel discorso: “La situazione presente rende imperativo e urgente un massiccio investimento di intelligenza e di risorse finanziarie in questo settore”.

Eppure, a guardare la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef), ovvero il testo in cui il governo spiega come intende impiegare le risorse ora e nei prossimi anni, i fondi per l’istruzione in rapporto al Pil sono destinati a scendere: lo rilevano gli studenti del collettivo Link, lo mostra la tabella della Nota. Nel 2020 all’istruzione è stata destinata una quota pari al 3,9% del Pil, lo stesso valore del 2010 e in lieve aumento rispetto alle previsioni anche per effetto dei maggiori esborsi dovuti all’emergenza pandemica. Sia la quota del 2020 che quella del 2010 sono però in netto calo rispetto al 4,6% che ancora si registrava nel 2007.

Al 2025 poi, secondo la Nadef, la spesa diminuisce fino a quota 3,5% – arrivando, nonostante i fondi del Pnrr, a quanto stanziato nel 2015, in piena austerità – per poi attestarsi tra il 3,2 e il 3,3 negli anni successivi. “Da anni rivendichiamo che le spese per l’istruzione devono rappresentare almeno il 5% del Pil – spiegano gli studenti – Già ora il sistema scolastico e quello universitario scontano gravi carenze: mancano insegnanti nelle scuole e professori nelle università, strutture adeguate, i servizi del diritto allo studio non sono sufficientemente finanziati e c’è ancora un’alta percentuale di abbandono scolastico”. Chi si aspettava una sterzata, quindi, può dirsi deluso.

Già a dicembre 2019 il Parlamento aveva approvato la legge di Bilancio per il triennio 2020-2022 che prevedeva tagli progressivi per un totale di circa 4 miliardi di euro, dopo un taglio simile nel periodo 2019-2021. Così, per spesa pubblica, l’Italia resta in fondo alle classifiche Ue, come mostra la Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione 2020 della Commissione europea: nel 2018, ad esempio, la spesa per l’istruzione era sì aumentata dell’1% in termini reali rispetto all’anno precedente, ma è rimasta sotto la media Ue, sia in percentuale del Pil (il 4% contro il 4,6) sia sulla spesa pubblica totale (8,2%, la più bassa dell’Ue, la cui media sfiora il 10%). In generale, la spesa pubblica per l’istruzione è diminuita del 7 % nel periodo 2010-2018, quella universitaria del 19%.

Una delle scuse usate per i mancati investimenti strutturali sulla scuola riguarda il progressivo calo demografico. “Con tutta evidenza – si legge in un’analisi di Emanuele Barbieri, già ex capo dipartimento al Miur, sulla spesa per l’istruzione – la contrazione della popolazione scolastica, conseguente al calo demografico, viene colta come una mera occasione di risparmio e non viene assunta come occasione di investimento per migliorare strutturalmente la qualità del sistema, portando la spesa media per alunno a valori comparabili con quelli della Francia e della Germania”. Un obiettivo da perseguire “non per una velleità imitativa ma per contrastare il fenomeno del calo demografico qualificando e generalizzando i servizi per la prima infanzia; per ridurre le disuguaglianze territoriali legate alla differenti capacità di spesa delle diverse realtà locali, per realizzare istituzioni scolastiche accoglienti, ecologiche, dotate di spazi educativi adeguati”.

Secondo l’Osservatorio conti pubblici italiani della Cattolica, comunque, non è tutto calo demografico ciò che manca: “Utilizzando la spesa media per popolazione 3-25 anni in pubblica istruzione in rapporto al reddito pro capite, indicatore che tiene conto sia del diverso numero di studenti sia del diverso livello delle risorse disponibili per finanziare la spesa, l’Italia migliora leggermente la sua posizione, avvicinandosi alla media Ue ma restandone comunque al di sotto di 1,4 punti percentuali di Pil pro capite”.

Ok alla terza dose insieme all’antinfluenzale. No alla caccia agli studenti senza green pass

Dal ministero della Salute arriva il via libera per la somministrazione del vaccino anti-Covid insieme a quello contro l’influenza. Una circolare, quella firmata dal direttore della Prevenzione Gianni Rezza, inviata alle Regioni pronte a far partire insieme la campagna delle terze dosi e quella del classico vaccino contro l’influenza stagionale. Mentre in Italia si registrano 3.312 nuovi casi con 25 morti e un tasso di positività dello 0,9%, l’Iss, nel suo report esteso, sottolinea come il ciclo vaccinale completo sia efficace nel 77,2% dei casi nel prevenire l’infezione. Un dato che si alza per quanto riguarda le ospedalizzazioni (92,6%) e nel prevenire il ricovero in terapia intensiva (94,9%) e il decesso (94,8%). E a promuovere la terza dose di vaccino c’è anche Anthony Fauci. L’immunologo e consigliere scientifico della Casa Bianca, ospite di un convegno a Firenze, riporta i dati provenienti da Israele: “A 15 giorni dalla somministrazione della terza dose del vaccino Moderna rispetto a più varianti possiamo vedere un aumento della protezione di 23 volte rispetto alla mutazione D614G (il ceppo originario di Wuhan), di 32 rispetto alla mutazione B.1.351 (variante sudafricana) e infine di 44 volte rispetto alla mutazione P.1 (variante brasiliana)”, spiega Fauci senza però nominare la variante Delta. Dati simili a quelli rilevati per il booster Pfizer “indistintamente in giovani e anziani, nei quali si sono avuti drastici aumenti dei livelli anticorpali e della protezione relativamente alle forme gravi di malattia e alle infezioni”. Ed è anche sulla base di questi numeri – ricorda lo scienziato – che l’Fda Usa ha recentemente autorizzato la dose di richiamo del vaccino Pfizer per le persone di età pari o superiore a 65 anni e per quelle dai 18 anni appartenenti alle categorie a rischio.

Una circolare del ministero dell’Istruzione, intanto ha informato gli istituti scolastici che non sarà consentito “conoscere lo stato di vaccinazione da Covid 19 degli studenti che – si legge nella circolare – ai sensi dell’art. 1 del decreto legge 10 settembre 2021, n. 122 sono esclusi dall’obbligo di esibizione della certificazione verde per accedere alle strutture scolastiche”. Il ministero invita i direttori generali e i dirigenti preposti agli Uffici scolastici regionali ad “attenersi scrupolosamente alle disposizioni normative attualmente in vigore in materia”.

Cosenza, esalazioni da una vasca di mosto. Muoiono in quattro durante la vendemmia

Non si ferma la strage delle morti sul lavoro. La lista delle vittime conta 21 persone in più solo negli ultimi 6 giorni. Le ultime quattro, che appartenevano alla stessa famiglia, sono morte durante la vendemmia a causa delle esalazioni da mosto. La tragedia è avvenuta ieri a Paola (Cosenza), in contrada Carusi, in un magazzino adibito alla produzione di vino dove quattro uomini – Giacomo e Valerio Scofano, rispettivamente di 70 e 50 anni, e Santino e Massimo Carnevale, padre e figlio di 70 e 40 anni – stavano imbottigliando il vino per consumarlo in proprio e non per venderlo. Massimo Carnevale si è sentito male, il papà è corso per aiutare il figlio, poi sono accorsi i fratelli Scofano ma anche loro sarebbero rapidamente rimasti intossicati. “Altre inaccettabili morti sul lavoro. Anche oggi hanno perso la vita quattro persone e ancora una volta la politica si trova a fare i conti con un bilancio non più accettabile. Va dato uno stimolo decisivo al tema della sicurezza sui luoghi di lavoro. Dal ministero delle Politiche agricole, un contributo lo daranno i fondi destinati alla meccanizzazione, mezzo miliardo di euro, che saranno gestiti assieme all’Inail. Ma lo sforzo deve essere complessivo, del sistema Paese, e deve passare da un dialogo tra le parti sociali”, ha commentato il ministro Stefano Patuanelli. L’agricoltura detiene infatti il triste primato, insieme al settore edile, rispetto agli incidenti mortali. “Il lavoro agricolo non si improvvisa, richiede competenze e conoscenze che spesso servono proprio per operare in sicurezza e tutelare la salute dei lavoratori, per questo la stessa piattaforma contrattuale che abbiamo appena inviato a Cia, Coldiretti e Confagricoltura propone l’introduzione, nel nuovo contratto nazionale degli operai agricoli, di maggiori strumenti rivolti alla sicurezza, alla formazione, al controllo degli appalti”, ricorda il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota. Un susseguirsi di tragedie avvenute a pochi giorni dall’accordo tra governo e sindacati che prevede norme più stringenti sulla sicurezza con l’impegno dell’esecutivo per l’assunzione di ispettori e l’avvio della banca dati degli infortuni che, tuttavia, si scontrano con le resistenze di Confindustria. Per il suo presidente Carlo Bonomi, più che le sanzioni alle imprese c’è bisogno solo di istituire “commissioni paritetiche in azienda per intervenire sugli incidenti”. Intanto la triste conta dei morti prosegue.