Questo processo s’ha da fare. Ci sono voluti quasi cinque anni, ma alla fine Tiziano Renzi, Alfredo Romeo e Italo Bocchino andranno a processo per il traffico di influenze illecite per la cosiddetta ‘gara più grande d’Europa’, quella Consip FM4, una torta del valore di 2,7 miliardi. Ricordiamo in sintesi la parte dell’accusa che riguarda Renzi: “Carlo Russo (amico di Tiziano, ndr) il quale agiva in accordo con Tiziano Renzi sfruttando relazioni esistenti con Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip Spa (…) relazioni ottenute anche per il tramite del concorrente nel reato Tiziano Renzi, come prezzo della propria mediazione illecita costituita nell’istigare Marroni al compimento di atti contrari al proprio ufficio consistenti nell’intervenire sulla commissione aggiudicatrice della gara FM4 (…) per facilitare la Romeo Gestioni Spa partecipante a detta gara (…) si faceva dare da Romeo Alfredo, il quale agiva in concorso con Italo Bocchino, utilità (…) nonché si faceva promettere denaro in nero per sé e per Tiziano Renzi”.
Certo, non si tratta di una condanna ma solo di un rinvio a giudizio. Certo, per altre ipotesi di reato ‘laterali’ (la turbativa sulla medesima gara Consip e il traffico più un’altra turbativa di gara su Grandi Stazioni) ci sono stati i proscioglimenti del Gup. Però la notizia di ieri è che l’ipotesi più rilevante dell’accusa iniziale (quella sui fatti che emergevano già dall’indagine di Napoli condotta nel 2016 dal pm Henry John Woodcock con la collega Celeste Carrano) resta in piedi. Non grazie, ma nonostante i pm di Roma.
Ecco. A ben vedere, più che Tiziano Renzi, sono proprio i pm di Roma i grandi sconfitti di ieri. Solo su input del Gip Gaspare Sturzo hanno indagato Denis Verdini. Poi hanno chiesto la sua assoluzione. Inoltre la Procura di Perugia ha aperto un fascicolo (che a noi pare fumoso) sulle dichiarazioni di Verdini, raccolte dai pm di Roma, contro Sturzo. Alla fine però, come si usa dire, l’ex parlamentare che voleva suonare Sturzo è stato suonato. Verdini è stato condannato dal Gup ieri (contro il volere dei pm romani) a un anno per turbativa. Assolto per l’altra ipotesi, la concussione.
Non basta. I pm di Roma già tre anni fa volevano prosciogliere Tiziano Renzi. Se non è accaduto è merito del solito Gip Sturzo che gli ha indicato la strada per formulare le accuse contro Tiziano e i coimputati per il traffico di influenze su Consip. I pm lo hanno fatto come scolaretti obbligati a fare un compitino e alla fine ha avuto ragione Sturzo: Tiziano e compagni affronteranno un processo per il traffico di influenze su Consip.
Se la decisione di ieri arriva a 5 anni dai fatti (con un rischio di prescrizione) e a distanza di 4 anni e 9 mesi dal nostro primo scoop sul caso Consip, il ‘merito’ è anche della Procura di Roma. I grandi giornali e le reti tv unificate allora applaudivano tutte le scelte dei pm favorevoli a Tiziano Renzi e contrarie a chi aveva osato intercettare le sue conversazioni.
I pm di Roma Giuseppe Pignatone (ora in pensione e presidente del Tribunale vaticano), Paolo Ielo (tuttora a capo del pool reati amministrativi) e Mario Palazzi avrebbero potuto indagare più a fondo su Tiziano Renzi per scovare prove a carico o a discarico del babbo dell’ex premier. Per esempio non hanno mai sequestrato il suo cellulare. Si sono concentrati sul pm e i Carabinieri dell’indagine napoletana.
Allora è bene ricordare oggi che il rinvio a giudizio di Tiziano Renzi è basato sulle prove raccolte 5 anni fa da Woodcock e dal Noe. Che, proprio su Woodcock, i pm di Roma hanno indagato accusandolo ingiustamente di avere passato notizie segrete al Fatto salvo poi chiederne e ottenerne il giusto proscioglimento. In quell’occasione sono arrivati a prendere il cellulare a Federica Sciarelli, sulla base di un teorema infondato. Ed è bene ricordare che le intercettazioni alla base del rinvio a giudizio sono state fatte dai carabinieri del Noe (ora a processo) indagati a fondo dai pm di Roma per vari reati. A loro sì che sequestrarono i cellulari.