Trattativa: il colpevole è il Fatto, ora B. al Colle e laticlavio a Dell’Utri

“Non c’è stata nessuna trattativa. Menomale che c’è stata, perché le stragi si sono fermate. Mori ha fatto bene a farla”. Le tre asserzioni, che per logica e buon senso si escluderebbero a vicenda, sono in genere fatte dalla stessa persona; sono fasi successive del discorso tipico dei negazionisti decennali della trattativa Stato-mafia. Neanche adesso che la sentenza ha confermato che la trattativa c’è stata, e condanna i mafiosi per averla fatta – ma non i carabinieri e i rappresentati delle Istituzioni che ne erano l’altro referente – riescono ad ammetterlo. Poi, sì, lo ammettono (il nichilismo spezza il principio di non contraddizione: tutto è vero, se tutto è falso), e sbeffeggiando onore e dignità costituzionali lo rivendicano. Indi tirano in ballo la figlia di Borsellino (“Processo pompato”), ma stranamente non il fratello (“Paolo morto invano”). Poi citano Sciascia a caso. L’ultimo è stato Sallusti a Otto e mezzo, interloquendo con Travaglio, il quale Travaglio non era solo ospite, ma intestatario del titolo della puntata: “Stato-mafia: davvero ha perso Travaglio?”, che a quanto pare nel processo era pm o co-imputato. Che non ci fu trattativa lo asseriscono tutti i talk show (“La trattativa che non c’era”, Omnibus), i giornali (“farsa”, “boiata”) e naturalmente, figuriamoci, i tweet dei politici, accorsi a frotte a esultare per l’assoluzione di Dell’Utri (e per la condanna de facto di Travaglio).

Sapevamo che per Forza Italia una condanna per mafia o altri reati gravissimi è una skill del curriculum, ma colpisce il giubilo con cui è stata accolta nei media l’assoluzione di Dell’Utri, che non era non esattamente un garzone di Arcore, ma un senatore della Repubblica giudicato responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa in un altro processo, dunque un traditore dello Stato. C’è una parte d’Italia, quella di studi raffinati, di cultura garantista e di scuole alte, per la quale Dell’Utri è primariamente un bibliofilo; un’altra che ricorda che al momento della notifica della custodia cautelare egli era latitante in Libano (che fosse esule pure lui, come Dante e Craxi?), che l’ha beccato l’Interpol rintanato dentro un hotel, che era in possesso di una valigetta con 30 mila euro in banconote di piccolo taglio, etc. La gioia è incontenibile. Oggi i colpevoli sono i giornalisti che se ne sono occupati, nell’ambito del loro lavoro e non gratis, come ci si dedica a un hobby (Enrico Deaglio su Domani dice che “la narrazione” della trattativa ha fatto “il successo di Travaglio”): cioè, non si doveva parlare di un processo che coinvolgeva organi dello Stato e corleonesi, e in cui un ex senatore veniva condannato a 12 anni in primo grado insieme a generali del Ros per minaccia a corpo politico dello Stato.

Non sospettavamo che la pagina di auguri sul Corriere di qualche giorno fa (“auguri caro Marcello”) avesse tanti sostenitori (o concorrenti esterni) nei media, sebbene sui politici non avessimo dubbi (chissà se esprimono una solidarietà tra senatori o tra indagati). Renzi, che negli anni si è guadagnato un ruolo di bussola morale del Paese (basta pensare il contrario di quel che lui dice e si è sicuri di stare nel giusto e nel vero), ha scritto: “Nel frattempo, una sentenza della Corte di Appello di Palermo ha stabilito… che il super celebrato delitto nel rapporto tra Stato e Mafia non c’è mai stato… Ha vinto il garantismo, ha perso chi come Travaglio faceva gli spettacoli dal titolo È stato la mafia. In questo paese contano ancora le sentenze e non gli influencer. Viva la Giustizia, viva la Repubblica”.

Poveretto, non ridete. Il “rapporto tra Stato e Mafia” (sic) c’è stato, concede, ma è bellissimo che non sia un delitto: avercene! Quanto al garantismo, sapete che è una sua ossessione: ogni volta che assolvono qualcuno lui pensa che si affievoliscano un po’ anche i motivi delle indagini a carico suo, dei suoi cari, di Lotti, Boschi, Bianchi etc. È come se ogni volta che un processo finisce con una assoluzione anziché con una condanna si avesse la prova che i magistrati complottano (esclusi naturalmente quelli che davvero complottavano con Lotti, ormai assurti a maître à penser), che i processi sono influenzati da Travaglio (ma solo fino all’Appello) e che lui è un perseguitato politico (“Dopo aver parlato della Procura di Firenze mi sono arrivati due, non uno, avvisi di garanzia”: poi gli autori di “teoremi” sono gli altri). Tutto è bene quel che finisce bene. Evidentemente i “garantisti” si sentono rassicurati di vivere in un Paese in cui uno o più carabinieri possono di loro iniziativa fare accordi con la mafia a nome dello Stato senza che la cosa sia considerata un reato, anzi: “Bisognerebbe dargli una medaglia” (Sallusti). Proposta: Berlusconi (indagato per le stragi di mafia) presidente della Repubblica, Dell’Utri (e Mori, come propongono il Riformista e Salvini) senatori a vita, Travaglio in galera (come) in Arabia Saudita, istituzione della Giornata del ricordo delle vittime della Magistratura, improcedibilità cartabica anche per i reati di mafia, e di questa storia non se ne parli più.

Dove osano i traduttori (facendo disastri notevoli)

Aveva falsificato la firma di un pinguino su alcune polizze assicurative (Woody Allen)

Stiamo esplorando le leggi nascoste che regolano la struttura e il funzionamento della materia comica, così come emersero dall’analisi degli errori di traduzione anni 70 delle raccolte di Woody Allen. Ne abbiamo viste tre: esattezza, brevità, ritmo. Queste leggi nascoste dovrebbero guidare anche il traduttore di testi comici. I traduttori del passato rovinarono le gag di Allen usando le quattro operazioni metaboliche in modo perverso, violando quelle tre leggi con esiti disastrosi.

LA TRADUZIONE PERVERSA

Sostituzione

Nessun traduttore può sostituire frasi e immagini di un autore a proprio piacimento, per esempio mettere un’acciuga al posto di Moby Dick. Con Allen fecero anche di peggio.

Censura delle battute osée

I traduttori degli anni ‘70 agirono spesso da bacchettoni. Due esempi: “Questo denaro può venir più utilmente devoluto all’acquisto di fuochi artificiali” (versione esatta: “I soldi restanti potevano essere spesi più proficuamente in vibratori”); “Il falcone al malto” (esatta: “Le squillo del club Mensa”).

Censura delle battute surreali

Alcune versioni con censura: “La signora Spearing in ‘La casa di Barbie’” (esatta: “La signora Spearing in ‘Le Gengive di una madre’”); “S’imbarca clandestino su un veliero che salpa per il Nuovo Mondo, sognando di rifarsi una vita, questa volta migliore” (esatta: “S’imbarca clandestino su un veliero che salpa per il Nuovo Mondo, dove sogna di rifarsi una vita, questa volta come rana” ); “Prima di andare in analisi, le conchiglie atterrivano Spinelli. Una vera fobia.” (esatta: “Prima di andare in analisi, i molluschi atterrivano Spinelli. Non riusciva ad aprirli e quando era costretto a guardarvi dentro sveniva.” La censura elimina l’allusione sessuale: il mollusco, cavo e mucillaginoso, evoca la vagina.); “Un uomo si sveglia una mattina e si trova trasformato in una protesi ortopedica” (esatta: “Un uomo si sveglia al mattino e scopre di essersi trasformato nei propri plantari.”); “Giobbe era irritato e sua moglie arrabbiata si lacerò le vesti dicendo sottovoce agli amici che il Dio di Israele avrebbe anche potuto avere qualche riguardo” (esatta: “Giobbe era scocciato e sua moglie arrabbiata, e lei affittò il proprio vestito e poi alzò l’affitto, ma si rifiutò di imbiancare”); “Lars si asciugava lacrime di gioia col suo strofinaccio” (esatta: “Lars si detergeva lacrime di gioia dalla faccia con la sua spatola pulivetro”. La spatola pulivetro rende la gag comica.); “Ha presente il rumore che fa una puntina alta fedeltà su un piatto di semola?” (esatta: “Ha presente il suono che fa un’aringa quando le dici una bugia?”. Nella battuta dell’aringa c’è, in più, un elemento emotivo: è umorismo.); “Stanno trascorrendo 15 anni a Sing Sing per detenzione illegale di detersivo biologico super candeggiante” (esatta: “Attualmente stanno trascorrendo 15 anni a Sing Sing per detenzione illegale di Bensonhurst”. Gag surreale: Bensonhurst è un sobborgo di New York.); “Altri argomenti principali sono: inflazione e congiuntura con criteri per combatterle” (esatta: “Altri argomenti includono: Inflazione e Depressione – come vestirsi per entrambe”).

Sostituzione arbitraria

Alcuni esempi: “La mia Critica della Realtà Metafisica le ricordava Grand Hotel” (esatta: “La mia Critica della Realtà Metafisica le ricordava Airport.” Airport implica disastro, mentre Grand Hotel, un periodico italiano di fotoromanzi, qualcosa di banale. Le due battute sono diverse.); “Ehi, cos’è allora il Vecchio Testamento? Cacca?” (esatta: “Ehi, cos’è l’Antico Testamento, fegato macinato?” “What is this, chopped liver?” è un modo di dire che nell’umorismo ebraico evoca tutto un mondo, e contrapposto all’Antico Testamento crea un anti-climax appropriato e divertente. Il chopped liver è fegato cotto, macinato con cipolle e uova sode, e stagionato.); “Qualche minuto prima di portare in tavola il secondo” (esatta: “Qualche minuto prima di servire l’arrosto”. “Arrosto” è più specifico di “secondo”: migliora l’astanza, rendendo la scena più buffa. Cfr. Qc #71.); “Consacrò la testa di lei con una racchetta da tennis” (esatta: “Le consacrò il capo con una mazza da polo”. Il danno maggiore arrecato da una mazza aumenta l’effetto comico; e il termine “capo” conferisce ulteriore solennità al verbo “consacrare”, potenziando l’anti-climax consacrare/mazza da polo.); “Tre oggetti arancione comparvero a un tratto nei cieli e volteggiarono sopra l’Acropoli, librandosi poi sulle terme dove alcuni fra i nostri più saggi filosofi ateniesi furono colti da malore” (esatta: “Tre oggetti arancioni apparvero improvvisamente nei cieli e volteggiarono in cerchio sopra Atene, sorvolando le terme e inducendo parecchi dei nostri filosofi più saggi ad afferrare l’asciugamano”); “Innato, al pari della capacità di assistere, dal principio alla fine, a un’operetta” (esatta: “Innato, più o meno come l’abilità di restare seduti durante un’operetta”. Nella traduzione sbagliata, l’operetta è giudicata noiosa; nella battuta originaria, l’operetta è giudicata entusiasmante, tanto che non riesci a star fermo.); “Commettere sacrilegio è contro la legge, specialmente se lo si commette portando un bavagliolo con scritto ‘non mi baciare’” (esatta: “Commettere sacrilegio è contro la legge, specie se il sacrilegio è commesso indossando un tovagliolo da aragoste”. Per gli ebrei osservanti, l’aragosta, come tutti i crostacei, è un alimento vietato perché non kosher, cioè non conforme ai precetti della Torah. Il divieto religioso fa più ridere, perché aumenta la salienza della gag); “Naturalmente l’energia scarseggerà e la benzina verrà razionata: a ognuno quanto basta per spostare la macchina da un lato all’altro della strada, a giorni alterni” (esatta: “Naturalmente l’energia scarseggerà e ogni automobilista avrà benzina per fare solo pochi centimetri”); “‘Ma che, l’hanno stregato?’ domandò lo zio Louie” (esatta: “‘Cosa sono, seguaci di Moon?’ domandò lo zio”. “Seguaci di Moon” è più specifico di “stregato”: più l’immagine è a fuoco, più fa ridere).

(74. Continua)

Un “biodistretto” a Trento, oggi il referendum

Urne aperte oggi, dalle 6 alle 22, in tutta la Provincia autonoma di Trento. Si vota su un singolo quesito referendario: “Volete che, al fine di tutelare la salute, l’ambiente e la biodiversità, la Provincia Autonoma di Trento disciplini l’istituzione su tutto il territorio agricolo provinciale di un distretto biologico, adottando iniziative legislative e provvedimenti amministrativi – nel rispetto delle competenze nazionali ed europee – finalizzati a promuovere la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione, la preparazione alimentare e agroindustriale dei prodotti agricoli prevalentemente con i metodi biologici”. La creazione di un “biodistretto” che incentivi la produzione a filiera corta e senza fitofarmaci sarebbe una rivoluzione anche per queste terre. I dati stimano infatti, che, a fronte di un 15% di produzione biologica nel territorio italiano, in Trentino il dato si attesti al 7%. Il referendum ha validità se supera il quorum del 40% più uno degli aventi diritto, ossia se votano oltre 177.000 abitanti della Provincia. I risultati si avranno nella giornata di domani.

Orrore a Herat: cadaveri impiccati dai talib in piazza

Continuano a Jalalabad gli attacchi dell’Isis-K contro i talebani. Nel capoluogo della provincia orientale di Nangarhar, che segna il confine tra Afghanistan e Pakistan, dal 2015 il ramo afghano dello Stato Islamico ha stabilito la propria base operativa. Dopo la riconquista del potere da parte dei mullah, l’Isis-K ha aumentato gli attentati per impedire che questi stabilizzino il Paese, come sperano le grandi potenze. Gli attacchi sferrati, come quello di ieri, sono più circoscritti e di minore intensità rispetto al passato a causa della fitta sorveglianza degli “studenti coranici”, ma restano comunque pericolosi, anche per i civili. Secondo le agenzie di stampa Bakhtar e Ariana, questa volta ci sarebbero almeno una vittima e sette feriti. Lo strumento usato dai jihadisti è un ordigno rudimentale che sarebbe esploso al passaggio di un convoglio talebano.

Intanto prende forma il nuovo regime talebano che mostra sul campo di non essere diverso da quello del terrore che oppresse l’Afghanistan dal 1996 al 2001. Gli “studenti coranici” hanno ripreso a perpetrare i metodi “giustizia” della prima ora. Lo ha ammesso il mullah Nouruddin Turabi, uno dei fondatori, ex ministro della Giustizia e del famigerato Ministero per la Protezione della Virtù e la Persecuzione del Vizio – che ha appena rimpiazzato quello per i Diritti delle Donne –, responsabile del sistema carcerario. Affermando che “le amputazioni punitive di mani e piedi sono necessarie per garantire la nostra sicurezza interna”, Turabi ha tentato di giustificare alla stampa internazionale il ritorno alla barbarie. Secondo un testimone sentito dall’Ap, il cadavere di un presunto rapinatore è stato appeso a una gru nella piazza principale di Herat. Wazir Ahmad Seddiqi, che gestisce una farmacia sul lato della piazza, ha spiegato che quattro salme sono state portate sul posto, tre sono state poi spostate in altre piazze per essere esposte come monito. I giustiziati sarebbero stati presi in un tentativo di rapimento.

Cina-Usa-Canada: affari e ostaggi per il Pacifico

Non un minuto in più del necessario nel Paese dove sono rimasti ostaggio per oltre mille giorni, affidati a una giustizia molto attenta ai voleri politici. Meng Wanzhou, direttrice finanziaria del colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei, è partita per Shenzhen, in Cina, appena rilasciata dal Canada; e quasi contemporaneamente due cittadini canadesi detenuti in Cina, Michael Kovrig e Michael Spavor, sono stati liberati e sono subito rientrati in patria, a Calgary.

La vicenda segna uno sviluppo (distensivo?) nella ‘diplomazia del Pacifico’ muscolare e aggressiva delle ultime settimane. Il presidente Usa Joe Biden rischia di subire accuse di condiscendenza verso la Cina, mentre il premier canadese Justin Trudeau si cava da un impaccio.

Nei confronti della Meng, 49 anni, figlia del fondatore di Huawei, Ren Zhenggei, Ottawa doveva agire in punta di diritto, così come Pechino verso Kovrig e Spavor. Ma la giustizia è parsa subordinata alla politica: quella canadese si pronuncia solo dopo che il Dipartimento della Giustizia di Washington trova un accordo con Pechino per sospendere le accuse e la richiesta di estradizione. Una breve udienza davanti alla Corte Suprema della British Columbia ha concluso l’annosa causa. La Meng, arrestata il 1º dicembre 2018 e attualmente in libertà vigilata, era presente in aula: ‘Lady Huawei’ ha fatto alcune ammissioni su presunte frodi bancarie e ha ottenuto la sospensione del procedimento fino al 1° dicembre 2022 e, se rispetterà alcune condizioni, il ritiro delle accuse. All’arrivo a Shenzen, la donna ha ringraziato il presidente cinese Xi Jinping, che ha a cuore “tutti i cittadini cinesi”. La Meng è rimasta bloccata in Canada per quasi tre anni, in esecuzione di un mandato di cattura internazionale statunitense, perché la Huawei avrebbe violato sanzioni Usa verso l’Iran che sono unilaterali, che non sono avallate da nessun organo internazionale e che il Canada non fa proprie. Ottawa ha giocato tutta la partita con grande cautela, perché c’erano di mezzo i due suoi cittadini rimasti presi nell’ingranaggio delle ripicche di Stato. Il premier Trudeau ha tenuto fuori il suo Paese dall’intesa a tre Usa, Gran Bretagna e Australia, l’Aukus, che ha creato una sorta di cordone navale nel Pacifico per contenere le ambizioni di egemonia della Cina nel Mar cinese meridionale. Però, il Canada è nei Five Eyes, i Cinque Occhi, un accordo fra le intelligence di Australia, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Usa e – appunto – Canada, fatto nel dopoguerra in funzione anti-Urss e che oggi serve a sorvegliare la Cina. Furono i Five Eyes a sviluppare il sistema di controllo Echelon.

Il Canada, inoltre, fa parte dell’accordo commerciale del Pacifico Cptpp (‘Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership Agreement’), succedaneo al Tpp lasciato dagli Usa di Trump nel 2017 a cui la Cina ora vuole aderire per sostenere i commerci nell’area nonostante la guerra dei dazi tra Washington e Pechino.

Per Trudeau, l’epilogo della vicenda, già delicata di per sé, ha coinciso con la campagna elettorale (domenica scorsa s’è votato): i suoi rivali gli addebitavano l’“irrilevanza internazionale” canadese, perché il Paese pareva ai margini dai giochi nel Pacifico. Di Kovrig e Spavor, protagonisti loro malgrado della ‘diplomazia degli ostaggi’, Trudeau ha detto: “Hanno vissuto per oltre mille giorni una terribile prova. Hanno mostrato determinazione e resilienza”. Kovrig, ex diplomatico, e Spavor, uomo d’affari in contatto con Kim Jong-un, furono arrestati nel dicembre 2018 per spionaggio. La loro detenzione parve subito una ritorsione per l’arresto di Meng. Spavor è stato condannato a 11 anni, mentre Kovrig era in attesa della sentenza.

“Non solo la cancelleria Cdu rischia la scissione”

La Taz è il quotidiano berlinese che dalla sua fondazione è il riferimento della sinistra ecologista. Da poco più di un anno, la direzione è affidata a due donne: Ulrike Winkelmann e Barbara Junge. Quest’ultima è stata a lungo corrispondente a Washington.

Com’è stata la campagna elettorale?

Strana. Un cambiamento importante dopo 16 anni di Merkel. È finito il tempo di quella sensazione di stabilità, di sicurezza sul futuro. Abbiamo visto i cristianodemocratici entrare in una profonda crisi identitaria. Sono scesi dal 30 a circa il 20%. E non è una crisi solo di numeri, ma della composizione stessa del partito. Le due anime del movimento si sono scontrate e allontanate. I socialdemocratici erano considerati morti, ma come una fenice, senza un candidato fenice, sono risaliti al 25%.

Ha un voto per i candidati?

Armin Laschet, Cdu-Csu: 3. Ha fatto talmente tanti errori. Mi chiedo come sia possibile che un politico tanto esposto sia così mal consigliato. Olaf Scholz, Spd: 7. In superficie non ha nulla di speciale, ma ha dimostrato di sapere cosa sta facendo. Ovviamente in una scala in cui Barack Obama prenderebbe 10. Annalena Baerbock, Verdi: 5. Dai sondaggi sembra che il partito raddoppierà i voti rispetto alle scorse elezioni. Hanno avuto un picco a inizio campagna, ma presto sono tornati alla realtà. Baerbock, nonostante gli errori, non ha fatto un brutto lavoro. Ma le manca carisma.

Ha scontato l’essere una donna quarantenne in competizione con due uomini sessantenni? La stampa l’ha trattata male?

Sì, molto male. Laschet invece estremamente bene. Per Scholz è diverso, lui è come il teflon, gli scivola tutto addosso. Ma per Baerbock è stata dura salire su un ring di soli uomini, a eccezione di Merkel. Essere donna e rappresentare la questione climatica sono i due fattori che l’hanno svantaggiata.

Ma l’emergenza ambientale non doveva essere il centro di questa campagna elettorale?

In Germania è ancora una questione molto divisiva. Abbiamo avuto le inondazioni pochi mesi fa, abbiamo visto gli incendi in sud Europa. Esiste una dibattito sulla crisi climatica, ma i partiti al governo (Cdu-Csu e Spd) minimizzano l’impatto. È come se ripetessero ai cittadini ‘è un grosso problema, ma non per voi’.

In questi mesi i candidati cancellieri non hanno parlato di Europa. Cosa dobbiamo aspettarci?

La politica internazionale non ha avuto spazio. Cinque dei sei partiti che entreranno in Parlamento hanno lo stesso approccio all’Ue, in particolare rispetto al rapporto di amicizia con la Francia. Spd e Verdi hanno un problema rispetto alle politiche migratorie europee, ma non hanno voluto spingere su questo. Nel 2017 la campagna fu segnata dalla questione migratoria e hanno evitato uno scontro sul tema. Queste sono le elezioni del cambiamento. Merkel sta andando via. Tutti si sono domandati che cambiamenti vogliamo e i partiti non hanno voluto affrontare argomenti destabilizzanti.

Nelle istituzioni europee tanto è già cambiato con la pandemia. L’Ue aspetta di vedere cosa farà il nuovo governo tedesco, ma sembra che ai candidati non interessi l’Europa…

Credo che per tutti loro, per i tedeschi, l’Ue sia una cosa data per scontata.

I conservatori, il partito di Merkel, sono i più malconci. Laschet perderà la guida del gruppo?

Se otterrà più o meno lo stesso risultato di Scholz, anche un paio di punti in meno, e sarà in grado di formare una coalizione di governo, Laschet rimarrà al suo posto. Con un risultato più a favore della Spd inizierà una guerra all’interno della Cdu. Il partito si sposterà a destra. C’è però una parte, quelli più vicini a Merkel, che non vorranno muoversi, radicalizzarsi. Ci sarà, soprattutto nella parte orientale del paese, chi vorrà iniziare a parlare con Afd (partito di estrema destra). Sarà una lunga guerra che può finire con una scissione. Perdere la cancelleria può diventare una questione esistenziale per il partito conservatore.

Parliamo di coalizioni. Sono almeno cinque o sei quelle possibili. Uno scenario all’italiana?

Questo non mi piace per nulla. Ero abbastanza contenta della stabilità attuale. Ci possiamo aspettare delle lunghe, lunghissime negoziazioni. Difficilmente termineranno prima di Natale. Ci sono molte combinazioni possibili e chi si muove per primo parte in svantaggio. Non penso che abbiamo il tempo per tutto questo. Una possibile accelerazione ci sarebbe con una completa disfatta dei cristianodemocratici, meno del 20%.

La soluzione è una coalizione a tre?

Ho parlato a lungo con Spd e Verdi e sperano ancora di creare un governo a due. Questo potrebbe accadere se Die Linke, la sinistra radicale, raccogliesse meno del 5% e non entrasse in Parlamento. Mi sembra difficile. Scholz e Baerbock si stanno spalleggiando molto in questi giorni. Ma non penso basterà.

Di cosa siamo sicuri?

I Verdi faranno parte del governo. Sia Scholz che Laschet ne avranno bisogno per fare accettare le cattive decisioni.

Puigdemont show: “Viaggerò e lotterò. Non c’è libertà a Madrid”

“L’arresto non mi fermerà. Noi abbiamo ragione, la Spagna ha torto”. Dopo il fermo di giovedì all’arrivo ad Alghero e il rilascio in poche ore, l’ex presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont rivendica il suo intento di “viaggiare” e di “continuare la lotta per la libertà”. Nella conferenza stampa convocata ieri al termine di una giornata di appuntamenti e di bagni di folla nella città sarda alla festa dell’associazione Adifolk, l’esule in fuga accusato da Madrid di sedizione e malversazione di fondi pubblici per il referendum illegale del 1° ottobre 2017, ha annunciato che lunedì, al termine degli incontri con gli amici sardi tornerà in Belgio. “Vogliamo un’Europa in cui la libertà d’espressione e il diritto all’autodeterminazione siano dei pilastri fondamentali. In meno di 24 ore il tribunale di Sassari ha confermato che noi abbiamo ragione e che ha torto la Spagna, che non rispetta i diritti politici”, ha rivendicato Puigdemont con la bandiera dei mori sul tavolo. Accanto a lui l’attuale presidente della Generalitat, Pere Aragonés che ha chiesto libertà e amnistia per tutti. “Siamo qui per denunciare che la repressione del movimento indipendentista continua, che è assolutamente necessario rispettare il diritto del popolo catalano a decidere il suo futuro, che bisogna rispettare l’esercizio del suo diritto dell’autodeterminazione mediante un referendum di indipendenza”, ha detto Aragonés che ha ringraziato la città, assicurando che “in momenti di bisogno anche il governo catalano ci sarà per Alghero”. All’attestato di stima ha riposto il sindaco, Mario Conoci, secondo cui “la liberazione di Puigdemont è stata il messaggio più bello che potessimo dare all’Europa e alla Spagna”. Oggi l’ex presidente catalano è a Oristano con gli amministratori indipendentisti della Corona de Logu. Secondo il suo avvocato, Gonzalo Boye, il 4 ottobre tornerà davanti alla Corte d’appello di Sassari, che decide sull’estradizione in Spagna. “Il rischio è zero. Questo caso è morto”, ha detto Boye.

Molinari tele-trasporta tutta la fiat

La Ferrari ultimamente va così così – a esser generosi –, ma in compenso gli Elkann hanno progetti ambiziosissimi in quanto a velocità. Ieri Repubblica ha fornito sulle sue pagine ampio resoconto del dialogo tra John Elkann – accidentalmente proprietario del Gruppo che edita il noto quotidiano – e il visionario imprenditore Elon Musk (nel curriculum PayPal, Tesla e Space X), moderati non senza orgoglio dal direttore Maurizio Molinari. Le intenzioni sono di quelle serie: “Arrivati su Marte potremmo anche colonizzarlo”, fa sapere Musk. Elkann rilancia: “Se potessimo inventare il teletrasporto potremmo rendere più efficiente ed efficace e veloce l’esplorazione dello Spazio”. Molinari non solo non scoppia a ridere, ma ci crede più di tutti, tanto che rilancia sui propri profili social gli annunci galattici dei due interlocutori, credendo di fare cosa gradita al pubblico. Il risultato è invece che il direttore diventa oggetto di facili sberleffi da parte di qualche manigoldo che – lo perdoni Molinari – non ha fede nel progresso made in Fiat: “Immagina trasferire col teletrasporto una fabbrica dall’Italia all’Est Europa: gli operai non se ne accorgerebbero nemmeno”, scrive sarcastico un utente su Twitter rispondendo al post di Moliari. Noi però su questo ci andremmo piano con le ironie: facile che gli Elkann ci facciano un pensierino. E che Molinari sia pronto a venderla come un piccolo passettino per un’azienda, ma un grandissimo passo per l’umanità tutta.

Le foreste sono più infiammabili, l’Artico invece si sghiaccia

In Italia – La rottura dell’estate al Nord è arrivata, in ritardo di almeno tre settimane rispetto al solito, con un fronte freddo atlantico tra sabato 18 e domenica 19 settembre. Violenti nubifragi, fino a 184 mm di pioggia a Varese, hanno determinato molti allagamenti, e una serie di ben sette tornado ha colpito domenica la Valpadana causando danni gravi, ma nessuna vittima, a Settimo Milanese, Roncaro (Pavia), Corte Palasio (Lodi), Soresina (Cremona), Manerbio e Carpendolo (Brescia), e a Carpi (Modena). In base ai guasti provocati i vortici sono stati preliminarmente classificati tra i gradi 1 e 2 sulla scala Fujita, con venti rotanti fino a 253 km/h. Le informazioni su questi fenomeni, concentrati su territori ristretti, in passato erano frammentarie e non permettono di stabilire con certezza se si sia trattato di una situazione senza precedenti ed eventualmente intensificata dal riscaldamento globale, ma di certo è stata una sequenza estremamente rara e tra le più appariscenti note in Italia. Nelle stesse ore lo scirocco portava temperature ancora estive al Sud, fino a 38 °C nel Catanese. Tempo tranquillo in settimana sotto l’alta pressione atlantica, dapprima fresco e poi di nuovo più caldo, specie al Meridione dove è in corso un’altra tardiva ondata di calore. Sulle tendenze climatiche in atto e previste e sulle strategie per affrontarle si è espresso il rapporto “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in sei città italiane” del Cmcc, Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici: comune alle sei città considerate (Torino, Milano, Bologna, Venezia, Roma e Napoli) è la sempre maggiore esposizione a canicola e alluvioni urbane. Un efficiente sistema nazionale di allerte per la popolazione sarà fondamentale, ecco perché si spera che la nuova agenzia “Italia Meteo” – in via di costituzione e diretta da Carlo Cacciamani, già responsabile del servizio IdroMeteoClima di Arpa Emilia Romagna – possa finalmente coordinare il frammentato settore degli enti meteorologici del Bel Paese.

Nel mondo – Come ogni anno a metà settembre la banchisa intorno al Polo Nord ha toccato il suo minimo di superficie, dodicesimo tra i peggiori in 43 anni di rilievi satellitari secondo il National Snow and Ice Data Center, con un ammanco areale del 25% rispetto alla media che, seppur meno estremo di altre stagioni recenti, conferma la tendenza a un Oceano Artico sempre meno “Glaciale”. Localmente, situazione più drastica tra Groenlandia e Svalbard, al record storico negativo di estensione del ghiaccio marino. Il riscaldamento globale rende le foreste più infiammabili tramite ondate di calore e siccità, e non è un caso se nell’estate 2021, la più calda mai registrata in un secolo e mezzo sulla terraferma boreale, il servizio Eu-Copernicus abbia stimato oltre 2,6 miliardi di tonnellate di Co2 emessa da incendi boschivi nel mondo in luglio e agosto, nuovo primato, pari a sei volte le emissioni serra annuali dell’Italia. Precoce autunno in Europa orientale, Russia e Kazakistan, qui con anomale gelate fino a -6 °C, ma caldo estremo in Medio Oriente, Cina, Sudamerica (sfiorati i 44 °C in Paraguay), Sudafrica e Australia occidentale. Il rapporto Onu “Nationally determined contributions under the Paris Agreement” fa il punto sugli attuali piani climatici dei 191 Paesi che hanno siglato l’Accordo di Parigi, complessivamente inadeguati ad affrontare la crisi climatica: qualora applicati, porterebbero a emissioni globali, nel 2030, ancora superiori del 16% rispetto al 2010, proiettandoci verso un pericoloso riscaldamento di 2,7 °C a fine secolo. Per restare all’auspicato livello di +1,5 °C servirebbe aumentare di molto le ambizioni (-45% di emissioni tra il 2010 e il 2030). Ma come si fa, se la parola d’ordine continua a essere “crescita”?

 

Dono. Non bisogna impedire il bene e la grazia che un estraneo ci offre

Giovanni ha un problema e si rivolge a Gesù, ci dice Marco. Ecco le sue parole: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”. La situazione è strana: c’è un tizio che non fa parte del gruppo di Gesù. È “uno”, un tizio. Non ha nome né cognome. Il punto è che non è uno dei “nostri”. Giovani non parla in prima persona singolare “io”, ma in prima plurale “noi”. Che cosa fa questo tizio? Scaccia i demòni nel nome di Gesù. L’episodio deve essere accaduto durante il viaggio missionario dei dodici apostoli che Marco aveva descritto precedentemente. Giovanni deve essersi tenuto dentro l’accaduto che deve averlo evidentemente indisposto e interrogato. Scatta subito la reazione di allarme, infatti. Bisogna impediglierlo: non è dei nostri, appunto. Il “noi” diventa motivo di divisione e privilegio. È il privilegio delle comunità: spirituali, nazionali, economiche, politiche… Dio è con noi. Gott mit uns era la scritta presente sulle fibbie dei cinturoni dei soldati della Wehrmacht.

C’è sotto sotto un’altra domanda, forse, ma che Giovanni non osa porre: perché ha funzionato? Perché li scaccia sul serio se non ha il bollino blu, l’etichetta certificata? Gli fa rabbia. Marco, infatti, usa l’imperfetto: tentavano di impedirglielo ripetutamente, ma evidentemente senza risultato. Gesù risponde chiaro e tondo e senza lasciare spazio al fraintendimento, ma con tatto: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”. Non bisogna impedire il bene. La parola di Gesù è libera, la potenza del suo nome non ha padroni. Non si chiude in appartenenze, in noi/voi. Il meccanismo del potere scatta subito appena qualcosa funziona. Scacciare i demoni è un potere pazzesco: in fondo, è il fine della missione. Scatta subito la delimitazione dei confini: chi può e chi non può. Non ci sono dogane per la grazia né patenti di idoneità né esclusività. “Non seguiva noi!”, si lamenta Giovanni. Ma la Chiesa non è fatta per seguire “noi”, ma per seguire il Signore. E ciascuno fa come sa e può. “Il centro della Chiesa? Non è la Chiesa!”, come ha ricordato papa Francesco parlando ai vescovi – successori degli apostoli –a Bratislava. I protezionismi sulle cose di Dio sono tutti spuri in radice. Dio è libero. La Chiesa non è una cricca, né una casta, né una lobby del sacro. Ma Gesù va oltre, e prosegue in maniera “scandalosa” e provocatoria sovvertendo i termini: non si tratta di avere in mano le leve del potere ma di godere di una grazia che l’estraneo ti offre: “Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”. Gesù qui capovolge i termini: il soggetto (gli autori del bene) sono gli altri e l’oggetto (chi ne beneficia) sono gli apostoli del gruppo di Gesù che ricevono un bicchiere d’acqua da un estraneo proprio nel nome di Gesù!

A questo punto Marco ci presenta un Gesù che pronuncia severamente una serie di avvertimenti molto diretti e pesanti: se la tua mano, se il tuo piede, se il tuo occhio ti sono motivo di scandalo, è meglio che te li tagli piuttosto che precipitare nella Geènna (che è poi la discarica di Gerusalemme). No, non è l’invito al suicidio o alla mutilazione, ma alla potatura per portare frutto. E appositamente Gesù parla usando immagini di parti doppie del corpo umano: mani, piedi e occhi. Quel che è morto, va tagliato. L’importante, infatti, è non buttare la propria vita nella spazzatura.