Le motivazioni le hanno scritte nero su bianco sul loro sito: scioperiamo perché “non abbiamo scelta, “perché la crisi è già qui, come hanno dimostrato i roghi e le ondate di calore di quest’estate”. E così ieri i Fridays for Future, il movimento nato nel 2018 dagli scioperi del venerdì di Greta Thunberg, è tornato in piazza per il Global Climate Strike, lo Sciopero Globale per il Clima, il primo “in presenza” dopo la pandemia. Da Bolzano a Catanzaro, sono state quasi 80 le città italiane in cui i ragazzi di tutte le età – dalle elementari all’università, ma c’erano anche intere famiglie, i Parents for Future e gli Extinction Rebellion – hanno sfilato con i loro colorati cartelli, mentre Greta Thunberg scioperava in una Berlino in piena campagna elettorale. La Germania come il Brasile, il Mali come la Scozia, e poi Bangladesh, Filippine, Zambia, Ucraina, Namibia, Sud Corea, Pakistan (d’ altronde il movimento ormai è in tutti i continenti e in 7500 città): ovunque i giovani hanno protestato all’insegna dello slogan “uproot the system”, sradichiamo il sistema.
Nelle piazze italiane si sono visti, come sempre, centinaia di cartelli fatti a casa. Alcuni critici – “Ministero della truffa ecologica” – altri soprattutto ironici: “Boil tortellini not our planet” (cuoci i tortellini non il pianeta), “Sopra i 40 gradi solo gli alcolici”, ma anche un beffardo “Il cambiamento climatico è più vero degli orgasmi di tua moglie”. In realtà, a parte i leader dei Fridays for future, critici verso Cingolani e le sue ultime dichiarazioni sugli ambientalisti “radical chic” (proprio gli attivisti hanno messo in atto un flash mob contro il caro bollette davanti all’Agenzia delle entrate di Milano), la massa dei manifestanti era fatta da bambini e studenti tanto consapevoli della crisi climatica quanto indifferenti verso la politica. Draghi? “Sì, so chi è, no, mi pare che di clima parli molto poco, più che altro si occupa di economia e di pandemia”, dice Francesca a Roma. Il ministro Cingolani invece, che nessuno, ma proprio nessuno lo conosce (“Boh, chi è”, “Quello calvo…”, “So’ tutti calvi”), è il vero assente di questa piazza poco mediatica e molto sudata. Questi ragazzi non masticano bene parole come decarbonizzazione e neutralità climatica, ma hanno capito di essere in un gran casino e che questo casino ha a che fare con le loro città sempre più torride, la siccità. E hanno paura. Così chiedono che chi conta intervenga, anche se non sanno bene come. Quello di ieri, comunque, è stato solo il primo dei grandi appuntamenti climatici che vedranno protagonisti i giovani dei Fridays. Il 1 ottobre sciopereranno a Milano con Greta Thunberg, in occasione della Youth Cop e della pre-Cop (la Cop è la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima), entrambe ospitate a Milano, città su cui sono puntati ora tutti gli occhi. Annunciando la manifestazione del 1 ottobre sul suo profilo Instagram, Greta ha ribadito quello che è il tema centrale del suo pensiero: “Chiediamo giustizia climatica, perché è l’unico modo per interrompere l’emergenza climatica”. Una convinzione poco ideologica e molto radicale. Perché molti ideali di sinistra, ormai, passano da qui. Non più dai partiti, ma da questi giovani che, più che mai, vogliono vivere.