Il decreto sul Green pass contiene “zone d’ombra” e “incongruenze”: così Roberta Calvano, costituzionalista dell’Unitelma Sapienza di Roma, sulle novità appena introdotte.
Professoressa, che idea si è fatta del decreto sul Green pass?
Rispetto al precedente decreto, l’allargamento degli obblighi a vaste categorie di lavoratori rende la misura più compatibile coi principi costituzionali, non comprimendo solo i diritti di alcuni. Ma restano delle perplessità.
Come la sospensione dello stipendio?
La compressione temporanea del diritto alla retribuzione (prevista per chi violi l’obbligo) può ritenersi in linea col dettato costituzionale, in ragione del bilanciamento con la tutela del bene di pari rango costituzionale della salute collettiva. La sospensione della retribuzione infatti può essere disposta per un tempo limitato, dato che gli obblighi del decreto hanno efficacia solo dal 15.10 al 31.12. Ma prolungare una misura di questo tipo sarebbe più difficilmente tollerabile dal punto di vista costituzionale. E non si potrebbe giustificare con lo stato d’emergenza nazionale, la cui durata massima è di 24 mesi.
È giusto che chi non vuole vaccinarsi paghi i tamponi?
Il problema è l’aggravio economico per poter esercitare il diritto al lavoro. Con questa “induzione” indiretta alla vaccinazione, il governo crea un deterrente per chi non vuole vaccinarsi. Temo che si rischi l’effetto contrario: questo meccanismo mi pare tenda a radicalizzare le posizioni degli incerti. Le ragioni della salute e dell’economia si erano già contrapposte nella prima ondata: oggi il principio costituzionale da bilanciare con quello alla salute è decisamente quello lavorista, anche alla luce del rischio che molti corrono di perdere il lavoro e a prescindere da ciò che dice il decreto sul diritto alla conservazione del posto.
Questi rilievi sollevano dubbi di costituzionalità o restano critiche politiche?
Il confine può apparire labile e dipenderà anche dalla durata delle misure. Certo è che restano alcune zone d’ombra: oltre a quelle citate, alcune incongruenze rendono meno efficace lo strumento del Green pass come arma di persuasione: è il caso di tribunali e cariche elettive, per cui sono previste importanti eccezioni.
Cioè?
Il decreto estende ai dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, indiscriminatamente, le limitazioni imposte agli altri lavoratori. Ai soli organi costituzionali viene lasciata autonomia nell’applicazione delle restrizioni: l’autonomia delle Camere e degli altri organi costituzionali certamente garantisce le loro funzioni, ma non deve essere intesa – e neanche deve sembrare – come orientata a creare privilegi. Dalla lettura del dl, parrebbe che per le cariche elettive, statali, di Regioni e Comuni, oltre che per quelle di vertice, non si applicheranno sanzioni né multe previste invece per i lavoratori, né la sospensione di “retribuzione, compenso o emolumento” per i giorni di assenza ingiustificata che derivano dal “rifiuto di munirsi o presentare il pass.
Un provvedimento come questo è preferibile all’obbligo vaccinale?
Prima di giungere a tale extrema ratio si sarebbe dovuta avviare una seria campagna informativa. Credo che l’obbligo vaccinale avrebbe comportato poi meno diffidenza e reazioni meno aspre nell’opinione pubblica preoccupata per il vaccino e per i diritti. Ci sarebbero state meno ambiguità e l’atteggiamento del governo sarebbe stato più trasparente.