Dopo una battaglia di mesi, cortei e occupazioni, gli abitanti di Aubervilliers, appoggiati da Ong ambientaliste, hanno vinto: i giudici hanno sospeso il cantiere della piscina olimpica, un progetto da 33 milioni di euro, in costruzione alle porte di Parigi in vista dei Giochi del 2024, salvando così i “giardini operai”, gli amati orti urbani che, da decenni, gli abitanti di questa banlieue povera coltivano all’ombra dei loro palazzoni. I magistrati sospettano che il permesso di costruire non rispetti le norme urbanistiche. È una vittoria per gli ecologisti che da tempo denunciano l’erosione degli spazi naturali nell’Île-de-France. Almeno temporanea, dal momento che la battaglia giudiziaria, visti i risvolti politici e economici per Parigi con l’avvicinarsi della scadenza 2024, non si ferma qui.
Da quando Macron è all’Eliseo, promettendo una politica più green, i francesi hanno realizzato che, in materia di transazione ecologica, è spesso questione di compromessi, che per definizione urtano con i tempi dell’emergenza climatica. La Francia si è posta come obiettivo di raggiungere le “emissioni zero” entro il 2050. Ci riuscirà? A febbraio, in una decisione storica, i giudici di Parigi hanno condannato lo Stato francese a versare un euro simbolico a quattro Ong per “inazione climatica”, non avendo tenuto gli impegni presi in passato in materia di riduzione dei gas serra. Tra le Ong, anche la Fondation Hulot, avviata da Nicolas Hulot, amato ex ministro della Transazione ecologica di Macron, che si è dimesso nel 2018 sotto le pressioni delle lobby e – sono parole sue – per la scarsa ambizione del governo in materia di clima. Già nel 2019, la corte di giustizia Ue aveva condannato la Francia per aver superato “sistematicamente” il valore tollerato di diossido d’azoto nell’aria dal 2010. Intanto, dopo un lungo dibattito, il Parlamento ha votato la Loi Climat, in vigore dal 24 agosto 2021, che ha ripreso la maggior parte delle misure proposte da una “Convenzione” di 150 francesi. Tra cui: riduzione dei voli interni a favore del treno, divieto di affittare case “colabrodo” (entro il 2028), dimezzamento del ritmo di artificializzazione dei suoli (entro il 2030). È nato anche il delitto di “ecocidio” che sanziona con dieci anni di reclusione e 4,5 milioni di multa chi danneggia “intenzionalmente” l’ambiente. “Facciamo entrare l’ecologia nella vita quotidiana dei francesi”, aveva detto Barbara Pompili, l’attuale ministra, che però ha dovuto accettare le deroghe sul divieto degli insetticidi neo nicotinoidi. La legge, nata ambiziosa, riscritta in parte per far piacere a potenti lobby industriali, ha deluso: “Lo studio di impatto ambientale – avevano scritto oltre 110 Ong – mostra che l’obiettivo di ridurre del 40% entro il 2030 le emissioni di gas serra non sarà mantenuto. Tantomeno quello del -55% adottato su scala europea”. Con i suoi progressi e i suoi limiti, la Loi Climat è entrata nel piano “di rilancio e resilienza” da 100 miliardi di euro (di cui 40 di crediti Ue), il 50% dei quali è destinato alla transizione ecologica. Di questi, 6,7 sono previsti per il rinnovo energetico, 7,2 per lo sviluppo delle tecnologie “verdi”, tra cui l’idrogeno decarbonato (2 miliardi nel 2021-22, poi 7 entro il 2030), e 8,8 per la “mobilità verde”, anche attraverso lo sviluppo della rete ferroviaria (4,7 miliardi), sapendo che la legge d’orientamento alla Mobilità del 2019 fissa la fine della commercializzazione dei veicoli a base di carburanti fossili entro il 2040.
Altri 3,2 miliardi sono destinati a modificare i modi di consumo e di produzione, 1,2 solo per la “decarbonizzazione” delle imprese. Malgrado le buone intenzioni, a dicembre, l’Alto Consiglio per il clima ha messo in guardia il governo perché i due terzi delle misure del piano rischiano in realtà di far aumentare le emissioni di gas serra. A meno di otto mesi dalle presidenziali, l’ecologia è nei programma di tutti i candidati all’Eliseo già dichiarati. Un dibattito si è acceso intorno alla pertinenza dello sviluppo degli impianti eolici, mentre una battaglia giuridica è in corso in Bretagna contro la costruzione di un parco offshore che violerebbe la Carta dell’ambiente. L’altro tema scottante è il nucleare e in particolare il futuro del progetto di costruzione di sei reattori EPR, come quello in cantiere dal 2007 a Flamanville, che accumula ritardi e costi supplementari. L’obiettivo dichiarato di Parigi è di portare la parte di nucleare nella produzione d’elettricità dal 75% al 50% entro il 2035.