Col decollo di Ita gli italiani resteranno a terra. E se saranno fortunati e troveranno posto a bordo lo dovranno pagare molto di più. Sono conseguenze ovvie della legge della domanda e dell’offerta applicata al trasporto aereo in questa fase particolare, caratterizzata dall’uscita dalla pandemia e dal drastico ridimensionamento dell’offerta nel passaggio da Alitalia a Ita. Con domanda in crescita e offerta in calo i prezzi non potranno che lievitare, come ogni manuale di microeconomia spiega a ogni studente universitario del primo anno.
Riguardo alla domanda non è vero per tutti i segmenti di mercato che la ripresa dalle conseguenza della pandemia sia lenta e i livelli di traffico ancora molto distanti da quelli precedenti il Covid. Si tratta di una credenza indotta dal dato generale che evapora tuttavia quando si passa a un’analisi disaggregata. Gli ultimi dati disponibili, relativi a luglio, mostrano che il numero di voli commerciali è stato solo il 59% di quelli dello stesso mese del 2019 e i passeggeri da essi trasportati, ancora meno, solo il 47%. Ma questi dati sono condizionati dalla debole ripresa dei segmenti internazionali, i cui voli erano solo la metà di quelli di prima della pandemia e i passeggeri solo il 40% verso l’Unione europea e neppure il 30% verso il resto del mondo. Tuttavia se guardiamo al segmento dei voli domestici, quelli con origine e destinazione in Italia, vediamo che sia i voli che i passeggeri erano già al 90% di quelli di due anni fa, vicinissimi a un pieno recupero.
In agosto i voli totali sull’Italia si sono portati al 75% di quelli di luglio 2019 ed è dunque probabile che quelli domestici siano saliti al di sopra del 100% del livello ante-Covid, conseguendo un pieno recupero degli effetti della pandemia. Per Alitalia, che si è sempre concentrata sui voli nazionali, sarebbe un’ottima notizia. Infatti i 12 milioni di passeggeri annui ante-Covid erano ben più della metà dei suoi clienti totali. Ma invece Alitalia sta per chiudere ed essere sostituita da Ita, il cui management non sembra tuttavia credere alla ripresa della domanda. Come riportato dal Corriere il 6 settembre, “sulle trattative (coi sindacati) potrebbero planare anche le ultime previsioni sul mercato Italia che sono meno rosee per i prossimi quattro anni e che, stando agli esperti internazionali, consiglierebbero a Ita una riduzione dei velivoli e del personale rispetto a quanto (poco, aggiungiamo noi, già) previsto dal piano industriale”.
In sostanza il mercato domestico è tornato sopra i livelli ante pandemia ma gli esperti internazionali, forse perché lo guardano da casa loro, non se ne sono ancora accorti e Ita, che è nata micro, ma teme già di essere troppo grande, non sarà in grado di trasportare i 12 milioni di vecchi clienti di Alitalia perché non sa dove metterli. Infatti per trasportarli la vecchia Alitalia aveva bisogno di circa 60 aerei della sua flotta di medio raggio, stimando 110 viaggiatori in media per volo e cinque voli quotidiani in media per aereo. Ma la nuova Ita partirà con soli 45 aerei di medio raggio e di essi almeno 15, ma forse anche 20, dovrà destinarli ai voli europei. Dunque con metà degli aerei l’offerta di Ita sui cieli nazionali si dimezzerà rispetto ad Alitalia e i passeggeri accolti a bordo saranno solo 6 milioni, 7 al massimo riempiendo di più gli aerei.
I restanti 5 o 6 milioni, forse di più, resteranno a terra, salvo trovare un altro vettore a cui tuttavia la scarsità di offerta che si è creata permetterà un consistente aumento dei prezzi. Sui 32 milioni di viaggiatori totali del segmento domestico un calo di capacità di 6 milioni corrisponde infatti a circa un quinto del mercato. E O’Leary di RyanAir ha già annunciato forti rincari da ottobre sui mercati europei a causa della caduta della capacità che ha interessato anche altre compagnie tradizionali. Così dall’autunno gli italiani faticheranno a volare, e dovranno spendere molto di per farlo ma anche per sostenere la Cigs dei dipendenti di Alitalia rimasti senza lavoro, i quali non produrranno più i voli sui quali essi avrebbero invece preferito viaggiare. In sostanza è come andare al ristorante e pagare per non essere serviti.