Scuola “Figlio mio, solo e nella classe sbagliata” “Niente panico, lo psicologo è per la mamma”

 

“Cara ‘signora’ preside, è pronta la denuncia se non mi obbedisce”

Cara Selvaggia, vorrei parlarti della scuola dove mio figlio M., 6 anni, proprio oggi inizierà la prima elementare. La nostra famiglia sta scivolando nello sconforto e nella rabbia per colpa di una donna scriteriata e inutilmente ostile al buon senso. Le ho provate tutte rimbalzando sempre contro un muro di gomma.

Dunque, una mattina trovo affissi all’albo della scuola gli elenchi dei bambini divisi nelle due uniche sezioni. Mio figlio è stato inserito in una classe diversa da quella dei compagni dell’asilo, è l’unico maschietto ad essere stato spostato. Ripeto: unico. Nella sua sezione solo 2 bimbe con cui non aveva mai legato, e che da sole non possono certo essere un riferimento.

La prima reazione è stata di incredulità: pensando ingenuamente ad un errore nel compilare le liste, abbiamo pacificamente chiamato la scuola. Impossibile parlare con la dirigente, chissà perché poi: non dovrebbe essere suo compito parlare con i genitori e affrontare i loro problemi? No, lei non si degna, troppe cose da fare. Fortuna vuole che mia zia, anch’essa dirigente, avesse il contatto privato della “signora”. Le chiedo il perché di quella scelta e lei risponde così: “le sezioni sono state create dal consiglio di istituto, seguendo il regolamento dell’istituto, ma soprattutto cercando di amalgamare i bambini fra le vecchie classi di provenienza perché è giusto che frequentino persone diverse, non possiamo fare una fotocopia dell’asilo”.

Ora, noi siamo una famiglia di insegnanti da generazioni, mio marito commercialista, non siamo sprovveduti. Siamo andati a leggere il regolamento d’istituto e la prima regola per formare le classi è quella di mantenere il gruppo di provenienza e di ascoltare i pareri delle maestre dell’asilo. In più, il principio di amalgamare le classi è valso solo per mio figlio, e nessun altro, per favorire evidentemente chissà chi. Su suggerimento della vice preside abbiamo scritto una mail pec, in tono pacifico, per spiegare la situazione e chiedere il cambio di sezione. Perché ad un bambino di 6 anni – che ha vissuto gli ultimi due entrando e uscendo dall’asilo tra dpcm e nuove regole, che ha visto poco i suoi amici perché non si poteva uscire – come glielo spieghi che le classi si devono amalgamare e deve esserci “equilibrio” tra il numero di maschi e di femmine? Siamo mica in parlamento con le quote rosa? La “signora” dirigente ha risposto, con un sms, che è inutile inviare pec perché tanto il bimbo non lo cambierà mai di classe. Noi genitori siamo agguerriti e pronti a diffidare, l’avvocato ha già preparato le carte e andremo anche dalla psicologa se necessario… Perché mio figlio, amante dei libri, curioso, legge e scrive da 2 anni, ora è terrorizzato dal dover andare a scuola senza nessun riferimento. Persone così ricoprono ruoli di prestigio per aver superato un concorso, ma servirebbe una perizia psichiatrica prima di metterle a dirigere una scuola. Hanno a che fare con dei bambini, non con un’azienda di laureati ultra cinquantenni.

Scusa lo sfogo, ma se le cose andranno avanti vorrei che la storia venisse messa in risalto e portata alla pubblica attenzione. Perché forse mio figlio non entrerà mai in classe con i suoi compagni di sempre, ma lei dovrà camminare a testa bassa, non come ora che sembra l’unica ad avercela…

Roberta

 

Cara Roberta, forse la mia risposta non sarà esattamente quella che ti aspetti e mi auguro non mi arrivi una pec del tuo avvocato. Tanto per cominciare non vedo perché un bambino dovrebbe necessariamente, in prima elementare, trovarsi in classe con dei vecchi amici. Può succedere, ma la maggior parte di noi ha iniziato le elementari con una classe nuova e con timori (eventuali) più che gestibili. In secondo luogo non capisco cosa c’entri lo psicologo, il perché vada scomodato perfino preventivamente. Se suo figlio ha nuovi compagni in classe subirà un trauma? Trauma da nuove conoscenze? Per favore, il trauma potrebbe essere portarlo dallo psicologo per una sciocchezza del genere. E poi mi scusi, ma le sembra normale procurarsi il numero personale di una preside e chiamarla per chiederle spiegazioni sulla sezione a cui è stato destinato suo figlio? E se il bambino prende una nota che fa, sgancia un missile sulla scuola? Non penso che questo atteggiamento iperprotettivo con lui e ostile con la scuola possa avere effetti positivi sull’educazione e sulla sua vita scolastica. Dovremmo insegnare ai figli, al contrario, a non temere le novità, a considerare i cambiamenti un’opportunità e ad accompagnarli con serenità nel mondo delle nuove conoscenze. Aggiungo che ho trovato piuttosto odioso quel continuo fare riferimento alla preside chiamandola signora tra virgolette. Perché “signora”? È la preside e senza virgolette. A meno che non insinui che sia altro e in quel caso non mi sembra che l’aneddoto lo suggerisca. Forse non le sarà piaciuta la sua decisione ma certo non le ha mancato di rispetto. Tra l’altro, sarebbe bene insegnare ai figli così giovani a rispettare l’autorità, specie a scuola. E se questi sono i suoi toni nei confronti dei dirigenti scolastici, poi non si stupisca se suo figlio manderà a quel paese le maestre quando gli chiederanno di mostrare i compiti delle vacanze. Se si abituerà a mammina che chiama l’avvocato al primo “conflitto”, temo non imparerà a cavarsela da solo. Se posso, un consiglio. Magari il problema è solo nella sua testa. Suo figlio accetterà con allegria le novità, per cui sì, forse uno psicologo andrebbe scomodato. Ma per lei. Forse è lei quella che ha paura delle novità, forse è lei ad avere un problema col senso del controllo e col suo ruolo di madre. E non la prenda come un’offesa, ma come un pacato, affettuoso consiglio.

Il partigiano Prodi lascia il colle a Draghi (forse), e Salvini sbaglia l’algebra

Non ho l’età… super partes. Dev’essere la serenità che emana quando lo si sente parlare, una serenità profonda, interiore, diversa dalla placidità apparente che lo ha sempre contraddistinto, dev’essere il comportamento defilato che l’ha caratterizzato negli ultimi anni, ma quando Romano Prodi risponde a chi gli chiede cosa farebbe se venisse fatto il suo nome per il Quirinale, viene da credergli: “Risponderei semplicemente che a ottantadue anni non posso certo sentirmi salvatore della patria. Non ho l’età, insomma. E poi voglio dirlo una volta per tutte. Sono rimasto un uomo di parte. Forse per questo motivo mi è piaciuto fare il capo del governo, e alla salita del Quirinale preferisco quella dello Stelvio. Finché è possibile”. D’altronde il Professore lo disse allora e lo ripete oggi nel libro in cui si è appena raccontato: alla Presidenza della Repubblica ha sempre preferito quella del Consiglio. Perché, a differenza di quanto accaduto a molti altri, non ha individuato nella neutralità e nell’approccio spassionato alle questioni politiche le virtù della vecchiaia. Diventare vecchi, saggi, adulti o maturi che dir si voglia, politicamente parlando, dunque, non conduce necessariamente a vedere il Colle come la vetta più alta. Anzi c’è chi considera Palazzo Chigi come la scalata dell’Everest, mentre nel Quirinale riconosce una rigogliosa collina dove passeggiare tranquilli. Ed è attraverso la lente del Professore che bisogna leggere il bivio di fronte al quale si troverà a breve l’attuale presidente del Consiglio: “Credo che l’incognita dei prossimi mesi riguardi molto Draghi: se sceglierà un grande potere limitato nel tempo o meno potere, ma grande autorità per un tempo molto più lungo”. La vera questione sta tutta qui.

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Conti che non tornano. Nel corso dell’estate Giovanni Toti si è speso molto per i vaccini e per un utilizzo esteso del Green pass, spingendosi financo a parlare di obbligo quando per quasi tutti gli altri esponenti era ancora un tabù. Si può affermare che la strada intrapresa dal presidente della Regione Liguria abbia mostrato plasticamente quella biforcazione sul tema che divide il centrodestra e che ha visto politici, opinionisti, giornalisti abituati a condividere le medesime posizioni trovarsi sui due lati opposti della barricata. Parte da questa conoscenza dell’alleato attualmente antagonista la considerazione di Toti che sposta la contestazione al leader della Lega dall’ambito sanitario a quello politico: “Se le esternazioni di Salvini fossero il risultato di un calcolo politico, sarebbero a mio avviso un calcolo sbagliato. Gli italiani, lo confermano anche i sondaggi, vorrebbero l’obbligo vaccinale, figuriamoci se non sono favorevoli a un uso più largo del Green pass. La priorità, in questo momento, è la sicurezza che passa dalla sicurezza nei luoghi di lavoro e ovunque sia possibile” . Insomma, da amico, alleato, collega di centrodestra Toti parla a Salvini nella lingua che i politici capiscono meglio, quella del tornaconto elettorale: morale della favola: hai fatto male i conti.

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Chiesa. L’attacco di Francesco ai cardinali No vax. Ma tace sull’incredibile caso di monsignor Viganò

Nel viaggio di ritorno dalla cupissima Ungheria di Viktor Orbán, Francesco ha parlato a lungo coi giornalisti imbarcati sull’aereo papale. Un colloquio in cui ha affrontato anche la questione dei cardinali “negazionisti” sul virus. E senza citarlo ha fatto un evidente riferimento, “poverino”, a Sua Eminenza Raymond Leo Burke.

Di questo pasciuto principe americano ci siamo occupati più volte: nell’èra del pontificato rivoluzionario di Bergoglio, il cardinalone a stelle e strisce è diventato uno dei beniamini della destra clericale, italiana e internazionale, e ha addirittura accusato il pontefice argentino di essere l’Anticristo evocato dall’Apocalisse. Burke ovviamente è no vax ma ad agosto è finito in terapia intensiva per il virus e si è salvato per miracolo. Sul fronte antibergogliano è stato però scavalcato da tempo dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, buffo monsignore che è stato nunzio apostolico negli Stati Uniti. Viganò è stato l’ispiratore del primo Vatileaks anti-Bertone e nel suo repertorio vanta un dossier a scoppio ritardato contro Bergoglio per lo scandalo pedofilia negli Stati Uniti.

Non solo. Alla vigilia del voto americano è stato “consacrato” da un tweet di Trump: il presidente lo ringraziava per un lettera in cui il monsignore lo avvertiva di un complotto mondiale basato sul Covid e sul Black Lives Matter per fargli perdere le elezioni. Insomma, il piano del Nuovo Ordine Mondiale e del Great Reset che partendo dalla Rivoluzione Francese mette insieme Lucifero, i massoni, le Nazioni Unite, i miliardari americani compreso Bill Gates, le multinazionali farmaceutiche, il Gruppo Bilderberg (Agnelli, Kissinger, Mario Monti e e Mario Draghi) il deep State, la deep Church e la “nuova religione pandemica” che predica mascherine, vaccini e green pass.

Premesso tutto questo, da alcune settimane la multiforme galassia farisea e clericale dei cattolici ha assunto come proprio manifesto un’altra sterminata lettera del monsignore intitolata Libera nos a male, “Liberaci dal male”. Liberaci, cioè, dai virologi, dai vaccini e da tutto quello che serve per sconfiggere il virus. Un’edizione aggiornata delle accuse di cui sopra. Si parte da Lucifero e si arriva ai cattolici adulti italiani e non (Biden, Pelosi, Prodi, Monti, Draghi e pure Conte): il Nuovo Ordine Mondiale dalla “matrice luciferina” si pone tra i suoi obiettivi la “depopolazione mondiale” inoculando miliardi di letali dosi di vaccino. Il “manifesto”, dibattuto e rilanciato da tv, radio e siti tradizionalisti, si conclude con l’appello finale a disobbedire all’attuale papa, definito complice di questo piano e quindi “consapevole liquidatore della Chiesa Cattolica”.

Ora: da mesi Francesco e i suoi collaboratori ostentano volutamente una santa indifferenza dinnanzi alle deliranti uscite dell’ex nunzio negli Stati Uniti, che peraltro demolisce finanche il Concilio Vaticano II. Anche perché sospenderlo rischierebbe di farne un martire. Ma si può continuare a far finta di nulla vista l’eco che suscitano i suoi manoscritti? Senza dimenticare che in piazza ci sono no vax con cartelli che denunciano: “Governo e giornalisti corrotti al servizio dei demoni”.

 

La sai l’ultima?

 

Roma La sorella di Ornella Muti trovata con tre flaconi di droga: “Li uso per pulire l’argenteria”

Soluzioni fantasiose per le faccende domestiche. L’attrice 71enne Claudia Rivelli, sorella di Ornella Muti, è stata arrestata a Roma con l’accusa di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. “Era finita in manette mercoledì nella sua abitazione in via della Camilluccia – scrive il Corriere della Sera – dove, nel corso di una perquisizione, la Polaria di Fiumicino aveva rinvenuto tre flaconi con un litro di Gbl, la cosiddetta ‘droga dello stupro’. A difenderla in aula è stato l’ex marito, l’avvocato Paolo Leone, figlio dell’ex presidente della Repubblica Giovanni Leone”. Ecco, di fronte all’accusa di detenere una quantità tutt’altro che modica di stupefacenti, l’eroica Rivelli ha spiegato di usare quella strana sostanza per far brillare la sua argenteria. “L’attrice, vestita con una camicetta gialla in seta e pantaloni beige, si è difesa dicendo di ignorare che il liquido nei flaconi fosse stupefacente. ‘È un prodotto che utilizzo per pulire gli oggetti d’argento di casa’”.

 

Svizzera La sentenza del tribunale federale: “Un attacco di diarrea non basta per giustificare l’eccesso di velocità”
Chi ha vissuto questo genere di esperienze sa quanto possano essere terrificanti: l’intestino manda segnali inequivocabili e sempre più violenti, le mani sul volante si irrigidiscono, si inizia a sudare e si schiaccia il piede sull’acceleratore pregando di arrivare al primo autogrill. Eppure l’inflessibile tribunale federale svizzero lo ha stabilito con una sentenza: l’urgenza di andare in bagno mentre si guida non giustifica un eccesso di velocità. È stato respinto “il ricorso di un automobilista che contestava il ritiro della patente da parte delle autorità svizzere”, come scrive Ticinonews. “L’uomo sosteneva di aver avuto all’improvviso problemi di stomaco e diarrea. In questa situazione di emergenza aveva quindi guidato velocemente per trovare al più presto un bagno pubblico. Era stato pizzicato mentre transitava in un cantiere a oltre 120 km/h dove il limite era di 80 km/h”. La patente è ritirata a tempo indeterminato dalle autorità del canton Berna. Flatulentia legis non excusat.

 

Resto del Carlino Meraviglia al festival: “Jennifer Lopez e Lucia Borgonzoni insieme sul red carpet di Venezia”

Il red carpet è quel luogo dell’anima e della vanità umana dove sfilano le star hollywoodiane, personaggi tra i più famosi e i più influenti al mondo. A volte però qualcuno riesce a imbucarsi e allora capita di leggere titoli di giornale meravigliosi come quello che ci ha regalato Il Resto del Carlino: “Jennifer Lopez e Lucia Borgonzoni insieme sul red carpet di Venezia”. Proprio così: J.Lo e la Borgonzoni. Una delle pop star più ricche e desiderate al mondo e la sottosegretaria alla Cultura che Salvini è riuscito a infilare anche bel governo Draghi. Colei che in curriculum può vantare una rissa in un campo rom, un’elezione persa contro Bonaccini e la meritoria frase “Non leggo un libro da tre anni”. Molto intenso l’incontro con l’attrice-cantante: “Ci siamo salutate, mi sono presentata, è stata molto simpatica e mi ha detto quanto fosse bella Venezia”. Un’esperienza che Jennifer Lopez porterà nel cuore a lungo.

 

Ancona Crolla in mezzo all’aiuola, si teme un malore invece si era bevuta una damigiana di vino da 3 litri
È collassata in mezzo ai fiori ma non per un malore, né per una passione difficilmente contenibile per la botanica. Un’allegra signora di 75 anni è stata trovata sdraiata in un’aiuola per via di una performance alcolica di un certo livello: si era scolata da sola una damigiana da 3 litri di vino bianco. “Quando gli operatori della Croce Gialla di Ancona sono intervenuti – scrive il sito Today.it – l’hanno trovata distesa su un’aiuola. Tutto lasciava intendere ad un malore ma a poca distanza una damigiana di vino da tre litri ha chiarito ogni dubbio. Lei, una donna di 75 anni, era completamente ubriaca tanto da non riuscire quasi a muoversi. Poco prima si era scolata il vino bianco presente all’interno della damigiana, per poi crollare sull’aiuola. Gli operatori l’hanno soccorsa e trasportata al ponto soccorso dell’ospedale regionale di Torrette per accertamenti”.

 

Manchester Cristiano Ronaldo costretto a cambiare casa: le pecore belano dalla mattina presto e fanno troppo rumore
Certo, guadagna millemila fantastiliardi al minuto per giocare a pallone (e calciare punizioni sulla barriera). Certo, è un’azienda vivente, un brand universale, una delle persone più influenti al mondo. Ma mica è tutto semplice nella vita di Cristiano Ronaldo. Il nostro eroe, appena tornato a Manchester tra mille capricci per chiudere in anticipo il rapporto con la Juventus, ha avuto un inconveniente di natura ovina. “L’incessante belare delle pecore – scrive la Gazzetta – avrebbe fatto scappare Cristiano Ronaldo dalla villa in campagna da 6 milioni di sterline (e 7 camere da letto), dove viveva con la famiglia dal suo ritorno a Manchester, a una nuova magione da 3 milioni, di proprietà dell’ex Red Devils Andrew Cole”. Povero Cristiano. Come racconta una fonte anonima al Sun, “sebbene la precedente proprietà fosse bellissima e immersa nel verde, era anche vicina alle pecore che, la mattina presto, sono molto rumorose. Ed essendo Ronaldo un vero professionista, per lui il riposo e il recupero dopo le partite sono fondamentali”.

 

Taormina Un detenuto evade dagli arresti domiciliari: “Mi era scappato il gatto di casa”. Arrestato di nuovo
Notizie bizzarre che si ripetono con una certa frequenza: sono moltissimi i detenuti agli arresti domiciliari che si fanno beccare fuori di casa per motivi più o meno futili e astrusi. C’è chi va a comprare le sigarette, chi va a farsi un bagno in mare, chi va a farsi un cicchetto al bar. Stavolta l’evaso ha provato a scagionarsi con le ragioni del cuore: gli era scappato il gatto e doveva assolutamente inseguirlo. “Nel corso di un servizio di controllo in località Mazzeo (Taormina), i Carabinieri hanno controllato l’abitazione di un 59enne non trovandolo presso il domicilio”, scrive il sito normanno.com. “Poco dopo è stato rintracciato da un reparto dell’Aliquota Radiomobile mentre faceva rientro a casa. Il responsabile si sarebbe giustificato dicendo di essersi allontanato per cercare il suo gatto, scappato dall’abitazione”. Inflessibili le forze dell’ordine, che non hanno creduto alla vocazione animalista: il padrone solerte è stato arrestato per evasione, poi il giudice del Tribunale di Messina ha ripristinato la misura cautelare degli arresti domiciliari.

 

Torpignattara Morde un podista nel parco e gli strappa un orecchio. A luglio aveva morso anche un poliziotto
Morditori seriali nei parchi pubblici di Roma. Non bastasse la fauna selvatica, ci si mettono pure i cittadini. Una donna haitiana di 37 anni è stata arrestata con l’accusa di lesioni gravissime. “Lo ha assalito mentre correva nel parco, e l’ha aggredito alle spalle mordendogli l’orecchio. È successo intorno alle 9,30 di ieri mattina (giovedì 16 settembre, ndr) all’interno del parco Villa De Sanctis, nel quartiere Torpignattara. La vittima un 64enne italiano, è stato trasportato in codice rosso all’ospedale Vannini”. Lo scrive Repubblica: “La donna avrebbe atteso che l’uomo si chinasse per bere ad una fontana per avventarsi contro di lui. Le urla dell’uomo hanno attirato i passanti che hanno tentato di liberarlo dalla presa della 37enne. A luglio, in un’altra circostanza, la donna aveva morso a un braccio un poliziotto. L’agente era intervenuto per una lite tra la donna e un altro uomo. Anche in quel caso è stato necessario l’intervento del 118”.

Pro&contro. Il referendum sul Green pass

 

Pro

Le élite ci governano con la paura: la sovranità adesso va ridata al popolo

L’ultima volta che mi sono interessato di politica è stato 5 anni fa (2016) durante il dibattito per la riforma della Costituzione, voluta fortemente da Matteo Renzi. Fu un’esperienza positiva e, per molti versi, entusiasmante. La nostra Costituzione era sotto attacco da parte delle élite economiche internazionali. In particolare JP Morgan aveva espresso il suo dissenso nei confronti delle Costituzioni del sud Europa, definendole socialiste e cioè non neutrali ma politicamente orientate. Il fronte del NO era compatto e attraversava i partiti favorevoli alla riforma da destra a sinistra. Gli italiani si schierarono in maggioranza a difesa della Costituzione. Preso atto della irriformabilità della Costituzione, le élite sembrano aver trovato la soluzione nel metterla fuori gioco, nel bypassarla in nome dell’emergenza. Per superare questo ostacolo si è ricorsi, fin dall’inizio della pandemia Covid, a strumenti capaci di oltrepassare il problema: Dcpm e Decreti legge.

È vero che tali decreti per diventare definitivi dovrebbero essere tradotti in legge dal Parlamento, ma il trucco è stato presto aggirato: un Dpcm o un Decreto legge non convertito decadono, ma basta sostituirli con un nuovo decreto e, alla scadenza un altro, sino a fare apparire questo sistema legittimo, sino a far penetrare il popolo in una nuova normalità . Quest’uso disinvolto è stato definito da giudici come Angelo Giorgianni uno “stupro della Costituzione”.

Il movimento che si sta formando contro il Green pass ha preso le mosse dai ricatti subiti dai cittadini sui luoghi di lavoro. Si tratta di violazioni gravissime dell’art. 3 della Costituzione che vieta ogni discriminazione. Perché di fronte a questo provvedimento non c’è la stessa reazione attiva che c’è stata contro la riforma della Costituzione? Ho tentato di darmi una risposta ed essendo attivo nell’ambito della comunicazione questa risposta mi è stata data dai media, ma è una risposta estrema.

Come veterano della tv generalista non potevo non vedere come le reti Rai e commerciali ed i giornali fossero impegnati in un massiccio sforzo di propaganda. Si potrebbe rispondere che anche all’epoca di quel referendum la propaganda per il potere era preponderante, ma fu inutile. Qui però c’è qualcosa di diverso e questo qualcosa di diverso è la paura. Con la pandemia il dibattito si è spostato in campo sanitario. È bastato trasferire dalla politica alla sanità l’attenzione dell’elettorato, per ottenere quel consenso che sul piano politico non era possibile conseguire. Per l’essere umano, nella sua fragilità, la morte viene prima della Costituzione che perde importanza di fronte alla malattia. Si è trattato di un esperimento di ingegneria sociale basato su un movente fortissimo: la paura della morte.

Goebbels, teorico della propaganda nazista, interrogato sui metodi per conseguire il consenso popolare, è stato in merito chiarissimo: non si tratta di contenuti specifici, non si tratta di destra o di sinistra, in ogni caso il consenso si ottiene con la paura. Se un governo è in grado di promuovere la paura, il popolo obbedirà. Gli italiani stanno obbedendo. Aderendo alle richieste del governo ci spogliamo volontariamente di qualsiasi difesa nei confronti di un potere sempre più pervasivo. In realtà le élite transnazionali stanno decidendo per noi e lo fanno ormai a carte scoperte, come se ritenessero già conseguita la vittoria. Sta a noi decidere se le loro scelte sono anche le nostre. I documenti sono visibili a tutti. Klaus Schwab, direttore esecutivo del World economic forum, nel suo Covid 19 The Great Reset dichiara che la pandemia è un’occasione irripetibile per attuare quei cambiamenti già descritti ne La quarta rivoluzione industriale. In pratica, un controllo assoluto di ogni cittadino del mondo al fine di promuovere la fusione uomo-macchina e collegando i cervelli umani all’intelligenza artificiale.

È di questi giorni la pubblicazione da parte dell’Oms del prototipo di tessera sanitaria a cui gli Stati devono attenersi. È di tutta evidenza che il green pass non è altro che il primo embrione di quella tessera digitale che conterrà i nostri dati sanitari, censirà i nostri spostamenti, valuterà tramite algoritmi la nostra obbedienza al sistema. Queste decisioni sono state già prese sulle nostre teste.

Democrazia significa governo del popolo. Da tempo le élite hanno emarginato il popolo dal suo ruolo politico e da ogni decisione. Gianis Varoufakis ex ministro greco delle finanze nel governo Tsipras, ha scritto un libro di memorie dal titolo emblematico, Adulti nella camera: secondo le élite le decisioni devono essere prese dagli adulti, cioè le élite stesse, e il popolo bambino deve essere tenuto fuori dalla stanza dei bottoni. Possiamo accettare tutto questo?

Carlo Freccero

 

Contro 

Lasciate stare isterie e complotti: ci giochiamo la salute

Non mi stupisce ritrovare il vecchio amico Carlo Freccero tra i promotori del referendum contro il Green pass. Dacché nel 2018 Carlo, da libertario situazionista qual era, ebbe la folgorazione che lo portò ad autoproclamarsi convertito al sovranismo, la sua concezione ribellistica della libertà ha trovato inaspettati adepti da quella parte lì.
A noi fa specie che la nuova destra, erede di chi sappiamo, ci sventoli contro l’argomento delle libertà individuali e dell’antidiscriminazione. Il suo lessico andrà decifrato meglio (contempla la libertà di armarsi ma non di abortire, la libertà di chiamare “negri” gli africani ma non di farsi uno spinello)… Per ora voglio impormi di non rinfacciare a Carlo Freccero e Ugo Mattei la pessima compagnia in cui si ritrovano o i paragoni osceni con le leggi razziali o le fole sulla grande cospirazione di Big Pharma che, spero, loro non adoperino.
Fossi un giurista, lamenterei che l’articolo 75 della Costituzione, laddove vieta giustamente il referendum su leggi tributarie, amnistia e trattati internazionali, lo consenta in materia di salute pubblica. Forse i nostri padri costituenti non potevano immaginare che il progresso della scienza medica, pervenuta a debellare malattie terribili attraverso vaccinazioni di massa anch’esse da molti temute, avrebbe dovuto confrontarsi con nuove superstizioni propagandate ad arte facendo leva sulla credulità popolare.
Zang Tumb Tumb! Di fronte alla strage provocata dal Covid per fortuna nessuno ha osato evocare la guerra come “igiene del mondo” di marinettiana memoria, ma sento puzza di futurismo nella sistematica negazione dell’emergenza pandemica da parte dei sovranisti nostrani. Mal sopportano che l’Italia arrivi per prima fra i Paesi democratici a pretendere il certificato di vaccinazione dai lavoratori? Suvvia, eviterei richiami grotteschi all’Arabia Saudita. Se non altro perché un anno e mezzo fa l’Italia fu anche la prima a introdurre il divieto di circolazione ai suoi cittadini (lockdown), provvedimento doloroso ma salvifico. Venne irrisa dai vari Trump e Bolsonaro, ma sappiamo com’è andata a finire negli Usa e in Brasile.
Che la democrazia nel mondo contemporaneo subisca nuove e varie minacce è talmente vero che sarà meglio evitare le grida “al lupo, al lupo” (guarda caso fatte proprie da chi fa il tifo per il nazionalismo degli autocrati). Qui non è in gioco il diritto di una minoranza ma la salvezza di tutti, quale che sia la loro appartenenza etnica, religiosa, culturale. Vorrei ricordare che i movimenti di emancipazione delle classi subalterne hanno sempre anteposto la salute collettiva, l’istruzione e la reciproca assistenza non solo all’imperativo del profitto, ma anche alla falsa illusione del “fai come ti pare”. Dobbiamo lasciarlo dire solo al papa, che “nessuno si salva da solo”?
Mi è piaciuto il delegato Fiom Cgil che di fronte alla richiesta di tamponi gratis per i No Vax ha controproposto di farglieli pagare semmai di più, per poi devolvere la sovrattassa alla sanità pubblica o a un fondo per gli aumenti salariali.

Gad Lerner

Tv: Se va avanti così, il nuovo conticidio se lo fa conte da sé

Se è vero che Rocco Casalino è tornato come coach tv del Movimento 5 Stelle e ha deciso che in tv ora debba parlare solo Giuseppe Conte, bisogna che qualcuno parli con Rocco Casalino e magari faccia da coach al coach della tv dei 5 Stelle. Perché va bene che del Movimento degli esordi resti poco o niente, ma passare dal “Vaffanculo” a “La accompagno alla porta, mi saluti la sua consorte”, forse non è esattamente un affare. Sto parlando, ovviamente, delle recenti performance di Giuseppe Conte in tv.

Conte finisce di parlare e non sai che ha detto, in quel continuo, sovrumano esercizio di diplomazia e di allergia al conflitto che rischia di renderlo una figura sbiadita. O, peggio, di renderlo il roboante “avevo ragione io” di Beppe Grillo, che non aspetta altro. Chiedi “Che ora è?” a Conte e lui risponderà che sono le otto, ma ha il massimo rispetto anche per il resto dei fusi orari. Emblematico, in questo senso, il disperato tentativo di Corrado Formigli di cavargli qualcosa nell’intervista di giovedì a Piazzapulita.

Ci ha provato col forcipe, forse serviva una trivella per il greggio. Formigli gli chiede se è d’accordo con il Green pass e lui “sì al Green pass, garantendo il diritto al lavoro”. Eh già. E la qualità è il miglior risparmio! Venezia è bella ma non ci vivrei! Formigli ci riprova: “Che voto darebbe a Draghi?”. Risposta frizzante: “Ho difficoltà a dare a me stesso i voti, figuriamoci a Draghi!”. Eh già. Buona la carne, ma vuoi mettere un buon piatto di pasta?

Formigli non molla: “Nel Conticidio di Travaglio si dice che lei doveva cadere già nel 2019”. “I complotti non mi affascinano, certe politiche del mio governo non piacevano”. Allora lo incalza Alessandra Sardoni: “Cosa non piaceva del suo governo?”. “Non lo so, noi eravamo per l’inclusione sociale”. Eh già. E la cacca del bambino è santa! Il computer rovina la vista! Ai miei tempi ci si alzava da tavola solo quando tutti avevano finito! Insomma, se va avanti così, il prossimo Conticidio sarà ad opera di Conte stesso. Travaglio ha già il suo prossimo libro in stampa: Contesuicidio.

Genio Bernardo: il sequestrato che chiede il riscatto ai sequestratori

C’era un tempo di nebbia e pistole in cui era Renato Vallanzasca a telefonare ai parenti del sequestrato da una cabina telefonica del Giambellino: “Voglio 10 miliardi e riavrete il vecchio tutto intero. Altrimenti ve lo rimando a pezzi”. Era la Milano calibro nove del grande Scerbanenco, dove erano i cattivi a ricattare i buoni. Oggi a Milano accade il contrario. È il sequestrato che chiama i sequestratori: “Se lunedì mattina non ricevo 50mila euro da ogni partito della coalizione, mi ritiro. E torno a fare il mio lavoro”. Il genio che con una sola telefonata ha ribaltato le regole del giallo ha un nome che induce al depistaggio: Bernardo di cognome e Luca di nome. È il candidato sindaco del centrodestra milanese, quello che Feltri Vittorio dice che “non vale un cazzo” (la coalizione, non il candidato).

Questo Bernardo di politica non sa molto. Perché di mestiere fa il pediatra. Per la precisione il pediatra della signora Licia Ronzulli che, oltre a fare l’onorevole di Forza Italia e la mamma, deve badare al nonno che abita a Arcore. Non ha tempo di stargli dietro. Meno che mai ha tempo la Lega di Salvini, inguaiata dai commercialisti in fuga e dal Green pass

in arrivo. In quanto a Comunione e Liberazione, post-Formigoni, deve ancora superare lo choc dell’obbligo di fatturazione.

Dai e dai a ’sto Bernardo l’hanno lasciato solo a comiziare di trattoria in trattoria: “Milano ha il cuore in mano”, ha detto una volta. “Milano è la città della solidarietà concreta”, ha detto un’altra. E a forza di dirlo, l’altra mattina all’alba, si sarà chiesto come mai l’unico fesso senza solidarietà concreta sia lui, poverino. Per questo si è infilato la pistola nei calzoni (“ho il porto d’armi”) e alla prima cabina telefonica ha imbastito il sorprendente ricatto, quello della vittima che chiede il malloppo ai cattivi.

Colle, i due Matteo inciuciano al party di Angelucci senior

Si erano già visti a fine maggio per festeggiare il compleanno di Giampaolo Angelucci, il figlio editore dei quotidiani di famiglia. E giovedì sera hanno fatto il bis, ma stavolta per celebrare i 77 anni del padre Antonio deputato di Forza Italia e re delle cliniche private nel Lazio. Matteo Salvini e Matteo Renzi si sono ritrovati a tavola insieme nella villa degli Angelucci ai Castelli romani, nel comune di Marino. Una festa privata con i familiari e gli amici di sempre a cui non hanno partecipato solo i due Matteo, ma anche il gotha dei salotti e del potere romano: a tavola c’era anche il ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta con la moglie Tommasa Giovannoni, l’ex sottosegretario all’Economia e fedelissimo di Salvini Claudio Durigon, il faccendiere ed editorialista del Tempo Luigi Bisignani, Claudio Lotito, Melania Rizzoli, Michaela Biancofiore e i direttori dei quotidiani della Tosinvest Alessandro Sallusti e Pietro Senaldi (Libero), Franco Bechis e Gian Marco Chiocci (Il Tempo) e Davide Vecchi per i “Corrierini” del centro Italia. Tutti attovagliati con le rispettive consorti.

Tra i presenti anche la famiglia Verdini al completo, escluso Denis che sta scontando gli arresti domiciliari nella sua villa sulle colline di Firenze dopo la condanna a 6 anni e 6 mesi per il crac del Credito cooperativo fiorentino. I Verdini sono molto amici degli Angelucci e giovedì sera a tavola c’era la moglie di Denis Simonetta Fossombroni e i figli Francesca (compagna di Salvini) e Tommaso Verdini, che gestisce il ristorante PaStation proprio dietro la Camera. Grande assente invece Vittorio Feltri, ormai in pessimi rapporti con Angelucci senior dopo la sua defenestrazione dalla direzione di Libero e l’arrivo del “governista” Sallusti. Alla cena, unico esponente del centrosinistra, si è fatto vedere anche l’ex tesoriere del Pd Ugo Sposetti, amico di lunga data del deputato di Forza Italia.

La cenaa base di pesce, raccontano i bene informati, si è svolta nel pieno rispetto delle norme anti-covid: all’aperto e con tavoli distanziati. Protagonisti assoluti della festa, oltre al padrone di casa, i due Matteo. Salvini, molto provato dai tanti comizi della campagna elettorale (ben cinque nella stessa giornata tra la Calabria e Roma) e dalla sconfitta del pomeriggio in Consiglio dei ministri sul Green pass, ha trovato il tempo anche per collegarsi con il programma Diritto e Rovescio di Paolo Del Debbio da casa Angelucci. Con i commensali Salvini si è lamentato dell’esclusione della lista della Lega a Napoli attribuendo la responsabilità ai colonnelli locali del partito. Renzi invece è stato alla festa meno di mezz’ora: ha mangiato un’insalata di pesce per poi scappare per un impegno. Raccontano però che il leader di Italia Viva abbia trovato il tempo per una breve chiacchierata vis a vis con Salvini in cui si è parlato anche di politica e di Quirinale: cosa si siano detti non è dato saperlo, ma che i due Matteo stiano pensando a una strategia comune per eleggere il prossimo capo dello Stato ormai non è più un segreto.

Green pass, Pontida e Comunali: la Lega contro Salvini alla deriva

Sul Green pass ha perso su tutta la linea, nel suo partito sbanda e tra due settimane rischia una pesante sconfitta alle Amministrative. È un momento molto difficile per Matteo Salvini. Gli altri, nel governo e nella Lega, lo sanno e infieriscono. Provando a metterlo nell’angolo per neutralizzarlo.

Il primo è stato Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico che, insieme ai governatori del Carroccio, ha convinto Salvini che non si potesse votare contro il Green pass in Cdm. Ieri Giorgetti prima ha fatto sapere che con Matteo va “d’amore e d’accordo”, ma poi lo ha di nuovo sbugiardato: “Le decisioni difficili del governo, come l’obbligo del Green pass sui luoghi di lavoro, non servono a limitare la libertà, ma ad aumentarla. Abbiamo fatto queste misure per riaprire”. Parole che stridono con le critiche di Salvini al certificato (“deciderà la storia a dire se serve”), su cui intervengono anche Enrico Letta e Giuseppe Conte. “Salvini insegue la Meloni e si mette all’opposizione di fatto: è totalmente irrilevante sull’agenda di governo – ha detto ieri il segretario del Pd – l’esecutivo non lo segue e nemmeno la Lega”. Sulla stessa linea Conte: “Salvini lasci perdere i sondaggi e si assuma le responsabilità di governare”. Lui intanto rilancia, minacciando barricate sul ddl Zan, quota 100 e le tasse sulla casa.

Salvini però ha anche un problema in vista delle Amministrative: il centrodestra rischia di perdere ovunque nelle grandi città e di sfasciarsi al suo interno. Il caso di Luca Bernardo a Milano è il più evidente. Sabato era uscito l’audio in cui minacciava di ritirarsi se non fossero arrivati i soldi e se non avesse visto “la sintonia da parte di tutti”. I soldi, dopo un incontro di ieri mattina con i coordinatori del centrodestra, arriveranno e il pediatra ha annunciato che farà una denuncia per “l’audio rubato”, ma la sintonia non c’è perché Bernardo ormai è stato mollato da tutti: Salvini e Meloni fanno campagna in città spesso senza di lui, nei manifesti elettorali di Lega e FdI la sua faccia non c’è e i maggiorenti di centrodestra, in privato, condividono quello che sabato ha detto al Fatto Vittorio Feltri. Cioè che Bernardo “è un candidato debole” e “perderà”. E tutto ricadrà sulle spalle della Lega che lo ha scelto. Al di là della sconfitta, a Milano Salvini deve poi scongiurare il clamoroso sorpasso di FdI.

Senza dimenticare i guai a Napoli, dove ormai non parla più con il suo candidato Catello Maresca. Qui Salvini non tornerà più, dopo l’esclusione della lista della Lega. Il segretario, come ha rivelato ieri Il Mattino, si è sfogato con i suoi: “Metteteci voi la faccia adesso”.

E nel giorno degli 80 anni di Umberto Bossi, una grana per Salvini arriva anche da Pontida. Da Cisano Brianza, anzi, dove l’ex ministro Roberto Castelli ha spostato causa maltempo il ritrovo di vecchi militanti che avrebbe voluto celebrare allo storico Pratone. Lo stesso che Salvini ha lasciato vuoto, abolendo il tradizionale raduno. La truppa di Castelli, una cinquantina di fedeli, ha le idee chiarissime. Il “capo” riconosciuto è soltanto uno, e non è certo Matteo. L’ex ministro se lo lascia sfuggire senza neanche farci caso: “Sono pochi i partiti in cui i militanti amano il proprio capo”.

A metà mattina si presenta pure Roberto Calderoli, quasi con gli occhi lucidi nel ricordare i bei tempi andati: “Sono qui in segno di amicizia e rispetto per il capo”. A un certo punto Castelli telefona a Renzo Bossi, che passa il telefono al padre Umberto. La voce affaticata del Senatur consegna ai militanti giusto qualche monosillabo: “Grazie a tutti”. “Ti aspettiamo l’anno prossimo”, sorride Castelli. “Va bene”. Basta e avanza per scatenare applausi e cori.

Le parole d’ordine sono quelle di un tempo. Giovanni ricorda di “tenere accesa la fiammella dell’indipendenza”; Piero Dragan, candidato a Milano, esagera: “Bossi è un semi-Dio”. Un militante giunto in moto da Varese passa dal pratone e sbandiera il vessillo padano: “Il raduno è saltato? Meglio, se si ripresentano a Pontida rischiano brutte cose”. Sul palco ci sono la bandiera della Padania e della Lega Nord. Di Salvini non c’è traccia: aveva ventilato l’idea di passare, poi aveva promesso una telefonata, infine un video-saluto. Alla fine manda un minuto di auguri a Bossi girato in auto, nel tempo libero tra un comizio e l’altro: “Eterna venerazione per te, Umberto”. Ma da queste parti non ci crede nessuno.

Ma mi faccia il piacere

Te piace ’o presepe? “Vicini alla normalità, il mondo ci guarda” (Mariastella Gelmini,ministra FI degli Affari regionali, Corriere della sera, 19.9). E vede la Gelmini ministra: un figurone.

Belli capelli. “Se la Lega esce dal governo non mi strappo i capelli” (Andrea Orlando, ministro Pd del Lavoro, Stampa, 18.9). Ma neppure se resta.

Certo, come no. “Berlusconi non rinuncia a sognare il Colle. L’incontro in Sardegna per convincere Renzi” (Francesco Verderami, Corriere della sera, 18.9). Buona l’idea di cominciare dal leader più affidabile.

L’esperto. “Gentiloni con Gualtieri: ‘Basta incompetenza’” (Repubblica, 19.9). Deve avercela con quel premier che s’è appena visto bocciare il prestito di 900 milioni ad Alitalia: quel premier che si chiamava come lui.

En plein. “‘Ho tre figlie e le ho fatte candidare, che male c’è?’”, “Candidare tutti i propri figli nel partito di cui si è al vertice si può. In vista delle elezioni amministrative di ottobre, a Latina, lo ha fatto la senatrice Pacifico, ex M5S passata al partito di Toti… Hanno chiesto loro di candidarsi o ha proposto lei la candidatura? ‘Posso mai obbligarle? Hanno 27 anni ed è stata una loro scelta. Loro respirano i problemi sociali’” (Repubblica, 14.9). E il marito niente?

Bum economico. “L’Italia sta vivendo un boom economico, che non vedeva dagli anni Sessanta. Sono tutti risultati che si devono a Draghi e alla credibilità dell’azione riformatrice di questo governo” (Renato Brunetta, ministro FI della Pubblica Amministrazione, Giornale, 2.9). È la volta buona che gli danno il Nobel. O magari l’Oscar.

Scambio di persona. “È un governo di affidamento personale, cioè legato al prestigio internazionale di chi lo guida, Mario Draghi, appunto. Su di lui, sulla fiducia nella sua capacità di gestione, poggia l’intero piano di finanziamenti europei, che porterà l’Italia sfibrata dal Covid più di 200 miliardi da investire entro la fine del 2026” (Carlo Verdelli, Corriere della sera, 17.9). Ecco chi era quel premier col ciuffo e la pochette che il 17 luglio 2020 partì per Bruxelles e quattro giorni dopo tornò a Roma con 209 miliardi di Recovery Fund in tasca: Draghi travestito da Conte.

B etulla colpisce ancora. “Le finte lacrime di Prodi nel suo libro rancoroso. Ci mancavano le memorie di Mortadella” (Renato Farina, Libero, 17.9). Pio Pompa, è lei?

Che bei silenzi. “Draghi comanda tacendo. Potere ignaziano. Il segno supremo della sua leadership è il silenzio” (Mattia Ferraresi, Domani, 16.9). “Alle origini del silenzio gesuitico che Draghi usa molto più delle parole” (Claudio Ferlan, Domani, 17.9). Torna, direttamente da “Il secondo tragico Fantozzi”, il Gran Consiglio dei Dieci Assenti.

Impresa Traslochi. “Una certa magistratura ha fatto venir meno in Italia anche la speranza del mugnaio di Potsdam, cioè che esista almeno un giudice Berlino” (Augusto Minzolini, Giornale, 17.9). Bei tempi, quando B. si accontentava di trasferire i suoi processi a Brescia.

Lo scusario/1. “Prete arrestato a Prato: festini a base di droga dello stupro comprata con le offerte, i party a casa del compagno. Il Don convolto in un giro di feste a base di cocaina e Gbl acquistata dall’Olanda. Il vescovo: ‘Dolore e sgomento, sui conti della parrocchia mi diceva che erano aiuti per persone bisognose’” (Repubblica-Firenze, 14.9). E lui non domandava mai: bisognose di cosa?

Lo scusario/2. “Arrestata Claudia Rivelli, sorella di Ornella Muti: aveva in casa 3 litri di ‘droga dello stupro’. Lei dice: ‘La uso per pulire l’argento’” (ilfattoquotidiano.it, 17.9). Le posate luccicavano, ma poi le saltavano addosso.

Un pesce di nome Zanda. “È anche merito dei dem se i Cinque stelle sono diventati europeisti” (Luigi Zanda, senatore Pd, Riformista, 16.9). Infatti, quando fecero eleggere coi loro voti decisivi la Von der Leyen a presidente della Commissione Ue, governavano con Salvini e il Pd votava contro.

Il titolo della settimana/1. “Buzzi e Carminati al nostro banchetto” (Riformista, 15.9). Sono soddisfazioni.

Il titolo della settimana/2. “Il giornale di Travaglio si scaglia contro i promotori dei referendum e contro di noi perché al nostro banchetto li hanno firmati Buzzi e Carminati. Caro Marco, ti spiego cos’è il garantismo” (Piero Sansonetti, Riformista, 17.9). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/3. “La crisi piemontese, Torino pare l’ex Ddr” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 15.9). Uahahahahah.

Il titolo della settimana/4. “Salvini rilancia il nucleare: una centrale in Lombardia” (Libero, 16.9). Possibilmente nel soggiorno di casa sua.