Il mattone di Pechino è in bolla: il virus Evergrande contagia tutti

Tredici anni dopo, sull’altra sponda del Pacifico si replica in scala minore lo tsunami scatenato dai mutui subprime Usa. Anche stavolta la causa è l’immobiliare: Evergrande, secondo operatore della Cina, rischia il default. Ma anche se l’eventuale crac non contagerà i mercati globali, non tutti i suoi rischi sono noti. La gestione di questa crisi è il vero test sulla capacità di Pechino di frenare gli eccessi del suo sistema finanziario da 46 mila miliardi di euro senza danneggiare la propria economia che, a dispetto della pandemia, nel 2020 è cresciuta del 2,3% con un Pil di 12.464 miliardi di euro. Paradossalmente, il tracollo affonda le sue radici negli aiuti contro la crisi del 2008, quando la Cina ha lanciato un piano da 3.400 miliardi per sostenere alcuni settori, tra i quali l’immobiliare. Ne è derivato un boom vertiginoso: il costante calo dei tassi e i crolli delle Borse del 2008 e 2015 hanno spinto i cinesi a puntare sul mattone con i prezzi delle case triplicati a Pechino, Shanghai, Shenzhen e i mutui quadruplicati a 4 mila miliardi.

A fine 2020 le quattro maggiori banche cinesi erano esposte su immobili e ipoteche per 3.374 miliardi, cioè il 30% del Pil, in crescita del 5,7% sul 2019. Per frenare la speculazione, nel 2010 Pechino ha varato restrizioni alle compravendite di case. Non ebbero effetto e furono replicate nel 2017. Da allora, sebbene milioni di abitazioni non trovino acquirenti, i prezzi sono stabili. Ma gli ultimi dati sono pessimi: ad agosto le vendite sono calate del 19,7% sul 2019, i nuovi cantieri del 3,2%, i margini medi degli operatori del 4,6% al 22%. È in questo mare che Evergrande ha sinora veleggiato. Fondata nel 1996 a Guangzhou, quotata a Hong Kong dal 2009, grazie ai debiti è cresciuta sino a un fatturato 2020 di 94 miliardi e un patrimonio di 303 miliardi, oltre 1.300 cantieri aperti, 200 mila dipendenti fissi, 3,8 milioni di assunzioni a termine ogni anno, 1,5 milioni di case già pagate da completare, diversificazione nelle auto elettriche, calcio, assicurazioni, acque minerali. In sei mesi ha ridotto il debito sui bond del 20%, ma la sua esposizione a giugno era cresciuta a 267 miliardi, il 2% del Pil cinese. Deve 76 miliardi alle banche, 88 ai fornitori, oltre 96 ai risparmiatori che hanno acquistato i suoi prodotti di risparmio gestito, i cui mancati rimborsi hanno scatenato furiose proteste sotto il suo quartier generale. Già un anno fa un leak svelò che aveva chiesto aiuto al governo contro la crisi di liquidità. A giugno non ha rimborsato alcuni commercial paper, titoli a brevissimo termine, innescando un sell-off (svendite) e la reazione dei regolatori che hanno obbligato gli operatori del settore a svelare la loro esposizione. A luglio i timori per la sua crisi hanno fatto crollare gli indici dei bond cinesi high yield (alto rischio, alto rendimento). Il 20 settembre il gruppo dovrà pagare cedole per 72 milioni, ma ha già avvisato che non le onorerà. Così S&P, Fitch e Moody hanno declassato i suoi bond a junk, “spazzatura” e l’azienda ne ha chiesto la sospensione. Le sue azioni sono crollate e la Borsa di Hong Kong è ai minimi da 10 mesi.

Non teme un suo default Didier Sornette, professore di Risk management e direttore dell’Osservatorio sulle crisi finanziarie al Politecnico federale di Zurigo. “Questa situazione – spiega – non impatterà pesantemente sul Pil cinese e lo choc ha basse probabilità di trasmettersi sui mercati globali, perché gli stranieri non sono fortemente esposti a questi rischi di leva finanziaria. Pechino può mitigarne il danno con un fallimento pilotato”, conclude Sornette. Ma lo spillover è sempre in agguato. Nel 2008 il contagio fu veicolato sui mercati dalle cartolarizzazioni dei mutui, ma queste in Cina hanno raccolto solo 200 miliardi nell’ultimo triennio e pesano meno del 2% dei bond locali. I debiti di Evergrande nei commercial paper non sono del tutto noti. Le immobiliari cinesi sono i principali emittenti di questi titoli che nel 2020 valevano 475 miliardi (+20% sul 2019). Già nel suo rapporto 2018 sulla stabilità finanziaria la Banca centrale cinese aveva inserito gli operatori immobiliari tra i rischi sistemici. A maggio scorso anche la Fed ha segnalato i commercial paper tra i pericoli per la liquidità. Anche in finanza i virus mutano.

Gkn, 15 mila in corteo a Firenze contro i licenziamenti selvaggi

Sono almeno 15 mila le persone che ieri pomeriggio hanno partecipato al corteo per le vie di Firenze. I 422 lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio che lo hanno organizzato erano in prima fila, indossavano le magliette blu e tenevano alzato il grande striscione con la scritta “Insorgiamo”. Sono gli operai che il 9 luglio hanno saputo via mail o con un messaggio su WhatsApp di essere stati licenziati dalla multinazionale inglese, la cui proprietà fa capo a un fondo americano leader nella produzione di semiassi che per l’80% venivano forniti a Stellantis (prima Fca) e per il resto alle altre case automobilistiche europee. C’erano anche i lavoratori della Whirlpool di Napoli con lo striscione “Napoli non molla”, la Rsu della Piaggio di Pontedera, gli operai della Sanac di Massa e quelli del distretto tessile di Prato.

La procedura di licenziamento collettivo è stata giustificata dalla Gkn con il “trend irreversibile negativo dei fatturati causato dalla crisi pandemica” e “una struttura organizzativa non più sostenibile”, al punto che non esisterebbero neanche le condizioni per ricorrere agli ammortizzatori sociali. Da allora gli operai hanno attivato un presidio perenne fuori dallo stabilimento fiorentino, mentre hanno continuato ad organizzare sit-in e manifestazioni. Ora le speranze per i lavoratori, la cui procedura di licenziamento si conclude mercoledì 22 settembre, sono riposte nel nuovo tavolo che la viceministra dello Sviluppo economico, Alessandra Todde, ha convocato per domani a Roma.

I sindacati hanno paragonato il caso Gkn a quello dell’azienda belga Bekaert che nel 2018 ha licenziato 318 lavoratori trasferendo la produzione di Figline Valdarno nell’Europa dell’Est. Al momento, però, non è ancora chiaro cosa farà la proprietà della Gkn. Fim, Fiom e Uilm ribadiscono che la chiusura dello stabilimento “non ha nessuna logica”, visto che da pochissimo sono stati effettuati importanti investimenti in macchinari e automatizzazione. “Allo stato attuale – ha detto Francesca Re David segretaria generale della Fiom che era a Firenze – respingiamo la richiesta che l’azienda fa di cassa integrazione per cessazione. La Gkn è un’azienda che va bene che ha commesse, è un’operazione finanziaria dettata da un fondo”. In corteo c’era anche il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, per il quale “vanno difesi i diritti del lavoro minacciati in tutto il Paese da un’idea malsana di ripresa della nostra economia che rischia di fare il ritorno allo sfruttamento”.

Intanto al termine del corteo, Dario Salvetti, membro della Rsu della Gkn, ha annunciato che inizieranno “a chiedere alle organizzazioni politiche e sindacali se non sia il caso di iniziare a prevedere uno sciopero generale”. Nei prossimi giorni potrebbe anche arrivare il pronunciamento del giudice del lavoro sul ricorso presentato dalla Fiom per comportamento antisindacale da parte di Gkn. Se dovesse essere favorevole agli operai i licenziamenti verrebbero subito bloccati.

Italia Nostra, il presidente sotto accusa: “Che accordi ha preso con Cingolani?”

AItalia Nostra, la storica associazione per la salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali, volano gli stracci. Tra accuse di collaborazionismo con chi vorrebbe il ritorno all’atomo e l’impiego massiccio dei termovalorizzatori e l’imbarazzo dei vertici sospettati sostanzialmente di giocarsi una partita in proprio. A tu per tu, nelle segrete stanze, con il ministro dell’Ambiente Roberto Cingolani, innanzitutto, che con la sua apertura al nucleare ha dato la stura a Matteo Salvini favorevolissimo alle centrali. “Cara Presidente, i sottoscritti soltanto ora apprendono, attraverso questa e-mail, delle interlocuzioni istituzionali avute o programmate e, con sconcerto, devono rilevare che neppure tra i componenti del Consiglio direttivo nazionale si è a conoscenza di quali siano state le posizioni rappresentate a nome e per conto di Italia Nostra. Infatti sui temi oggetto dell’incontro (con Cingolani, ndr) non c’è mai stata nessuna discussione” si legge in una missiva indirizzata alla presidente dell’Associazione, Ebe Giacometti. Che si è vista pure recapitare un sollecito dalla prefettura di Roma che le ha chiesto di tirare fuori i bilanci e i conti degli ultimi tre anni. Ma pure chiarimenti sulla trasparenza del procedimento elettorale in corso per il rinnovo del consiglio nazionale, ossia l’organo che sarà l’interlocutore del governo sulle politiche ambientali e energetiche. Perché alcuni iscritti, con i loro esposti hanno denunciato alcune opacità, come l’irregolare ammissione di nuovi soci e di autocandidature contrari allo statuto e che potrebbero essere determinanti per l’elezione di rinnovo dei vertici di Italia Nostra. La tensione si taglia a fette, come traspare dalle parole della stessa Possetti: “Abbiamo già provveduto a mettere insieme la documentazione richiesta dalla prefettura. Che è motivo di imbarazzo istituzionale per il delicato momento che stiamo attraversando”. Delicatissimo anche e soprattutto per le accuse contenute nella lettera con cui i consiglieri nazionali e i presidenti regionali hanno chiesto lumi sugli incontri con Cingolani e gli altri che decideranno di Pnrr e transizione energetica. Cosa è stato detto o assicurato al ministro? Nessuno lo sa. Mentre “è noto che nell’attuale Consiglio direttivo nazionale ci sono anche Consiglieri con posizioni a dir poco imbarazzanti e confliggenti con la storia, la pratica e lo spirito d’Italia Nostra: negazionisti della crisi climatica, pro-nuclearisti, pro-inceneritori”. Insomma salviniani (e non solo), sotto copertura.

Nicholas, Larry e Ida allagano Louisiana, Texas e Groenlandia

In Italia – La prima metà di settembre ha mostrato caratteri ancora estivi, con temperature più consone ad agosto come i 33 °C di una settimana fa a Firenze. Ma al tempo stesso si sono fatti strada anche i primi segnali d’autunno, quali i violenti temporali del 10-12 settembre al Sud, con il tornado a Pantelleria e le inondazioni urbane a Catania e a Soverato, in Calabria ionica. A seguire, nubifragi al Centro-Nord al transito di una perturbazione atlantica giovedì 16 e venerdì 17, inondato e chiuso l’aeroporto della Malpensa per 87 mm di pioggia in poco meno di due ore, colpite anche alta Toscana e Campania. Un nuovo fronte da Ponente sta passando ora al Settentrione seguito da aria fresca, sperando in una progressiva riduzione della siccità, mentre al Sud l’anticiclone nordafricano ha riportato temperature oltre 35 °C. L’Italia diventa protagonista della filiera delle previsioni meteorologiche in Europa con l’inaugurazione, avvenuta martedì 14 settembre, del nuovo centro di calcolo del consorzio europeo per le previsioni a medio termine (Ecmwf), trasferitosi da Reading, presso Londra, all’innovativo Tecnopolo di Bologna. Da maggio 2022 i nuovi supercomputer Atos saranno pienamente operativi permettendo miglioramenti nella predicibilità di temperature, venti e fenomeni estremi. Sulle Alpi occidentali l’estate 2021, troppo calda di mezzo grado °C e seguita a un inverno scarso di neve, ha lasciato nuovi e pesanti segni sui ghiacciai. Il Ciardoney (Gran Paradiso), monitorato dalla Società meteorologica italiana, è giunto al trentesimo anno di bilancio di massa, metodo di misura che consente di valutare in maniera più completa lo stato di salute del ghiacciaio in relazione al clima: rispetto al 2020 ha perso uno spessore, tradotto in acqua, di 1,3 metri, e la sua fronte si è ritirata di ben 23 m. Dal 25 settembre al 17 ottobre la Triennale di Milano ospiterà la mostra Sulle Tracce dei Ghiacciai, con gli spettacolari confronti fotografici di Fabiano Ventura che portano ai nostri occhi la drammatica deglaciazione tra un secolo fa e oggi dalle Ande all’Himalaya, alle Alpi.

Nel mondo – L’agenzia meteo americana Noaa conferma che il trimestre giugno-agosto è stato tra i più caldi in oltre un secolo, quarto a scala globale (anomalia +0,9 °C), il più caldo di tutti considerando le sole terre emerse, e secondo nell’emisfero nord (estate boreale) dopo il recentissimo record del 2020. Precoci nevicate il 15 settembre in Finlandia, mai così presto in 63 anni di osservazioni a Vaala Pelso, nel centro del Paese, ma altrove prevalgono ondate di calura eccessiva, come in Nord Africa (46 °C in Algeria), Balcani, Asia centrale, Siberia, Cina, Colorado, Sudamerica, Sudafrica e Australia. L’uragano tropicale “Nicholas” ha scaricato piogge alluvionali in Texas e nella Louisiana sferzata solo due settimane fa da “Ida”, e i resti di “Larry” hanno causato bufere in Groenlandia con raffiche di vento a 160 km/h e un metro di neve nell’entroterra (accade raramente nella zona per effetto di un ex-sistema tropicale). Vietnam sott’acqua per i diluvi della tempesta “Conson” e in Pakistan sono oltre 160 le vittime per i dissesti di questa stagione monsonica. Giovedì 16 settembre, alluvione-lampo per un nubifragio da 244 mm in 3 ore presso Nimes, intensità record per il dipartimento francese del Gard. Un’indagine internazionale del British Council segnala una crescente consapevolezza giovanile sulla crisi climatica, e si è tradotta nella “Global Youth Letter on Climate Action” indirizzata ai leader che a novembre si riuniranno alla Cop26 di Glasgow, chiedendo loro più ambizione nelle politiche ambientali e una maggiore inclusione dei giovani nei processi decisionali. D’altra parte è proprio alle nuove generazioni che stiamo consegnando un mondo sempre più difficile.

Il paradosso di Cristo. Accogliere Dio significa abbracciare il signor nessuno

Quante volte Gesù ha attraversato vie e villaggi predicando e raccogliendo attorno a sé tanta gente? Eppure adesso Marco ci dice che lui e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Gesù sceglie l’anonimato. Non apparirà più in pubblico e lascerà definitivamente la Galilea per dirigersi in Giudea fino a morire a Gerusalemme. Adesso per strada attorno a Gesù ci sono solamente i discepoli. È un momento molto difficile e Gesù ha bisogno di stare a tu per tu con loro per parlare del senso della sua vita e della sua missione. Gesù insegna dicendo questo: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”.

Pietro – che lo aveva riconosciuto come il Messia – lo aveva preso in disparte poco prima e lo aveva rimproverato per queste parole che profetizzano la croce. Pietro voleva un bel Messia trionfante. Ne era uscito distrutto: Gesù lo aveva addirittura chiamato Satana! E continua a parlare di un futuro di insuccesso, di morte, di un essere “consegnato nelle mani degli uomini”. È un Dio ostaggio, un Dio prigioniero, un Dio tradito. E i discepoli? Non capivano queste parole. Non solo: avevano timore di interrogarlo. Si percepisce una spaccatura, una tensione forte. Gesù e i suoi camminano insieme ma non si capiscono più. Il discorso del Maestro è per loro irricevibile. Ma lo temono, e non osano contraddirlo. Avevano visto come aveva trattato Pietro, del resto. L’intesa si è rotta. Tuttavia, forse c’è anche dell’altro: i discepoli hanno paura. Intuiscono che il Maestro va verso la morte, come i perseguitati per la fedeltà a Dio e alla giustizia. E tremano. Gesù è solo.

Camminando giungono a Cafarnao. Si fermano a casa. Di chi? Non lo sappiamo. Lo sguardo dell’evangelista tralascia ogni dettaglio logistico. Ci ritroviamo subito dentro casa. Gesù e i discepoli restano insieme. Il gruppo non si scioglie, ma c’è imbarazzo. Gesù aveva visto che per strada alcuni discepoli stavano parlando tra di loro. E adesso chiede: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Marco commenta: Ed essi tacevano. Cala il silenzio totale. I discepoli per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Gesù lo sapeva, aveva sentito. I discepoli non avevano capito niente, dunque. Discutevano della loro grandezza, di chi fosse il migliore tra loro! I discepoli di quel Gesù che aveva sempre rifiutato gloria e potere! Si certifica il fallimento di Gesù e del suo insegnamento. Ma Gesù nella sua asciutta severità non getta la spugna. Si siede. Chiama attorno a sé i Dodici. Nuovamente il gruppo si costituisce attorno a lui, che riprende il suo insegnamento: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Sale sulla ferita aperta della vanagloria. Semplice: il primo per il Vangelo è il servo, l’ultimo. Ma le parole non bastano più. Gesù chiama un bambino e lo pone in mezzo a loro. Chi era questo bambino? Non lo sappiamo. Per alcuni autori antichi sarebbe il figlio di Pietro. Il bambino a quel tempo, in quella società, era privo di diritti: sarà carino e tenero quanto si vuole, ma non ha ruoli sociali, è insufficiente a se stesso. È il signor nessuno. Gesù lo prende e lo abbraccia. Lo sguardo di Marco è tutto su questa immagine umile e potente. E allora il Maestro può insegnare: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Abbracciare il senza diritti, l’insufficiente, il signor nessuno: questo è accogliere Dio.

 

 

Il mondo pezzo per pezzo da Kabul all’Ungheria

Un giorno di agosto l’America ha improvvisamente svuotato l’Afghanistan, senza avvertire nessuno. Non era la fine di una spedizione solitaria. Trentasei Paesi delle Nato avevano seguito gli americani e si erano accampati in punti diversi dell’Afghanistan. La ragione era una alleanza, ma nessuna collaborazione programmata, nessun lavoro insieme per dare una mano. Arrivi solitari, attività solitaria, partenza solitaria, nello stesso giorno ma ognuno per sé, con mezzi e problemi propri.

L’America e quattordici Paesi hanno annunciato di lasciare l’Afghanistan, ma il potere svuotato e abbandonato dalle truppe “alleate” non era uno. Erano tre aggregazioni diverse. Oltre all’Afghanistan che non ha un governo, ci sono i Talebani (detti, anche in tarda età, “studenti del Corano”, come quando, da ragazzi, erano stati scoperti dopo le prime manifestazioni terroristiche), il Califfato fondato da un Al-Baghdadi che si dice caduto in guerra contro gli americani, della cui forza militare, si sospetta molto ma non si sa nulla. Al momento le “intelligence” di quello che chiamavano il mondo libero o l’Occidente danno l’impressione di essersi imbarcate accortamente sugli aerei della fuga da Kabul, senza portar via alcuna rivelazione. Chi ha fallito, e perché? Chi ha vinto, e perché? Come i loro governi, le relative intelligence non sembrano avere alcuna risposta.

Dall’altra parte del “mondo libero” c’è l’Europa. È una Unione fatta di ideologie divise e contrapposte, fondate su sentimenti morali incompatibili, dove, per esempio, Polonia e Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Austria stroncano, con leggi implacabili, tutto ciò che una parte degli altri Paesi considera eredità irrinunciabile della Resistenza antifascista e antirazzista. Ma dentro quasi ciascun Paese antifascista c’è una vivace opposizione fascista che raggiunge quasi il cinquanta per cento dei votanti.

Paesi apparentemente più solidi e anche storicamente più coerenti, come gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Australia, hanno deciso, nei giorni scorsi, di unirsi in una difesa del “mondo libero” (senza far nomi) e costituiscono, in tal modo, tre consolati di quello che si direbbe “il vecchio mondo” che però, abbiamo imparato a Kabul, non garantisce nulla. Gli Usa hanno appena compiuto il gesto dell’abbandono non annunciato di un Paese protetto e da ricostruire, la Gran Bretagna ha appena abbandonato l’Europa con l’odioso voto e l’odiosa procedura del Brexit, l’Australia si è già distinta con l’iniziativa, durata a lungo, di abbandonare i profughi asiatici raccolti in mare in isole molto lontane sia per tentare uno sbarco sia per sperare in un ritorno. Resta l’Africa dove, contro ciò che Salvini tenta di far credere alla stampa italiana senza inviati (“in Africa non ci sono guerre”), i profughi dei barchini che affondano, con le loro donne incinte, viaggiano solo per convenienza e per fare la bella vita a Milano. La verità è che non un solo Paese africano è senza guerra, senza rivolta interna o senza terrorismo sistematico. E resta il Medio Oriente che ruota intorno al “risorgimento saudita” testimoniato da voci incomprensibilmente entusiaste.

Naturalmente restano, guidate da idee non sempre leggibili, le “grandi potenze”: Cina, Russia e l’America solitaria di cui abbiamo detto. La scelta politica rimane: mettersi al seguito di chi? Alcuni di noi sanno di non avere altra scelta che gli Usa, nonostante le recenti delusioni. Invece il nostro ministro degli Esteri parla di creare una forza militare europea, e non si capisce da dove la sua immaginazione tragga questa idea, visto che non c’è una politica estera europea. È possibile schierarsi fianco a fianco con il violento e stordito cattolicesimo polacco nemico del Papa, impegnato negli stessi barbari ideali degli ungheresi (niente giudici, niente giornali, niente università libere, ritorno al razzismo) o aderire alla visione austriaca (solo razza bianca) del mondo? Stiamo scoprendo che il furore anti-europeo del sovranismo populista sta diventando sostegno per una Europa che sia abbastanza barbara e abbastanza arretrata per soddisfare la destra.

Nel mondo a pezzi in cui viviamo è necessario stare attenti a questa nuova strategia: fare tutto il danno possibile all’Europa antifascista perché si possa riconoscere da destra una Europa 1939 come patria. Una terribile promessa.

Il ciabattino, il mugnaio e lo scherzo orchestrato dalle rispettive mogli

Dalle novelle apocrife di Poggio Bracciolini. A Siena, il ciabattino Duccio e il mugnaio Maso avevano sposato due donne bellissime, Fioretta e Nella. Anche la calzatura più graziosa, o la pagnotta più fragrante, alla lunga possono stancare, però; e così, un’estate, Duccio s’invaghì della moglie di Maso. Colta di sorpresa, e in imbarazzo, Nella fu ambigua: non lo incoraggiò, né lo respinse. Subito dopo, comunque, riferì all’amica la proposta ricevuta da quel mascalzone di suo marito, e Fioretta, sbollita la furia, pensò con lei a un piano per dargli una lezione. Propose questo: “La prossima volta che ci prova, invitalo da te nel pomeriggio, quando Maso è ancora al mulino. Nel tuo letto ci sarò io, e mio marito avrà quel che si merita.” Fioretta capì che le pale si erano messe in moto, per così dire, il giorno che Duccio, a tavola, mentre spianava diligentemente il risotto nel piatto, le disse che quel pomeriggio sarebbe andato a Prato a comprare del cuoio. Partito a cavallo, si nascose in una forra, in attesa che giungesse l’ora fatidica. Intanto, Fioretta arrivava a casa di Nella e si infilava nel suo letto, mentre Nella, abbracciata l’amica, andava a infilarsi nel letto di questa per completare lo scherzo. All’ora stabilita, Duccio stava per entrare di soppiatto a casa di Maso, quando vide l’amico che faceva già ritorno dal mulino: quel giorno, infatti, aveva finito di macinare il grano prima del solito, un evento che le cospiratrici non avevano previsto. Tremando dal pericolo scampato, Duccio galoppò a casa, dove trovò la moglie, che in realtà era Nella, già a letto. Si spogliò nella penombra della stanza mentre le raccontava una bugia che giustificasse il suo ritorno prematuro. Nella non osava fiatare. Quindi Duccio si distese sotto le lenzuola accanto a lei; e dato che non aveva potuto infarinarsi con la moglie dell’amico, decise di lesinare un po’ la propria. Nella non poté far altro che calarsi nel ruolo di Fioretta, affinché Duccio non sospettasse nulla: e scoprì con piacere che un ciabattino non ha meno fantasia di un mugnaio. Nel frattempo, Maso si stava dando da fare con colei che credeva essere sua moglie. Quando quello ebbe finito i suoi comodi, Fioretta gli lanciò contro una filippica: credeva fosse il marito fedifrago (ma la sua ira non era più la stessa, dopo che l’uomo l’aveva presa con un vigore così piacevole). “Bugiardo! Farabutto! Gaglioffo! Imbroglione!” gli urlò. “Davvero pensavi di potertela spassare con la moglie del tuo miglior amico e farla franca? Ma te c’hai i pioppini ner capo per davvero?” Al che, il povero mugnaio balzò da letto protestando la propria innocenza, anche se non capiva bene cosa stesse succedendo; e indossato un giaccone si precipitò a casa dell’amico, sperando di trovarci una spiegazione. Invece ci trovò sua moglie, addormentata fra le braccia di Duccio. “Bugiarda! Farabutta! Gaglioffa! Imbrogliona!” le urlò. Al che, il ciabattino balzò da letto protestando la propria innocenza. Capirono subito entrambi cosa era successo. Duccio disse dunque a Maso: “La fortuna ci ha arriso, amico mio! Abbiamo scoperto una verità che ha dato piacere a tutti. È saggio, permetterle di sminuire la nostra amicizia?” E così i due amici decisero che, da quel momento, in materia di letto non ci sarebbe stata differenza fra ciabattino e mugnaio. Con grande gaudio delle due amiche: non c’è bisogno di risuolare, quando puoi avere uno scarponcino novello. E il pane raffermo è ottimo per la ribollita.

 

Mail box

 

 

Scuola, tutti i consigli e gli auguri di un maestro

Cari e care insegnanti, vi auguro Buon Anno con le mie riflessioni.Mario Lodi ne Il paese sbagliato scrive: “Questo momento storico ha bisogno di maestri nuovi, professionalmente e civilmente preparati… C’è stata la diffusione capillare della Tv senza un codice etico… A livello internazionale sono caduti muri e miti, con le relative ripercussioni politiche. Io noto analogie fra il dopoguerra e oggi: anche ora c’è bisogno di ricostruire moralmente una società, recuperando valori abbandonati”. Questa lettera sembra scritta ieri. Invece sono passati oltre 25 anni. Da insegnante penso che il mondo della scuola purtroppo “non se la passi bene”. Il disinteresse dei governi, il disfattismo e la decostruzione di ciò che esisteva, hanno minato la qualità dell’insegnamento. L’impegno civile e sociale si è affievolito o comunque non ha avuto quell’impulso che Lodi sperava. Cari insegnanti, ripercorrere pedissequamente le orme di chi è passato prima è la strada meno indicata per chi vede nell’insegnamento una professione di cura e accompagnamento dei nuovi cuccioli. Prima di tutto cercate di stare bene voi a scuola.

Roberto Lovattini, maestro

 

Perché non c’è una legge al posto del Green pass?

A oggi considero la vaccinazione anti Covid-19 come la miglior risorsa per abbattere la mortalità dovuta a tale virus. Ritengo che sia importante che l’intera popolazione vaccinabile si vaccini. Scritto e affermato ciò, capisco altri due aspetti: l’art. 32 della nostra Costituzione recita: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Questa parte dell’art. 32 sostanzia che se il governo reputasse, per la miglior salvaguardia della salute complessiva della popolazione, la vaccinazione anti Covid-19 per l’intera popolazione (considerando tutte le eventuali deroghe scientifiche necessarie) ha il diritto e l’autorità di costituire tale legge. Ma ciò è proprio quello che il governo non ha fatto. Capisco invece che il governo, con una decisione a dir poco ipocrita, sta surrettiziamente obbligando, tramite l’applicazione del Green Pass, una buona parte della popolazione lavorativa non ancora vaccinata, a vaccinarsi: ricattandola tramite la possibile perdita dello stipendio. E proprio poiché l’art. 32 della Costituzione indica che l’unica forma di obbligatorietà deve essere realizzata tramite una legge, ciò implica che l’azione di obbligatorietà debba passare dal Parlamento: approvata dal Parlamento e controfirmata dal presidente della Repubblica. Orbene, la trovata ipocrita di Draghi è una palese violazione dell’art. 32 della Costituzione, poiché estromette il ruolo e le funzioni del Parlamento. Personalmente, ritengo che tutto questo sia grave.

Eugenio

 

Draghi ci mette la faccia, ma solo quella degli altri

Una cosa che ho sempre apprezzato dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato il fatto che ci mettesse sempre la faccia, quando il governo varava misure che, nel bene o nel male, influenzavano la nostra routine quotidiana, mentre il suo successore ha la tendenza a defilarsi e lasciare che le questioni spinose se le tabacchino i suoi ministri, vedi la conferenza stampa sull’estensione del green pass. Tralasciando le capriole linguistiche (anche in senso anatomico) della “grande” stampa, che tenta di giustificare l’ingiustificabile assenza dell’attuale premier, mi chiedo: che Draghi stia tentando di mantenere la propria immagine pulita, in vista di un futuro incarico altrove?

Soulknife

 

Big Pharma: brevetti sospesi, meno guadagni

Visto che la tutela della salute è giustamente messa al primo posto, davanti a economia, lavoro, viaggi, mi si chiede di essere generoso verso la società, quindi di vaccinarmi per non contagiare gli altri, rinunciando volentieri alla mia eventuale terza dose e cederla ai tre o quattro miliardi che ancora non hanno la prima, cosa che chiederei anche ai Big Pharma, di sospendere momentaneamente il monopolio dei brevetti. Ma sembra che, nonostante siano stati abbondantemente finanziati da Ue, Usa e altri anche politicamente, non si voglia fare, meglio gli utili. Non prendiamoci in giro: da che mondo è mondo gli interessi economici valgono di più dell’essere umano. Ipocriti e falsi, pecunia non olet. Anche sulla pelle del genere umano.

Nanni Giorgio

I femminicidi snobbati dalla Cartabia

 

 

“Per quale motivo non trattiamo le denunce di stalking delle donne con gli stessi strumenti con i quali affrontiamo le persecuzioni di altra natura?”.

 

Michela Murgia, “L’Espresso”

 

 

Quando ho chiesto, a chi ne sa più di me, se con la riforma Cartabia le donne vittime di violenza e stalking siano più o meno tutelate ho ricevuto le risposte che trascrivo.

1) In appello è possibile chiedere il Concordato, istituto giuridico che permette di trovare un accordo tra imputato e pubblica accusa sulla pena da comminare. Il Concordato finora era escluso per i procedimenti di prostituzione minorile, pornografia minorile, detenzione di (ingente) materiale pornografico, pornografia virtuale, ma anche violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, violenza sessuale di gruppo e così via. Attenzione quindi: con le nuove norme il Concordato in Appello sarà previsto anche per questi procedimenti in cui le vittime sono soprattutto donne e minori.

2) Oggi il giudice può assolvere un imputato che ritenga abbia commesso un reato tenue, per delitti che prevedono una pena massima fino a 5 anni. Con la Riforma sarà “tenue” il reato con pena minima fino a 2 anni. Tra questi rientrano molti reati contro le donne come il revenge porn e la costrizione al matrimonio. Dopo l’allarme lanciato dagli articoli del “Fatto Quotidiano” sono stati esclusi i reati sulla violenza alle donne “riconducibili alla Convenzione di Istanbul”. C’è da rimanere di sasso: come al solito, mentre si guarda il dito (le polemiche su una frase particolarmente infelice e sulle relative aggressioni social) si perde di vista la luna, che forse è troppo scomodo osservare: e, cioè, quando si tratta di violenza contro le donne, parliamo degli strumenti spuntati di una giustizia addirittura ammorbidita dalla riforma firmata da un ministro donna. Davanti a un numero spaventoso di femminicidi – 83 da inizio anno, 7 negli ultimi dieci giorni – la proposta di Michela Murgia appare totalmente condivisibile: “Perché davanti a minacce mortali, non riunire lo stesso comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che agisce nei casi di minacce della criminalità organizzata, con il compito di valutare le informazioni degli investigatori sul reale pericolo di incolumità della donna denunciante?”. Insomma, le vittime che denunciano minacce di morte (come aveva fatto inutilmente Vanessa Zappalà, la giovane di Aci Trezza assassinata in mezzo alla folla dal suo ex fidanzato) andrebbero trattate come giornalisti o imprenditori a rischio.

Sacrosanto, se non fosse che, come dimostrano le sanzioni all’acqua di rose di cui sopra, c’è tutto un contesto politico culturale che continua a giudicare le persecuzioni contro le donne un reato (e un allarme sociale) di serie b. Ovvero, ci si occupa del problema, scrive Murgia, “quando delle donne ci sono già i cadaveri”. Senza contare che “rischiare sei mesi in più o in meno di carcere non ha alcuna rilevanza per uno che pur di ammazzarti è disposto a uccidersi a sua volta”. Fino a quando scopriamo che un momento prima di sparare, accoltellare, massacrare di botte lo stalker può benissimo appellarsi al Concordato, oppure invocare il “reato tenue” (a parte il vago riferimento a una convenzione internazionale). Una vergogna. Ministra Cartabia, cosa aspetta a intervenire?

Antonio Padellaro

Il Giornale celebra l’avvocato del giornale

Ieri “il Giornale”di casa Berlusconi ha deliziato i suoi lettori con una notizia esclusiva dando un “buco” a tutti gli altri quotidiani, noi compresi. A pagina 15, con un articolo che occupava mezza pagina, dava conto di un premio passato inosservato ai più: il premio “Avvocato dell’anno Diffamazione”. Un riconoscimento assegnato dal Legal Community Litigation Award all’avvocato più bravo e stimato in materia di diffamazione. E chi sarebbe il vincitore? Il Giornale fornisce anche questa informazione bruciando sul tempo tutti gli altri: Alessandra Fossati del foro di Milano. Segue una dettagliata descrizione della vincitrice: 48 anni, due figli, socio dello studio milanese “Munari Cavani” e, continua il quotidiano, anche “autrice di numerose pubblicazioni e di contributi pubblicistici sulle principali testate giornalistiche italiane nelle sue materie di specializzazione”. Peccato che Il Giornale ometta un piccolo particolare: Fossati è anche l’avvocato civilista del quotidiano di casa Berlusconi. Ma questo Il Giornale non lo dice e nell’articolo preferisce soffermarsi su tutto il resto. Perfino sulla motivazione della giuria: “L’avvocata ha maturato una vasta esperienza nei settori della diffamazione a mezzo stampa, dell’editoria e della pubblicità. Tale esperienza le permette di godere della stima dei clienti e dei Peer (gli altri professionisti del settore,ndr)”. Anche la vincitrice festeggia: “È una grande soddisfazione”. E Il Giornale da lei difeso non può che essere d’accordo.