“Abbiamo ucciso Adnan Abu Walid Sahrawi, il capo dell’Isis nel Grande Sahara. Il sacrificio dei nostri eroi non è stato vano”, ha annunciato ieri Emmanuel Macron su Twitter. Adnan Abu Walid Sahrawi, ex membro del Fronte Polisario passato per il gruppo al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), era il numero uno dell’Eigs, il gruppo dello Stato islamico nel Sahel. Parigi ne aveva fatto dal summit di Pau del G5- Sahel, gennaio 2020, il suo “nemico principale”, ritenendolo responsabile della morte di due-tremila civili dal 2013 nella regione delle “tre frontiere”, tra Mali, Burkina Faso e Niger, dove è operativo anche il Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim), affiliato ad al Qaeda.
La ministra francese della Difesa, Florence Parly, ha confermato che al Sahrawi è morto a seguito di un’operazione dei militari francesi dell’operazione Barkhane. È stato “un colpo decisivo al gruppo terroristico”, ha detto Parly, che fino a qualche mese fa parlava solo di “vittorie tattiche”, tra cui la morte del capo di Aqmi, l’algerino Abdelmak Droukdal.
I soldati francesi sono presenti in Mali dal 2014, eppure la situazione politica del paese resta instabile, con il golpe dei militari del maggio scorso, sfociato nell’arresto del presidente Bah N’Daw, e una transizione politica che si trascina. In Francia la missione militare è inoltre molto criticata, per essere costata la vita già a cinquanta soldati. In questo contesto, a giugno, Macron ha annunciato il parziale ritiro dei soldati francesi dal Mali, con l’intenzione di dimezzare il contingente – circa cinquemila uomini – entro il 2023, per favorire un’“alleanza internazionale” a sostegno degli eserciti locali. Ed è qui che la situazione si complica.
L’agenzia Reuters ha rivelato che la giunta militare di Bamako starebbe concludendo un accordo con i russi del gruppo Wagner, un’opaca organizzazione privata paramilitare che fa capo all’oligarca russo vicino al Cremlino, Evgenij Prigožin, e già radicata nella Repubblica Centrafricana. Da fonti diplomatiche, i mercenari russi dovrebbero formare le forze armate del Mali e assicurare la protezione degli alti funzionari. Il gruppo Wagner potrebbe dislocare nel paese fino a un migliaio di uomini e percepire sei miliardi di franchi Cfa al mese, nove milioni di euro circa. Sempre secondo Reuters, l’accordo garantirebbe inoltre ai russi l’accesso alle risorse minerarie del paese, due giacimenti d’oro e uno di magnesio.
Il colonnello Sadio Camara, ministro della Difesa del Mali, non ha né smentito né confermato: “Nessuna decisione è stata presa sulla natura della cooperazione”. Una cooperazione che consentirebbe a Mosca di estendere la sua influenza in Africa riempiendo il vuoto lasciato da Parigi e approfittando dell’impopolarità delle truppe francesi tra la popolazione locale: “Il gruppo Wagner sta moltiplicando i tentativi per radicarsi nel Sahel e utilizzare il Mail come porta d’ingresso”, ha confermato un fonte diplomatica francese a Le Monde. Per Parigi l’arrivo dei mercenari russi in Mali manderebbe in fumo anni di lotta al terrorismo: “Wagner è una milizia che ha già dimostrato in Siria di aver compiuto ogni sorta di abusi e quindi è incompatibile con la nostra presenza”, ha detto il ministro degli Esteri, Jean- Yves Le Drian. Ma a preoccuparsi è tutta l’Europa, impegnata nel Sahel con una task force di 500 uomini, Takuba, lanciata ufficialmente nel marzo 2020, e che coinvolge Estonia, Repubblica Ceca, Svezia, Belgio e anche l’Italia, presente con truppe e mezzi. Berlino ha minacciato di ritirare il suo contingente.