Pedro Sánchez ha anche ricevuto l’avallo europeo al suo “piano di choc”, approvato martedì dal Consiglio dei ministri spagnolo, per limitare l’effetto dell’aumento del prezzo dell’energia: il record Madrid l’ha toccato mercoledì con 170 euro a Mw. “Siamo impegnati in una transizione verde equa e pronti ad appoggiare la Spagna nei suoi investimenti in energia pulita ed efficiente e nella sua lotta contro la povertà energetica”, ha twittato il vicepresidente della Commissione europea per il Green Deal, Frans Timmermans, dopo aver incontrato la vicepresidente spagnola Teresa Ribera a Madrid nei giorni scorsi. Il pacchetto di misure contro il caro-luce ha l’obiettivo di mantenere il prezzo dell’elettricità a 600 euro annui per un utente medio, almeno fino a fine anno, cioè un livello simile a quello del 2018 a fronte di un rincaro del 30% e, tra le altre cose, prevede un taglio delle entrate extra agli impianti nucleari fino al marzo 2022.
Misure frutto dell’ennesimo scontro interno al governo tra i socialisti del premier e i viola di Podemos. “Sánchez si è impegnato ad approvare un decreto legge per abbassare la bolletta elettrica e lo farà”, ha assicurato a mo’ di avvertimento la vicepresidente del governo e ministra del Lavoro, Yolanda Diaz, alla tv pubblica quattro giorni prima che il tema entrasse in Cdm, per poi dirsi contenta dell’approvazione in una conferenza stampa dall’Asturia. In mezzo, quattro giorni in cui Sánchez – secondo fonti di Podemos – avrebbe tenuto nascosti ai ministri viola i dettagli delle misure cui stava lavorando l’altra vicepresidente, la socialista Ribera.
Questo a causa dell’insistenza, da parte del partito lasciato da Pablo Iglesias in eredità a Diaz della creazione di una società idroelettrica statale. “È un tema che non compare nel programma di governo”, ha però risposto la “sostituta” di Iglesias a chi le chiedeva conto di questa proposta. Per poi continuare spiegando come nel patto di coalizione non comparisse neanche l’ampliamento dell’aeroporto di Barcellona, El Prat, al contrario promesso dal premier agli indipendentisti e fermato proprio dalla corrente viola del governo, Diaz in primis, volata la settimana scorsa a Barcellona al fianco della sindaca Ada Colau per dire no al piano che prevedeva di estendere le piste nella riserva naturale de La Ricarda. Progetto già approvato e uscito dal ministero dei Trasporti dell’esecutivo di cui Diaz fa parte.
Una vicepresidente di lotta e di governo, quella che ha preso il posto dell’ex rivale di Sánchez al governo, che a suo modo – a lei vengono riconosciute grandi doti di mediazione, motivo per cui il premier l’ha voluta al suo fianco – solo nell’ultima settimana è riuscita ad averla vinta sulla parte socialista della coalizione facendo pendere l’asse della bilancia sempre più a sinistra e sempre più verso il Verde. “Non è che l’inizio”, avvertono Sánchez i baroni del Partito socialista obrero espanol che esigono dal loro premier che “fermi i soci della coalizione prima che nel giro di pochi mesi si logorino i rapporti”. I vertici del Psoe si riferiscono proprio alla “minaccia” Diaz.
Una minaccia reale quanto discreta, dato che la vicepresidente ha saputo usare il suo dono di “mediazione” ottenendo di fatto con il real decreto di martedì ciò che voleva, cioè bloccare il prezzo della bolletta, senza rompere con Psoe e governo. Stessa mossa che le era riuscita per il progetto di El Prat, o per l’aumento del salario minimo entro l’anno: altra battaglia vinta dalla ministra del Lavoro nel giro di poche settimane. In quel caso le era bastato ripetere più e più volte durante interviste e conferenze stampa il termine “imminente”, facendo intendere che la misura si sarebbe presa a breve, mentre la ministra dell’Economia, Nadia Calviño, continuava a rimandarla. Tre a zero per Diaz, dunque, il cui obiettivo potrebbe essere la candidatura a premier per il 2023. “È l’unica in grado di frenare il dissanguamento di Podemos. Abbiamo bisogno di lei”, sono convinti i viola crollati dal 20,5 del 2015 al 9,8% del 2019. Ma lei non si pronuncia: ciò che avrebbe in mente, infatti, è una nuova coalizione a sinistra, dalla sindaca di Barcellona, Ada Colau, a Monica Oltra, leader di Compromis: una coalizione che trascenda Podemos e arrivi a inglobare anche associazioni territoriali. “Una somma di diversità potrebbe risollevare il partito”, ha dichiarato in un’intervista alla radio Cadena Ser. “La ministra ora non pensa alla candidatura, è concentrata sulle decisioni del governo”, ripetono dal suo entourage. Come se una cosa escludesse l’altra.