Bollette, un’altra stangata e il governo non sa che fare

La prudenza riservata da settimane all’imminente stangata sulle bollette di luce e gas da parte del governo, alla disperata ricerca dell’ennesima soluzione tampone e dei soldi per attuarla, è stata spazzata via ieri pomeriggio da un’improvvida dichiarazione del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, durante un convegno organizzato dalla Cgil. “Lo scorso trimestre – ha detto – la bolletta elettrica è aumentata del 20%, il prossimo trimestre aumenta del 40%, queste cose vanno dette, abbiamo il dovere di affrontarle”. Le cose le ha dette sì, ma peccato che non le abbia ancora affrontate anche se ha poi aggiunto che “il governo è impegnato per la mitigazione dei costi delle bollette”. Che i rincari in vista del consueto aggiornamento trimestrale di ottobre da parte dell’Arera (l’Autorità di luce, acqua e gas guidata da Stefano Besseghini), destinato alle 13 milioni di famiglie che si trovano nel mercato tutelato, fossero consistenti era ben noto dall’inizio dell’estate. Il rialzo delle materie prime legato alla ripresa economica, la riduzione delle forniture di gas dalla Russia e l’escalation senza precedenti dei prezzi delle quote di CO2 (cioè i permessi che i produttori di energia sono costretti a comprare per compensare le emissioni, scaricando poi i costi in bolletta) restano tra i principali fattori che porteranno dal 1º ottobre un nuovo rialzo a due cifre delle bollette elettriche e del gas.

Si tratta esattamente dello stesso boom dei prezzi delle materie prime che già a luglio ha fatto schizzare le tariffe di luce e metano. Solo grazie a un intervento in extremis, arrivato il 30 giugno, è stata evitata la stangata. Il governo ha stanziato 1,2 miliardi per ridurre i mega-rincari delle bollette (fino al 20%, poi limati a +15,3% per il metano e +9,9% per l’elettricità) con una parte dei fondi arrivata persino dal programma Parchi per il Clima (350 milioni di euro). Un controsenso logico spiegato solo dall’urgenza di racimolare risorse in attesa di ripianare l’ammanco e, soprattutto, di mettere in campo soluzioni immediate contro i successivi rincari in bolletta. Ma da allora il governo ha solo annunciato di correre ai ripari: non è stato mai messo sul tavolo un piano B alternativo alla mitigazione delle bollette grazie a risorse che, come nel gioco delle tre carte, vengono spostate all’ultimo momento da una voce di destinazione a un’altra. La soluzione inevitabile che verrà adottata anche questa volta dal governo. Anche perché, secondo l’Unione nazionale consumatori, senza un correttivo in corsa, sulle famiglie si scaricherebbe una stangata di 247 euro.

Le stime record riportate dal ministro Cingolani sembrano comunque andare oltre le più cupe previsioni. Tra i corridoi dei palazzi circola un’insistente voce secondo la quale il ministro avrebbe fornito l’aumento della materia prima e non quello della bolletta finale per il consumatore. Mentre per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, è la bolletta del gas che tra due settimane potrebbe lievitare del 40%, mentre quella della luce dovrebbe fermarsi al +30%. Colpa della quotazione del gas che è raddoppiata negli ultimi 6 mesi. La sua domanda è infatti esplosa soprattutto in Asia dove, ha spiegato la Commissione europea nell’ultimo rapporto trimestrale sull’energia, da inizio 2021 si sta facendo incetta di gas naturale liquido (Gnl) per sostituire il carbone per la produzione di energia, riducendo così la fornitura europea e facendo schizzare i prezzi.

Un valzer di voci che, comunque, non negano la drammaticità della situazione. Negli scorsi giorni il ministro Cingolani, intervistato da Sky tg24, ha spiegato che sul fronte bollette “non si può andare a tamponare ogni trimestre, bisogna fare qualcosa di strutturale”. Sì, ma cosa? Una serie di interventi, “qualcosa che deve rimanere, anche a livello fiscale”. Che tradotto equivale a dire che verrebbe sterilizzata l’Iva o spostati gli oneri generali di sistema (cioè tutti quei balzelli caricati sulle bollette), che valgono 14 miliardi all’anno, sulla fiscalità generale. Quindi solo interventi di prospettiva che hanno bisogno di tempo per essere attuati e per evitare così il prossimo aumento di gennaio, che tanto ci sarà. A ricordare al ministro Cingolani un’altra strada per limitare l’impatto dei rincari è Carlo Tamburi, direttore del gruppo Enel: accelerare lo sviluppo delle rinnovabili.

Eitan riportato in Israele: il nonno è indagato per sequestro. La nonna: “Ora è in ospedale”

Mentre la Procura di Pavia ha indagato il nonno materno per il sequestro di persona del piccolo Eitan – e sta vagliando la possibile partecipazione di altri familiari al blitz che lo ha portato su un aereo privato decollato da Lugano con destinazione Tel Aviv, oltre a possibili defaillance nei controlli – il ramo di famiglia che vive in Israele rigetta le accuse: “La parola rapimento è inappropriata – dicono al Fatto, attraverso i legali italiani Paolo Sevesi, Sara Carsaniga e Paolo Polizzi – eravamo preoccupati per la salute del bambino, del quale avremmo voluto occuparci fin da subito. Invece siamo stati estromessi dalle decisioni, dai pareri medici e dai procedimenti di nomina del tutore”. Il bimbo si troverebbe all’ospedale Sheba di Ramat Gan, sobborgo abbiente di Tel Aviv: “È sottoposto a una cura psicologica che avrebbe dovuto ricevere prima”, ha detto il nonno alla radio israeliana 103 Fm.

Nel frattempo la diplomazia italiana è già al lavoro. La famiglia paterna, che aveva la tutela legale del bimbo, potrebbe chiedere l’applicazione della convenzione dell’Aia sulla sottrazione dei minori alle autorità israeliane l’imposizione e il rimpatrio di Eitan. “Stiamo valutando il caso per poi intervenire”, ha commentato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Eitan Biran, 6 anni, è l’unico sopravvissuto della strage del Mottarone. Nello schianto della funivia di Stresa, lo scorso 23 maggio, sono morti il padre Amit, la mamma Tal Peleg, e il fratellino Tom, che si erano stabiliti in Italia coi bisnonni Itshak e Barbara. Il giudice aveva nominato tutrice la zia paterna, Aya Biran, psicologa del carcere di Pavia. È stata lei, sabato, a denunciarne la scomparsa: “È stato rapito dal nonno (ex ufficiale dell’esercito israeliano, ndr). È uscito con la promessa di comprare dei giocattoli e non è tornato. Per Eitan è un’altra tragedia”.

Le due famiglie avevano cominciato a litigare sulla custodia del bimbo mesi fa. I Peleg ritengono che Eitan debba tornare in Israele, contestano l’iscrizione a una scuola cattolica e adombrano un interesse economico dell’altro ramo della famiglia nella gestione dei futuri risarcimenti. “Siamo sbalorditi da tanta acrimonia, Eitan è cresciuto qui, la scuola l’avevano scelta i genitori”, la replica. Il 15 ottobre è fissata l’udienza per l’affidamento. Ieri, intanto, i periti hanno proceduto al taglio della fune traente dell’impianto, nell’incidente probatorio che deve accertare le cause del disastro.

Allarme violenza: altre due donne uccise dai mariti

L’ha raggiunta sulle scale e l’ha colpita più volte con un coltello. Paolo Vecchia, 52 anni, ha aspettato che l’ex moglie Giuseppina Di Luca, 46 anni, ieri mattina uscisse da casa ad Agnosine, in Valsabbia, nel Bresciano, per andare a lavoro; poi, intorno alle 7.40, ha scatenato l’agguato mortale. L’ha colpita con una decina di coltellate, inseguendola fino alle scale del palazzo dove la donna viveva da circa un mese. Giuseppina Di Luca, operaia e madre di due ragazze di 21 e 24 anni, era andata ad abitare insieme a una delle due figlie nell’appartamento di Agnosine dopo l’allontanamento dal marito da cui si stava separando. Vecchia, dopo l’omicidio, si è costituito, facendo anche ritrovare agli agenti le armi usate per il delitto: un coltello a serramanico e un pugnale. A distanza di poche ore a Fagnano Castello (Cosenza), Giuseppe Servidio, 52 anni, ha accoltellato la moglie Sonia Lattari, 43enne madre di due figli. Anche lui, dopo l’assassinio, ha chiamato il 112, ma la donna era già morta. L’uomo è stato arrestato mentre vagava in stato confusionale sotto casa.

Garanti 5S: Raggi, Di Maio e Fico nella rosa di Grillo

Gli iscritti voteranno giovedì e sarà un altro passo verso la definizione del nuovo M5S. Se lo Statuto approvato a luglio era il risultato del lavoro di Giuseppe Conte, la prossima consultazione riguarderà invece alcuni organi la cui composizione dipende dalle scelte di Beppe Grillo.

Per il Comitato di Garanzia, una sorta di contraltare della “segretaria” di Conte, il fondatore ha scelto sei nomi: Luigi Di Maio, Virginia Raggi, Roberto Fico, Carla Ruocco, Tiziana Beghin e Andrea Liberati. I tre più votati comporranno il Comitato. Scontata l’elezione di Di Maio e Raggi, entrambi molto popolari tra gli iscritti, così come Fico, che però “condivide” la stessa base con Ruocco, anche lei considerata esponente dell’attivismo storico del M5S. In ogni caso, la rosa indicata da Grillo dimostra la voglia di inserire nomi di peso nel Comitato, irrobustendolo anche dal punto di vista politico. Giovedì gli iscritti voteranno anche per sostituire Raffaella Andreola tra i probiviri (in corsa Riccardo Fraccaro e Grazia Di Bari) e per destinare i soldi risparmiati dal taglio degli stipendi.

La politica dorme, gli elettori no: 220mila firme per il referendum sulla cannabis

Continua a galoppare il contatore del referendum per la depenalizzazione della cannabis. In appena 48 ore sono state raccolte più di 220mila firme, un successo straordinario che rende molto probabile il raggiungimento entro il 30 settembre di quota mezzo milione, il limite fissato dalla legge per far scattare i referendum di iniziativa popolare. Il numero record di adesioni è stato facilitato dalla modalità di raccolta online, tramite Spid e firma digitale: per la prima volta nella storia è esclusivamente telematica.

Il dato politico è eclatante: centinaia di migliaia di elettori hanno deciso di scavalcare a piedi pari l’inerzia dei grandi partiti e del Parlamento sul tema delle droghe leggere. Il comitato organizzativo è composto dalle associazioni Luca Coscioni, Antigone, Meglio Legale, Forum Droghe e Società della Ragione (con il supporto di Radicali Italiani, + Europa, Sinistra Italiana e Possibile, mentre domenica è arrivata la benedizione di Beppe Grillo). I quesiti ricalcano il contenuto del testo base sulla cannabis approvato la scorsa settimana in commissione giustizia alla Camera – in sintesi: coltivazione domestica e depenalizzazione dell’uso personale – che ora rischia di venire affossato dalle divisioni politiche in seno alla maggioranza (Pd, M5S, LeU e +Europa favorevoli, il centrodestra è contrario, Italia Viva si è astenuta). Ma l’avanzata impressionante della raccolta firme segna lo scarto che c’è sul tema dei diritti tra i partiti e l’opinione pubblica: il successo del referendum sulla cannabis arriva subito dopo quello sull’eutanasia legale, che in questi giorni ha superato un milione di adesioni. “C’è la possibilità concreta – dichiara il deputato di +Europa Riccardo Magi – che nella prossima primavera avremo una consultazione con i quesiti su giustizia, eutanasia e cannabis”.

Una prova di vitalità della democrazia diretta e della partecipazione popolare su temi a cui il Parlamento ha abdicato da lustri e da intere legislature, mentre gli eletti in carica annaspano da mesi in un dibattito inconcludente sulla legge Zan. “È la dimostrazione che i cittadini sono molto più avanti di quella politica vecchia e stantia, che non sa fare altro che ripetere banalità e menzogne per impedire qualsivoglia passo in avanti lungo la strada dei diritti e della civiltà e del progresso”, secondo Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana.

“Con la Delta sui mezzi: così si rischia altra Dad”

“Difficile pensare di non ricorrere alla Dad con i trasporti pubblici combinati in questo modo”. Massimo Galli, direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano non si dà pace: “Non hanno risolto molto parrebbe”.

Professor Galli, da Nord a Sud vediamo foto e filmati di assembramenti alle fermate dei mezzi pubblici e autobus e treni stracolmi. La scuola è ricominciata e non è cambiato niente dopo un anno e mezzo?

Cosa si aspettava?

Lo scorso inverno ci raccontavano che di un massiccio potenziamento dei trasporti si sarebbero occupati i prefetti… i risultati però non si vedono.

Sì, sembra che la situazione non sia cambiata affatto, o almeno che non ci sono stati decisivi passi in avanti, pare evidente, su un necessario incremento significativo dei mezzi pubblici.

Questa pandemia non finisce più, ma noi ci mettiamo del nostro pare…

Guardi, sono un poco ottimista solo perché adesso abbiamo tantissimi vaccinati e quindi non avremo la stessa quantità di malati e morti dello scorso autunno/inverno. Però non possiamo non ricordare come la variante Delta sia molto più contagiosa della Alfa di SarsCov2 e come riesca a colpire molto più facilmente anche adolescenti e bambini, cioè proprio l’utenza della scuola.

Eppure il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si è detto certo che non ci sarà più ricorso alla Dad se non in casi circoscritti.

Tutti noi siamo molto convinti nel fare un discorso sull’importanza e la necessità della scuola aperta e non in Dad, ma credo che non sarà semplice tenere in piedi questo intendimento con questi chiari di luna.

Restano quasi 3,5 milioni di over 50 senza dosi di vaccino…

Alcuni di loro, in minima parte, sono magari recentemente guariti dal Covid e non ne hanno bisogno nell’immediato. Ma la stragrande maggioranza di questi che non si vuol vaccinare è molto difficile da stanare. Non l’avremo vinta così soltanto suggerendogli di farlo.

Anche l’obbligo sarebbe, però, di difficile applicazione, non crede?

Intanto li spiazzerebbe, l’obbligo è l’obbligo. Forse sarebbe più utile estendere seriamente il Green pass introducendo importanti limitazioni di movimento per chi non lo ha a disposizione.

I pasdaran no vax magari ricorrerebbero al tampone quotidiano…

Il tampone quotidiano non ha veramente senso, né dal punto di vista epidemiologico né dal punto di vista economico. Mi auguro che se saranno stanziate delle risorse sui tamponi sarà fatto sui salivari per bambini e ragazzi, non certo per chi non si vuole fare il vaccino anti-Covid.

Sanità, anche nel ’21 persa una visita su 3: chirurghi al ministero

Uno studio già revisionato e in attesa di pubblicazione, condotto su oltre tremila pazienti affetti da tumore del colon retto, indica che tra il 2019 e il 2020, cioè prima e dopo il Covid-19, i carcinomi operati in stadio avanzato, spesso con metastasi, sono aumentati del 15%. Lo firma, con altri colleghi, il professor Mario Morino dell’Università di Torino che oggi coordina la prima riunione (virtuale) del Tavolo tecnico sulla Chirurgia generale, insediato al ministero della Salute anche per dare indicazioni su come recuperare il tempo perduto per il Covid. Sono 24 chirurghi di tutta Italia e riferiranno al loro collega sottosegretario, Pierpaolo Sileri, che ha voluto questa commissione. Ci saranno Tavoli simili anche per altre specialità.

Il tumore del colon retto è importante perché in Italia è il secondo per prevalenza (circa 49 mila diagnosi nel 2019) dopo quello della mammella e il secondo per mortalità (18 mila decessi) dopo il polmone. Ma soprattutto, spiega il professor Morino, “è il settore in cui lo screening precoce ha dato i risultati migliori, sebbene non uniformi in tutte le Regioni, anche per individuare polipi destinati a diventare tumori. La chirurgia è entrata in crisi a causa della diagnostica”. Secondo uno studio del professor Luigi Ricciardello di Bologna, i decessi potrebbero aumentare dell’11,9% per i ritardi delle diagnosi. Nel 2020 gli screening colonrettali sono stati oltre un milione in meno rispetto al 2019, sono cioè diminuiti di circa la metà (-45,5%). Sono i dati di Agenas, l’agenzia per i servizi sanitari regionali. Gli interventi sono diminuiti del 34,9%. Non sempre il calo segue l’andamento della pandemia: Abruzzo, Calabria, Campania e Puglia nel 2020, scrive la Fondazione Gimbe, sono andate maluccio anche se l’impatto del Covid-19 è stato inferiore alla media nazionale, mentre Lombardia, Piemonte e Veneto sono andate meglio di Emilia-Romagna, Marche, Liguria e Toscana. E ci sono dati analoghi per il tumore della mammella: 750 mila screening in meno (il 37,5%). Come fare? “Si possono immaginare ore aggiuntive, il sistema sanitario italiano può girare di più”, dice Morino. Un maggior ricorso al privato convenzionato, che però non entusiasma il ministro Roberto Speranza? “Sono scelte politiche, non dipende da noi. Ma i livelli del privato convenzionato non sono gli stessi in tutte le Regioni”.

I dati Agenas sui primi tre mesi del 2021 dicono che non solo non abbiamo recuperato, ma abbiamo continuato a perdere prestazioni specialistiche ambulatoriali: meno 19,9% nel primo trimestre rispetto al corrispondente periodo del 2019, con punte del 73,8% in Basilicata, del 48,6% in Molise, del 46,9% in Alto Adige. Se il dato era costante tra 2018 e 2019, nel 2020 il crollo è arrivato, nel secondo trimestre, al 50,9%, mentre per gli altri trimestri si aggirava sul 20%: siamo ancora lì. Le prime visite specialistiche sono diminuite fino al 62,9% (secondo trimestre 2020) e ancora nel primo trimestre 2021 erano a meno 29,7%. Quasi una su tre. Le visite di controllo, che nel secondo trimestre 2020 erano scese del 51%, restano a meno 25,2%.

Questione di soldi? Non si direbbe. Nell’agosto 2020, il governo Conte-2 aveva stanziato 500 milioni di euro per intervenire sulle liste d’attesa. Secondo la Corte dei Conti, oltre 300 milioni (il 67%) non sono stati spesi dalle Regioni, specie al Sud, dove la quota sale al 97%. Il governo Draghi ha stanziato di nuovo gli stessi fondi. Vedremo.

“C’è stato un forte impatto sull’assistenza, ma anche sulla formazione di specializzandi e dottorandi, che non hanno potuto imparare”, osserva il professor Nicola Di Lorenzo dell’Università di Roma-Tor Vergata, vicecoordinatore del Tavolo dei chirurghi. “Abbiamo – dice – una grande occasione. E non bisogna guardare solo alle patologie oncologiche e di prima linea, ma anche agli interventi per l’obesità o l’ernia”. Sileri, oltre al recupero del tempo perduto, si aspetta “proposte concrete in tema di formazione professionale, ricerca medica e non da ultimo su come allocare al meglio le risorse del Pnrr destinate all’innovazione tecnologica e alla sanità digitale, a partire dalla sala operatoria”.

Alle classi pollaio si arriva ancora stipati come sardine sugli autobus

Quattro milioni di studenti, che diventeranno a breve otto milioni. Altrettante famiglie coinvolte, ottomila scuole: numeri enormi che raccontano la complessità di gestione dell’avvio di ogni anno scolastico, incluso questo. Ieri, alla prova di una macchina già rodata da due anni e con qualche passo indietro, le immagini raccolte da ilfattoquotidiano.it e da altre testate locali (ma è bastato fare un giro, soprattutto nelle grandi città come Roma e Milano, nei pressi delle scuole e in periferia) hanno dimostrato perché sia così pressante e fondamentale vaccinarsi in fretta: quel che di altro poteva esser fatto o non è stato fatto o, se fatto, evidentemente non basta. “Sembra non essere cambiato nulla, soprattutto sui trasporti. Oggi ho preso la metro B ed era stracolma”, spiega una studentessa del liceo Cavour di Roma al nostro sito, ha deciso di manifestare in attesa della “prima campanella”.

Non sono bastati, pare, i potenziamenti dei trasporti. Intorno alle otto del mattino, alla stazione Termini di Roma, sembrava di esser quasi tornati a due anni fa. Autobus che faticavano a chiudersi, assembramenti nelle metropolitane. Meno spintoni, forse complice la riduzione dei turisti e anche una nuova prassi tra le persone. Certo non c’era traccia degli annunciati controllori impegnati a verificare che fossero mantenute mascherina e capienza. “Me tocca aspettà” ci dice una signora che avrà circa 70 anni. “Questi c’hanno la precedenza e poi ho paura di ammalarmi…”. I mezzi, infatti, hanno viaggiato all’80 per cento della capienza, ma è stato più che evidente che il passo da 80 a 100 può essere davvero breve.

Nelle scorse settimane abbiamo chiesto alle Regioni di farci un punto sulla situazione del potenziamento trasporti. In Lombardia, per dire, della tranche di 47 milioni assegnati per i primi sei mesi dell’anno, ne sono arrivati solo 29. Nessuno ancora di quelli stanziati per l’inizio di quest’anno scolastico. In Emilia-Romagna lo scorso anno sono stati utilizzati 592 mezzi aggiuntivi grazie ad accordi con i privati e una spesa di circa 13 milioni a inizio 2021, ancora in fase di rendicontazione. In Umbria stimano, fino a fine anno, una spesa ulteriore tra 3 e 5 milioni di euro e in Abruzzo, per far fronte all’aumento di corse e mezzi, è stata prevista l’assunzione di altri 60 autisti. Qui, poi, sono arrivati anche 66 nuovi mezzi. In tutte le altre, invece, i nuovi mezzi scarseggiano, si ricorre ad accordi con i privati. La spiegazione è semplice: l’iter per gli acquisti è molto lungo e può durare anche due anni.

La piattaforma del ministero dell’Istruzione per il controllo del Green pass dei docenti sembra invece aver tenuto. In tre delle dieci scuole romane in cui siamo andati a dare un’occhiata, però, la verifica del Green pass è stata fatta comunque manualmente. “Per sicurezza, nei primi giorni” ci spiega un bidello. C’era qualche fila, ma poche fuori controllo. In una scuola dell’infanzia non tutti i genitori erano muniti della certificazione e non hanno potuto accompagnare i figli all’interno. “Ci hanno detto di fare il tampone o di organizzarci con parenti e amici – ci dice una mamma –. Andrò a fare il vaccino la settimana prossima perché ho problemi a spostarmi con il lavoro. Ora vado in farmacia e provo a fare il tampone”. In quasi tutte le scuole, poi, è stato diramato l’avviso sul rischio dello sciopero indetto dalla sigla sindacale Anief. Alla scuola elementare e materna Mazzini di Piacenza, ad esempio, l’anno scolastico non è partito perché il personale Ata ha aderito in massa e lo stesso è accaduto nel Reggiano, alla scuola dell’infanzia di Crespellano, ma anche in alcuni istituti della periferia di Roma dove i ragazzi hanno fatto poco più di un’ora di lezione o hanno preferito non andare. A Campli, in Abruzzo, i consiglieri comunali dell’opposizione hanno denunciato classi “stipate” nella scuola materna. In molte scuole, ha detto ieri il presidente dell’Associazione nazionale presidi, sono per lo più le segreterie a essere sguarnite e mancano molti Direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga). Sotto controllo anche i prof. non vaccinati: in Lombardia le sospensioni sono state poco meno di 100.

Processo Trattativa. Sentenza in arrivo e Silvio cita Falcone

Mancava soltanto la citazione di Giovanni Falcone… adesso Silvio Berlusconi, spesso impedito da acciacchi di salute regolarmente certificati a presenziare in aule giudiziarie, difficilmente potrà inventarsi dell’altro. Due paginate domenica sul Giornale di famiglia autorevolmente diretto da Augusto Minzolini rilanciate a pezzetti ieri sui social per ricordare a tutti che “il garantismo è uno dei principi fondanti di Forza Italia insieme a liberalismo, cristianesimo ed europeismo”. Ecco, ma la chicca delle chicche, appunto, è questa: “In Italia fin dagli anni 60-70 il Partito comunista compì un’opera sistematica di occupazione della magistratura. L’operazione Mani pulite, e tante altre vicende successive, sono figlie di questa storia. Come ben comprese già 30 anni fa Giovanni Falcone, ‘confondendo la politica con la giustizia penale l’Italia, pretesa culla del diritto, rischia di diventarne la tomba’”. Coincidenze: negli stessi giorni Marcello Dell’Utri, già condannato per concorso esterno, riceve gli auguri per gli 80 anni in una pagina a pagamento sul Corriere e si ha notizia che il Viminale riprova a togliere la scorta ad Antonio Ingroia, ex pm di un processo, Trattativa Stato-mafia, che fra una settimana arriva a sentenza d’appello e che riguarda anche Dell’Utri, già condannato in primo grado, e quindi Berlusconi.

Ventura chi sceglie tra Casellati e Rai?

Alla fine è scoppiato il bubbone e adesso le polemiche rischiano in un colpo di travolgere la Rai e pure Palazzo Madama. Ché fa discutere la decisione di Marco Ventura di accettare l’ufficio di portavoce della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, senza mollare il posto da autore di punta di Unomattina sulla rete ammiraglia del servizio pubblico: il consigliere della Rai eletto dai dipendenti Riccardo Laganà ha infatti preso carta e penna per evidenziare il potenziale conflitto di interessi a cui espone il doppio ruolo, chiedendo lumi direttamente all’ad Carlo Fuortes oltre che ai direttori competenti.

Insomma Laganà vuol saper se Viale Mazzini intenda lasciar cadere la questione o prendere provvedimenti. Nel precedente di Roberto Natale non ve ne era stato bisogno: per assumere l’incarico di portavoce dell’allora presidente della Camera Laura Boldrini aveva chiesto l’aspettativa. Ma era un dipendente Rai, mentre Ventura è esterno all’azienda pur ricoprendo un ruolo di peso. Comunque sia la questione dei conflitti di interessi rischia di essere il primo inciampo dei nuovi vertici della Rai dal momento che, come ha anticipato il Fatto, il tema dei doppi o tripli incarichi chiama in causa persino alcuni dei consiglieri di amministrazione. “Non è possibile che l’azienda del servizio pubblico sia investita da polemiche che ledono a monte la sua credibilità” dice Primo di Nicola del M5S, vicepresidente della Vigilanza Rai.

Ma intanto a tenere banco è il caso Ventura già consulente di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi dal 2008 al 2011. Il giornalista nella tv pubblica è abituato ai doppi incarichi: nella passata consiliatura era sempre nella squadra di Unomattina, dove per anni è stato capo autore, e al contempo faceva da portavoce all’ex presidente dell’azienda Marcello Foa. “Un doppio ruolo ma all’interno dell’azienda”, era stata la risposta degli ex vertici di fronte alle perplessità che ora però tornano più forti dal momento che a beneficiare dei servigi di Ventura sarà l’inquilina di un altro Palazzo che, sia detto per inciso, non trova pace quanto a portavoce: in un paio di anni ne ha masticati ben sei. Ma questa è un altro aspetto della storia: il fatto è che si tratta della Seconda carica dello Stato che peraltro è pure tra i quirinabili. Che tipo di esposizione mediatica avrà ora in Rai?

“Il conflitto d’interessi c’è ed è grande come una casa. Questa collaborazione con la Casellati lo mette in una posizione di forza dentro l’azienda. E quando a Unomattina si dovrà trattare una notizia sulla Casellati, Ventura uscirà dalla stanza?”, si chiede il renziano Michele Anzaldi interpellato dal Fatto.

L’interessato preferisce non commentare in attesa che si esprima l’azienda.