Gentile redazione, è sotto gli occhi di tutti la confusione nella quale sta per avere inizio il nuovo anno scolastico. Alla abituale dose di problemi, con cui un professore è costretto a convivere, è stata aggiunta la variante pandemica che porta con sé una miriade di lacci e laccioli, prodotti dal sempre creativo bizantinismo ministeriale, nel tentativo di rendere complicato persino entrare in orario nelle aule a causa dei macchinosi controlli. Tuttavia, pur dando per assunto che tutte le problematiche relative alla questione pandemica – controllo Green pass, distanziamento, quarantene, Dad… – vengano magicamente risolte, si profila all’orizzonte un problema di “sostanza”: quando finalmente sarò riuscito a entrare in aula e inizierò la lezione sarà ancora realmente in vigore l’articolo 33 della Costituzione per il quale “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”? Sarà ancora realmente in vigore l’articolo 1 del D. Lgs. 297/94 sulla base del quale “ai docenti è garantita la libertà di insegnamento come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente”?
L’attuale e perdurante clima di contrapposizione tra vaccinati e non vaccinati, con punte non isolate di estremismi sfocianti in forme di odio e di violenza verbale e fisica, sarà inevitabilmente presente anche in quel microcosmo sociale che è la classe, in cui – oltre alla presenza degli studenti – aleggia il sempre più pressante fenomeno del presenzialismo genitoriale, rendendo le domande sulla “libertà d’insegnamento” una vera e propria questione pratica. Durante la lezione su Socrate, per esempio, sarà possibile spiegare agli studenti che “dichiarare di non sapere significa che nessuna delle convinzioni umane a lui note si presenta come verità”, senza che tutto ciò possa essere interpretato come un invito a disobbedire alle leggi? Quando in una quinta liceo dovrò spiegare i motivi per cui, negli ultimi due secoli, la cultura occidentale ha mostrato l’impossibilità dell’esistenza di una verità assoluta e dunque l’inesistenza di una morale assoluta e di un dovere assoluto e valido per tutti, da cui peraltro deriva il concetto di laicità dello Stato, non rischierò di essere frainteso e di conseguenza accusato come un pericoloso sostenitore delle critiche alla campagna vaccinale in atto? La questione poi diventerà inevitabilmente esplicita quando l’oggetto delle lezioni sarà la scienza. Quando dovrò spiegare il metodo sperimentale di Galilei, non rischierò forse di essere oggetto di interesse di qualche genitore che inculca ai propri figli l’attendibilità di maghi e santoni? Per converso, quando si tratterà di spiegare l’epistemologia novecentesca, le geometrie non euclidee, il teorema di Gödel, il principio di indeterminazione di Heisenberg che hanno condotto le scienze a prendere coscienza di non avere un valore assoluto, non mi ritroverò nella pericoloso condizione di essere considerato come un pericoloso sobillatore da chi, classe dirigente compresa, ha assunto una posizione di rigido e fideistico scientismo? Lo Stato tutelerà se stesso, tutelando i docenti o li lascerà – come quasi sempre – soli nel tritacarne? Con il procedere dell’anno scolastico avremo modo di scoprire se lo Stato difenderà la sua istituzione più importante – un professore che forma i futuri cittadini – o si lascerà andare a forme di tecno-scientismo, in una sorta di riedizione moderna del cattolicesimo agostiniano: extra scientiam nulla salus?
Prof. Claudio Amicantonio