Alitalia, Bruxelles non ha imposto al governo di rottamare il personale

Basta un tratto di penna del legislatore per mandare al macero intere biblioteche giuridiche. Questa famosa frase del giurista tedesco Von Kirchmann fu ricordata in occasione delle norme su misura che il governo Berlusconi emanò nel 2008 in favore dei capitani coraggiosi della nuova Alitalia-Cai e occorre ripeterla più forte oggi in relazione alle nuove norme “ad aziendam” introdotte in favore di Ita col decreto 99 di giugno.

Prima di esse il ruolo dei commissari di una grande impresa in crisi era indiscusso: tutelare i diritti dei titolari di crediti incagliati nell’insolvenza realizzando il più possibile dalla cessione dei compendi aziendali, mantenuti funzionanti nei loro processi produttivi e dunque preservati nel massimo valore possibile. Dopo le nuove norme non è più così. Infatti, ignorando che Alitalia non è una controllata del Tesoro, ma solo una gestione pubblica soggetta a regole autonome, il governo ha disposto il passaggio obbligato degli asset del ramo volo di Alitalia a Ita né più né meno che se stesso disponendo un riordino di partecipazioni statali. Con le nuove norme i commissari sono stati distolti dal servire Alitalia e i suoi creditori e posti invece al servizio del piano industriale di Ita, che è tuttavia una loro controparte, portatrice di interessi naturalmente divergenti. Tutto questo è stato giustificato con la motivazione che “è l’Europa che ce lo chiede”, avendo essa dato apparente imprimatur al piano industriale della newco. Tuttavia la decisione della Commissione Ue non è stata formalizzata in un provvedimento ufficiale ma solo preannunciata in una comfort letter di cui ha dato notizia solo Ita in un comunicato del 15 luglio. Sembra dunque che i commissari di Alitalia debbano applicare un set complesso di norme e cedere gli asset richiesti semplicemente in base alla parola del soggetto beneficiario delle medesime.

Perché l a comfort letter non è stata pubblicata, nonostante anticipi una decisione formale dell’Ue alla quale sono subordinate per legge le azioni dei commissari? Contiene forse impegni italiani che non possono essere rivelati? Oppure, al contrario, non contiene richieste che è invece utile far credere che siano dettate dall’Europa?

L’ipotesi più verosimile è la seconda, e in particolare che si tratti della rottamazione del personale di Alitalia, destinato a non passare in automatico a Ita con la cessione del ramo d’azienda del volo ma obbligato a far domanda ex novo alla newco. Se si rileggono a ritroso tutti i documenti che sono stati pubblicati, questa teoria trova conferma dato che non risulta che l’Unione abbia mai posto veti né formulato rilievi sul passaggio diretto del personale volo da Alitalia a Ita. Nella famosa lettera con le 108 osservazioni dell’8 gennaio 2021 si limitava su questo tema a chiedere: “Si comprende (dal piano industriale di Ita, ndr) che questo personale transiterà dall’Alitalia attuale. Si prega di confermare. Si prega di spiegare su quali basi, con quale tipo di accordo e a quali condizioni il personale di Alitalia preso da Ita nel 2021 sarà assunto”. Dunque nessun divieto e nessuna riserva, solo una richiesta di informazioni. In maniera simile l’8 luglio Margrethe Vestager dichiarava: “Qualsiasi nuova azienda dovrà assumere dipendenti, da dove arrivano non è necessariamente qualcosa che implica continuità”. È stato invece il Mef a guida Gualtieri a fare da solo, o ad accogliere dalla controllata Ita, la scelta della rottamazione del personale di Alitalia. Infatti nella risposta alla precedente lettera dell’Ue, inviata alla fine del mese di gennaio, si legge: “Non si verificheranno trasferimenti automatici di personale e contratti di lavoro da Alitalia a Ita”, il personale “potrà essere selezionato sul mercato”.

Evidentemente né Ita né il Tesoro si ricordavano in quel momento le norme vigenti in Italia secondo cui chi si compra un ramo d’azienda deve prendersi anche il relativo personale. O in alternativa, se sceglie di selezionare i dipendenti sul mercato, si deve cercare sul mercato anche i singoli asset che gli servono e non li può chiedere, denudati del personale, ai commissari dell’amministrazione straordinaria. Non imputiamo a Bruxelles scelte solo nostre, discutibili e che si tenta di introdurre in aperto contrasto con le leggi vigenti.

Madia “copiona” perde la causa col Fatto: “Cronaca d’inchiesta”

Marianna Madia perde la causa civile contro il Fatto Quotidiano relativa alla sua tesi “copiata”. La dottoressa Damiana Colla del Tribunale di Roma ha infatti respinto la sua citazione contro il nostro giornale e i giornalisti Laura Margottini e Stefano Feltri sulla base di una sentenza che fa onore al lavoro giornalistico. Oltre a rigettare la domanda, il giudice condanna Madia al risarcimento delle spese nella misura di 6.183 euro “per compensi, oltre spese generali ed accessori come per legge”.

Il caso passa quindi il vaglio del Tribunale. I nostri articoli riferivano di una sostanziale copiatura da parte di Marianna Madia di parte della sua tesi di dottorato in Economia del Lavoro con la quale aveva conseguito nel 2008 il titolo presso la Scuola Imt di Lucca. Altra accusa è stata anche la sua mancata presenza presso l’Università olandese di Tilburg per svolgere un esperimento riportato nella medesima tesi di laurea, tale da determinare la contestazione circa la paternità dell’esperimento stesso.

A fronte di articoli documentati Madia ha deciso di citare il Fatto per diffamazione in una causa civile con richiesta di risarcimento “nella somma ritenuta per giustizia” e quindi non quantificata. L’accusa ai nostri giornalisti è stata, con molta sicurezza, quella di aver dato una notizia “falsa”.

E invece il Tribunale non solo conferma che la notizia non era falsa, ma dà atto a Margottini e Feltri di aver svolto un lavoro che rientra “pienamente nel giornalismo investigativo” portato avanti in modo “accurato con notizie rese con approfondimento e precisione”. Tra le prove di accuratezza c’è anche il fatto che Laura Margottini si è “premurata di acquisire il parere di un esperto in materia di plagio nel settore accademico (Gerhard Dannemann, componente del VroniPlag, ‘il gruppo di accademici che ha analizzato le tesi di dottorato di decine di politici e professori tedeschi’), il cui scambio di email è allegato in atti e il cui parere è riportato nel brano in esame”.

La documentazione prodotta ha dunque “confermato il fondamento dell’indagine e la sua finalità di ingenerare il sospetto di illeciti”.

“Quanto alla verità, prosegue la sentenza, nei limiti in cui tale requisito è applicabile al diritto di critica, deve appena rilevarsi che le frasi pronunciate dall’attrice sono da ritenersi riferite a notizia vera nel suo nucleo essenziale, considerato che proprio nella specie la testata convenuta e i suoi giornalisti hanno svolto attività di inchiesta nei confronti dell’attrice, finalizzata peraltro a ingenerare sospetti di plagio e a denunciare irregolarità nel percorso post universitario della Madia”.

“Non appaiono dunque condivisibili, in conclusione, le doglianze dell’attrice relative al preteso difetto di verità della notizia contenuta nei quattro articoli in contestazione”.

La copiatura è un fatto, tutto il resto chiacchiera.

 

Vaccini ai bambini, pensiamoci bene

AlcuniPaesi ad alto reddito stanno valutando se vaccinare anche i bambini. La Food and drug administration Usa ha autorizzato l’uso del siero Pfizer/BioNTech nella fascia d’età tra i 12 e i anni. Finora i giovani sono stati ampiamente risparmiati dalla forma grave della malattia e la validità di una loro vaccinazione resta una questione aperta. In sintesi (come viene riferito dall’articolo Vaccinating children against SarSCoV2) i motivi di discussione sono tre: i limitati benefici della protezione nelle fasce di età che soffrono solo di malattie lievi, gli effetti limitati sulla trasmissione e la possibilità di conseguenze indesiderate legate alle differenze nell’immunità indotta dal vaccino e indotta dall’infezione. Il rapporto costi-benefici di qualsiasi campagna vaccinale dipende dal carico di malattia nella popolazione target e dalle risorse disponibili. Al momento il target della pandemia sono anziani e fragili. I vaccini peraltro dovrebbero essere utilizzati prima per immunizzare proprio questa popolazione. La vaccinazione può essere molto utile per alcuni sottogruppi di bambini con alcune condizioni croniche che potrebbero rendere grave l’infezione. Ciò comporta un controllo che ne accerti l’utilità, prima di procedere alla vaccinazione. Studi recenti forniscono prove che la vaccinazione di massa riduce la trasmissione (seppur non significativamente) nella popolazione. I bambini e gli adolescenti in età scolare hanno tassi più elevati di contatti sociali rispetto agli adulti più anziani, quindi la vaccinazione dei bambini potrebbe ridurre la circolazione dell’agente patogeno e proteggere gli adulti più anziani e più vulnerabili dall’esposizione. Tuttavia, i bambini sembrano essere meno suscettibili degli adulti, sia all’infezione che alla trasmissione di SarsCoV-2, e paesi come la Norvegia hanno mantenuto bassi tassi di trasmissione nonostante avessero aperto le scuole primarie. Entrambi i casi suggeriscono un ruolo limitato per i bambini piccoli nel sostenere le catene di trasmissione e che la vaccinazione dei più piccoli potrebbe essere di beneficio marginale nel ridurre il rischio per gli altri.

Direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

Capre partorienti, lettere dal fronte e Polanski in fuga

Biden. Joe Biden, appena insediatosi alla Casa Bianca, ha firmato un’ordinanza per stabilire che se hai la barba, ma ti percepisci donna, hai il diritto di usare il bagno delle donne.

Neolingua. “Normale è una parola inaccettabile nella neolingua, i cui parlanti sono convinti che non significhi ‘nella norma, nella media’, bensì ‘chi non è come me è un mostro’”.

Con la u. La pagina Fecebook in cui le donne si aiutano tra loro, pur accettando solo iscrizioni di donne, per far capire che si tratta di una pagina inclusiva, declina tutto con la u e posta cose come “Ciao a tuttu” (ignorando il fatto che, in italiano, il plurale maschile è neutro).

Pensieri. “La sciatteria della lingua rende più facili i pensieri stupidi” (George Orwell).

Opzioni. Tra il 2014 e il 2015 Facebook ha ampliato le opzioni con cui definire il proprio genere sessuale, portandole a 71. Poi ha inserito un campo bianco, in modo da permettere a ognuno di definirsi a piacere.

Twitter. “Stare su Twitter è come leggere tutte le scritte su tutte le pareti di tutti i cessi pubblici” (Ricky Gervais, comico inglese).

Polanski. Nel 1977, dopo che, nella villa di Jack Nicholson a Los Angeles, Roman Polanski aveva avuto rapporti sessuali con Samantha Geimer, che avrebbe compiuto quattordici anni di lì a un mese, l’avvocato di lei e quello di lui si misero d’accordo, come spesso accade nei processi americani: Polanski si fece qualche settimana di carcere, poi si sarebbe dovuti andare in udienza e la pena sarebbe stata dichiarata già scontata. Solo quando seppe che il giudice non intendeva rispettare l’accordo e voleva tenerlo in prigione a vita, Polanski fuggì dagli Stati Uniti. Ancora oggi la Geimer pensa che i termini dell’accordo andavano rispettati.

Politica. “Il lessico della politica serve a dare una parvenza di solidità all’aria fritta, a far sembrare veritiere le bugie e rispettabile l’omicidio” (George Orwell, Politics and the English language, 1945).

Parto. Alcune multinazionali, per parlare di parto, usano l’espressione “genitore partoriente”, perché “madre” sarebbe offensivo, non tenendo conto dell’uomo transessuale.

Capre. “Se qualcuno dice che Charlie s’è scopato una capra, anche se la capra smentisce, sulla tomba di Charlie ci sarà scritto ‘Scopatore di capre’” (dalla serie tivù Billions).

Checca. Nel 1979, in Anna e Marco, Lucio Dalla dice che, mentre la coppia è a ballare in un locale, “c’è una checca che fa il tifo”.

Pressione. Nel 1951 lo psicologo Solomon Asch diede una dimostrazione scientifica del concetto di “pressione sociale”: se una persona che conosceva la risposta giusta a una domanda veniva chiusa in una stanza con altre persone che si erano messe d’accordo per dare la risposta sbagliata, quella che era nel giusto cambiava la propria versione per conformarsi a chi la circondava.

Lettere. Nel 1945, durante la Seconda guerra mondiale, lo scrittore Evelyn Waugh, scrivendo a casa dal fronte, implorava la moglie di mandargli lettere migliori. “L’ultima, così tanto attesa, è stata un’amara delusione. So che vivi una vita noiosa, e mi piange il cuore al pensiero, anche se credo che potresti sforzarti di renderla più interessante. Ma non è una buona ragione per fare delle tue lettere una noia come la tua vita”. Lei dovette sforzarsi, perché lui, la volta dopo, concesse: “Questa era molto meglio”.

Notizie tratte da: Guia Soncini, “L’era della suscettibilità”, Marsilio, pagine 192, 17 euro(1. Continua) Giorgio dell’arti

“Una corretta manutenzione avrebbe potuto evitare la strage”

“Il controllo sulla correttezza della manutenzione avrebbe evitato il sinistro” perché il carro “sarebbe stato escluso dalla circolazione”. Lo scrivono i giudici della Quarta sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza dell’8 gennaio sulla strage di Viareggio, avvenuta il 29 giugno 2009. Quella notte una carrozza cisterna carica di gpl deragliò ed esplose uccidendo 32 persone a seguito della rottura dell’assile e, secondo i giudici, “nel 2005 era certamente noto agli operatori il rischio di rottura degli assili per l’esistenza di corrosioni o danneggiamento non eliminati nell’attività di manutenzione”.

La Cassazione ha dichiarato prescritto il reato di omicidio colposo per il venir meno dell’aggravante delle violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e ha stabilito un nuovo appello per disastro colposo nei confronti degli ex vertici delle ferrovie, tra cui Mauro Moretti, ex ad di Rete Ferroviaria Italiana ed ex ad di Ferrovie dello Stato, e Michele Mario Elia, ex ad Rfi, entrambi condannati a 7 anni in Appello Il motivo: la violazione della regola cautelare della riduzione della velocità a 60 km/h “è stata individuata ex post, con una erronea identificazione della condotta che avrebbe evitato l’evento”. Inoltre, per gli ermellini, l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza su lavoro non può essere applicata al reato di omicidio colposo perché le vittime di Viareggio non sono assimilabili a lavoratori, e dunque non può essere loro riconosciuto il rischio lavorativo. Le motivazioni sono arrivate dopo 8 mesi di attesa: “Meglio tardi che mai – ha commentato Riccardo Antonini, ferroviere licenziato per avere fatto da consulente alle vittime –. Certo che la Cassazione in 3 udienze ha ribaltato le 180 udienze sia di 1° e 2° grado”. “Visto che ci saranno dei passaggi tecnici, dobbiamo leggerli con i nostri avvocati per capire bene il contenuto”, ha detto Marco Piagentini, presidente di “Il Mondo che vorrei”, l’associazione che riunisce i parenti delle vittime.

Durigon, il leghista torna in campo a Latina e sarà a eventi a Roma, ma da “clandestino”

È tornato in punta di piedi, quasi alla chetichella. Senza alcun annuncio per non esporlo alle domande dei giornalisti, anche perché, dice qualcuno, c’è il rischio che la sua presenza possa essere un peso per la campagna elettorale. Domenica sera, Claudio Durigon è tornato per la prima volta in pubblico dopo un mese di silenzio e le dimissioni da sottosegretario all’Economia. E per farlo ha scelto la sua Latina, per la precisione una frazioncina a una manciata di km da casa sua, Borgo Faiti. Lì ha presentato i due candidati della Lega in consiglio comunale, Giovanna Miele (da lui riportata nel Carroccio da Forza Italia) e Massimiliano Carnevale, in sostegno al candidato sindaco del centrodestra unito Vincenzo Zaccheo. All’evento, all’hotel Foro Appio Mansio , hanno partecipato 450 persone tra cui i notabili locali del partito e l’europarlamentare Cinzia Bonfrisco. A introdurre i due candidati è stato proprio Durigon, che però non era stato annunciato nel volantino di presentazione dell’evento. Nel suo breve discorso il coordinatore regionale del Lega ha incoraggiato Miele e Carnevale e spiegato che il centrodestra “può riconquistare Latina dopo i cinque anni pessimi” del sindaco civico Damiano Coletta. A cui ha dedicato una battuta: “Dice che vuole giocare il secondo tempo? – ha domandato il leghista, in riferimento allo slogan scelto dal sindaco di Lbc nella corsa al secondo mandato – Coletta non è mai sceso in campo”. Zero parole, invece, sulle sue dimissioni da sottosegretario, niente sui suoi nemici nella Lega. Che restano ancora tanti e anche a Roma, visto che nei prossimi giorni Durigon parteciperà a eventi elettorali con il candidato sindaco Enrico Michetti e i pretendenti del Carroccio all’assemblea capitolina ma, come confermano fonti interne al partito, la sua presenza non sarà mai annunciata prima. Quasi a volerla nascondere.

Lui, intanto, vuole riprendere in mano il suo ruolo di responsabile Lavoro nel partito e per questo domani parteciperà in quella veste al tavolo convocato dal Dipartimento dell’editoria di Palazzo Chigi a guida Giuseppe Moles sul futuro dell’Inpgi, l’Istituto di previdenza dei giornalisti che da anni versa in difficoltà economiche. Durigon se n’era già occupato come sottosegretario del governo Conte-1 e ora spera che quello di oggi possa essere “il primo di una serie di incontri risolutivi per la crisi dell’Inpgi”. Una presenza che non è passata inosservata visto che la Lega un sottosegretario al lavoro ce l’ha ed è Tiziana Nisini. Ma al posto suo ci sarà Durigon che, costretto a lasciare, aveva posto come condizione a Matteo Salvini proprio quella di partecipare ai tavoli con il governo sui dossier di sua competenza. Così sarà, a partire da oggi. Come se fosse ancora sottosegretario.

Fermato il tabaccaio fuggito col Gratta&vinci “La signora sta mentendo, il biglietto è mio”

È stato ritrovato e sequestrato il Gratta&vinci da 500mila euro: il tabaccaio, scappato con il biglietto, aveva aperto un conto in una banca a Latina e depositato lì il tagliando. Intanto, i carabinieri hanno fermato l’uomo, Gaetano Scutellaro, con le accuse di furto pluriaggravato e di tentata estorsione. Il tabaccaio era fuggito il 2 settembre da Napoli, dove ha una rivendita nel quartiere Materdei, dopo aver sottratto il biglietto vincente a una donna di 70 anni. Scutellaro, fermato a Fiumicino mentre cercava di andare alle Canarie, non avrebbe potuto incassare la vincita: i Monopoli hanno subito bloccato la riscossione del biglietto. Agli inquirenti l’uomo ha però spiegato di essere lui la vittima. “Volevo fuggire all’estero perché non mi sento sicuro a Napoli. Io non sono il tabaccaio, ma l’ex marito della titolare”, ha precisato l’uomo. La fuga con il biglietto è costata al tabaccaio anche la sospensione della concessione rilasciata dai Monopoli perché “al terminale di validazione” lavora “un soggetto collegato da un rapporto di parentela con il titolare”. E alla tabaccheria è stata sospesa la licenza.

Nel paesino di 220 votanti e quattro candidati sindaco

Duecentocinquanta residenti, meno di duecentoventi votanti, quattro candidati sindaco. Siamo a Pietracamela, a 1.000 metri d’altitudine, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso. E quella che si è aperta sabato, con il deposito ufficiale delle liste, rischia di diventare una campagna elettorale storica. Quattro candidati sindaco, una media di un aspirante primo cittadino ogni 55 elettori, che con le liste diventa un candidato ogni 6 votanti. Numeri da assemblea di condominio, più che da elezione comunale. Eppure, fino alle 12 di sabato scorso, sulla carta quella per il governo del Comune “proprietario” del Gran Sasso e della stazione turistica di Prati di Tivo, eternamente sospesa tra la perduta grandezza degli anni 70 e il mancato sviluppo attuale (con gli impianti fermi da mesi e mesi), doveva essere solo una corsa a due. A contendere la fascia al sindaco uscente, Michele Petraccia, che si ricandida, doveva essere solo il chirurgo vascolare Antonio Villani. Invece, al momento della scadenza del termine ultimo, sul registro degli aspiranti alla più importante poltrona del Comune pretarolo c’erano quattro nomi. Alle liste civiche di Petraccia e Villani, s’erano aggiunte quella di Massimiliano Contasti, agente di polizia penitenziaria alla guida di un manipolo di sette aspiranti consiglieri, e quella dell’Altra Italia, che ha ulteriormente caricato di originalità una competizione elettorale già di suo atipica. Guidata da Guglielmo De Santis, responsabile per l’Italia Centro-meridionale del movimento, la quarta lista ha deciso di candidare persone che non solo, probabilmente, non hanno mai visto Pietracamela, ma che hanno anche una scarsa pratica di cose abruzzesi e montanare, visto che sono tutti pugliesi. Tra loro, a testimoniare come il richiamo del sacro fuoco della politica possa arrivare ad ogni età, anche la candidata Lucia Russo, classe 1931, arzilla 90enne. A una certa età, si sa, l’aria di montagna fa bene.

Ocse, entro metà 2022 il Pil tornerà ai livelli pre-crisi

Nel giudizio scritto dall’Ocse nell’Economic Survey sull’Italia, l’organizzazione parigina oltre a riconoscere l’importanza del Reddito di cittadinanza (ne abbiamo scritto a pagina 7) fa il punto anche sull’economia italiana. Le stime indicano una ripresa dagli effetti della pandemia “con un conseguente recupero dei livelli di attività del 2019 nel corso del primo semestre del 2022”. Per il 2021 si stima una crescita del 5,9%, dopo la contrazione dell’8,9% nel 2020. Sugli altri aiuti messi in campo lo scorso anno dal governo, l’Ocse promuove il “generoso sostegno”. “Ha mitigato le perdite di posti di lavoro e le avversità e ha altresì preservato la capacità produttiva”, ha scritto l’Ocse spiegando che “le garanzie sui prestiti e le moratorie sul rimborso del debito hanno sostenuto la liquidità delle imprese e ne hanno limitato i fallimenti”. Inoltre, “la cassa integrazione e il divieto di licenziamento sono stati integrati da un sostegno al reddito per coloro che non beneficiano delle reti di sicurezza esistenti, unitamente al rinvio delle date di pagamento delle imposte dovute”. Ora però il governo Draghi è atteso al varco delle riforme della concorrenza, degli ammortizzatori e del fisco. Laurence Boone, capo economista dell’Ocse, ha ricordato che “in Italia il livello del cuneo fiscale è il quinto più alto nell’area Ocse. Questo non aiuta l’occupazione, in un Paese in cui solo il 57% della popolazione è occupato contro una media Ocse del 67%. Il governo ha riconosciuto l’impatto di questa situazione riducendo temporaneamente il cuneo fiscale per i giovani e le donne. Forse dovrebbe considerare una riduzione permanente per tutti i lavoratori, in particolare le donne”. Una riforma fiscale dovrebbe “puntare a mitigare la complessità del regime e ridurre permanentemente le imposte sul lavoro, finanziata grazie alle entrate derivanti da migliori livelli di compliance, minori spese fiscali e maggiori imposte su beni immobili e successioni”.

Benigni, l’iconoclasta meraviglioso scaduto a giullare del potere

La celebrazione che ha inzuppato e divinizzato Roberto Benigni, dopo la sua dedica (bella, benché copiata qua e là) e la sua diversamente coraggiosa supplica a Mattarella, affinché dall’alto della sua infinita saggezza e misericordia ci conceda il bis, è stata insopportabile. Giornalisti, opinionisti, trasmissioni a reti unificate: una gara bolsa, serva e insulsa a chi riveriva di più il fu Cioni Mario divenuto ormai Don Abbondio Colto.

Certo non può essere colpa di Benigni, invero sempre meno presente sui media e dunque non accusabile di cercare attenzioni e applausi facili, se chi ne parla è quasi sempre ammalato di propensione al servo encomio e al codardo oltraggio. Mica può farci niente, l’ex comico di Misericordia di Manciano in provincia di Arezzo, se in tanti ci godono proprio a plaudire il luogo comune.

È invece colpa di Benigni, e per chi scrive è colpa grave, questa sua involuzione decennale da iconoclasta meraviglioso a giullare di corte. Un’involuzione che, a Venezia, è di nuovo parsa totale e incurabile.

Ho adorato artisticamente Roberto Benigni dai suoi esordi sublimi fino a La vita è bella. Per due decenni l’ho trovato meraviglioso, soprattutto con Carlo Monni, Massimo Troisi e nei primi stralunati film. Quanto era bravo! Poi, come credo molti, l’ho perso di vista. Abile (tanto) a raccontare Dante, retorico in molti suoi interventi televisivi, pessimo negli ultimi film, irricevibile nelle sue sbornie renziane.

Cosa è accaduto a Benigni? Cosa ti è successo, Roberto? Perché fai così? Come si fa a passare dal rango mirabile di piccolo diavolo a quello avvilente di diuturno celebratore del potere? Se proprio si vuole divinizzare ogni mossa e afflato di Benigni, come amano fare tanti scribi e influencer, occorre(rebbe) quantomeno ricordare anche l’altra faccia della medaglia. Pregi e difetti dell’artista: così, anche solo per porre freno minimo all’assai anticipata beatificazione. E sia, allora. Ricordiamo anche i “difetti” del Beato Roberto. Benigni è per esempio anche quello che nel 2017, insieme a sua moglie, minacciò Report di querela prima che andasse in onda l’inchiesta sui finanziamenti al cinema diffidando Rai3 dal mandarla in onda. Pochi anni prima, quello stesso Benigni – con altri big e vip – aveva meritoriamente firmato l’appello a favore di Report. Come si cambia, eh? Benigni è per esempio anche quello che si innamorò di Renzi (Renzi!!!) al punto da dimenticarsi della “Costituzione più bella del mondo”, arrivando a dire che il “no” alla schiforma Boschi-Verdini “era peggio della Brexit”. Da Berlinguer a Renzi: come passare da Jimi Hendrix all’alluce valgo di Achille Lauro. Come si cambia, eh? Benigni è per esempio anche quello del clamoroso (e calcolato) falso storico nel film La vita è bella, che fece subito inorridire un maestro autentico come Monicelli. Ed è appunto anche quello che qualche sera fa, a Venezia, si è esibito nella mielosissima adulazione di Mattarella.

Come ha scritto su Facebook Cristina Correani: “Benigni ormai da anni approfitta della sua notorietà per fare politica stando molto ben attento a non disturbare il potere corrente, quello che garantisce sempre i rubinetti aperti. Il giullare che diventa cortigiano per opportunismi propri”. Sarebbe bello poter confutare un’analisi così perentoria, ma onestamente faccio fatica. Molta fatica. Peccato: il Benigni del tempo che fu non era solo bravissimo, ma pareva addirittura coraggioso e sincero. Chissà. Forse si nasce incendiari e si diventa pompieri. Forse si nasce Cioni Mario e si diventa Benigni Roberto.