Le leggi “ad aziendam” per vivisezionare Alitalia

Almeno sino alla Rivoluzione francese la legge era la trascrizione della volontà del sovrano assoluto verso i suoi sudditi e non vincolava il re. In epoca contemporanea, tuttavia, le democrazie rappresentative si sono affidate al potere legal-razionale, basato su leggi razionalmente stabilite, approvate dai Parlamenti e vincolanti anche verso i governi: esse permettono ai cittadini subordinati di verificare la legittimità dell’applicazione e la coerenza delle norme con quelle di livello superiore, quali i principi costituzionali. Questa è la teoria rispetto alla quale la prassi non è sempre conforme. Max Weber, che ne è stato il principale studioso, avrebbe da ridire se leggesse l’inflazione normativa prodotta in questi mesi per garantire l’attuazione della volontà del nuovo vettore pubblico ITA.

Una prima ondata di norme su misura si è manifestata con il decreto 99 di fine giugno, approvato con legge in vigore dal 25 luglio. A distanza di poche settimane queste norme si sono tuttavia rivelate insufficienti alle esigenze di ITA che, ricordiamo, è un soggetto di diritto privato, non esentato dal principio dell’eguaglianza di fronte alla legge. Nel Consiglio dei ministri del 3 settembre sono state approvate nuove norme, modificative delle precedenti. Quelle di giugno stravolgevano i compiti dei commissari di Alitalia, facendoli divenire – da garanti della continuità produttiva dell’azienda nell’interesse dei suoi creditori incagliati – strumento esplicito per la realizzazione dei piani di ITA. Si tratta di ruoli incompatibili dato che i commissari di Alitalia sono venditori dei suoi asset e ITA non è che un potenziale compratore in mezzo ad altri, dunque una controparte, portatrice di interessi divergenti.

Eppure la norma di giugno stabiliva che l’amministrazione straordinaria dovesse provvedere “al trasferimento alla (nuova) società (…) dei complessi aziendali individuati nel (suo) piano” e inoltre a porre “in essere le ulteriori procedure necessarie per l’esecuzione del piano industriale medesimo”. Pertanto i commissari sono stati obbligati a vendere a ITA e non ad altri ciò che a ITA interessa, senza considerazione del fatto che in questo modo si sarebbero resi difficilmente vendibili o comunque deprezzati gli asset restanti. Ma ITA non doveva essere in totale discontinuità con Alitalia secondo la volontà dell’Unione europea? E come si concilia questa esigenza con la continuità resa invece obbligata dalla norma?

Non bastando questo abito normativo su misura, il nuovo decreto ha stabilito che il marchio Alitalia, che per accordi con l’Europa dovrà essere ceduto tramite gara, potrà essere acquisito solo da vettori aerei già esistenti. Questa regola viola però i principi di concorrenza, essendo finalizzata a favorire l’offerta di ITA, e non garantisce inoltre la massimizzazione del valore da parte dei commissari, un effetto che è egualmente prodotto da un’altra norma. Infatti le bande orarie di decollo/atterraggio non trasferite a ITA dovranno essere restituite per la riassegnazione gratuita da parte dell’Autorità competente e non potranno essere cedute dai commissari dentro un secondo ramo volo di Alitalia, di fatto esistente dato che ITA se ne comprerà meno della metà. Anche questa è una perdita di valore notevole per la gestione commissariale.

La disposizione di maggior rilievo sembra però essere un’altra: ITA potrà acquisire da Alitalia anche “singoli beni” e non necessariamente rami d’azienda. La distinzione non è banale: per norme generali, e loro interpretazioni consolidate, nel passaggio di rami d’azienda è necessariamente trasferito anche il personale che vi opera mentre nel caso di beni singoli no. Questa norma è dunque finalizzata a garantire la rottamazione dei dipendenti di Alitalia, evidentemente considerati zavorra dalla nuova azienda.

Sfregia il volto dell’ex fidanzato: arrestata col compagno

Aveva un solo obiettivo: la vendetta. Sognava che sul volto del suo ex compagno rimanesse uno sfregio permanente, il segno indelebile della fine della loro relazione. Per questo il 5 agosto una ragazza di 24 anni di origine rumena aveva organizzato un agguato con la complicità dell’attuale fidanzato, proprio sotto casa dell’ex. Avevano atteso l’arrivo dell’uomo e lo avevano aggredito, colpendolo più volte al volto e alla schiena con un taglierino. La coppia era poi scappata lasciando l’uomo ferito, ma in grado di raccontare tutto alla Polizia. La vittima aveva subito indicato agli agenti l’ex fidanzata come autrice del gesto, fornendo anche una serie di dettagli quali l’auto utilizzata dalla coppia per la fuga e il nome del ragazzo, elementi che hanno consentito di identificare il nuovo compagno quale secondo responsabile dell’aggressione.

I fatti. Venerdì pomeriggio la squadra mobile di Rimini ha arrestato la ragazza e il complice, un uomo di 37 anni di Rimini, dando esecuzione all’ordinanza cautelare, conducendo entrambi in carcere. Dalla ricostruzione dei fatti della Mobile, è emerso come la sera dell’aggressione la vittima, l’ex compagno della romena, un 39enne di Rimini, dopo aver discusso con la ragazza era stato inseguito in strada e colpito più volte alla schiena e al volto con un’arma da taglio, prima di riuscire a fuggire e a raggiungere la Questura. Agli agenti aveva subito indicato l’ex fidanzata, quale autrice dell’aggressione. La coppia era stata rintracciata e la giovane aveva raccontato di essersi solo difesa. L’esame delle scena dell’agguato da parte della Scientifica ha invece avvalorato la versione della vittima. Secondo le indagini la coppia sarebbe anche responsabile di un’altra aggressione avvenuta il 16 agosto ai danni di un 50enne di Riccione, vecchia conoscenza della ragazza. L’uomo era stato minacciato con un taglierino dall’uomo arrestato venerdì, che gli avrebbe intimato di non importunare più la sua ragazza.

Delitto Vassallo, famiglia: “Riaprire indagini sul carabiniere che non sentì i nove spari”

Ripartono da un mistero mai chiarito, uno dei tanti che avvolge il delitto, le indagini sull’omicidio del sindaco di Pollica (Salerno) Angelo Vassallo, ucciso esattamente undici anni fa da nove proiettili esplosi da una pistola Baby Tanfoglio 9×21. Una morte che non ha ancora un colpevole, e nemmeno un imputato.

Ripartono dal ruolo di un carabiniere, che il 5 settembre 2010 villeggiava a meno di 50 metri dagli spari e agli inquirenti disse di non aver sentito nulla. Ripartono da un’istanza dell’avvocato dei fratelli Vassallo, Antonio Ingroia, depositata a luglio. Ai magistrati della Procura di Salerno guidata da Giuseppe Borrelli, l’avvocato ed ex pm della trattativa Stato-mafia avanza un’ipotesi: in un paese piccolo tutti sanno tutto di tutti e l’assassino – o gli assassini – non poteva non sapere che lì abitava un militare dell’Arma. Dunque, per sillogismo aristotelico, chi tese l’agguato a Vassallo in quel luogo e quella sera era certo che il carabiniere non sarebbe intervenuto, altrimenti non si sarebbe accollato il rischio che questi uscisse e provasse a fermarli.

Da qui va riavviata l’inchiesta. E poi provare a collegare questo filo sottile, di un’ipotesi da riscontrare, all’altro che pende da più di tre anni: l’iscrizione nel registro degli indagati per concorso in omicidio di un altro carabiniere, il brigadiere del nucleo investigativo dei carabinieri di Castello di Cisterna, Lazzaro Cioffi. È finito in carcere e poi sotto processo con l’accusa di essere stato a libro paga del clan camorristico Fucito di Caivano (Napoli) e faceva parte della squadra guidata dal colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, l’investigatore che era in vacanza a Pollica e condusse le primissime indagini, senza un mandato formale, orientando i sospetti verso uno spacciatore di origini brasiliane poi archiviato due volte. La pista della droga, di una ritorsione contro un sindaco, Vassallo, che quell’estate si espose personalmente contro i traffici di droga sul porto di Acciaroli, è una di quelle da sempre al vaglio dei pm salernitani. Erano anni in cui ad Acciaroli gravitavano collaboratori e confidenti delle forze dell’ordine, qui cercavano tranquillità e forse anche un luogo dove ampliare gi affari.

Il carabiniere che non ascoltò gli spari è stato sentito il 29 luglio in commissione antimafia, nel gruppo di lavoro dedicato all’omicidio Vassallo. Si chiama A. M. e la sua audizione è stata secretata. Oggi Vassallo verrà ricordato dalla Fondazione creata a suo nome, a conclusione di una tre giorni di scuola politica organizzata a Pollica con 15 amministratori under 38. Con l’obiettivo di formare una classe dirigente di giovani che abbiano a cuore i valori del sindaco scomparso: ambientalismo, trasparenza, onestà.

Napoli: “Guardi, ho vinto 500 mila euro” Il tabaccaio intasca il Gratta&Vinci e scappa

“Prendi i soldi e scappa” è il titolo di un film di Woody Allen che potrebbe calzare bene anche per l’episodio avvenuto venerdì mattina in una tabaccheria di Napoli, ai danni di un’anziana signora. La donna aveva scoperto di aver vinto 500mila euro al Gratta&Vinci e si era recata in tabaccheria per validare la sua vincita. Dopo la verifica con l’apposito lettore ottico da parte di un dipendente dell’esercizio, il tagliando fortunato è passato nelle mani di uno dei titolari della tabaccheria e, in quel momento, è accaduto l’inimmaginabile. L’uomo si è messo il biglietto vincente in tasca ed è uscito in strada, infilandosi il casco e fuggendo via con il suo scooter. In seguito la vittima ha sporto denuncia alle forze dell’ordine le quali, fino al momento in cui siamo andati in stampa, erano sulle tracce del fuggitivo, irreperibile da più di 24 ore. Il biglietto, nel frattempo, è divenuto carta straccia: ieri l’Agenzia dei Monopoli, infatti, aveva già richiesto il blocco della riscossione della vincita.

Cashback, arrivati 893 mln di rimborsi a 6 mln di italiani

Il cashback finanziato dal governo giallorosa con 4,7 miliardi di euro per incentivare l’uso di carte e app di pagamento è stato sospeso per 6 mesi dal governo Draghi, perché ritenuto una misura costosa e regressiva. Eppure sul successo dell’iniziativa e sul gradimento da parte degli italiani c’era già stata la prova di dicembre. Peccato che tutti gli altri bonus che nel frattempo sono stati introdotti non abbiano avuto un simile attacco. E che, ora, i dati comunicati dalla Consap (la concessionaria controllata dal ministero dell’Economia che ha liquidato gli indennizzi per i beneficiari del bonus) racconti qualcos’altro. Secondo la concessionaria, ammontano a poco più di 6 milioni i bonifici effettuati entro il 31 agosto per un totale di circa 893 milioni di euro erogati dalle casse dello Stato per i rimborsi. Tra coloro che hanno aderito al bonus, effettuando almeno 50 transazioni con carte di credito, bancomat e app, quasi la metà è riuscita ad ottenere un rimborso pari al massimale di 150 euro. I rimborsi – puntualizza Consap – sono stati tutti erogati a eccezione di chi ha fornito un Iban in ritardo o non lo abbia ancora comunicato. Questo significa che dei 3 miliardi stanziati (la misura non essendo stata rifinanziata ha perso la quota del Recovery fund), ora ne restano quasi 850 milioni di euro, che – spiega Italia Oggi – potrebbero essere destinati a coprire il Supercashback, cioè 1.500 euro ai primi 100 mila cittadini con il maggior numero di transazioni), che saranno accrediti entro il 30 novembre. Del tempo in più necessario anche per continuare a fare i controlli sulle micro- transazioni che i furbetti hanno messo in atto. Così, nonostante la riduzione dell’ammontare delle risorse stanziate, la misura si porterà dietro una dote. Ancora non si sa che cosa succederà a gennaio 2022.

Badanti sfruttate e “rese schiave”. Potenza, sei fermi

Facevano arrivare le ragazze dall’Est Europa con la promessa di un lavoro. Ma una volta arrivate in Italia la loro vita si trasformava in un inferno. In teoria lavoravano come badanti, nella realtà erano delle schiave ridotte in “stato di servitù”, ha spiegato dal Procuratore antimafia di Potenza, Francesco Curcio (nella foto). È il quadro emerso dall’inchiesta “Women transfer” che ha portato al fermo di 6 persone – 5 di nazionalità moldava e una italiana – fra Potenza e Padova, tutte parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, all’intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro.

Che cosa avveniva fra la Moldavia e Potenza? Un vero e proprio traffico di esseri umani. Attratte da proposte di lavoro reclamizzate anche su Facebook, le ragazze accettavano di mettersi in viaggio verso l’Italia. Una volta arrivate in Basilicata la realtà era durissima: passaporto ritirato dall’organizzazione e ospitalità in case nelle quali vi erano già numerose altre donne, fino all’“assegnazione” a una famiglia dove la situazione non migliorava affatto. Una vita fatta di lavoro in nero, senza orari da rispettare, con turni “massacranti e continui”, senza riposo, senza garanzie previdenziali e assistenziali, con paghe da fame e, per giunta, con una “tangente” di 100 euro da pagare ogni mese al clan. Oltretutto, le donne erano anche minacciate: “in caso di insolvenza” o “riluttanza alla rigida sorveglianza a cui erano sottoposte”, le avrebbero fatte prostituire.

Non basta: anche nelle case dove lavoravano come “serve”, le donne non erano trattate con umanità, anzi erano senz’altro sfruttate. Quante donne moldave hanno dovuto subire questo sfruttamento? Almeno 87 secondo le indagini delle Procura antimafia potentina. L’inchiesta ha richiamato anche l’attenzione del segretario della Basilicata della Cgil, Angelo Summa, che ha sollecitato “una legge regionale contro il lavoro nero, vera piaga del Paese”.

Usa: “Pfizer e Moderna, da marzo -25% di efficacia”

L’efficacia del vaccino mRna è passato da oltre il 90% di marzo al 65,5% di luglio. Sono i dati contenuti in un nuovo studio del New England Journal of Medicine sui lavoratori della sanità dell’Università di San Diego, in California. A partire da metà giugno, in coincidenza con la fine dell’obbligo di indossare le mascherine e la rapida diffusione della variante Delta, le infezioni sono aumentate rapidamente anche tra chi aveva concluso il ciclo vaccinale. Lo studio ha calcolato l’efficacia per ogni mese, da marzo a luglio, tra gli operatoti sanitari in cui a dicembre 2020 si era registrato un notevole aumento delle infezioni. A metà dicembre 2020 è iniziata la somministrazione di vaccini mRna, a marzo il 76% era completamente vaccinato e a luglio l’83%. All’inizio di febbraio le infezioni sono diminuite drasticamente. Tra marzo e giugno meno di 30 operatori sanitari sono risultati positivi ogni mese. Nello specifico, dal 1 marzo al 31 luglio un totale di 227 operatori sanitari dell’ospedale è risultato positivo a Sars-CoV-2; 130 dei 227 dipendenti (57,3%) erano completamente vaccinati. I sintomi si sono manifestati in 109 dei 130 lavoratori completamente vaccinati (83,8%) e in 80 dei 90 non vaccinati (88,99%). Non sono stati segnalati decessi.

La ricerca fa notare che in Inghilterra, dove l’intervallo tra le due dosi è stato esteso fino a 12 settimane, l’efficacia del vaccino si è mantenuta all’88%. “I nostri dati – spiega lo studio – suggeriscono che l’efficacia del vaccino è considerevolmente inferiore contro la variante delta e può diminuire nel tempo dalla vaccinazione”.

Cuba somministrerà ai bambini: dosi dai 2 anni di età in su

Con tre vaccini propri, tra cui il primo, Abdala, che – stando agli studi presentati all’Oms – avrebbe dimostrato un’efficacia contro il Covid pari al 92,2% di protezione dall’infezione grave con tre dosi, Cuba ha approvato questa settimana il vaccino per bambini e adolescenti tra i 2 e i 18 anni. Le autorità sanitarie fanno sapere che si inizierà oggi e che il cronoprogramma prevede che l’immunizzazione con Soberana 02 – uno dei due ultimi sieri autoprodotti dall’isola caraibica – di questa fascia d’età avverrà tra il 5 settembre e il 5 novembre. L’annuncio avviene in un momento difficile dell’epidemia di coronavirus a Cuba, che secondo i dati rilasciati questa settimana conta con una media giornaliera di 6.000 casi di infezione e più di 70 morti al giorno.

Solo una settimana fa, il Centro per il Controllo statale del Farmaco e dei Dispositivi medici (Cecmed) ha approvato l’uso d’emergenza di Soberana 02 e Soberana Plus, vaccini creati dall’Istituto Finlay di Vaccini (Ifv). Entrambi i sieri – che si sommano a Abdala – combinati tra loro raggiungerebbero il 91,2% dell’efficacia contro il virus. “Sono stati 444 giorni di impegno incredibile”, ha dichiarato la settimana scorsa il presidente Miguel Díaz-Canel, “da quando Verez, il direttore del centro Vaccini ha iniziato a guidare l’equipe per lo sviluppo dei sieri anti-Covid19. Mancava solo l’ok all’inoculazione sui bambini di Soberana 02 per poter riaprire le scuole con tranquillità, stando alle parole di Díaz-Canel.

Il Paese di 11,2 milioni di abitanti infatti registra il più alto tasso di incidenza dell’infezione d’America e uno dei più alti del mondo con 1.173 contagi per 100 mila abitanti, stando ai dati del Ministero della Salute pubblica (Minsap). Da marzo 2020 si sono ammalati di Covid 564.011 cubani e sono morti più di 5 mila. Da qui l’obiettivo delle autorità sanitarie di immunizzare l’intera popolazione entro il 2021. Per ora sono 3 milioni ad aver ricevuto il ciclo completo del vaccino come parte dello studio dell’efficacia dei tre sieri.

Su i vaccini obbligati. Salvini cede ai suoi presidenti di Regione

Non sarà l’obbligo vaccinale, che per ora resta solo un’opzione sulla carta, a far naufragare la complicata maggioranza che sostiene Mario Draghi. La Lega, il cui leader Matteo Salvini è molto contrario e soprattutto teme di lasciar sola Giorgia Meloni a strizzare l’occhio agli anti-vaccinisti, si adeguerà. Era difficile immaginare che facessero le barricate contro un provvedimento invocato dalle imprese. Ieri, dopo una call tra Salvini e i governatori leghisti, il Carroccio ha diffuso un programma in cinque punti in cui aprono a “obblighi o costrizioni” sia pure “solo in via eccezionale per alcune categorie specifiche”. Una repentina conversione se si pensa che qualche giorno fa hanno votato contro il green pass in commissione Sanità alla Camera dopo averlo approvato in Consiglio dei ministri. Gli altri partiti sono già tutti allineati sulla direzione indicata dal presidente del Consiglio, che giovedì ha aperto all’obbligo: lo confermano il segretario Enrico Letta e il ministro Andrea Orlando per il Pd, il ministro Renato Brunetta per Forza Italia e ancora Stefano Patuanelli (M5S), Goffredo Bettini (Pd) e Pier Luigi Bersani (Articolo 1), gli ultimi tre intervenuti ieri alla Festa del Fatto. Nessuno lo esclude, per lo meno. Come aveva già detto Giuseppe Conte.

Al momento, comunque, il governo si orienta a estendere l’obbligo di green pass – come per scuole e università – a categorie fin qui escluse, secondo la posizione più volte espressa dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Riguarderà il pubblico impiego, ma anche i trasporti e probabilmente la ristorazione, gli alberghi e altri ambiti del commercio. Il governo dovrebbe definire il perimetro entro la settimana, forse giovedì. È cosa diversa dall’obbligo vero e proprio, che vige fin qui per i soli operatori sanitari: oltre a vaccinati e guariti si potrà lavorare in presenza anche con un tampone negativo non più vecchio di 48 ore; si tornerà a discutere del costo dei tamponi, la Lega vuole abbassarlo e Speranza no. Lunedì la Confindustria, che spinge per un obbligo generalizzato, ne parlerà con i sindacati, che non sono contrari. Il green pass esteso potrebbe entrare in vigore ai primi di ottobre, da qui ad allora si valuterà l’andamento della campagna vaccinale e quello dell’epidemia e si deciderà se passare a misure più rigide, che al momento nessun Paese europeo, né gli Stati Uniti, sembrano aver preso in considerazione. Preoccupano soprattutto gli oltre tre milioni di italiani over 50 che non hanno ancora fatto la prima iniezione. Resta il no di Fratelli d’Italia: “Se il governo – ha detto Meloni ­– vuole usare il green pass per inserire surrettiziamente un obbligo vaccinale se ne assumerà la responsabilità. L’obbligo vaccinale non è giusto e io non sono d’accordo”.

A ogni modo, per introdurre l’obbligo, non sarà necessario il via libera definitivo dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ai vaccini fin qui oggetto solo di approvazione condizionata. L’ha spiegato a La Stampa Armando Genazzani, ordinario di Farmacologia all’Università del Piemonte Orientale e rappresentante italiano nel comitato per l’approvazione dei farmaci dell’agenzia: “L’Ema ha già autorizzato i vaccini. Passare dal green pass all’obbligo è una scelta politica che spetta solo al governo. Solo per i minori di 12 anni il governo non potrebbe imporre l’obbligo, perché non è ancora arrivata l’autorizzazione dell’Ema per quella classe di età anche se è attesa entro fine anno”.

L’Ema dovrà invece pronunciarsi sulla terza dose per le persone immunodepresse, probabilmente entro fine settembre. E c’è una discreta pressione per garantirla a tutti, a partire dagli operatori sanitari e dagli anziani ospiti delle Rsa che erano stati vaccinati per primi all’inizio dell’anno. Allarmano, benché non tutti li considerino completi e definitivi, gli studi condotti in Israele e Gran Bretagna, che indicano una consistente riduzione della copertura vaccinale a sei mesi dalla seconda dose.

Morti nonostante la doppia dose: età media 88,6 anni e 5 malattie

Il Covid-19 continua a uccidere, meno delle precedenti ondate certo, ma i morti si contano ancora a decine, per di più in presenza di una campagna vaccinale che ha raggiunto ormai il 71% della popolazione italiana sopra i 12 anni. Vaccini che funzionano (e molto) soprattutto per quel che riguarda la prevenzione dagli effetti gravi della malattia in tutte le fasce di età. Ma – com’è oramai arcinoto – il vaccino non garantisce né una protezione totale dal contagio e dagli effetti gravi della malattia, né dal rischio di morte.

Gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità risalgono al 25 agosto. Dal 2 luglio al 1° agosto si sono registrate in Italia 365 vittime a causa della pandemia. Di queste 273 erano o non vaccinate o in attesa di seconda dose; 92, invece, erano completamente vaccinate. Dunque circa il 25% dei deceduti nel mese di luglio aveva completato il ciclo vaccinale, ma prima di saltare sulla sedia è bene ricordare che di queste 92, 71 (il 77,17%) erano persone con più di 80 anni. In questa fascia di età il fenomeno è dovuto all’ormai noto (ma sempre utile da ricordare) effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati (oltre il 90% tra gli over 80) e non vaccinati (meno del 10) a causa della progressiva diminuzione di questi ultimi. Per fare un banale esempio, si pensi a una “classe” di 30 persone, di cui 27 vaccinate e 3 non vaccinate. Di queste 30, 4 muoiono: 2 vaccinate e 2 no. Il numero delle vittime con vaccino è sì pari a quello dei non vaccinati, ma l’incidenza tra questi ultimi è di 2 su 3, tra i primi 3 su 27. Non è la stessa cosa.

Complessivamente, i decessi tra gli ultraottantenni nel mese di luglio sono stati 171: 101 (il 55,8%) erano non vaccinati, 9 (5%) in attesa di seconda dose, 71 (come detto, il 39,2%) erano immunizzati.

Passando all’esame delle altre fasce di età, la tendenza si inverte: tra i 60 e i 79 anni i morti per Covid a luglio sono stati 141: 110 (78%) non vaccinati, 13 (9,2%) in attesa di seconda dose e 18 (12,8%) totalmente vaccinati. Anche per questa fascia, considerando un tasso di vaccinazione superiore al 75%, incide l’effetto paradosso.

Tra i 40 e i 59 (tasso di vaccinazione prossimo al 60%) si sono registrati 40 morti: 32 (80%) erano non vaccinati, 5 (12,5%) in attesa di seconda dose, 3 (7,5%) completamente vaccinati. Nella fascia 12-39, infine, i morti sono stati tre, tutti non vaccinati.

Ma quali sono le caratteristiche cliniche dei decessi a ciclo vaccinale completo? Gli ultimi dati disponibili sono contenuti in un report dell’Istituto superiore di Sanità del 21 luglio che registra 423 decessi tra i completamente vaccinati dal primo febbraio 2021 (prima data utile dall’inizio della campagna, il 27 dicembre 2020), l’1,2% del totale nello stesso periodo. Dall’analisi di 70 cartelle cliniche risulta un’età media rispetto alla totalità dei decessi decisamente più elevata (88,6 anni contro 80 anni). Inoltre, nei deceduti nonostante l’immunizzazione si osservano in media 5 patologie, contro le 3,7 dei morti non vaccinati.

secondo l’Iss i motivi sono due: “I pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati”. In secondo luogo, “il risultato può essere spiegato dal fatto che è stata data priorità per la vaccinazione alle persone più anziane e vulnerabili e che quindi questa rappresenta la popolazione con maggiore prevalenza di vaccinazione a ciclo completo alla data in cui è stata eseguita questa valutazione”. Ossia il già citato effetto paradosso. Ed è bene ricordare che nella fascia over 80 l’efficacia della protezione dei vaccini dal decesso è pari al 97,1%, dal ricovero in terapia intensiva al 94,6%, dall’ospedalizzazione al 97%, dal contagio all’88,9%. E livelli molto simili di efficacia (fatta eccezione per la protezione dal contagio “solo” al 79,7%) si rilevano prendendo in considerazione l’intera popolazione al di sopra dei 12 anni.

Dunque è vero che il virus circola ancora e che di Covid ancora si muore. Ma senza vaccini, questo è assai difficile da negare, saremmo di nuovo tutti chiusi in casa.