L’ultima estate felice dei Sacher-Masoch fu forse anche la prima. Nel 1880 lo scrittore stava passando un periodo tormentato per i soliti motivi economici quando venne invitato a Budapest. La tournée si rivelò un successo. Leopold non sperava più di diventare ricco, ma ebbe conferma della popolarità di cui godeva in tutt’Europa. Tenne conferenze, incontrò ammiratori, scrisse interventi sui giornali, frequentò il belmondo grazie al “barone M.” e ricevette la visita del compositore Liszt.
Aveva da poco pubblicato Judengeschichten (Storie ebraiche) e particolarmente calda fu l’accoglienza della comunità israelitica. Fu con piacere che lui e la moglie Aurora Rümelin accolsero la proposta di trascorrere l’estate nel castello di Ecsted da parte di una famiglia ebrea, i Ries. Dopo un viaggio in treno, trovarono ad attenderli carrozze preistoriche condotte da giovani cocchieri scalzi e in camicia bianca. Presto il corteo abbandonò la strada maestra e si avventurò tra i campi dove il sole si rifletteva nelle buche d’acqua e i bambini facevano a gara a chi si prendeva più schizzi di fango addosso. Leopold e Aurora avevano due figli, Sasha e Mitchi, uno biondo e l’altro moro. Poi c’erano quelli dei Ries.
Leopold era commosso e incantato. Sembrava tornato al tempo in cui il padre, capo della polizia di Leopoli, lo aveva mandato a irrobustirsi da una famiglia di contadini ucraini, vale a dire nel ventre del mondo slavo, dal quale era riemerso indelebilmente segnato, tanto che avrebbe ambientato gran parte dei suoi libri in quella terra, la Galizia. Ora si trovava in viaggio dall’altra parte dei Carpazi e ritrovava le stesse sensazioni. Erano diretti al castello di Ecsted, una tenuta amministrata da un parente dei Ries. L’alloggio, alla buona e in comune con loro, dava su un vasto giardino selvaggio.
Di notte uomini avvolti in pelli facevano la guardia con lo schioppo al famoso scrittore. Dai monti Tatra scendevano briganti. Non fu la loro ombra a dare il via al suo gioco preferito. Il giardino selvaggio era perfetto per quello scopo. Leopold camminava tra sbalzi, voragini e cavità finché a un segnale convenuto gli altri lo assalivano. Dopo avere tentato di difendersi, si faceva legare e veniva trascinato in un boschetto dove il capo dei briganti, cioè la moglie, doveva castigarlo.
Aurora si sentiva lontana dalla lotta quotidiana contro i debiti che inghiottivano come un buco nero tutti i soldi. Al castello di Ecsted scriveva articoli per il Pester Journal e poi brevi racconti per i giornali di Berlino o Amburgo. Era un lavoro che faceva come spalla del marito, firmandosi a volte Sacher-Masoch e a volte Wanda von Dunajew, la protagonista del romanzo Venere in pelliccia. Erano storie brevi e commerciali e dovevano ricalcare il filone “crudele”, il marchio di famiglia. Per mettersi nello spirito giusto, indossava una pelliccia, caldo permettendo, e teneva sullo scrittoio una frusta da cani.
I Sacher-Masoch furono coinvolti nei riti religiosi dei Ries e assistettero all’arrivo di un “santo”, un asceta che aveva barba e capelli incolti e rifiutò il letto per dormire sotto al tavolo. Ogni tanto trovavano rifugio dai Gross, che abitavano vicino ma non vivevano da ebrei pur essendolo. Per la delizia di Leopold, Alexander Gross, studente di legge a Budapest, si infatuò di Aurora e faceva di tutto per trovarsi vicino a lei nei giochi e in ogni altra occasione. Da anni lo scrittore la ossessionava per convincerla a tradirlo così come nel romanzo Wanda tradisce Severin, umiliato nelle vesti di cameriere e insultato dall’amante Salvini, attore italiano. La corte di Alexander, un misto insopportabile di vanteria maschile e goffaggine adolescenziale, era evidente e Aurora/Wanda si vide costretta ad assecondarla. Leopold aveva trasformato il tradimento in un dovere coniugale: fallo per i figli. Proprio nel momento della massima felicità familiare la donna si decise a cedere. Fu tutto molto squallido anche perché non avvenne al castello, ma nel disadorno appartamento di Budapest dove i Sacher-Masoch erano tornati per riprender la via del ritorno dopo avere attraversato la distesa dell’estate tra giochi, danze popolari, scorpacciate nei frutteti, visite al villaggio degli zingari, avvistamenti di comete nel buio notturno che Leopold aveva spiegato ai bambini come il passaggio di Dio sul carro di fuoco.
L’ossessione per i rituali di umiliazione e tradimento non aveva trovato pace neanche in campagna. Aurora non si sentiva adatta alla parte, ricalcata sul rapporto tra lo scrittore e Fanny Pistor, il vero prototipo di Wanda, ma aveva ceduto anche se il matrimonio avrebbe iniziato ad andare a rotoli proprio dopo quell’estate. In seguito alla separazione il piccolo Sasha sarebbe morto di tifo mentre si trovava con il papà in Germania e Aurora era in transito verso la Francia con Mitchi e un nuovo amore, Armand, anche lui incoraggiato ad approfittare della perversione di casa Sacher-Masoch che il celebre trattato di Krafft-Ebing avrebbe immortalato con il nome di masochismo. Solo una parte del cognome fu utilizzata, la prima essendo ormai presa dalla torta. Del castello di Ecsted non restano che poche pietre tra l’erba alta.