Kabul e il baco dell’Occidente

“Un liberale che pretende che tutti siano liberali, non è un liberale: è un fascista.” (Il Ribelle dalla A alla Z)

Agli illustri colleghi che si occupano dell’Afghanistan descrivendo in coro i vincitori talebani come la feccia della Terra vorrei fare una domanda semplice semplice. Abbiamo visto tutti le scomposte fughe di massa di migliaia di afghani che accerchiano l’aeroporto di Kabul, disposti a calpestarsi l’un l’altro pur di raggiungere un qualsiasi luogo che non sia in Afghanistan. Bene. Quando nel 1996 dopo aver sconfitto i “signori della guerra” il Mullah Omar, che mi pare fosse un talebano, prese il potere a Kabul, non ci furono “fughe di massa” (né di frange della popolazione) né ci furono durante i 6 anni in cui governò il Paese. Allora che cos’è cambiato in questi 20 anni? Gli illustri colleghi dovrebbero porsi qualche domanda e darci una risposta.

La disfatta degli occidentali in Afghanistan non è vergognosa in sé – le guerre si possono anche perdere – ma per quello che abbiamo fatto, o non abbiamo fatto, nei 20 anni di occupazione. Sentivo l’altro giorno a Sky Tg24 Economia Cottarelli e altri pregevoli economisti affermare, senza porsi a loro volta qualche domanda, che l’Afghanistan, già povero, lo è più oggi di 20 anni fa. Ma com’è possibile, visto che gli Usa vi hanno riversato 2.300 miliardi di dollari? Dove è andato quel fiume di denaro? È finito nelle tasche di quanti hanno accettato di collaborare con noi, che magari ora sono proprio quelli che fuggono terrorizzati, è finito nella corruzione di governo, esercito, polizia, governatori provinciali, magistratura. I sovietici fecero grandi distruzioni materiali; noi, oltre a quelle, abbiamo devastato moralmente l’Afghanistan. Ashraf Ghani che ha conseguito un master alla Columbia University e non può essere minimamente sospettato di simpatie talebane, prima di diventare presidente al posto dell’ancor più corrotto Karzai, il cui fratello era uno dei massimi trafficanti di droga, disse: “Questo profluvio di dollari che ci è caduto addosso ha corrotto la nostra integrità”.

Il distico che precede questo articolo è dedicato a Mario Sechi, direttore dell’AGI, e a Emma Bonino, entrambi intervistati da Sky. Dopo aver sparato sui Talebani, si mettono sulla linea Bush-Fukuyama per cui ogni stato al mondo deve essere “democratico, basato sulla libera intrapresa e sul consumo”. Su Bonino c’è qualcosa da aggiungere. Nel 1997 era commissario Ue e chiese al governo talebano di poter visitare l’Afghanistan. I Talebani non avevano alcun dovere di accettare questa richiesta visto che la Ue non riconosceva il loro governo, invece le diedero il visto e la trattarono con gentilezza e cortesia come gli afghani, per tradizione, han sempre fatto con gli ospiti stranieri. Bonino poté visitare tutto ciò che voleva. Arrivata a Kabul entrò in un ospedale seguita da un codazzo di giornalisti, fotografi, cameramen e si diresse nel reparto femminile dove i fotografi cominciarono a fare i loro scatti e i cameramen a filmare. Arrivò il “Corpo per la promozione della virtù e la punizione del vizio”, acchiappò la Bonino e la portò al primo posto di polizia dove le spiegarono come andavano le cose da quelle parti. Del resto nemmeno in Italia è possibile fotografare o filmare i degenti senza il loro consenso oltre a quello della Direzione dell’ospedale. Per un reato di questo genere allora in Afghanistan era prevista la fustigazione con “le verghe sacre”, invece la rilasciarono dopo due ore. Avrebbero fatto meglio a fustigarla. Con “le verghe sacre”, naturalmente. Forse avrebbe capito ciò che, da buona radicale occidentale, non ha mai capito: che anche la sensibilità e i costumi degli altri meritano rispetto. Invece Bonino, rientrata a Bruxelles, ottenne che la Ue tagliasse i fondi umanitari per l’Afghanistan. Più o meno è quanto si sta facendo adesso congelando i beni afghani, oggi talebani, all’estero, il che non aiuterà certamente la popolazione e indurrà i talebani a indurirsi.

Adesso, dopo un lungo soggiorno in Gran Bretagna e a Parigi, spunta Ahmad Massoud, figlio del più celebre Ahmad Shah Massoud, il “Leone del Panshir”. E anche su questo personaggio, molto ammirato in Occidente, bisogna dire alcune cose chiare. È stato Massoud a dare inizio alla tragedia dell’Afghanistan post sovietico. Finito il regime sovietico occupò Kabul che fu immediatamente circondata dagli uomini di Hekmatyar, suo storico nemico. Fu l’inizio del conflitto civile fra i “signori della guerra”, cui si aggiunsero Dostum e Ismail Khan (forse il migliore del gruppo) che fecero dell’Afghanistan terra di stupri, violenze e ogni sorta di abusi sulla povera gente. Fu questo a dare la spinta al movimento talebano guidato dal Mullah Omar che sconfisse i “signori della guerra” ricacciando Massoud nel Panshir, Dostum in Uzbekistan, Hekmatyar e Ismail Khan in Iran, ponendo fine alla guerra civile e portando la pace e l’ordine. Mi ha raccontato Gino Strada, che ha un po’ più di autorità di me visto che nell’Afghanistan talebano ci ha vissuto: “Non c’era criminalità. Assolutamente. Si poteva girare tranquilli, anche di notte. Gli afghani dovevano rispettare certe regole. C’era la seccatura del ‘Corpo per la promozione della virtù e la punizione del vizio’ che li fermava se non avevano la barba della giusta misura, li ammoniva o gli gridava dietro. Qualche volta volavano anche delle botte. Ma era raro… Non grandi cose. Con l’ospedale ho avuto qualche problema all’inizio, quando lo stavamo costruendo. Venne da me il viceministro della Sanità, Stahikzai, che apparteneva a una delle migliori famiglie di Kandahar, un uomo colto, distinto, amabile. Perché gli afghani sono strana gente, possono essere molto signorili o invece rozzissimi, tipi che si scaccolano o si puliscono i piedi davanti a te, non per scortesia o disprezzo, perché sono abituati così. Beh Stahikzai mi dice: ‘Qui ci vuole un blocco solo per le donne e anche il personale deve essere tutto femminile, medici compresi’. ‘Ma come facciamo se medici donne non ce ne sono o sono pochissime?’. Dopo un po’ di tira e molla ci accordammo e da allora abbiamo potuto lavorare regolarmente. Il 40% del nostro personale femminile era afghano”. (Il Mullah Omar, p.35).

Sul Mullah Omar gli americani avevano messo una taglia di 25 milioni di dollari. Con una simile cifra da quelle parti si compra tutto l’Afghanistan e anche un po’ di Pakistan. Ma in quindici anni non si è trovato nessuno che abbia tradito Omar. Anche questo è l’Afghanistan, così diverso da noi. In Italia ci si vende per mille euro e anche meno.

Il Mullah Omar non era, prima che lo attaccassimo, antioccidentale, ma aoccidentale. Voleva conservare le tradizioni del suo Paese senza disdegnare però alcune conquiste della nostra cultura, soprattutto nel campo della medicina e dei trasporti, che in Afghanistan hanno molta importanza. Propugnava cioè un “medioevo sostenibile” in contrasto col nostro modernismo insostenibile che ci sta portando al fosso. Preferisco il Medioevo.

 

Caro Massimo, i lettori lo sanno benissimo, ma siccome gli articoli del Fatto vengono vivisezionati ogni giorno dal Tribunale Supremo del Politicamente Corretto, è bene precisare per questi cretini che quella sulle verghe sacre è una battuta. Ripeto: battuta.

(M. trav.)

‘Italiani brava gente’ e l’accoglienza ai profughi a corrente alternata

Ora che abbiamo smesso di aiutare gli afghani a casa loro (ma a modo nostro), proviamo tutti un giusto moto di ammirazione nei confronti di Tommaso Claudi, il solo diplomatico italiano rimasto a Kabul (dopo il rientro precipitoso dell’ambasciatore). Davanti alla fotografia di Claudi che solleva un bimbo dalla bolgia dell’aeroporto e lo mette in salvo (aiutiamoli portandoli via da casa loro) ci commuoviamo, ci identifichiamo, riesumando la vecchia immagine a noi cara degli “italiani brava gente”.

Il coraggio e la professionalità di Tommaso Claudi rappresentano, in effetti, l’Italia migliore. Ma non certo il codice di comportamento abituale della Farnesina e del governo nel suo insieme. Solo un mese fa è stata rifinanziata la Guardia costiera libica nella piena consapevolezza che i nostri soldi serviranno a rinchiudere altri fuggiaschi in campi di prigionia dove si pratica sistematicamente la tortura, lo schiavismo e la sopraffazione sessuale. Il tutto proprio qui di fronte a casa nostra. Fa differenza che le vittime siano africane e non afghane? Allora limitiamoci a parlare del trattamento riservato agli afghani. Solo il 5 agosto scorso la Commissione europea si è vista recapitare una lettera di protesta con la richiesta di accelerare i rimpatri forzati dei cittadini afghani cui era stata rifiutata la protezione umanitaria. Suona beffardo, ma a firmarla erano i ministri dell’Interno di Germania, Austria, Danimarca, Belgio Olanda e Grecia (non aiutiamoli, né a casa loro né a casa nostra).

Adesso, a tragedia afghana in pieno corso, diversi governi europei si affrettano a erigere muri e barriere di filo spinato, mentre si riempiono la bocca di espressioni di solidarietà per quel popolo sofferente. Rendiamo dunque un grazie sincero a Tommaso Claudi, ma il suo impegno servirà a ben poco se non verrà seguito da una svolta profonda nelle politiche dell’accoglienza.

Mail box

 

In migliaia per Gino: adesso si faccia di più

Sono state migliaia le persone che si sono recate alla camera ardente di Gino Strada. Prova evidente che a questa figura di Emergency, che ha dedicato la sua vita a chi soffriva e che ha operato in favore delle vittime di guerra e contro la guerra, il mondo intero voleva invero bene. Plaudo alla raccolta di firme per intitolare una strada a questo medico di pace. Il luogo migliore e importante di Milano, oggi, diventi Piazzale Gino Strada. Credo che lo meriti davvero per la sua cultura di pace e di serenità nel mondo, oggi estremamente necessaria. Si può quindi far rivivere l’anima di questo medico anche attraverso un gesto simbolico.

Franco Petraglia

 

Le “parole splendono” diceva Emily Dickinson

“Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una e la guardo fino a quando non comincia a splendere”. Una frase di Emily Dickinson dedicata a voi cari amici del Fatto

Monica Ganzanolli

 

Carta verde: pagherò le mie cure sanitarie

Mi avete convinto, mi pagherò le cure… però voglio indietro i soldi versati. Mi spiego: il padre di un nostro collega, fumatore accanito, ha sviluppato un tumore ai polmoni. Mai pensato: “Visto che fuma perché non si paga da solo la chemio?”. Io, che non ho fatto il vaccino, ho pagato anche la tua dose caro lettore solerte. Ti chiedo di pensare a tutte le cose che non hai pagato, dal Ssn all’Inps: puoi restituirmi la mia quota? Scusa se sono poco elegante, mi serviranno i soldi perché mi dovrò pagare la terapia intensiva. Se per colpa mia si fermasse tutta l’economia, ricordatemi alla Stazione Rho Fiera, mentre aspetto il Milano–Novara cancellato o in ritardo, davanti alla città fantasma dell’Expo e ai posti di terapia intensiva che la Regione ha ripristinato e aggiunto, a far data dall’inizio dell’emergenza. Ci passo davanti tutte le sere.

M. D.

 

Sui profughi afghani serve più concretezza

La Grecia accoglie i profughi afghani con un muro di 40 km. L’Europa non trova un accordo tra Paesi. Il problema è quello di condividere una proposta sulla distribuzione dei profughi: ognuno si aspetta o pretende che ci pensino gli altri. Quella stessa Europa che balbetta su tutti gli argomenti in agenda in questi anni, quella che si è dimostrata irrilevante nella gestione delle missioni in Afghanistan, compresa l’emergenza che ha fatto seguito all’occupazione del Paese dai Talebani. Ci dovrebbe lasciare sconvolti registrare i comportamenti dei Paesi europei che rappresentano ancora la culla della civiltà, ma che di fronte a una tragedia immane e a un popolo intero non riesce a esprimere solidarietà concreta.

Pietro Balugani

 

A “In onda” non ci sono i giornalisti del “Fatto”

Come mai nella trasmissione In onda su La7 di Parenzo e De Gregorio, non vengono invitati i giornalisti del Fatto?

Tommaso Branzanti

Non faccio processi alle intenzioni, ma azzardo un’ipotesi: se De Gregorio e Parenzo si sono impegnati allo spasimo per perdere ascolti, ci sono perfettamente riusciti.

M. Trav.

 

La riforma Cartabia: un assurdo paradosso

Mi riferisco al “Salvaladri”. Quando riformarono il Codice di procedura penale, un presidente di tribunale mio amico, fece il seguente commento: “Con questa riforma se la pena è di 30 anni e l’imputato può dimostrare una attenuante, la pena è ridotta di un terzo; se poi l’imputato dimostra ulteriore attenuante la pena è ancora ridotta di un altro terzo. Non è finita: se può dimostrare un altro marchingegno, va a finire che 4 anni me li prendo io che ho disposto la sentenza”. Bellissimo.

Antonio Castracane

 

Dazn, urgono tutele per i consumatori

Ho scritto all’Agcom in merito alla vergogna nazionale di un Paese che permette a certe società prive delle necessarie competenze, di vendere il prodotto più amato dagli italiani senza esserne in grado. Lo scorso luglio ho ricevuto una email per abbonarmi annualmente a Dazn a un prezzo speciale e dopo aver pagato, ora vedo solo poco e male con un audio in tedesco e una qualità da vecchio Commodore 64. Mi chiedo: ma possibile che nessuno intervenga a tutela dei consumatori?

Roberto Pellegrini

 

Dittatura sanitaria e polemiche sui social

Obbligo vaccinale, obbligo delle mascherine… Ma siamo sicuri che tutti questi obblighi portino benefici? Me lo chiedo mentre leggo sui social i commenti sulla dittatura sanitaria, i medici assassini e i vaccini come armi di distruzione di massa, penso che chi scrive ha certamente finito almeno la scuola dell’obbligo. Gli obblighi, a volte, non bastano.

Rino Vezio

Gli edicolanti non mi volevano vendere “il Fatto”

Caro direttore, volevo raccontarle della giornata in cui ho provato ad acquistare una copia del Fatto e alla fine ci sono riuscito nel comune di Scicli in provincia di Ragusa dove sono nato e cresciuto e dopo, “per fortuna”, all’età di 19 anni ho salutato e me ne sono andato. Era il giorno dell’articolo della sig.ra Lucarelli su Noto. Quel giorno Lei direttore scriveva un editoriale a tema “imbecillistan”. Ho cercato il Fatto fin dalle prime ore del mattino e le risposte sono state magnifiche: edicola 1 – “chi tinna fari?” (Tradotto: che te ne devi fare?). Finito. Edicola 2 – “su cosa ca oggi nun lu vinnimul” (tradotto: quel coso qui oggi non si vende). Le dirò che non avevo idea del perché di tutto quell’astio, non avevo collegato quello che viene chiamato da noi: il “NotoGate” ahaha… rido perché qui se salta in aria un’autostrada nessuno ha visto niente, se qualcuno o tutti votano e regalano 61 seggi su 61 seggi a Forza Italia o Udc (vedi Cuffaro) nessuno dice o vede niente: ma è commovente il modo in cui viene difeso il degrado, il degrado è nostro e nessuna Lucarelli di turno ce lo deve toccare, ma sopratutto ce lo deve far vedere. Comunque sette sono state le edicole che ho dovuto girare prima di trovare una copia e lo sguardo era sempre di grande delusione: “Parlano male di noi e tu lo vuoi comprare” questo era il succo, tu sei un nemico come loro. Nessuno fa un riferimento qui alla mancanza di controlli sugli affitti di case vacanze che a chiamarle case ci vuole coraggio e a dire vacanze ci vuole molto senso dell’umorismo. Nessuno fa un attimo di riflessione sulle condotte idriche e gli impianti luce non tarati per ospitare tutte queste persone ogni anno, che crescono sempre di più. Nessuno a Scicli come a Noto si chiede come sui lati delle strade c’è spazzatura da anni. Qualche anno fa una “nota” pasticceria sciclitana, pensò bene di vendere una scatola di biscotti a dei turisti francesi che avevano assaggiato presso la struttura dove alloggiavano la bontà di questi ultimi, tramite la proprietaria alla modica cifra di 42 euro al kg. Scicli o la provincia o la val di Noto è così indietro di ragionamento e logica che ha fatto il giro e crede di essere davanti a tutti, crede spesso che chi viene in visita sia un perfetto idiota, d’altra parte per pagare 4 mila o 5 mila euro una ex o ancora casa abusiva sulla spiaggia per un mese, deve essere agli occhi del siciliano un perfetto idiota. Dove sono nato esistono anche le persone per bene, ma funziona come quando sei a scuola in mezzo a un gruppo di imbecilli: se non ti adatti, l’imbecille poi sembri tu.

Marco Giavatto

Mangiano per terra come cani: gli effetti del pass sui lavoratori

La foto dei magazzinieri dell’Ikea che mangiano per terra come animali ci riporta indietro di un paio di secoli in quanto a diritti del lavoro. Dice la Cisl che “non è dignitoso”, noi ci permettiamo di rettificare con un più chiaro e sentito: “è vomitevole”. Come si sa il problema è che chi non ha il Green pass non può accedere alla mensa aziendale, in virtù del decreto 6 agosto. A Ferragosto il governo ha specificato con una “Faq” che sì, intendevano proprio dire che anche per accedere alle mense aziendali bisogna avere il Green pass, come negli altri luoghi di somministrazione di cibi e bevande al chiuso. Nella stessa sezione si può leggere che invece se sei cliente di un albergo puoi accedere ai servizi di ristorazione, anche al chiuso, senza avere la certificazione verde (sempre che il ristorante non sia accessibile anche a clienti che non soggiornano nella struttura, nel qual caso bisogna avere il Green pass). La logica sfugge. Ma trovare un po’ di raziocinio in questa surreale situazione in cui il vaccino non è obbligatorio, però bisogna avere il Green pass per accedere a servizi ed esercitare diritti, è impresa ardua. Adesso si parla di un’estensione anche per accedere ai supermercati (a quando per il Pronto soccorso?). Ti dicono che serve per “incentivare” la campagna vaccinale: una moral suasion piuttosto invasiva e codarda, non priva di profili di incostituzionalità. Si può andare al lavoro senza Green pass, ma per usufruire di un diritto bisogna averlo. Dunque i dipendenti possono avere contatti tutto il giorno, ma sedersi distanziati a mensa no. Senza dire che i vaccini non garantiscono una protezione completa dall’infezione, quindi è ben possibile che un vaccinato sia contagioso (e questo è il vero problema che riguarda il Green pass in generale).

A gran voce si chiede che sindacati e Confindustria (sul Corriere, sul Sole 24 Ore che poi è il quotidiano di Confindustria) trovino un’intesa per evitare queste poco edificanti scene di “pranzi al sacco”. S’invoca anche la repentina costruzione di tensostrutture dove gli sventurati sprovvisti di vaccino possano mangiare, elevandosi dal grado di quadrupedi a quello di essere umani. Ma sono pannicelli caldi (ancorché all’Ikea dovrebbe essere piuttosto semplice reperire gazebi e tavoli). Il punto è che questa non è materia che possa essere gestita da una negoziazione tra le parti sociali, visto che il governo ha preso disposizioni nel decreto 6 agosto: è ovviamente una responsabilità dell’esecutivo e del Parlamento, che non si possono sottrarre perché in gioco ci sono sicurezza, salute pubblica, diritti personalissimi e non da ultimo quello al lavoro fondamento della Repubblica. Leggendo le “Faq” del governo però sembra che il diritto dei lavoratori a una pausa pranzo “umana” sia più comprimibile del diritto del cliente del ristorante. Una curiosa inversione di priorità costituzionali: sarà che il governo dei migliori è più sensibile alle esigenze dei consumatori (e dei padroni, come dimostra la vicenda della mancata proroga del blocco dei licenziamenti, a fine maggio) che a quelli dei lavoratori. A proposito di Costituzione: è previsto, con riserva di legge, che in caso di emergenza sanitaria si possano rendere obbligatori trattamenti sanitari. Ecco, sarà bene provvedere a una legge dello Stato e piantarla con questa logica attendista: tra poco il Paese riaprirà e la moral suasion non è più un’opzione. Sono i migliori, è ora di dimostrarlo.

 

Dentro al governo i tre casi che fanno gridare “allarmi!”

Chissà se è vero che tre indizi fanno una prova, forse no, forse tre indizi fanno solo tre indizi, ma sono sempre parecchi, abbastanza da creare forti sospetti. Se poi i tre indizi hanno nomi e cognomi, e hanno tutti a che fare con il governo Draghi e le nostalgie fasciste, beh, qualche pensiero ti viene, non c’è niente da fare.

Primo nome: Mario Vattani, detto anche “Katanga”, fondatore di gruppi rock filonazisti come Intolleranza e SottoFasciaSemplice, uno che faceva il saluto romano ai concerti di CasaPound (vi risparmio i testi perché, a leggerli, viene voglia di scappare in Svizzera vestito da tedesco e poi finire a piazzale Loreto). Dopo luminosa carriera (diplomatico figlio di diplomatico, in un paese ereditario come il nostro non è una novità), ecco ora “Katanga” ambasciatore della Repubblica italiana a Singapore, nominato alla fine di aprile 2021 nonostante qualche flebile protesta.

Secondo nome, più noto alle cronache di questi mesi: Claudio Durigon, sottosegretario leghista del governo Draghi all’Economia. È quello che ha avuto la luminosa idea di proporre che un parco, a Latina, tolga la targa che lo dedica a Falcone e Borsellino e ne metta una in onore di Arnaldo Mussolini, fratellino del più noto puzzone littorio. Nonostante sulle dimissioni di Durigon ci sia forte dibattito (e forse, si vedrà, una mozione di sfiducia), il capo del governo Mario Draghi non ha detto una parola in proposito. Un silenzio davvero inquietante. E anzi, incontrando l’altroieri Salvini “per fare il punto sull’attività del governo”, non ne ha parlato nemmeno per mezzo secondo. Salvini fa sapere che Durigon è vivo e lotta insieme a lui, anzi, sta studiando la riforma delle pensioni. Andiamo bene.

Il terzo nome, meno noto, è quello di Andrea De Pasquale, nominato dal ministro Franceschini alla direzione dell’Archivio Centrale dello Stato (ne ha parlato ieri Tomaso Montanari su questo giornale). Uno che, quando dirigeva la Biblioteca Nazionale, acquisì il fondo archivistico personale di Pino Rauti, il fondatore del gruppo fascista (e stragista, come da sentenze sulle stragi di Brescia e di piazza Fontana) Ordine Nuovo, che in un comunicato pubblicato sul sito istituzionale veniva addirittura definito “statista”. Ora che (mah) si decide per la desecretazione di molte carte relative agli anni delle stragi, la nomina non sembra delle più felici, tipo mettere la volpe a guardia del pollaio. A nulla sono servite le proteste delle associazioni dei famigliari di vittime delle stragi fasciste italiane: Franceschini ha difeso la sua scelta, e da Draghi nemmeno un verbo, una parola, un sorrisino sardonico dei suoi. Silenzio granitico.

Insomma, tre casi, tre indizi, e altrettanti silenzi del premier, circonfuso da quel consenso obbligatorio che conosciamo, ma inspiegabilmente muto su tre episodi che portano nel suo governo – ciascuno a suo modo – un’ombra in orbace che confligge manifestamente con la Costituzione antifascista.

Ora aspettiamo le intemerate dei pipicchiotti candidati sindaco di Roma che ci accusano di “vedere fascisti dappertutto”, oppure dei “moderati” di Fratelli d’Italia che passano il tempo a derubricare passi dell’oca e cretini in divisa da nazista a “ragazzate”. Ma, spiace, i fatti restano questi: importanti cariche pubbliche affidate a funzionari che di antifascista hanno davvero pochino e anzi, almeno in un caso, hanno fieramente militato tra gruppi e gruppetti che meriterebbero – da leggi e Costituzione – lo scioglimento.

 

Covid: vaccinare i minori non è poi così necessario

Chi è vaccinato che motivo ha di temere i giovani non vaccinati? Tutti gli studi scientifici hanno mostrato che i vaccini sono altamente efficaci per ridurre i rischi di malattia da Covid-19. Perché quindi accanirsi ancora sui giovani e le scuole, minacciare didattica a distanza e insistere con la vaccinazione di massa dei minori?

Chi sostiene la vaccinazione per i giovani sbandiera la variante Delta. Tuttavia già a gennaio lo studio pubblicato da Gandini e altri autori su The Lancet RH – che ha contribuito alla riapertura delle scuole e che è stato citato dalla stessa Oms come studio di riferimento – è stato successivamente considerato poco attendibile perché nel frattempo è arrivata la variante inglese. Fortunatamente, la riapertura delle scuole ad aprile 2021 ha confermato quanto sostenuto nello studio nonostante la prevalenza ampia della variante inglese. Ora che la maggior parte della popolazione risulta immune anche grazie all’utilizzo di vaccini efficaci, perché la nuova variante dovrebbe stravolgere la situazione? Una pubblicazione sul New England Journal of medicine, una delle più importanti riviste mediche, mostra che anche con la variante Delta i vaccini sono stati efficaci rispetto alla malattia, meno rispetto al rischio di contagi ma – ricordiamo – essere positivi non vuol dire essere malati.

Sappiamo peraltro che i giovani si ammalano molto raramente di Covid-19. Un recente articolo su Nature non lascia dubbi: la mortalità e la probabilità di finire in terapia intensiva per Covid-19 nei minori è estremamente rara. Inoltre, anche se il numero assoluto di minori malati potrebbe crescere data la maggiore contagiosità della Delta, ora conosciamo meglio il Covid-19 e sappiamo chi sono i bambini che corrono più rischi di ammalarsi gravemente e ai ragazzi con specifiche fragilità il vaccino è ampiamente consigliato.

Ora che ci sono più dati sulla sicurezza, anche lo Stiko (il Comitato permanente per la vaccinazione presso il Robert Koch Institute, organismo responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive in Germania) ha modificato, lo scorso 16 agosto, la propria posizione dichiarando che il bilancio rischi/benefici è a favore dei vaccini anche nei minori. Secondo il Comitato tedesco nella maggior parte dei casi i pazienti ricoverati per le miocarditi hanno avuto un decorso non complicato. Questa è una buona notizia visto che attualmente abbiamo una percentuale altissima di giovani vaccinati: quasi il 50% tra prima e seconda dose tra i 12 e i 18 anni. Tuttavia bisogna ricordare che nel Regno Unito il Comitato congiunto per le vaccinazioni e le immunizzazioni (Jcvi) afferma che, sulla base delle prove attuali, non si può ancora raccomandare la vaccinazione di routine dei bambini al di fuori dei gruppi fragili e a rischio: “Finché non saranno disponibili e valutati più dati sulla sicurezza, è preferibile un approccio di massima precauzione”.

Lo snodo cruciale quindi non è se sia “possibile” vaccinare i minori ma se sia “necessario” farlo e se sia scientificamente utile ed eticamente giusto. Visto che i vaccini funzionano e le scuole sono uno dei luoghi più sicuri, imporre regole differenti nelle scuole sulla base della vaccinazione potrebbe portare a ingiuste discriminazioni. Non si può “rendere le vaccinazioni un prerequisito per la partecipazione sociale dei bambini e degli adolescenti”, come lo stesso Stiko chiosa.

Capitolo Green Pass, infine. Che sconta, almeno in Italia, un peccato originale: invece di convincere si preferisce la coercizione (o, per dirla, alla Cacciari: “Perché dobbiamo essere trattati da bambini cretini?”). Allora, il Green Pass è obbligatorio per i soli studenti universitari ma, di fatto, condizionerà il vissuto scolastico dei ragazzi dai 12 anni in su.

Partiamo dal “suggerimento” del ministero della Pubblica istruzione sulla mascherina: niente più obbligo se tutti i componenti di una classe sono vaccinati. E ipotizziamo che su una scolaresca di 25 adolescenti ci sia un solo bimbo non vaccinato perché i genitori preferiscono attendere ulteriori rassicurazioni scientifiche. Quel bimbo verrà colpevolizzato: se i suoi compagni di scuola saranno “costretti” a portare la mascherina la colpa non sarà del Green Pass, ma sua. Verrà additato, guardato di traverso. Crescendo, che ricordi avrà? Che fiducia avrà nel prossimo e soprattutto nelle cosiddette istituzioni?

Peraltro le insensatezze anche rispetto all’applicazione del Green Pass sono tante. Sempre quel bimbo di 12 anni potrà incontrare i suoi amici in un centro commerciale oppure durante una funzione religiosa, ma senza Green Pass o senza tampone non potrà fare sport.

Si parla – giustamente – di rapporto rischi/benefici sui vaccini. Il Green Pass devia il percorso in rischi/convenienza: lo faccio perché altrimenti la mia vita non è la vita che vorrei, pensano molti giovani che corrono a vaccinarsi, certo, ma non lo fanno – o meglio: non tutti lo fanno – perché credono nella bontà del vaccino. E infine. Alcune famiglie contrarie alla vaccinazione dei propri figli parlano di home schooling. Provate a suggerirlo a famiglie monoreddito, a una ragazza madre. Inutile commentare. Ma di sicuro il clima che si sta respirando non è un bel clima.

Ricorrere ai tamponi salivari è chiedere troppo? Chiedere alla sinistra che si occupi anche delle nuove generazioni che sono quelle che più hanno subito e pagheranno le misure di prevenzione è troppo?

* Direttrice dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” presso il dipartimento di Oncologia sperimentale dell’Istituto europeo di Oncologia di Milano (Ieo) e docente presso l’European School of Molecular Medicine di Milano (Semm)

 

Quegli Sconosciuti che governano il Paese martoriato da noi

2020: Dopo due anni di trattative Stati Uniti e talebani firmano un accordo di pace a Doha, in Qatar, il 29 febbraio. È qui che i talebani acquisiscono la loro legittimità, quando sono riconosciuti dalla Casa Bianca di Donald Trump come partner nei colloqui diplomatici sul futuro dell’Afghanistan.(Fabio Scuto, Fq, 21 agosto)Certo che dobbiamo parlare con i talebani, ma non vuol dire riconoscerli. (Josep Borrell, Alto commissario politica estera Ue, Parlamento europeo, 19 agosto)

La strada obbligata del dialogo con gli Sconosciuti. La conquista dell’Afghanistan da parte degli Sconosciuti è stata completata in meno di 10 giorni. L’esercito afghano, pur organizzato con immense spese da parte americana, non ha opposto alcuna resistenza e, con la sua resa, ha perfino fornito agli Sconosciuti uno straordinario apparato di armamenti costosi e sofisticati, oltre a una quantità incalcolabile di Playstation di ultima generazione. Non risulta inoltre che in alcuna regione del Paese vi siano state significative sacche di resistenza o episodi di ribellione, segno che, dopo 20 anni di conflitto, gli afghani si fidano più degli Sconosciuti che degli eserciti invasori. Si possono e si debbono fare mille riflessioni sulla stupidaggine di voler esportare la democrazia, ma la prima conclusione elementare è che gli Usa, dopo i bombardamenti su nazioni preferibilmente prive di aeronautica militare e di atomiche, creano sempre governi fantoccio incapaci di conquistare la fiducia dei cittadini perché corrotti e incompetenti. È infatti più facile mobilitare un esercito, di cui si conoscono tutte le regole operative, che agire per la trasformazione di una società lontana dai valori e dalle istituzioni occidentali, soprattutto se, come nel caso dell’Afghanistan e della Libia, essa è frammentata in fazioni e tribù come neanche il Pd o i Cinquestelle. Su questo tema occorrerà che l’amministrazione americana e la Nato riflettano anche in futuro, per evitare altri successi dello stesso tipo. Magari si capirà che il modo migliore di aiutare un Paese non è distruggerne le infrastrutture, sconvolgerne il sistema sociale, e decimarne la popolazione; ma fare come i cinesi, ovvero stringerci accordi commerciali. Oggi dobbiamo solo prendere atto che in Afghanistan la presa di potere da parte degli Sconosciuti appare completa e, nel prevedibile futuro, senza alternative. Bisogna quindi tenerne conto, e dedicare ogni nostra energia nell’evitare vendette e spargimenti di sangue. Dalle dichiarazioni rassicuranti, questo obiettivo parrebbe una priorità degli Sconosciuti che attualmente governano il Paese da noi martoriato. Benché continuiamo a dipingerli come terroristi, gli Sconosciuti non hanno mai avuto nulla a che fare con l’estremismo islamico che porta il terrore in giro per il mondo in risposta alle nostre bombe. E a tutti fanno gola le riserve di ferro, rame, argento, niobio e litio dell’Afghanistan. Il dialogo con gli Sconosciuti è quindi un passo obbligato, ed è perciò positivo che Draghi abbia promosso una riunione straordinaria del G20, dove Stati Uniti e Paesi europei possano fare colazione con Cina, Russia, India, Turchia e Arabia Saudita, tutti celebri campioni dei diritti umani: una sede in cui, benché non sia il luogo ideale per decidere dall’oggi al domani, si può iniziare a pensare di mettere al bando la guerra una volta per tutte, se non altro perché, sotto i bombardamenti, la gente spende meno.

 

Scoop: il ministero lavora per ‘il Sole’?

Ieritutta l’Italia ha probabilmente tirato un sospiro di sollievo: finalmente si sbloccano i concorsi. O almeno così sosteneva nel suo titolo di apertura Il Sole 24 Ore e non abbiamo motivo di dubitare che sia così: “Al via concorsi veloci per 35 mila posti”, il titolo. Poi, sempre in prima, troviamo scritto: “Secondo una ricognizione di Funzione pubblica per Il Sole 24 Ore, sono 34.423 i posti già banditi con concorsi pubblici varati da ministeri ed enti locali nel quadro del modello che taglia i tempi delle procedure; oltre 600mila i candidati interessati”. Cioè il ministero fa monitoraggio per conto del giornale di Confindustria? Forse una semplificazione della prima pagina, a volte capita. E invece no. A pagina 3 il concetto è ribadito in modo più netto: “Il monitoraggio condotto dal ministero per la Pa per Il Sole 24 Ore…”. E questo ci disorienta: avevamo lì a disposizione, come giornale, questo ministero che fa studi e monitoraggi per conto di qualunque mezzo d’informazione glieli chieda e non lo sapevamo… Fortunati i colleghi del Sole confindustriale che hanno saputo questa novità di prima mano, forse per via di una certa contiguità d’ambienti, ma da oggi, giornalisti di tutto il mondo unitevi: c’è un ministero ansioso di lavorare per voi.

Vaccini, profughi e addii: macché unità nazionale

Ok, a Mario Draghi di fare il premier non glielo ha ordinato il dottore ma, onestamente, è difficile invidiarlo mentre quelli dell’unità nazionale, dell’appello irrinunciabile di Mattarella, del tutti insieme appassionatamente, del salviamo l’Italia s’è desta, a ogni ora del giorno e della notte non fanno che tirarlo per la giacchetta, di qua e di là. Con Matteo Salvini che per mandare a casa l’impresentabile sodale, Claudio Durigon pretende in cambio le dimissioni di Luciana Lamorgese. E con Enrico Letta che replica fuori Durigon e basta (come dargli torto?). Infatti, come si fa a mettere sullo stesso piano il sottosegretario cripto fascista pontino con una ministra degli Interni, che pur se non proprio un fulmine di guerra (cinque giorni per sgomberare i diecimila del rave party di Valentano), cerca di fare dignitosamente il proprio lavoro? Per non parlare dei corridoi umanitari per portare in salvo in Italia i profughi afghani minacciati dai talebani. Beh, nella mirabile maggioranza extralarge non ce ne sono due che dicano la stessa cosa. Del resto, come si fa ad accogliere in blocco quelle masse disperate in cerca di rifugio (e nel mentre s’intensificano gli approdi dell’immigrazione clandestina)? Ma, d’altra parte, come si fa a respingerli? Il tutto mentre c’è chi lavora alacremente al trappolone della vaccinazione obbligatoria: proprio quello che ci vuole per convincere, a siringate, svariati milioni di No-Vax, Ni-Vax e Boh-Vax. Che se il governo ci casca, al confronto, la guerriglia continua dei gilet gialli francesi sembrerà una pacifica processione votiva. D’altra parte, come si può non mettere un freno ai contagi delle varianti alla vigilia della riapertura delle scuole? Non molto tempo fa nel prevedere che la santa alleanza dei Migliori, da Leu alla Lega, avrebbe comportato più problemi che soluzioni citammo il noto aforisma del presidente degli Stati Uniti, Lyndon Johnson (non proprio un Lord Brummell) a proposito degli alleati scomodi (in quel caso il direttore del Fbi, Herbert Hoover). Sentenziò: “È meglio che stia dentro la tenda e faccia pipì verso l’esterno piuttosto che lasciarlo fuori della tenda a pisciare verso l’interno” (chiedo scusa). Però, forse neppure Draghi poteva prevedere una terza ipotesi: che chi stava dentro la tenda la facesse dentro la tenda.