Dalle storie apocrife di Hendrik Tollens. Un giorno il re di Spagna decise che le guarnigioni dell’Armata delle Fiandre allestissero alloggi per le mogli degli ufficiali spagnoli impegnati nella guerra contro le Province Unite: migliorare l’umore di quelli avrebbe forse migliorato le sorti di questa. Ma la frustrazione dei soldati, che già si lamentavano del salario, fu in tal modo esacerbata dall’improvvisa presenza nelle caserme di gentildonne voluttuose, che con le loro damigelle costituivano una tentazione continua, alla quale non potevano cedere per via del regolamento militare, che nella guarnigione di stanza a Den Bosch era applicato in modo inflessibile dal vecchio capitano, Fernando Alvarez de Toledo. Pertanto i suoi soldati ammiravano, sentendosene come vendicati, il giovane sergente Diego de Quiroga, che avendo trovato nella giovane moglie del capitano la donna dei suoi sogni se n’era innamorato, e lei di lui. Viveva in quegli alloggi anche la vedova di un ufficiale morto nella battaglia di Lekkerbeetje: invaghita di don Diego, si sentì insultata dal fatto che le avesse preferito un’altra, e giurò che gliel’avrebbe fatta pagare. Un pomeriggio seguì i due amanti in un fienile. Fece appena in tempo a vedere il giovane sergente nudo: tradita dall’emozione, mise il piede su un rastrello, la cui asta si rizzò, percuotendola in fronte con tanta forza da tramortirla. I due amanti fuggirono, ma la vedova, ripresi i sensi, si recò dal vecchio capitano a riferire l’accaduto, affinché prendesse provvedimenti. “Il sergente de Quiroga è l’amante di una donna sposata”, denunciò la vedova. “E che importa a me di questo?” rispose don Fernando. La vedova lo incalzò: “La donna sposata è vostra moglie, don Fernando”. “E che importa a voi di questo?” replicò il vecchio capitano, e aggiunse: “Il regolamento militare non ammette la colpevolezza per sentito dire. È impossibile, dunque, sostenere l’accusa di adulterio, poiché si fonda unicamente sulla vostra parola, donna Pilar. Avete visto un uomo nudo: questo non è adulterio”. La vedova se ne andò scornata, ma non si diede per vinta. Si procurò il regolamento militare e cominciò a studiarlo in cerca di un motivo che le desse soddisfazione. L’ex libris all’interno del tomo, una xilografia col motto Ubi iniuria, ibi remedia (dove c’è offesa, c’è rimedio), pareva spronarla all’impresa. Una settimana dopo, la vedova marciò da don Fernando col libro sottobraccio, che aprì alla pagina giusta per accusare il sergente: era colpevole di non essere in uniforme. Il vecchio capitano annuì pensoso, e poiché la vedova stavolta aveva ragione inviò due soldati ad arrestare don Diego. Questi, sentita l’accusa, chiese il regolamento per studiarlo nel carcere, in attesa del processo. La fatica dello studio diede i suoi frutti. Ubi iniuria, ibi remedia. Al cospetto della corte marziale, don Diego aprì il regolamento alla pagina giusta e disse: “Secondo le norme militari, quando un soldato è impegnato in uno sport può scegliere di vestirsi come meglio crede. Il sesso è forse un lavoro, come quello del soldato?”. Il sergente non aveva tutti i torti: fu messo in libertà, e andò subito a festeggiare con la giovane moglie di don Fernando. A questi, però, capitò anche un incidente più felice: uscendo dal tribunale, il cagnolino della vedova gli entrò di tralice fra le gambe, dividendo il tempo gagliardo del capitano nel proprio tempo saltellante e preciso. La vedova, vedendo scivolare uno dentro l’altro questi due ritmi, come due anelli incatenati, che soltanto chi ha il segreto discioglie, scoppiò a ridere, con un’allegria che aveva della primavera. Rise anche il capitano, e quando i loro sguardi si incontrarono parve a entrambi di ringiovanire.