La grandeur di Calenda: “Famo er museone”

Carlo Calenda ha svelato le carte: se sarà sindaco di Roma, ne cambierà la storia. La riscriverà: più bella, moderna, spaziosa che pria. E con ampio parcheggio. Dopo una deludente visita ai Musei Capitolini in cui non ha capito una mazza, ecco l’illuminazione: accorpiamoli alle troppe (!) sedi del Museo Nazionale Romano e al Museo di Roma, e facciamo un unico enorme manuale di storia romana, co’ tutte ’ste pietruzze in fila, dove perfino un Calenda capisca qualcosa. Com’è che nessuno ci aveva mai pensato? Un uovo di Colombo: come dire che per risolvere i problemi del bilancio del Comune, basta stampare gli euro in Campidoglio. Facile, pulito, pratico. Proprio come per l’emissione di carta moneta, però, non si può fare: perché anche la storia ha le sue regole. Ha un senso, un significato, una profondità: le raccolte dei cittadini di Roma sono diverse da quelle dello Stato (che dite, accorpiamo pure governo e Giunta comunale?), che sono poi altre ancora da quelle rimaste al Papa. Raccontano la stessa storia, da punti di vista diversi: in un intreccio di voci che è precisamente la ricchezza del palinsesto romano, una polifonia senza pari al mondo. Solo la paura della diversità, l’arroganza, la superficialità e l’ignoranza abissale di una classe dirigente disfatta può dimenticare tutto questo. Ma come si può governare Roma senza avere la più pallida idea di cosa sia?

Cari governi guerrafondai, non è giunta l’ora di chiedere scusa?

Guerrafondai impenitenti. Voi che avete riempito pagine di giornali e schermi tv per giustificare le guerre “giuste” potreste, almeno in questo momento, avere il pudore di risparmiarci questo spettacolo indecoroso di ipocrisia per le sorti delle donne afghane?

Voi governi della Nato che avete usato in Afghanistan tanti (nostri) denari per armi quanti nella seconda guerra mondiale, perché non continuate a stanziare le stesse cifre per altri vent’anni, ma questa volta per migliorare le condizioni di vita delle persone?

Voi che avete approvato ogni anno per vent’anni l’invasione dell’Afghanistan non vi viene in mente che la strategia della vendetta e dell’“occhio per occhio” rende il mondo cieco (Gandhi), non più pacifico e tanto meno più giusto?

Voi che ritenete di avere l’esclusiva del modello di civiltà, non vi siete mai interrogati perché l’Occidente suscita in tante parti del mondo tanta repulsione e odio?

Voi che piangete lacrime di coccodrillo per la sorte dei vostri collaboratori, perché non riaprite subito le frontiere, per loro e per tutte le donne e gli uomini perseguitati?

Voi che avete deriso come “anime belle” i movimenti pacifisti e nonviolenti, per una volta, dategli ascolto: ritirate i militari da ogni parte del mondo e lasciate fare alle forze di interposizione nonviolenta e alla cooperazione internazionale.

Voi che avete lasciato che l’Afghanistan diventasse il più grande narco-Stato del mondo, cosa state facendo per evitare di importare oppiacei per rifornire i nostri floridi consumi di droga?

Ma prima di tutto, per ripartire davvero su basi nuove, dovreste imparare chiedere scusa.

Le verità che nessuno racconta su Kabul

Negli “ultimi giorni di Saigon” in salsa afghana ci sono dei risvolti grotteschi. In un discorso alla Nazione Joe Biden ha accusato i soldati dell’esercito governativo di non essere stati capaci di difendersi. Ma come, non sono stati proprio gli americani, insieme ad alcuni dei loro alleati, fra cui l’Italia, a essersi assunti il compito di “addestrare” l’esercito lealista?

Forse l’Italia non è stata di grande aiuto visto che uno dei nostri soldati mentre cercava di spiegare agli afghani come si usano le armi si è sparato addosso. Forse prima che gli fosse assegnata la funzione di “addestratore” doveva essere addestrato lui. La vicenda ricorda quella del giocatore portoghese Figo chiamato a insegnare in una scuola calcio. Per far vedere come si tira un rigore, invece che il pallone colpì il terreno fratturandosi la caviglia.

Non gli passa per la mente, a Biden e a tutti i suoi reggicoda occidentali, che i soldati governativi non hanno opposto alcuna resistenza forse perché la maggioranza della popolazione afghana preferisce essere governata dai Talebani, che sono pur sempre degli afghani, piuttosto che da degli stranieri o da dei loro reggicoda?

Nella confusione generale bisogna tornare, per l’ennesima volta, a mettere dei punti fermi.

L’aggressione occidentale del 2001 all’Afghanistan, che ebbe la copertura dell’Onu, fu motivata con la tragedia delle Torri Gemelle di cui i Talebani sarebbero stati complici. Il New York Times e il Washington Post, giornali in questo caso al di sopra di ogni sospetto, hanno documentato che l’attacco all’Afghanistan era stato programmato sei mesi prima dell’11 settembre. Parimenti, sia pur qualche anno dopo, è stato accertato che la dirigenza talebana dell’epoca era completamente all’oscuro dell’attacco alle Torri Gemelle. In ogni caso, come ha ricordato Travaglio e come noi abbiamo scritto almeno un centinaio di volte, in quei commandos c’erano sauditi, tunisini, egiziani, yemeniti e arabi di ogni sorta, c’erano tutti tranne che degli afghani, tantomeno talebani. E nessun afghano, tantomeno talebano, c’era nelle cellule, vere o presunte, di Al Qaeda scoperte in seguito. Di più: quando, nell’inverno del 1998, dopo gli attentati alle ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam, Bill Clinton propose al Mullah Omar di far fuori Bin Laden che era ritenuto l’ispiratore di quegli attentati, Omar si disse disponibile purché gli americani cessassero di bombardare a tappeto le alture di Khost, dove ritenevano si fosse nascosto il Califfo saudita, facendo centinaia di vittime civili. Ma all’ultimo momento Clinton si tirò indietro. E questi sono documenti del Dipartimento di Stato del 2005. Inoltre i Talebani Bin Laden se lo erano trovato in casa. Ce lo aveva portato dal Sudan Massud perché lo aiutasse a combattere un altro “signore della guerra”, suo storico avversario, Heckmatyar. Benché gli afghani che non sono arabi li detestino, Bin Laden in Afghanistan godeva di una certa popolarità perché con le sue risorse personali aveva costruito ospedali, strade, infrastrutture, cioè quello che avremmo dovuto fare noi e che in vent’anni di occupazione non abbiamo fatto se non in misura ridicola.

Un’altra sesquipedale balla, che continua a circolare, è che i Talebani siano stati sostenuti dai servizi segreti pakistani. Se così fosse avrebbero avuto almeno dei missili terra-aria Stinger. Furono proprio gli Stinger, forniti dagli americani ai sin troppo celebrati “signori della guerra”, a convincere i sovietici ad abbandonare il campo (contro gli occupanti occidentali, i talebani non avevano né aviazione né contraerea). E una delle più devastanti offensive contro i Talebani fu lanciata proprio dall’esercito pakistano, sotto la regia del generale americano David Petraeus, nella valle di Swat: “Dopo la prima settimana di bombardamenti i morti non si contano. Si possono invece contare i profughi. Sono almeno un milione”. (Il Mullah Omar, p. 159). Il Corriere della Sera titolò: “Un milione in fuga dai talebani”, invece fuggivano dai bombardamenti dell’esercito pakistano.

Chi ha da temere oggi in Afghanistan non sono i civili, a parte i principali “collaborazionisti” che potrebbero essere passati per le armi come si è sempre fatto da che mondo è mondo, ma proprio l’Isis . È da quando, nel 2015, l’Isis ha cominciato a penetrare in Afghanistan che i Talebani lo combattono. È del 16 giugno 2015 una lettera aperta del Mullah Omar ad Al Baghdadi in cui intima al Califfo di non cercare di penetrare in Afghanistan “perché noi stiamo combattendo una guerra d’indipendenza che non ha nulla a che vedere coi tuoi deliri geopolitici”. E aggiunge: “Tu stai dividendo pericolosamente il mondo islamico”. La lettera non è firmata direttamente da Omar, ma dal suo numero due Mansour. Forse perché Omar era morente o forse, come accreditano le versioni occidentali, perché era già morto nel 2013 (anche se a me sembra molto improbabile poter nascondere per due anni agli afghani la morte di un leader così prestigioso). In ogni caso la lettera esprime il pensiero del Mullah Omar.

Ora che i Talebani non devono più combattere contemporaneamente gli occupanti occidentali e l’Isis, lo spazzeranno via dal Paese. Non sarà facile perché anche quelli dell’Isis sono dei formidabili guerrieri, e a loro di morire non importa nulla, mentre i Talebani non hanno questa vocazione al martirio. Però hanno una conoscenza del terreno molto superiore che è uno dei fattori che han permesso loro di sconfiggere le ben più potenti armate occidentali.

Poco tranquilli possono stare i giornalisti di Tolo Tv che è stata la tv di Stato durante tutta l’occupazione occidentale. Poco tranquille possono stare alcune Ong, a meno che non si chiamino Emergency o strutture altrettanto consolidate.

Questa invece è una domanda che pongo al nostro ministro della Difesa, Guerini, e a quello degli Esteri, Di Maio. Che cosa abbiamo fatto noi italiani in Afghanistan oltre ad “addestrare”, si fa per dire, militarmente gli afghani? Cosa già risibile in sé perché se i nostri bambini nascono col ciuccio in bocca i loro nascono con il kalashnikov in mano, cioè sanno usare le armi fin da piccoli. Appena arrivati là come prima cosa abbiamo costruito una chiesa, che non era esattamente un’esigenza primaria da quelle parti. Certamente dopo avremo fatto anche dell’altro, però vorremmo che i ministri in questione e il governo riferissero in modo dettagliato in Parlamento su quale sia stato effettivamente, in vent’anni, il nostro contributo civile in Afghanistan.

 

Afghanistan, come aiutarli? Si dà “asilo”: lo dice la Carta

Alla luce delle drammatiche immagini che giungono da Kabul, non v’è politico, giornalista, commentatore, editorialista, tuttologo, azzeccagarbugli, etc., che non abbia sollevato, correttamente, il problema della “gestione” (brutta parole, che si attaglia alla logistica e agli spedizionieri) delle migliaia di bambini, donne e uomini che per le più svariate e giustificate ragioni vorrebbero con ogni mezzo lasciare quel Paese dopo i pasticci combinati dalle forze militari della coalizione in venti anni di guerra col presunto (o pretestuoso) obiettivo di “esportare” la “democrazia” in Afghanistan.

In una parola, questi soloni si interrogano su cosa può e deve fare l’Italia e l’Unione europea per ospitare in maniera degna e con senso di umanità, i numerosi profughi che attraversano il confine di un Paese che è finito – con la forza delle armi e nel giro di qualche giorno – nelle mani di un movimento politico (a ispirazione religiosa) che, nei fatti ma non nelle parole, non intende certo modellare il nuovo Stato sulla base dei principi e dei valori occidentali. I talebani, al contrario, hanno già ampiamente annunciato l’introduzione, similmente a quanto accaduto in Iran dopo la rivoluzione khomeinista, della Shari’a quale criterio fondante il nuovo ordinamento giuridico afghano.

Se i vari ospiti televisivi (alcuni francamente imbarazzanti per eloquio e ignoranza) conoscessero (nel senso di aver letto e studiato) la Costituzione repubblicana, non avrebbero avuto di sicuro motivo per discutere (talvolta animatamente) del ruolo – e soprattutto della legittimazione – del nostro Paese ad accogliere quanti (collaboratori, donne, bambini, studenti, ecc.) chiedono ospitalità all’Italia. Nulla di sovversivo o di rivoluzionario, semplicemente il terzo comma dell’art. 10 che disciplina l’asilo politico nel nostro Paese: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.” Basterebbe intendere la norma costituzionale nella sua essenza più profonda, quella che le diedero i Padri costituenti, memori delle tragedie del secolo breve e della loro esperienza di antifascisti in esilio, almeno per quelli che sono riusciti a sopravvivere al regime.

Sono certo che gli attuali protagonisti del dibattito politico conoscano molto bene il concetto di Asilo e, soprattutto, che non lo abbiano inteso come “Scuola dell’infanzia”!

 

La diplomazia renziana delle facce da hashtag

A chi è preoccupato per la situazione mondiale a seguito dei fatti in Afghanistan, vista anche la faciloneria con cui Giuseppe Conte ha proposto di dialogare coi talebani, diciamo di stare sereno: su Twitter sono già al lavoro gli alacri diplomatici di Italia viva e addentellati, per cui la guerra dell’Occidente è stata bella e giusta, pronti a mettere in campo tutto il loro know how. Nulla sfugge ai competenti in geopolitica, statisti veri che armati di cancelletto (hashtag) lottano per la democrazia in costante dialogo con le cancellerie mondiali. Di seguito alcuni dispacci della fitta diplomazia intercorrente.

“Un pensiero alle donne afghane, certo… Ma un pensiero anche all’Iraq. Dobbiamo evitare che in Iraq finisca come in Afghanistan” (Matteo Renzi, enews).

Ci va lui a trattare. Tanto l’arabo lo parla, no?

“Non solo l’indegna posizione su #Afghanistan di ‘dialogare col regime dei talebani visto il loro atteggiamento distensivo’ ma naturalmente ‘coinvolgendo Russia e Cina’ che da sempre sono nel cuore di #Conte. Per fortuna dell’Italia a Palazzo Chigi abbiamo #Draghi e non Casalino” (Luciano Nobili, Iv, Twitter).

Draghi non parlerà coi talebani. Lo ha assicurato lui in persona a Luciano Nobili. Draghi inoltre escluderà la Russia e la Cina da ogni trattato, coinvolgerà solo i Paesi che stanno simpatici a Renzi e/o che hanno il suo Iban: Bahrein, Kuwait, Arabia Saudita, Qatar…

“Le parole vergognose di Giuseppe #Conte che chiede un inaccettabile dialogo con i talebani e di coinvolgere Cina e Russia non mi stupiscono affatto. Mi stupisce l’abbaglio del PD e della sinistra italiana che lo ha eletto a ‘punto di riferimento dei progressisti’. Ma come si fa?” (Nobili, ibidem).

Ma cosa importa a Iv della sinistra italiana? Non sono sempre più spesso d’accordo con Salvini e con FdI? Consulenza gratis: se ammettessero di essere di destra, passerebbero in un balzo dall’1,2 al 3%!

“Draghi sente Putin” (Repubblica, 20/8). “Ci sarà una cooperazione di tutti i Paesi del G20” (Mario Draghi, Tg1).

Nel G20 ci sono anche Cina e Russia. Ne prendessero una, quelli di Iv. (C’è pure l’Arabia Saudita: ecco, qui magari può tornare utile Matteo: numeri telefonici, indirizzi di pizzerie).

“Caro Conte, facevi più bella figura ad ammettere di aver detto una sciocchezza. Dialogare coi talebani per i loro toni distensivi è una follia” (Ettore Rosato, Iv, Twitter).

“Dobbiamo parlare con i talebani per cercare di evitare un deterioramento della situazione” (Josep Borrell, Alto rappresentante europeo per la politica estera). Iv ignora la politica estera o la politica estera ignora Iv? O la cosa è reciproca?

“Quello che accade a Kabul non riguarda solo le nostre sorelle afghane. Riguarda tutti e tutte noi. Il min degli Esteri deve lasciare la spiaggia e venire in Parlamento per una informativa urgente. È in gioco la vita di milioni di persone ma anche la dignità dell’Occidente” (Maria Elena Boschi, Iv, Twitter).

Quello che succede a Riyad all’attivista saudita Loujain al-Hathloul, che è in sciopero della fame e denuncia violenze, elettroshock e abusi sessuali nel carcere in cui è stata rinchiusa per aver difeso i diritti delle donne nel regno di re Salman, papà del Grande Principe amico e benefattore di Renzi, è invece un nuovo Rinascimento. Peggio per lei che non sa goderselo.

“Dopo il disastro dovuto al ritiro delle truppe a guida USA in #Afghanistan ci sia discussione seria sui rischi del #terrorismo. @matteorenzi ha proposto sia fatta durante G20 di Roma. Non vuol dire cambiare agenda ma integrarla con un’emergenza che non può lasciare indifferenti” (Rosato, ibidem).

Variante della famosa storiella per cui Draghi, la Realtà, ma forse anche Dio e il Fato, danno ragione a Renzi e fanno quello che lui diceva da mesi. Renzi il 28 marzo 2020 voleva riaprire tutto, fabbriche, negozi, ristoranti, perché così avrebbero voluto i morti di Bergamo e Brescia; e adesso come sono fabbriche, negozi, ristoranti? E di cosa si sarebbe parlato nel G20 di Roma, altrimenti: del prossimo Gran Premio del Bahrein?

“Corridoi umanitari e accoglienza sono un dovere. Un ‘serrato dialogo’ con quei criminali invece è inconcepibile. Conte ne ha detta un’altra delle sue” (Sara Moretto, Iv, Twitter).

Per curiosità: qual è la procedura per organizzare corridoi umanitari dall’Afghanistan ignorando i vincitori? Dichiariamo un’altra guerra di 20 anni (mandiamo Nobili a combattere) o basterà far presente ai talebani che la pazienza di Faraone ha un limite?

“Conte e il fascino del kalashnikov” (Repubblica, 20/8).

Voi sottovalutate questo pericoloso terrorista. Aspettate quando dirotterà il primo aereo Fiumicino-Kabul su Volturara Appula.

“Che sia chiaro a #Conte: l’Italia sta dalla parte dei diritti umani e non con chi vuole dialogare per interessi economici. #Afghanistan” (Gennaro Migliore, Iv, Twitter).

Dipende: quanto fa in petrodollari?

 

Fantasmi in Colorado: la camera numero 237 e una caccola nel naso

E per la serie “Chiudi gli occhi e apri la bocca”, eccovi i migliori programmi tv della settimana:

Sky Cinema Suspense, 22.50: Shining, film horror. Jack Torrance, uno scrittore disoccupato, cerca lavoro all’Overlook Hotel, un albergo sperduto sui monti del Colorado. IL DIRETTORE DELL’ALBERGO: “Fare il guardiano invernale non è pesante, ma l’isolamento può giocare brutti scherzi. Anni fa un custode, Delbert Grady, ottime referenze, con moglie e due gemelle, ebbe un forte esaurimento nervoso e fece a pezzi tutta la famiglia. Con l’accetta. Poi si infilò una doppietta in bocca”. JACK: “Divertente. Non è che mi nasconde qualcosa? Ho saputo di storie strane”. IL DIRETTORE: “Bè, questo è l’hotel più inquietante degli Stati Uniti. Ci ha dormito pure il presidente Kennedy”. JACK: “Cosa c’è di inquietante?”. IL DIRETTORE: “La settimana scorsa. Con Marilyn Monroe”. Jack si trasferisce all’hotel con la moglie Wendy e il figlioletto Danny, che presto viene terrorizzato da presagi. IL CUOCO AFRO-AMERICANO: “Danny, hai…”. DANNY: “Sì, anch’io ho lo shining, come te. Telepatia e sesto senso. Stavi per dirmi che non devo avvicinarmi per nessun motivo alla stanza 237, e alla fine morirai in modo orripilante?”. IL CUOCO: “No, volevo dirti che hai una caccola nel naso”. DANNY: “Ops!”. Una nevicata isola completamente l’albergo. Mentre la macchina da scrivere di Jack scrive il suo libro da sola, un triciclo porta Danny in giro per l’hotel vuoto: incontra le due gemelle morte; un ascensore che perde ettolitri di sangue; e la stanza 237. Siccome la porta è socchiusa, Danny fa quello che faremmo tutti: entra. In quell’istante, Jack si sveglia urlando: ha avuto un incubo dove andava con la famiglia in vacanza a Riccione. Al bar, Jack confida i suoi problemi (crisi d’ispirazione, moglie frigida, recitazione gigionesca) a Lloyd, che è l’allucinazione di un barista del 1920, ma il conto è vero. Arriva Wendy: “Danny è stato aggredito nella stanza 237!”. Jack ci si fionda in triciclo, e ci trova una bella ragazza nuda che, appena lo bacia, va in decomposizione, perché la fiatella di Jack è quella che è. Offeso, Jack torna nella sala da ballo, dove Delbert Grady, un’altra allucinazione, gli chiede da quanto tempo non scopa con la moglie. JACK: “Dalla luna di miele. E non mi ha neanche dato il culo”. Grady gli porge un’accetta. Il cuoco, in Florida, non solo sente con la telepatia che Danny è in pericolo, ma la telepatia gli consuma tutti i gettoni. Wendy, preoccupata, sbircia il manoscritto di Jack, 500 pagine dove viene ripetuta la frase “Il mattino ha l’oro in bocca”. Jack s’incazza: non sopporta che leggano i suoi testi prima della stesura definitiva. WENDY: “Jack, tu sei impazzito!”. JACK: “Questi chiudono l’hotel nel pieno della stagione sciistica e sarei io il pazzo?”. Wendy gli abbassa una mazza da baseball sulla testa e lo chiude in uno sgabuzzino, poi si rintana in camera col figlio. Jack sfonda la porta con l’accetta, Wendy gli taglia la mano con un coltello da cucina, Danny scappa da una finestra della scenografia. Arriva il cuoco col suo gatto delle nevi: Jack uccide il cuoco a colpi d’accetta, una cosa che potrebbe essere sopportata pazientemente solo da un cadavere. Wendy, disperata, cerca Danny nei corridoi dell’hotel, ma Bela Lugosi, Boris Karloff, Vincent Price, e un attore che non è ancora morto, ma dovrebbe, non sanno dirle dove sia. Danny, seminato il padre nel labirinto di siepi dell’hotel, fugge con la madre sul triciclo. In trappola nel labirinto, Jack surgela dalla rabbia. Dentro, l’inquadratura zooma su una foto degli anni 20: fra i partecipanti di una festa, sorridente nella sua camicia di forza, c’è Jack Nicholson in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.

 

Monoclonali a casa, una grande notizia

Mai silenzio fu più eloquente. Da giugno 2020, a partire dai primi annunci dell’arrivo dei vaccini, la scena comunicativa è stata assalita da proclami che non ammettevano né “se”, né “ma”, sulla loro efficacia, prima che fosse provata. Voglio premettere, sono una vaccinista convinta. Nessuno, dando uno sguardo al mio cv, può permettersi di esprimere dubbi su questa mia posizione. Purtroppo esiste ancora un gruppo di ricercatori, cui mi vanto di appartenere, che non ammettono dogmi, che, prima di fare dichiarazioni, studiano la letteratura e che (viva Dio!) nutrono continui dubbi, linfa essenziale del progresso scientifico. In questo periodo chiunque non fosse allineato al coro, è stato “fucilato”. Faccio questa premessa perché non è ammissibile che si lasci passare per una notizia di poca importanza la pubblicazione sul sito dell’Aifa del documento “Modifiche Registro – anticorpi monoclonali COVID-19” in cui si stabilisce che “è possibile utilizzare anche l’anticorpo monoclonale sotrovimab per il trattamento della malattia da coronavirus 2019 lieve o moderata, negli adulti e adolescenti di età pari o superiore a 12 anni non ospedalizzati, che non necessitano di ossigenoterapia e che sono ad alto rischio di progressione severa”. Inoltre è possibile per il “trattamento dipazienti ospedalizzati per COVID-19, anche in ossigenoterapia supplementare”. È una notizia che fa tirare un sospiro di sollievo, un successo importantissimo della ricerca che avrà un doppio effetto, la cura immediata a casa, della maggior parte dei pazienti e il non affollamento degli ospedali, vero dramma di tutta la pandemia. È assurdo che non se ne parli. È una soluzione terapeutica che non può essere vista in competizione con il vaccino che ha uno scopo diverso e importantissimo. Bisogna continuare a vaccinare, soprattutto anziani e fragili, ma accanto ai messaggi terroristici che si continua a dare, esaltando le notizie negative e tralasciando le positive, è doveroso dare spazio alla speranza.

direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

Siamo tutti talebani, l’importante è che paghino

“Siamo tutti talebani? Nel senso che da tempo l’Occidente è amico dei peggiori talebani del mondo? Pare di sì. Gli Usa, la Nato, l’Italia vendono armi e lisciano il pelo a monarchie assolute e oscurantiste come l’Arabia Saudita. Mohammed bin Salman tortura e fa a pezzi un giornalista, Renzi si fa pagare da lui e lo definisce ‘un principe del rinascimento’. In fondo siamo tutti talebani, basta che paghino”. Oggi potrei limitarmi a cedere questo spazio al mirabile articolo sul manifesto di Alberto Negri (cronista di guerra, firma autorevole di politica internazionale), il cui incipit, spero, abbiate appena letto. Un manifesto contro gli “ipocriti senza vergogna” dell’Occidente che mentre l’Afghanistan ripiomba nella caverna buia dell’islamismo più feroce si stracciano le vesti. Come, tuttavia, non avevano fatto con altri oscurantismi venuti a disturbare la nostra (cattiva) coscienza. Però, non in ciabatte e kalashnikov ma a bordo di panfili sfarzosi, oppure foraggiando i più prestigiosi club del calcio con acquisti mirabolanti. Sacrosanto tremare per la sorte di quel popolo, e per il destino delle donne afghane esposte a nuove violenze, destinate, probabilmente, a soffocare nei burqa e nell’oblio. Sacrosanto alzare la voce contro lo scempio di libertà e civiltà, voce che risuonerebbe più alta e credibile se la stessa indignazione fosse stata spesa sempre e comunque. Per esempio, contro quelle monarchie assolute del Golfo “a cui non andiamo mai a chiedere conto dei diritti umani, di quelli delle donne e delle minoranze e lasciamo che mettano in galera giornalisti e oppositori senza fare una piega perché ci pagano profumatamente”. Regimi che “non lasciano uscire di casa le donne, le quali non possono viaggiare senza il consenso del marito – sempre ovviamente velate dalla testa ai piedi – ma siccome sono i migliori clienti di armi americane e sostengono il complesso militare industriale Usa possono fare quello che vogliono”. Ce n’è anche per il premier Mario Draghi che ha citato in tv l’Arabia Saudita, membro del G-20, per un possibile ruolo di convincimento nei confronti dei talebani. E, in effetti, chiedere a dei “truculenti oscurantisti di diventare i paladini dei diritti delle donne e della libertà d’opinione”, sembra proprio “una parodia”. Questi alcuni passaggi dell’articolo di Alberto Negri sul manifesto. Che ringrazio.

Lancet: “Contro la Delta l’eterologa funziona meglio”

Introdotta per necessità – perché i vaccini a vettore virale dopo alcuni casi di trombosi in soggetti giovani sono stati raccomandati per gli over 60 – la vaccinazione eterologa con dosi di vaccini diversi appare più efficace contro la contagiosissima Delta. The Lancet ha pubblicato uno studio che confronta eterologa e omologa rispetto alla capacità di neutralizzazione della variante Delta con il risultato che “la robusta inibizione delle varianti inclusa la variante Delta – scrivono gli autori – supporta ulteriormente la vaccinazione eterologa”. Gli esperti precisano che si tratta di un piccolo lavoro. Ma aggiungono: “Se confermati in un ampio studio, i nostri dati sostengono anche” l’opzione di una terza dose “booster eterologa per le persone che hanno completato il ciclo di vaccinazione omologa” con AstraZeneca quando “l’immunità umorale sta diminuendo e i pazienti diventano suscettibili all’infezione”.

Gli scienziati hanno analizzato il plasma di vaccinati con AstraZeneca dopo il richiamo omologo e dopo quello eterologo con Pfizer, per valutare e confrontare l’attività neutralizzante contro le varianti di preoccupazione, Delta inclusa. L’intervallo medio tra le due dosi era di 73,5 giorni e non differiva tra i due gruppi analizzati. La media degli anticorpi IgG anti-Spike era più alta nei vaccinati con eterologa che in quelli con omologa. I vaccinati con il mix inoltre hanno raggiunto un valore adeguato in termini di tasso di anticorpi neutralizzanti contro tutte le varianti, anche la Delta. Prima di questo lavoro era stato già dimostrato (sulla base dei primi risultati di uno studio di fase 2 dalla Spagna) che si osservavano “risposte immunitarie robuste accompagnate da una reattogenicità accettabile” dopo la vaccinazione eterologa con AstraZeneca alla prima dose e un vaccino a mRna (Pfizer o Moderna) alla seconda. Era stato inoltre “dimostrato che il richiamo eterologo” con Pfizer “induce conte più elevate di cellule T specifiche” contro la proteina Spike del virus, e “titoli elevati di anticorpi neutralizzanti contro le tre varianti Alfa, Beta e Gamma”.

Le dosi salvano la vita ma ancora 6 milioni di over40 le rifiutano

Non sono solo i quasi 190 mila lavoratori della scuola non vaccinati a preoccupare. Dal report della presidenza del Consiglio emerge come lo “zoccolo duro” della popolazione che rifiuta il vaccino si è ormai consolidato e poco o nulla lo smuove. Tra gli over 80 le persone che hanno ricevuto nemmeno una dose sono ancora 279.834, il 6,14% della platea, con punte che sfiorano il 20% in Calabria, ma con copertura pressoché totale in Emilia Romagna e Toscana. Nella fascia 70-79 i non ancora vaccinati sono uno su dieci, ossia 612.275 persone con un primato negativo ancora della Calabria (17,08%), mentre la scopertura minore (6,99%) si ha nel Lazio. Passando alla fascia 60-69 anni, l’area “no vax” riguarda 1.117.036 persone, il 14,79% del totale, maglia nera al Friuli Venezia-Giulia (20,36%), miglior performance per la Puglia (7,96 per cento ancora senza dosi). La scopertura tra i 50-59enni, invece, sfonda quota 20% (21,23), 2.048.855 persone, con un massimo del 28,14% in Sicilia e un minimo del 16,14% nel Lazio. A conti fatti, aggiungendo gli oltre 2 milioni e 300 mila della fascia 40-49, sono oltre 6 milioni italiani over 40 non vaccinati.

Il tutto nel giorno in cui l’Istituto superiore di Sanità ha diffuso i dati aggiornati sulla percentuale di protezione dei vaccini. L’efficacia vaccinale contro i decessi tra chi è stato immunizzato con due dosi e chi non ne ha fatta neppure una è pari al 97,16% e quasi 84% per chi ha avuto una dose sola. L’efficacia vaccinale nella fascia di età 40-59″ anni, rispetto ai non immunizzati contro Covid-19, è pari “al 95% per i ricoveri, al 97% per le terapie intensive e al 95% per i decessi”. Il rischio di ospedalizzazione per i vaccinati che contraggono il virus si abbassa al 5% e al 3% quello di finire in terapia intensiva.

Per quanto riguarda i casi di morte per fasce di età si sono verificati 65 casi fra gli over 80 non vaccinati contro i 40 dei vaccinati a ciclo completo (il 50% degli immunizzati è dovuto all’effetto paradosso, essendo il 94% degli over 80 vaccinato e solo il 6% non), 80 casi tra i 60-79 anni contro i 6 dei vaccinati, 28 casi tra i 40-59 anni contro i 2 dei vaccinati, 4 tra i 12-39 anni contro nessun decesso fra i vaccinati con le 2 dosi. I dati si riferiscono all’ultimo mese.

I morti, purtroppo, sono ancora molti (ieri 49), 7.224 i nuovi contagi e tasso di positività sul totale dei tamponi molecolari e antigenici effettuati al 3,2%. Aumentano ancora i ricoveri in ospedale (+65 nelle ultime 24 ore, totale 3.692), ma diminuiscono di 5 unità (a fronte di 26 ingressi) i posti occupati in terapia intensiva (ieri 460).

Numeri in linea con il monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di Sanità, che fotografa un’ondata epidemica (per ora) contenuta. Buone notizie dall’Rt, che scende a 1,1 (1,27 la scorsa settimana) e si avvicina alla soglia di contenimento dell’1, ma aumenta l’incidenza ogni 100 mila abitanti (74, era 68 sette giorni fa).

Nessuna Regione cambierà colore, nemmeno la Sicilia che – grazie all’aumento dei posti letto degli ultimi giorni – ha ridotto (secondo i dati Iss) al 9,2% il tasso di occupazione dei reparti in terapia intensiva (soglia limite 10%), mentre il tasso di occupazione delle aree mediche (16,5%) sfora il tetto del 15. Terapie intensive critiche anche in Sardegna (9,2% di occupazione), ma stesso valore per le aree mediche, dunque sotto controllo, ma vicine al limite (13,2%) in Calabria. Le altre regioni per il momento non registrano criticità, salvo per l’incidenza ogni 100 mila abitanti, che risulta superiore a 50 (la soglia del pericolo) in ben 16 casi (con punte di 156 in Sicilia, 155 in Sardegna e 127 in Toscana) e inferiore soltanto in Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Molise, Piemonte e Puglia. rischio “moderato” per 18 regioni, classificate a “rischio basso” Lombardia, Veneto e Lazio.