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La riforma Cartabia e i futuri processi

A difesa della sua “riforma”, la ministra Cartabia e i suoi sostenitori citano spesso il fatto che gli ultimi grandi processi (tra cui quello del ponte Morandi) la cui estinzione sconvolgerebbe l’opinione pubblica non rischiano la tagliola perché i fatti sono antecedenti al 2020. Oltre che non vero (come giustamente voi rimarcate spesso), secondo me andrebbe evidenziato che questa è una evidente auto-ammissione che “quel tipo” di processi è a rischio improcedibilità. Se dico: tranquilli il processo si concluderà solo perché antecedente al 2020, sto allo stesso tempo dicendo: però i prossimi processi per nuovi crolli di viadotti o altre tragedie simili (ricordiamoci che siamo in Italia), non hanno scampo. Forse la Cartabia allora dirà alle vittime che non è mica colpa sua se vi siete fatti crollare il ponte addosso dopo il 2020.

Flavio Panella

 

Quando Zapatero ritirò le sue truppe dall’Iraq

Gentile redazione, in riferimento al bellissimo articolo di Salvatore Cannavò sul Fatto del 17 agosto, si dovrebbe precisare che Zapatero all’epoca dell’invasione in Afghanistan dell’ottobre 2001 da parte degli Usa e della sinistra europea connivente, non era ancora primo ministro. Lo diventò nel marzo 2004 e nello stesso anno ritirò le truppe spagnole dall’Iraq, come aveva promesso in campagna elettorale. Saluti e grazie di esistere.

Diego Giuseppe Boscarino

 

Trionfi sportivi, “media livorosi” e imbarazzo

Gentile direttore, avrà visto l’articolo di Gianni Riotta sul trionfo della staffetta azzurra nella giornata olimpica del 6 agosto. Ho letto con attenzione il suo contributo e sono stato colpito da un punto in particolare, dove si abbandona a questo commento: “l’errore più grave che si possa fare in questo agosto meraviglioso è prendere i sacrifici, la forza, vittorie e sconfitte dello squadrone azzurro per farne una parabola della rinascita italiana. Chi, da media livorosi, tifa contro l’Italia è azzittito, non solo dai trionfi sportivi, ma dalla pulizia, dall’entusiasmo, dal lavoro generoso che li innescano”. Segue un pensiero contorto su un “effetto Draghi” e altre scempiaggini. Essendo da tempo giunto alla matura età e trovandomi in imbarazzo nel decifrare questi “media livorosi”, le chiedo gentilmente di esprimersi per aiutarmi a capire i percorsi mentali di costui.

Pino Rappini

Caro Pino, più che percorsi mentali si tratta di itinerari linguali.

M. Trav.

 

È meglio l’eutanasia che l’inutile sofferenza

Sto affrontando giorni indicibili nel vedere mia madre 95enne soffrire per diversi problemi. Ultimo, una caduta per la quale ha subito un intervento operatorio. Quindi sono d’accordo con la proposta di referendum per tentare di limitare la tortura legale. Una madre per sua natura dona la vita agli esseri umani, anche a coloro che dovrebbero, per il mestiere che fanno (cattolici integralisti, medici obiettori), essere riconoscenti e avere pietà, evitando inutili sofferenze quando termina l’effetto dei narcotici. Ah già, potrebbe riprendersi. Aò ma che state a dì?

Franco Franceschetti

 

Sulla “tangenzialina” tra Mariano e Cantù

Sindaci e assessori dei comuni interessati “lavorano” speditamente per realizzare una nuova strada che collega Mariano Comense a Cantù, passando nella brughiera del parco delle Groane. Ai comitati civici che si oppongono, il sindaco risponde testualmente che “i comitati cittadini non possono intralciare un intero territorio”. Questi finti rappresentanti del popolo, eletti da un’infima percentuale di elettori, si danno dei compiti che nessuno gli ha assegnato e guai a far decidere la popolazione sui beni comuni. Bisogna fermare subito questi piromani impuniti, con una legge sul consumo dei suoli e dei beni comuni. Tanto per rimanere nella transizione ecologica di questo ridicolo governo.

Sandro Santarelli

 

Politica estera: in Italia nessuna autocritica

Dopo 20 anni di guerra in Afghanistan finita come sappiamo, non ho visto un politico che abbia mai fatto autocritica o si sia dimesso per non aver compreso quel povero paese. Sono invece sempre pronti a seguire come cagnolini l’amico americano. Né tanto meno ho visto generaloni strapparsi le mostrine per il fallimento delle loro campagne, anzi qualcuno oggi le ostenta in tv, passando come esperto per essere stato in Afghanistan. Arriveranno migliaia di profughi e vedremo come si comporterà Salvini, visto che anche lui è complice di questo disastro.

Luigi Zanetti

I Giochi costano troppo. Meglio goderseli a casa degli altri

Gentile redazione, il Washington Post ha scritto che il budget originale delle Olimpiadi di Tokyo era di 6,3 miliardi ma il costo effettivo alla fine è stato di oltre 13. Causa le altissime spese, sempre meno città vogliono ospitare i Giochi. Bene hanno fatto la Raggi e il M5S a dire no alle Olimpiadi a Roma: i cittadini romani (e italiani) non potranno mai permettersi un rosso di molti miliardi. Poi magari ci sarà qualche altro partito politico che per guadagnare 40 denari sarà disposto a dire di sì…

Claudio Trevisan

Gentile Signor Trevisan, sull’onda dei trionfi azzurri alle Olimpiadi, è ripartita la litania di rimpianti per il ritiro della candidatura di Roma 2024 e gli strali contro chi l’ha decisa, la sindaca Raggi. Una cosa però è vincerli, i Giochi, un’altra organizzarli. Come dimostra Tokyo, per cui sono stati economicamente un disastro. Certo, prendere ad esempio un’edizione che ha dovuto fare i conti con una pandemia mondiale sarebbe scorretto, ma è la storia che condanna le Olimpiadi: da Roma ‘60 in poi i costi sono sempre stati sforati, e salvo rari casi (Los Angeles ‘84, Barcellona ‘92) le città ospitanti hanno pagato un prezzo troppo alto. Al Coni giurano che per il futuro è diverso, le regole sono cambiate, i Giochi sono diventati low cost. Si vedrà. In Italia avremo quelli invernali di Milano-Cortina 2026 e i segnali già non sono incoraggianti (un miliardo “extra” stanziato alla chetichella per le Regioni leghiste), ma è difficile pensare che Roma sarebbe stata un’eccezione. Impossibile con quel dossier, appiattito sui desideri dei principali costruttori della Capitale. Con quei capitani di ventura (Montezemolo, lo stesso dei Mondiali ‘90). In Italia, dove i grandi eventi sono spesso sinonimo di sprechi e corruzione. La verità è che quella dei Giochi low cost è un’illusione, o una menzogna, questione di punti di vista. Le Olimpiadi costano, semmai ha senso farle proprio per spendere, per investire, per cambiare il volto di una città con i cinque cerchi. Altrimenti si tratta solo di sborsare centinaia di milioni per impianti inutili e un paio di settimane di gare. Molto probabilmente Roma 2024 sarebbe stata un salasso per lo Stato (su cui ricadono la maggior parte degli oneri, molto più che sui bilanci comunali). Forse avrebbe potuto essere una grande occasione (l’unica?) per la Capitale, che di investimenti ha un disperato bisogno. Stravolgendo il dossier, cambiando le persone, sfruttando i miliardi delle Olimpiadi per provare a fare davvero gli interessi della città e non dei soliti privati. Nel dubbio, godiamoci i Giochi degli altri.

Lorenzo Vendemiale

L’isteria collettiva da Green pass: il caldo non c’entra

No no, non è mica per il caldo. È da tempo che il dibattito sul Green pass (il quale si svolge ovunque tranne che nel luogo deputato, cioè il Parlamento) ha raggiunto livelli record di isteria collettiva. Gli esempi dell’impazzimento purtroppo non si leggono solo sui social, dove tra i due schieramenti opposti non si sa chi arriva secondo nel derby della stupidità. Prendiamo la motivazione con cui l’Associazione dei presidi non ha firmato l’intesa con il ministero a proposito della possibilità che le scuole si facciano carico del pagamento dei tamponi per il personale non vaccinato, una dichiarazione solenne che fa presumere che in capo ai presidi siano state trasferite responsabilità di salute pubblica (senza che la circostanza sia stata resa nota alla pubblica opinione): “Non vogliamo favorire alcuna logica di sostituzione della vaccinazione con il tampone”. Hai capito i presidi? Il professor Locatelli vada a lezione da loro.

Una delle ultime chicche è il linciaggio (da parte della “supposta sinistra”: potete decidere voi qual è l’aggettivo e quale il sostantivo) a cui è stato sottoposto il segretario della Cgil. Ma come si permette Landini di opporsi all’obbligo del Green pass nei luoghi di lavoro e alle relative sanzioni a danno dei lavoratori, che già hanno perso il diritto alla malattia pagata in caso di quarantena per Covid perché non sono stati stanziati i fondi? La più bella però è istituzionale e arriva dalla Sicilia. Tre giorni fa il presidente della Regione ha emesso un’ordinanza con cui vieta l’ingresso agli uffici pubblici a chi è sprovvisto del pass (davvero): il provvedimento – è facilmente immaginabile – non resisterà al vaglio degli organi giudiziari, fosse anche solo perché per fruire di alcuni servizi (anagrafe, questure) è proprio necessaria la presenza fisica. Come risponde il presidente Musumeci? Al Corriere ha detto: “Ognuno ha il diritto di criticare, io ritengo che la politica debba stare tre passi lontana da questo tema, guai a doverlo ideologizzare (???). Nessuno ha la ricetta. Se il capo dello Stato dice che vaccinarsi è un dovere civico, io istituzione ho il dovere di promuoverne l’esigenza”. Per la cronaca la domanda era chiara: “La sua ultima ordinanza che prevede il Green pass per gli uffici pubblici ha sollevato critiche non solo dal Garante della Privacy ma anche da Lega e Fratelli d’Italia”.

Avete letto i numerosi editoriali in cui commentatori di vari giornali hanno bandito da casa loro gli amici non vaccinati? Secondo voi questi brillanti opinion maker si rendono conto che le loro dichiarazioni sono un grande spot contro i vaccini (che non garantiscono in effetti l’immunità dal contagio)? L’altro giorno abbiamo dato conto ai lettori di uno studio dell’Osservatorio sulla legalità costituzionale Stefano Rodotà sui problemi di conformità alla Costituzione e alle norme europee che pone il Green pass: se si potesse ancora dire, si trattava di un pezzo “tecnico”, in cui si argomentavano le obiezioni dei professori. Siamo stati sommersi da una marea di critiche assurde, da parte dei #vivalascienza – e questo era prevedibile – ma pure dei no vax-pass! Tralasciando i soliti insulti (che come sempre dicono molto di chi li proferisce), quel che lascia allibiti è l’assoluta mancanza di riferimenti al testo dell’articolo (e quindi dello studio). Nessuno risponde alle considerazioni dei giuristi, è tutto un fritto misto di dati sparati a caso, improperi, complotti, accuse reciproche. Ci si occupa di tutto fuorché delle questioni centrali, che in questo caso si riducono a una domanda: se il passaporto diventa obbligatorio per muoversi, lavorare e accedere ai servizi come può il suo presupposto necessario – il vaccino – non esserlo? Non è così complicato. Aspettiamo l’autunno, ma l’epidemia di idiozia non sembra arginabile.

 

I cantori dell’Afghanistan. Adesso vanno confinati nel disprezzo eterno

Ero tentato di scrivere al direttore per chiedergli – invece dello spazio di questa rubrichina – una pagina, o due, o tre, per elencare tutti gli insulti ricevuti negli anni da quelli, come me e molti altri, che alla guerra in Afghanistan (e in Iraq) sono sempre stati contrari. Utopisti, imbelli, amici dei talebani (qualche imbecille col botto lo ha detto anche ieri), comprese insolenze di stampo fascista (malpancisti, panciafichisti), più analisi geopolitiche dei puffi, più rapporti amorosi (ed economici) con la Cia e il Pentagono, più le accuse di tradimento dell’Occidente. Insomma, mi limito a questa minuscola sintesi delle infamie ricevute per vent’anni. Anche ieri, su Repubblica, Francesco Merlo ci ricordava che “il pacifismo assoluto è un’utopia infantile e qualche volta pericolosa”, ed ecco sistemato anche Gino Strada (ciao, Gino).

Siamo abituati agli insulti, anche se alcuni – recentissimi, di ieri – suonano davvero intollerabili (ah, sei contento che gli americani si ritirano! E le donne? E i bambini? Sei come i talebani!), argomenti di poveri disperati che preferiscono fare la figura dei coglioni piuttosto che ammettere un errore politico durato due decenni.

Paradossalmente, la vergogna non riguarda solo una guerra criminale e sbagliata, ma anche il suo grottesco epilogo. Speravano, tutti gli “armiamoci e partite”, che l’esercito del governo fantoccio resistesse almeno tre mesi. Cioè: fatevi sbudellare per permetterci di scappare con più agio. La risposta – comprensibile – è stata “col cazzo”, e mentre i militari da noi così efficacemente addestrati (ahah, ndr) si arrendevano, i loro capi, da noi così generosamente coperti di soldi, scappavano oltre confine, e chi s’è visto s’è visto.

Avendo letto qualche libro di storia, avevamo imparato che chi perde una guerra viene sostituito, cacciato, sommerso dal disprezzo, insomma, il famoso “vae victis”, guai ai vinti. E invece no. Perché i cantori della guerra persa non hanno perso per niente. Ne escono vittoriosi, più ricchi e più grassi – insieme ai feroci talebani – anche tutti gli apparati militari occidentali, che per vent’anni sono stati ricoperti d’oro per sostenere il più grande affare del mondo: la guerra al terrorismo. Tremila miliardi di dollari, è costato tutto questo scempio di vite, per lo più intascati da contractors privati, produttori di bombe, lobbisti delle armi, consulenti strategici, Pentagono, servizi segreti. Con tremila miliardi di dollari, in vent’anni, si potevano consegnare a ogni afghano centomila dollari in contanti, trasformando quel paese in una specie di Svizzera o Lussemburgo. Invece i soldi sono passati da una tasca all’altra degli invasori – una partita di giro – e per gli afghani bombe e terrore. I “signori della guerra” (cfr, Bob Dylan, 1963) siedono a Washington e nelle cancellerie occidentali, nei giornali che hanno insultato per vent’anni (e continuano tutt’ora) i pacifisti, nelle lobby degli armamenti, tra tutti i parlamentari che per vent’anni hanno finanziato e rifinanziato le missioni armate all’estero chiamandole “missioni di pace” e “umanitarie”, e si è visto. Non si farà fatica a ricordare nomi e cognomi, da Bush a Blair giù giù fino ai pensosi corsivi di oggi che ci spiegano, in clamorosa malafede, che la guerra era giusta, peccato per come è finita. Ecco, segnarsi i nomi, almeno quello, in modo da non votarli mai più, non leggerli mai più, da confinarli nel disprezzo eterno. Non sarà un risarcimento, ma almeno un piccolo esercizio di dignità personale.

 

L’anomalia di B. ha minato il possibile bipolarismo

Rivendicando il merito di averlo inaugurato lui, Berlusconi si erge a difesa di un bipolarismo proteso al bipartitismo. Un assetto nel quale egli inscrive la sua proposta di un’asse con Salvini che evolva verso il partito unico del centrodestra. Si può convenire sulla circostanza che le democrazie mature si impernino su un’aperta competizione tra offerte politiche alternative suscettibili di avvicendarsi in condizioni di sicurezza democratica, cioè di sostanziale condivisione di principi e regole comuni (essenzialmente quelli costituzionali). Peccato che il Cavaliere faccia poi leva sulla smemoratezza. Sia quando scrive della reciproca legittimazione tra gli schieramenti (si pensi al suo sistematico ricorso al repertorio della polemica anticomunista sino all’epiteto di coglioni con il quale apostrofava gli elettori del campo avverso). Sia quando bollava la Costituzione vigente come “sovietica” e attentava alla separazione dei poteri. Sia quando si spinge a definire FI la sola forza politica autenticamente liberale, cristiana, europeista, garantista. Come se la stagione del Caimano fosse una nostra allucinazione. Come se il conflitto di interessi fosse una favola. Come se egli fosse immune dal tarlo di un populismo di nuovo conio. Come se ci fossimo inventati l’incrinatura da parte sua del fronte europeista: si pensi all’esordio con le istantanee dimissioni del ministro degli Esteri del suo primo governo (Ruggiero), al sostegno alla guerra all’Iraq, ai sorrisi imbarazzati di Merkel e Sarkozy. Solo un’acrobatica operazione esorcistica può confutare semmai la tesi contraria e cioè che proprio la marcata anomalia rappresentata da Berlusconi ha pregiudicato la prospettiva dell’approdo a una fisiologica democrazia dell’alternanza.

Ciò detto – ma il discorso ci condurrebbe lontano – a pregiudicare un tale sviluppo è stato anche, sul versante opposto, non già come da luogo comune l’antiberlusconismo, ma l’inopinata accelerazione verso la suggestione di un forzoso bipartitismo, non congeniale alla tradizione italiana, prima da parte di Veltroni e poi di Renzi.

Ciò per quanto attiene al passato. Circa il presente, merita chiedersi perché il Cavaliere, ora da posizioni largamente minoritarie, propugni il partito unico. Difficile sottrarsi all’impressione che, qui sì nel segno di una “coerenza concretista”, egli non rinunci all’idea di sempre, quella di non privarsi di un’arma politica consistente a difesa delle sue aziende. È significativa la circostanza che la famiglia risulti la più convinta al riguardo. Meno il ceto politico residuo di FI che, animato da un concretismo endemico e speculare, è incline piuttosto ad accasarsi nei due alleati più robusti avendo inteso che ora Berlusconi investe sempre meno sul suo vecchio partito. E quasi lo sacrifica. L’interesse di Salvini all’asse con lui è chiaro: contrastare la Meloni in ascesa, meglio con una federazione per non imbarcare troppi transfughi. In conclusione: non solo è assai poco plausibile, in radice, l’autorappresentazione sublimata di FI come partito liberale ed europeo, ma tantomeno lo è che esso possa oggi egemonizzare una destra imperniata sulla coppia sovranista Lega-FdI. In concreto: del tutto improbabile il centro autonomo e mobile suggerito da Galli Della Loggia, decisamente più probabile l’annessione di fatto alla Lega di ciò che resta di FI.

 

Il binomio guerra–bugie: le frottole dei giornaloni ipocriti sul Medio Oriente

La guerra poi si associa sempre alla bugia. C’è bisogno di raccontare frottole per giustificare l’assassinio di persone. Subito dopo l’11 settembre era chiaro che non c’era un cittadino afghano coinvolto nell’attentato di New York. La motivazione “I talebani danno rifugio a Bin Laden” non reggeva. Bin Laden era scappato prima in Pakistan. (Gino Strada, Presa diretta, 14 maggio 2021)

La sconfitta nel Vietnam afghano (per la cui ricostruzione storico-satirica rimando ai Ncdc del giugno scorso: bit.ly/3CSBXL8) non impedisce ai frottoli nostrani di continuare a frottolare. Sono figure di punta dei giornaloni e della politicona, ma a sputtanarli basta ormai un tweet di cittadini informati. Nell’attesa che anche Draghi ci faccia conoscere la sua opinione sugli eventi in corso, e mentre il Foglio e Linkiesta titolano incolpando Biden, ai giornaloni e ai politiconi il compito di rimuovere i frottoli che danno loro la reputazione pessima di cui godono, per sostituirli con quei cittadini più informati. I loro nomi li trovate su Twitter. Eccone alcuni.

Paolo Gentiloni: #Afghanistan. Per coprire la disfatta ora non diciamo che era scontata. No, era giusto rispondere al terrorismo. Un altro epilogo era possibile (Grand Battery: Gli attentatori delle Torri Gemelle erano sauditi, pure Bin Laden era saudita ed è stato beccato in Pakistan. E gli Usa dove sono andati a combattere il terrorismo? In Afghanistan. Complimenti, somaro. IncalNero: Lei è quello di Minniti? Degli accordi con i Libici? Gentilmente può pudicamente tacere, ritirarsi a vita privata e farsi dimenticare?).Maurizio Molinari: In Afghanistan c’è una situazione che rischia di diventare come quella di Teheran nel 1979 con gli americani ostaggio dei pasdaran (squalotigre77: Ma che stai a dire? A Kabul ci sono 6000 soldati americani).Maurizio Molinari: L’Afghanistan è caduto nelle mani del più medioevale dei regimi oscurantisti. È la fine di vent’anni di tentativi per raggiungere la democrazia (Antonio Bonasera: Perché allora non provare in Arabia Saudita. Antonio Bergami: Vi sfugge che una conquista così rapida è dovuta a un consenso popolare vastissimo. Dobbiamo finirla di pretendere di insegnare come vivere ad altri popoli). Beppe Severgnini: Tutto per niente (mazzettam: quindi ci dobbiamo attendere delle enormi e sentite scuse dal Corriere e dai suoi giornalisti che hanno supportato, anche a suon di balle, l’invasione d’Iraq e Afghanistan o sono solo lacrime di coccodrillo?).Gianni Riotta: Addio a Kabul. Ora Afghanistan torna nelle mani dei Taliban sarà morte tortura galera deportazione per milioni di civili (francesco iannuzzi: per milioni di civili??? ma che xxxxo scrivi).Annalisa Chirico: Non ho capito: con decine di connazionali ancora bloccati in un paese nelle mani dei terroristi, il governo italiano intende riferire al Parlamento il 24 agosto? È uno scherzo? Non mi importa delle vacanze di Di Maio ma voglio sapere come salviamo gli italiani (Giovanni Di Blasi: Sig.ra Annalisa, le confido un segreto: gli italiani in Afghanistan li stiamo già salvando e l’Afghanistan è in mano ai talebani, non ai terroristi. Quando non si capisce nulla di nulla ma si vuole commentare lo stesso).Enrico Letta: La democrazia non si può esportare con la guerra (@graziano88: Vero, peccato che durante il governo Prodi solo Rifondazione Comunista votò contro il rifinanziamento della missione NATO in Afghanistan. L’ipocrisia una volta rotte le uova). (1. Continua)

 

Sui colori delle Regioni pesa il fattore estate

Ogni nuovo mattino, uscirò per le strade cercando i colori. Sono parole di Cesare Pavese, profetiche dei fatti dei nostri giorni. Da più di un anno la nostra vita è regolata dal colore assegnato alla regione di appartenenza. Viviamo nella paura di diventare “rossi”, accontentandoci di esser “gialli”, sognando di diventare “bianchi”. Cosa possiamo fare per meritarci il candore del bianco? La risposta è cambiata nel tempo. I nuovi criteri prevedono che la decisione si fonderà sul tasso di ospedalizzazione, cioè delle occupazioni dei letti dei reparti di sub-intensiva e delle terapie intensive, che sostituirà l’odiato Rt. Sicuramente, è un criterio molto più sensato dei precedenti che mettevano al centro un complicato calcolo basato sull’infettività, mai rispondente alla realtà a causa dei ritardi di comunicazione dei dati di positività. Peraltro, grazie alla vasta vaccinazione, ha sempre meno importanza il numero dei positivi, poiché i vaccini assicurano un’ottima prevenzione della severità della malattia e il quasi azzeramento dei decessi. Era da tempo che noi tecnici richiedevamo questa revisione e, finalmente, è arrivata. Purtroppo d’estate, a causa dell’enorme movimento turistico, è impossibile, per valutare le condizioni di una regione, utilizzare gli stessi criteri applicabili in inverno. Il concetto è semplice. Prendiamo in considerazione i ricoveri. Sono soggetti che si sono infettati almeno una o due settimane prima, probabilmente anche in luoghi diversi. Molti di loro fanno parte del gruppo di vacanzieri che sono già tornati a casa o sono comunque in altre località. Imporre restrizioni alla regione nella quale hanno manifestato la malattia è una penalizzazione inutile. Si rischia di prendere provvedimenti in relazione a una situazione che non c’è più. Piuttosto si dovrebbero adottare misure di tracciabilità degli anziani e dei fragili, in modo da controllare, anche con periodici tamponi, l’eventuale acquisizione dell’infezione. Ma questo è un altro problema. Per ora non ci resta che augurare zona bianca per evitare una vita in bianco!

 

Renzi, un uomo chiamato Airbag

Matteo Renzi torna a gloriarsi delle sue eroiche iniziative, che gli avranno pure prosciugato fino all’ultima goccia di simpatia e consenso, ma hanno salvato il Paese: “Noi di Italia Viva non siamo un partito, siamo un airbag”. Tondo come lo zero virgola. “Per due volte l’Italia stava andando a sbattere. La prima volta con Salvini… e fosse stato per il Pd avremmo avuto 5 anni di Salvini-Meloni, si sciacquassero la bocca prima di parlare di quello che abbiamo fatto noi. La seconda volta è nel 2021, lo abbiamo salvato da Conte. Immaginate cosa avrebbe potuto raccontare Casalino con tutte le medaglie d’oro vinte alle Olimpiadi. Invece sono a casa”. Renzi ha detto di essere corso “nel mio ufficio in Senato” per far sentire la presenza in queste ore drammatiche per l’Afghanistan. Strano, perché le dichiarazioni di ieri le ha pronunciate un po’ dalla Versilia e un po’ da Riva di Garda. L’uomo-airbag è pure ubiquo.

Stragi, familiari delle vittime: “Elogiò Rauti, Draghi non nomini De Pasquale agli archivi”

Il presidente del Consiglio Mario Draghi non ratifichi la nomina di Andrea De Pasquale al vertice dell’Archivio centrale dello Stato. Lo chiedono con forza i rappresentanti delle vittime delle stragi. Lo ha scritto in una lettera a Draghi il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, seguito da Manlio Milani (vittime della strage di Brescia) e Carlo Arnoldi (vittime di Piazza Fontana).

Il sovrintendente dell’Archivio centrale dello Stato, appena nominato dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ha infatti un ruolo delicato, perché a lui spetta l’attuazione della “direttiva Renzi” che toglie il segreto dai documenti sulle stragi, di recente ampliata da Draghi su Gladio e P2. “È un ruolo che richiede una spiccata sensibilità costituzionale e una coraggiosa autonomia rispetto alle numerose pressioni politiche che possono ostare all’attuazione dell’iniziativa”, scrive Bolognesi. Requisiti che mancano a De Pasquale, che da direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma, quando nel novembre 2020 acquisì il fondo archivistico personale del fascista Pino Rauti, lo comunicò con una nota dai toni agiografici diffusa dalla Fondazione Rauti e dalla famiglia, senza alcuna spiegazione sul ruolo di Rauti, militante dei Fasci di Azione Rivoluzionaria e poi fondatore di Ordine nuovo, il gruppo che più d’ogni altro partecipò alla strategia delle stragi, realizzando – secondo quanto attestano sentenze ormai definitive – l’attentato di piazza Fontana e quello di piazza della Loggia a Brescia. De Pasquale partecipò anche alla presentazione (celebrativa) della donazione, insieme a Isabella Rauti, figlia di Pino e senatrice di Fratelli d’Italia. Allora Franceschini pretese la rimozione immediata dal sito istituzionale beniculturali.it del comunicato agiografico su Rauti. Ora ha firmato il decreto che porta De Pasquale al vertice dell’Archivio di Stato, dove è esposta la copia originale della Costituzione antifascista e da dove dovrebbe gestire le carte declassificate su stragi, Gladio e P2. “Nei siti e nei canali istituzionali della Biblioteca di cui De Pasquale era responsabile”, scrive Bolognesi, “è mancata una qualunque forma di contestualizzazione storico-critica della figura di Rauti, personaggio a dir poco controverso nel panorama del neofascismo italiano”. Anche Pier Luigi Bersani chiede che si ascoltino i familiari delle vittime. E Tomaso Montanari, rettore dell’Università per gli stranieri di Siena, aveva già dichiarato che con il comunicato della Fondazione Rauti “la Biblioteca nazionale di Roma ha completamente smarrito il senso costituzionale della cultura”.

“Disabili e minori non devono pagare il supplemento”

Un genitore al posto 4C e il figlio minore a quello 19 E. Ma anche un disabile lontano decine di sedili dal suo accompagnatore. Questa la quotidianità che vivono i passeggeri Ryanair se non acquistano il supplemento previsto dalla compagnia che, tuttavia, non può essere applicato. L’Enac, l’autorità per il trasporto aereo, lo ha spiegato bene negli scorsi mesi alla compagnia low cost che però non si è adeguata continuando a far pagare il supplemento al costo del biglietto aereo per l’assegnazione di posti vicini agli accompagnatori di minori e disabili. Così l’Enac ha sanzionato Ryanair per 35.000 euro e sta anche valutando se presentare un esposto alla Procura della Repubblica. Il nuovo regolamento urgente varato dall’ente prevede infatti che non ci sia sovrapprezzo per chi, a bordo di un aereo, ha bisogno di sedersi accanto ai propri figli o una persona disabile. Sarebbe dovuto entrare in vigore il 27 luglio, ma il tribunale amministrativo del Lazio – su ricorso di Ryanair – aveva rinviato il tutto a Ferragosto dando più tempo alle compagnie per applicare questa gabella senza timore di essere sanzionate. “I passeggeri pertanto che hanno necessità di viaggiare accanto a minori e persone con disabilità devono ancora pagare un supplemento per ottenere i posti vicini”, spiega l’Enac, evidenziando che Ryanair “ha solo modificato una disposizione contrattuale, di difficile percezione da parte del passeggero, che permette di non pagare ovvero di ottenere il rimborso della maggiorazione del prezzo pagata sul biglietto, solo all’esito di una complessa procedura, evidentemente elusiva del regolamento Enac e contraria a quanto disposto dal Tar”. “È sconcertante come Ryanair – commenta il presidente dell’Enac, avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma – continui ad attuare pratiche commerciali aggressive, comportamenti basati solo sul profitto che non tutelano i diritti dei passeggeri e non rispettano le norme di sicurezza”.