“Per me riposare è fatica”. Parola della Signora Narratrice più singolare d’Italia: la marchesa Camilla Salvago Raggi. Straordinaria per l’età, certo, visto che è nata a Genova il 1° marzo del 1924, anche se, come ha detto di recente, “quando qualcuno, scrivendo di me (rare volte ma succede), mi definisce una novantenne, un po’ ci resto male. Lo sono, anzi ben più che novantenne, ma un conto è dirselo da sé, un conto leggerla nero su bianco, quella parola in cui non mi riconosco. Meglio le parole – benevole – degli amici”.
È quindi Signoraper antonomasia, Camilla Salvago Raggi, per due ragioni precise. Come letterata, per prima cosa. Narratrice e poetessa, traduttrice (di D. H. Lawrence, Wilde, Conrad, Virginia Woolf) e autrice di racconti e romanzi (Il noce di Cavour, Prima del fuoco) assai lodati. Secondo il critico Giovanni Pacchiano, inoltre, il suo libro L’ora blu, pubblicato da Marietti nel 1995, è “il romanzo breve più bello del Novecento italiano, alla pari con Il diavolo sulle colline di Cesare Pavese”. Ma è Signora pure per ragioni di nascita: un antico e nobile casato ligure, di cui ha scritto in tante pagine mirabili (in La Druda di famiglia, per esempio).
Alla Salvago Raggi, vedova dello scrittore Marcello Venturi (1925-2008), l’indimenticabile autore di Bandiera bianca a Cefalonia, la Fondazione Guido e Giovanna Zavanone ha dedicato il bel volume Per Camilla. Saggi e testimonianze per Camilla Salvago Raggi, curato da Rosa Elisa Giangoia e Stefano Verdino e appena uscito per i tipi de Il canneto editore. Un libro, questo, che celebra i 97 anni della scrittrice, innervato dai tanti interventi di amiche, amici, critici, studiose e studiosi e impreziosito da una lirica inedita di Giorgio Caproni (che pubblichiamo qui accanto, ndr). Il grande poeta livornese fu uno dei tanti rilevanti corrispondenti di Camilla: Anna Banti, Elena Croce, Beatrice Solinas Donghi, Natalia Ginzburg, Gina Lagorio, Rosetta Loy, Lalla Romano, Carlo Betocchi, Raffaele Crovi, Georges Duby, Elio Vittorini…
Spiegano Giangoia e Verdino che “nel cuore della sua ‘quinta età’ Salvago Raggi non cessa di stupire i suoi lettori, i suoi amici, i suoi fan, per l’energia con cui affronta costantemente le sue giornate”. E aggiungono: “Naturalmente si presume che molto si debba alla sua inesauribile voglia di leggere e di scrivere, davvero ‘passione predominante’ della sua vita, fin dalle prove (inedite) dell’adolescenza scambiate con la coetanea Beatrice Solinas Donghi (vedi le Lettere verdi del 1938-40) e poi con il lungo sodalizio con lo scrittore Marcello Venturi, suo sposo”. Una “dote davvero straordinaria del suo spirito è la tonalità di ‘allegro con brio’, si potrebbe dire (per lei grande musicofila), che pare un tratto davvero ineguagliabile poiché connesso all’età più che veneranda. Un ‘allegro con brio’ che si ritrova nella sua scrittura, che vive di un singolare paradosso: per quanto la narrazione sia per lo più rivolta al passato, un passato autobiografico e di genia (tra i Raggi e i Salvago), nondimeno essa è priva di tonalità malinconiche e nostalgiche ma tende a dipanarsi in fragranti epifanie, ipotesi e garbate ironie”.
Il primo racconto le venne pubblicato grazie ad Anna Banti nella prestigiosa rivista Paragone, nel 1958. Fu per quel testo che conobbe Marcello Venturi. Camilla ha ricordato che Venturi, “allora direttore editoriale della Universale economica di Feltrinelli”, volle “includerlo in un volume”. Fu un “racconto galeotto, perché grazie a quello, e a Paragone, trovai non solo un editore ma un marito”.
L’inedito
Poesia su carta gialla
Torna agli occhi leggeri.
Canta. Torna
– e non avere paura –
ai tuoi alberati pensieri.
Torna ai rimorchiatori,
alla quarta corda
profonda dei vapori
di corso Oddone. Torna
a quando ti batteva al polso
la speranza – e credi
anche se più non c’è
un filo di brezza
per te, alla giovinezza
acre e scontrosa dei
tuoi giorni verdi – al vento
di vita della giovinetta
passati accanto, ai bei
fuochi di San Giovanni, ai
giochi e alle sassaiole
sull’erba. Torna
dove non si può tornare
e così dolce è sostare.
Torna dov’anche la morte
ha un fiore in bocca, e fingi
(fingi) di credere
che tutto quello che stringi
(vana aria) è un procedere.
23/6/195…
Giorgio Caproni
*Poesia inedita offerta da Silvana Caproni, figlia del poeta Giorgio Caproni, alla marchesa Camilla Salvago Raggi