Basta col mito del calcio ricco più volley, basket e nuoto in tv

Si sprecano in questi giorni le riflessioni sul nuovo Rinascimento italiano, dentro il quale i successi delle ultime Olimpiadi sarebbero la più recente prova ontologica dell’esistenza di Draghi. Gli eccessi di retorica e il trionfalismo cuciti su eventi che ci hanno emozionato fino alle lacrime sono altrettanto molesti del catastrofismo cosmico permanente. Ma se c’è una lezione da trarre da questi giorni indimenticabili per chi ama lo sport è quella che di sport in televisione ce n’è poco. Intendiamo lo sport vero, non il circo miliardario del calcio mandato in onda sette giorni su sette: parliamo della saltatrice australiana che prende appunti sul diario tra un tentativo e l’altro, della ginnasta che si ritira ma poi ritorna, del pugliese che parla come Zalone ma marcia come Pamich, della pentatleta in lacrime per il quarto posto, della nuotatrice che esce di scena. Istantanee commoventi per sport poveri che hanno composto giorno dopo giorno un affresco di umanità pulita, vera. In una parola: di realtà. Detto ciò la domanda che subito viene da farsi è: adesso che la festa è finita non è che si ritornerà come niente fosse ai soliti tristi riti che in tv celebrano solo il calcio, fortissimamente il calcio? Un discorso che vale anche per la Rai, che da tempo ne ha perso parte dei diritti ma in ogni caso di esso riempie la maggior parte del palinsesto sportivo. Già, perché ora che le Olimpiadi di Tokyo hanno spalancato porte e finestre sugli sport più umili e meno alla moda, dove cuore, sudore e lacrime si mixano decoubertianamente in una rappresentazione ancora genuina, sarebbe il caso di riflettere sulle ore di trasmissioni insulse, piene di parole inutili, che riempiono i palinsesti dilatati delle tante reti. Talk che hanno l’unica funzione di giustificare con la messa in onda la propria esistenza. Ripensare allora i programmi, della Rai innanzitutto, alla luce di queste Olimpiadi significa provare a riconsiderare la presenza dello sport in televisione. Di tutto lo sport. Dandogli magari una più spiccata riconoscibilità di rete. Insomma non è solo un problema di mancato streaming delle gare: si tratta di allargare la scena oltre il football, magari rinnovando cronache e cronisti. Sentire Bragagna raccontare l’atletica, vedere Elisabetta Caporale intervistare in inglese senza intoppi o Alessandra De Stefano condurre il Circolo degli anelli, è stata una boccata d’ossigeno rispetto a commentatori e commentatrici che parlano di calcio non sempre a proposito, non sempre con perizia, ma di certo sempre troppo. Viene in mente la vecchia Rai che non tralasciava nulla, dallo sci di Thöni alla boxe di Benvenuti, dal ciclismo su pista di Beghetto all’ippica di D’Inzeo, dall’atletica di Arese alla pallacanestro di Meneghin, dal tennis di Panatta al nuoto di Calligaris fino alla ginnastica di Menichelli, sport ora del tutto scomparsi dai palinsesti e che nemmeno su Rai Sport trovano spazio (canali fotocopia tra l’altro mal utilizzati: un po’ archivio, un po’ repliche). Dopo Tokyo è giunta l’ora di allargare lo sguardo a eventi che una volta erano pane quotidiano in video e ora non lo sono più, sconfitti dalle leggi dell’audience. Ma chi lo dice che mandare in onda più atletica, più boxe, più ginnastica, più basket, più nuoto, più ciclismo, più volley debba penalizzare gli ascolti? E perché no, più tennis, nonostante ci sia un canale della federazione che fa un ottimo lavoro. Si abbia il coraggio, parliamo non solo della Rai, di andare oltre l’eterna liturgia intorno a un calcio straricco e famoso, con trasmissioni costruite sul nulla, con Domeniche Sportive che non sanno di sport, con Tiki Taka che del modulo spagnolo ricalcano solo l’estenuata ripetizione. Anche l’audience è fatta di abitudini. E le abitudini si creano.

 

Caso Betulla, Brunetta si dimetta da ministro

Se Marco Travaglio in un articolo del 6 agosto non avesse sollevato il caso di Renato Farina, in arte Betulla, arruolato, con 18 mila euro l’anno, come “consulente giuridico” nello staff del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, la cosa sarebbe rimasta del tutto inosservata. Del resto anche quando si venne a sapere che il Farina, che allora lavorava al Giornale, faceva due lavori, uno come giornalista, si fa per dire, e l’altro come informatore del Sismi, prendendo soldi dagli uni e dagli altri, ci fu chi lo difese perché in questo Paese di corrotti e corruttori c’è sempre qualcuno più corrotto degli altri. Giuliano Ferrara, che a suo tempo era stato informatore della Cia, non si sa se pagato con denari sonanti o altro tipo di favoritismi, scrisse: “Prende due stipendi? E che male c’è, fa due lavori”. È come se un poliziotto prendesse uno stipendio dallo Stato e un altro se lo intascasse come refurtiva.

Mi ricordo che all’epoca di quei fatti Valeria Braghieri, che lavorava e ancora lavora al Giornale, mi raccontò di aver trovato il Farina affranto, appoggiato a uno stipite, che piagnucolava: “Sì, è vero, ho preso dei soldi dal Sismi, ma li ho dati in beneficenza”. È tipico di questo genere di cattolici salvarsi la coscienza con i nostri soldi.

Ora il Farina si è dimesso. Ma il problema di fondo resta, perché non riguarda questo povero straccio, ma il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Perché è stato lui che, con dispregio del pericolo, del ridicolo ma anche dei suoi concittadini, ha assunto un soggetto che era stato condannato a sei mesi (poi patteggiati) per “favoreggiamento in sequestro di persona”. Quindi non è il Farina, che scappati ormai i buoi dalla stalla, doveva dimettersi, ma semmai Renato Brunetta. E ci piacerebbe che su questa questione che non è affatto risolta con le dimissioni del Farina ci fosse almeno un’interpellanza dell’opposizione, in particolare di Giorgia Meloni a cui abbiamo sempre riconosciuto, nonostante noi la si pensi molto diversamente, un’autentica passione politica. Ma anche gli altri partiti, 5 Stelle, Pd, Leu, Lega e quei Radicali che ai bei tempi di Marco Pannella erano molto attenti alla cosiddetta “questione morale”, non rimanessero indifferenti. Non ci possiamo appellare invece agli uomini di Forza Italia non solo perché Renato Brunetta è al centro della questione, ma perché a un partito che ha come leader un tale che ha avuto lo stomaco di truffare una minorenne orfana di entrambi i genitori non può interessare in alcun modo l’etica. Sia detto con buona pace del cattolico Renato Farina.

A sostegno del Farina è venuto in questi giorni Piero Sansonetti, uno che ha avuto un altro tipo di stomaco passando dall’Unità, quando i comunisti erano forti, al Riformista, oggi che a essere forti sono le cosiddette destre (chiedo scusa alla Destra). Ha scritto infatti il Sansonetti, paragonando i giornalisti del Fatto alle squadracce fasciste: “Gli squadristi facevano così. Andavano in sette otto, prendevano un avversario solo solo e lo bastonavano con ferocia”. A parte che questo è un oltraggio agli autentici martiri del fascismo, da Matteotti ai fratelli Rosselli, non mi pare che si possa definire “solo solo” un tale che è stato parlamentare per il Popolo della Libertà e che è ben incistato nel mondo berlusconiano che, fra le altre cose, gli ha permesso di fare un mestiere, quello del giornalista, per il quale non è per nulla tagliato.

Adesso il Farina, non sapendo dove altro appigliarsi, se la prende con me su Libero per un articolo che ho scritto sul Fatto a proposito degli “integralismi” Covid e MeToo. Lasciamo pur perdere che quel pezzo è in totale contrasto con la linea del Fatto, ma Marco Travaglio lo ha pubblicato ugualmente perché, a differenza del Farina, abituato a mettersi a buco punzoni davanti a qualsivoglia potere purchessia, è un giornalista e un autentico “liberale montanelliano”, a Renato Farina non rispondo, non perché la sua posa sgangherata non possa essere confutata punto per punto, non per “supercigliosità”, ma perché col Farina ho avuto già a che fare. In un anno che non ricordo Vittorio Feltri, direttore allora di Libero, mi mandò a casa il Farina per una lunga intervista. Nelle intenzioni di Feltri era una gentilezza nei miei confronti. Purtroppo su due pagine solo le prime dieci righe, scritte peraltro in un italiano penoso, erano veritiere, per il resto erano domande inventate e risposte altrettanto inventate. Mi ricordo che, stupito, mandai un biglietto a Vittorio che diceva pressappoco: “A tipi così, ai nostri tempi, si sarebbero affidati, e sarebbe stata ancora cara grazia, solo i Taccuini”. E allora che credito posso mai dare al Farina che oltre tutto, molto cattolicamente, mi dà già per defunto?

 

La goffaggine di Draghi: marmellata di foglie, plaid e crema antirughe

Finalmente stufo dei panegirici a reti ed edicole unificate, che lo trattano come fosse il viceré di Napoli, e per allontanare nel tempo l’epilogo imminente, la macchietta alla Totò, Draghi ha incaricato il suo ufficio stampa di diramare una velina che, elencando episodi, suffraghi il concetto della sua normalità al limite della goffaggine, e solleciti i giornalisti a trarne ispirazione d’ora in poi, per bilanciare i passati eccessi superomistici. Eccone un estratto.

Draghi non si vergogna di guardare la tv trash, Porta a porta compreso. Non sempre e non tutta, ma la guarda. E legge anche i settimanali di gossip, da Novella 2000 a Il mio Papa. Ma la sua vera passione sono i fotoromanzi: è abbonato a Sogno, Letizia, Kolossal, Charme, Kiss e Grand Hotel. L’attività di governo è pesante, e Draghi ogni tanto ha bisogno di leggerezza, come tutti.

Nella casa in Umbria, dove trascorre le vacanze estive, Draghi vive in infradito e bermuda. Ama dedicarsi ai suoi hobby: avvita, svita, scartavetra, smonta, rimonta e pittura. Ma sempre in modo maldestro. Quasi sempre, quando pulisce la piscina, inciampa e ci finisce dentro. La mattina, sul tardi, va a fare la spesa: compra cibo, e cerca di tirare sul prezzo whatever it takes: dal macellaio, per esempio, usa il bastone da passeggio per tenere sollevato il piatto della bilancia. In questo modo, una volta ha pagato 2 euro un kg di bistecche di chianina. Poi raccoglie le foglie e la frutta. Con la frutta ci fa la marmellata, ma una volta, per sbaglio, l’ha fatta con le foglie. Che pasticcione che sei, Mario!

Quando guarda la tv, Draghi di solito fa altre cose contemporaneamente. Per esempio stirare. Oppure dormire, con un plaid color pastello sulle gambe. Sottolineare che, quando dorme, Draghi russa. E a volte anche quando stira (No, questo non scrivetelo).

Draghi è entusiasta di alcuni nuovi prodotti di bellezza che ha scoperto da poco. Li aveva visti online e ha voluto provarli. Si è iscritto come venditore, tanto costava solo 10 euro, e ha subito potuto comprare a prezzo di costo un po’ di prodotti da provare, su di sé, su sua moglie e su qualche ministro. Davvero una monodose di Siero Antietà poteva cancellare rughe e occhiaie in due minuti? Sì, e per parecchie ore. Draghi è rimasto a bocca aperta vedendo Franceschini ringiovanire di 20 anni, rughe e occhiaie sparire in pochi secondi, la pelle farsi più compatta, più distesa, più luminosa, mentre gli sventolava sul viso una cartellina per velocizzare l’asciugatura del prodotto. Adesso vuole provarlo su Orlando per vedere se cancella anche il comunismo.

I negozi preferiti di Draghi – chi lo conosce bene lo sa – sono i supermercati. Golosone com’è, amante dei formaggi, ne fa sempre una gran scorta, che utilizza per i suoi manicaretti. In cucina, però, è una frana. Si offende quando sua moglie dice che non sa cucinare, ma la poveretta ha ragione. Una volta, Mario pretendeva di cuocere i tortellini Rana ricotta e spinaci versandone la confezione di plastica, intatta, nell’acqua bollente. Un’altra volta è riuscito a bruciare un ricciarello di ceci e timo con brodo di carote e sgombro!

Draghi odia svegliarsi presto. Ha fatto il pr nei locali per anni: nasce nottambulo e morirà nottambulo, anche se ormai spesso crolla raccontando la favola della buonanotte a Mattarella.

Quando guarda una partita di calcio in tv, Draghi è capace di scofanarsi coi nachos un’intera vaschetta di guacamole. Se la moglie lo rimprovera, lui replica che “L’avocado è grasso buono!”. No, Mario: il grasso buono è il culo di J-Lo. Come insegnava Federico Caffè.

 

Mail box

 

 

 

Una donna al Quirinale: la Bindi è tra i papabili

Condivido quanto scritto da un lettore in una lettera del 1° agosto riguardo alla possibilità della candidatura di Rosy Bindi al Quirinale. Con altri lettori che lo hanno già fatto, rinnovo anch’io questa proposta. Non sono mai stata una elettrice Dc e inorridisco all’idea di Berlusconi al Colle, come molti, senza pudore né memoria, hanno il coraggio di promuovere. Rosy Bindi ha rappresentato una rilevante parte della nostra storia politica per cultura, competenza giuridica ed esperienza istituzionale, unite a una storia personale senza ombre. Potrebbe certamente confermarle in un ruolo così importante.

Anna Natalia

 

Solidarietà alle afgane e alle lotte per la libertà

In Afghanistan i talebani stanno risalendo verso Kabul. La corruzione e la mala gestione sono i loro migliori complici, assieme agli alleati di quelle milizie che parevano scomparse. Il pensiero corre alle donne afgane, che con fatiche immani si erano scrollate di dosso secoli di prevaricazioni e ingiustizie, a tutte le donne di Kabul e alle loro ultime speranze per una società che di sicuro andrà ben oltre quella che i talebani vogliono riproporre. Sono loro le vittime sacrificali di questo rigurgito, ora marea inarrestabile. Il pensiero va alle loro energie che si vuole annientare e a quelle dita “marchiate” d’inchiostro ed esibite con tanto orgoglio. Alla voglia di studiare, di lavorare, d’intraprendere, d’insegnare. Di esser parte di un mondo che oggi sembra andare di nuovo verso il buio.

Luca Soldi

 

Su Farina, il “Fatto” ci ha risparmiato un flop

Un grazie di cuore a Marco Travaglio per averci risparmiato, con la pubblicazione su Il Fatto Quotidiano del curriculum di Renato Farina (agente Betulla), la sua ascesa al governo, a seguito della nomina fatta da Brunetta con lo scopo di rendere l’esecutivo dei migliori ancora migliore di adesso. Anche questa l’abbiamo scampata.

Francesco Forino

 

“L’uomo che piantava gli alberi”: un capolavoro

Segnalo il libro L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono (Salani Editore). Mi fa pensare a quanto accade nella mia Sardegna e in molti altri luoghi. Una storia semplice, un messaggio d’amore per la riconciliazione dell’uomo con madre natura. L’opera del protagonista, che vive in solitaria e pianta alberi, è degna di ammirazione, come l’impegno del politico nella tutela della natura. A differenza dei politici attuali che, inseguendo il Dio denaro, tradiscono il futuro di milioni di esseri umani.

L’uomo che piantava gli alberi ha saputo vincere la morte dando la vita a un albero e, giorno dopo giorno, a una foresta, a una nuova casa per altri esseri viventi. Franco Tassi scrisse “è ancora possibile un ritorno alla cultura, all’amore, dell’albero e della foresta: con la forza e l’ispirazione che solo la natura può dare”.

Angelo Salvatore Cuccu

 

Il controllo del Pass non calpesta i diritti

Ieri sono passato dalla biblioteca per ritirare un libro prenotato. All’entrata c’era un avviso che limitava l’accesso ai possessori del Green pass, che doveva essere mostrato assieme a un documento, chi non l’aveva era invitato a sostare all’esterno dove il libro richiesto sarebbe stato consegnato dal personale. Io sono entrato con Green pass e documento d’identità in mano, il controllo è durato alcuni secondi e non mi sono sentito offeso o defraudato dei miei diritti. Credo che dovremmo preoccuparci di altre cose, come il clima impazzito, eppure ci agitiamo come se quel pezzetto di carta fosse il confine fra la vita e la morte. L’orchestrina del Titanic sta suonando a più non posso e noi balliamo, balliamo…

Paolo Antolini

 

Al dicastero della Pa Razzi e Scilipoti

Preso Renato Farina che in assoluto è il migliore, ora si potrebbe anche pensare di prendere Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, scegliete voi la mansione poiché sono bravi in qualsiasi posto li si metta.

Antonio di Pietro

 

Perché Emiliano strizza l’occhio a CasaPound?

Michele Emiliano si è espresso in favore del sindaco di Nardò, simpatizzante di CasaPound, noto per aver più volte ostentato il suo credo fascista con frequentazioni e “saluti romani” inequivocabili. Presidente, lei fa parte di un partito di sinistra che fonda sull’antifascismo il suo carattere d’identità e non può tradire questo principio in nome di una “sincera amicizia”. Qui non siamo al Peppone e Don Camillo di Guareschi, ma alla concezione dell’uso della violenza nella politica, tutt’ora praticato e propagandato dai fascisti, ripudiato dai democratici. Deve fare una scelta: l’antifascismo non ammette deroghe. Sarebbero una offesa alla nostra Costituzione e al sangue versato per scriverla. Si ravveda e prenda le distanze da chi ha nostalgia della violenza politica. Anche per non sporcare quanto di buono ha fatto per la sua Regione.

Massimo Marnetto

Vaccini in famiglia “Mio figlio vuole immunizzarsi, ma la madre è no-vax”

 

 

Gentile redazione, mi chiamo Stefano e sono di Ferrara. Non sono un vostro lettore costante perché vivo col Reddito di cittadinanza e devo stringere la cinghia, ma apprezzo molto la vostra linea editoriale. Volevo segnalarvi quella che a mio avviso rappresenta una lacuna piuttosto ingiusta nella normativa sulla vaccinazione anti-Covid dei minori.

Ho un figlio di 16 anni e mezzo che frequenta un Istituto tecnico della mia città che vorrebbe vaccinarsi. Personalmente ho già effettuato entrambe le vaccinazioni (senza avere il minimo problema) e sono in possesso del Green pass, quindi sono favorevole alla sua vaccinazione, ma la madre è un’accanita No-vax e si oppone fermamente. Dato che è necessario il consenso di entrambi i genitori, mio figlio, stante l’attuale normativa, non può essere vaccinato.

Alla sua età, oppure diciamo dai 15 anni in poi, credo che i ragazzi dovrebbero avere il diritto di veder prevalere le loro convinzioni, se questo riguarda la propria salute, il proprio corpo e anche una sicura agibilità alle relazioni pubbliche.

Egli rischia difficoltà e discriminazioni che possono essere mortificanti: ad esempio, se nella sua classe fosse l’unico a non esser stato vaccinato, tutti i suoi compagni dovrebbero indossare la mascherina in aula, e glielo farebbero pesare. Per non parlare dell’impossibilità di seguire gli amici quando in gruppo ci si reca in un locale pubblico e cose del genere.

Ho fatto presente tutto ciò alla mia ex moglie, ma non c’è stato nulla da fare: non dando il consenso, lei è convinta di salvare nostro figlio da morte certa.

Credo che esistano molte realtà familiari in condizioni simili alla mia – famiglie in cui vi è dissenso sulle vaccinazioni tra i coniugi o tra i coniugi e i loro figli – e credo che le autorità governative dovrebbero per lo meno esaminare meglio il problema, ma da nessuna fonte d’informazione ne sento parlare. Si tratta di ragazzi, di cittadini che tra poco più di un anno saranno maggiorenni, che stanno subendo una coercizione di una certa rilevanza.

Forse avrei dovuto scrivere tutto ciò proprio a un’Autorità, ma sono anziano e non mi è facile districarmi trai siti.

Grazie per l’attenzione e saluti.

Stefano M.

Il mecenate dei camion non trova 60 autisti

Qualcuno risponda al grido di dolore di Gerardo Napoli, 49 anni, amministratore dell’azienda di logistica salernitana Napolitrans: “Ho veramente bisogno di 60 autisti. Contratto della logistica, tutto in regola. Nove ore al giorno per 5 giorni, tremila euro netti al mese”. Il lamento dell’imprenditore, che non può far crescere la sua azienda perché non riesce a trovare camionisti, è stato raccolto da Rita Querzè sul Corriere della Sera di ieri e rilancia l’”allarme” sollevato dal Sole 24 Ore: nessuno pare più voler guidare i camion.

Ma lo scoop vero è un altro e il Corriere non lo ha colto: Gerardo Napoli, udite udite, offre uno stipendio pari al doppio del contratto nazionale della logistica. Secondo le tabelle allegate al rinnovo del contratto firmato il 18 maggio (facilmente riscontrabili sul web), la retribuzione tabellare massima per il personale viaggiante nel trasporto merci è di 1.750,78 euro (lordi) al mese. Con gli aumenti concordati a maggio, i camionisti più esperti raggiungeranno i 1.841,12 euro mensili lordi a marzo 2024. Nello stesso periodo, lo stipendio massimo per il personale non viaggiante passerà da 2.246,66 a 2.361,89 euro lordi al mese. Ma il mecenate di Salerno paga il doppio: forza giovani, non lasciatelo solo!

Il capo padano finora silente: sei ipotesi

Leggiamo che nell’ormai celebre comizio di Latina, Claudio Durigon aveva accanto Matteo Salvini. Circostanza piuttosto interessante che solleva alcune ipotesi sull’atteggiamento del leader leghista che sottoponiamo al giudizio dei lettori.

1. Distratto. Mentre il sottosegretario all’Economia proponeva d’intitolare il parco pubblico ad Arnaldo Mussolini, cancellando i nomi di Falcone e Borsellino, come al solito Salvini si stava concedendo ai selfie dei fans e proprio non ha sentito.

2. Indifferente. D’abitudine quando parla Durigon, qualunque cosa dica, Salvini non ascolta mai.

3. Ignorante. Salvini ha sentito benissimo ma non ha capito. Solo a casino scoppiato ha chiesto a uno dei suoi che ha fatto le superiori chi diavolo fosse quell’Arnaldo lì, forse un parente di Alessandra Mussolini?

4. Inconsapevole. Salvini va in giro con i ritratti di Falcone e Borsellino sulla mascherina ma è convinto che siano due giocatori del Milan.

5. Sconcertato. Salvini ha compreso immediatamente ciò che Durigon aveva detto. Salvini ha studiato a lungo la figura del fratello tangentista del Duce. Salvini ha il culto dei due magistrati assassinati dalla mafia. Per tutte queste ragioni c’è rimasto di sasso, ha perso la voce, ha avuto un mancamento e per rianimarlo hanno dovuto somministrargli un mojito.

6. Consenziente. Salvini concorda perfettamente con Durigon e si è anzi congratulato per la brillante idea del sottoposto che porterà i fascioleghisti alla conquista di Latina nera, alla faccia di Giorgia Meloni, eia eia alalà.

Seriamente, assodato che Durigon dovrebbe essere già fuori dal governo, è accettabile che il leader di una importante forza di governo assista a una pagina vergognosa, taccia, e dopo giorni e giorni continui a tacere sperando che quell’infamia possa evaporare nella calura ferragostana? Ma, soprattutto, perché nessuno gliene chiede conto?

Caos Basilicata, indagati Pittella e il senatore Pd Margiotta

Un senatore del Pd, Salvatore Margiotta, e l’ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, sono tra gli indagati dalla Procura di Potenza nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti nella sanità che interessa vari nomi della politica lucana e ipotizza reati, a vario titolo, come corruzione, concussione, abuso d’ufficio e turbativa d’asta. La notizia è stata anticipata ieri dal Quotidiano del Sud. Oltre a Margiotta e Pittella – sicuramente i nomi più noti – sarebbero coinvolti anche due assessori della giunta di centrodestra della Basilicata, Franco Cupparo e Rocco Leone (entrambi in quota Forza Italia). Le ipotesi alla base delle accuse – a quanto scrive l’organo di stampa lucano – sarebbero emerse durante gli accertamenti della squadra mobile di Potenza sul presunto sistema di “collusioni fra pubbliche amministrazioni, professionisti e imprenditori”. Sistema che sarebbe ruotato attorno allo studio legale di un noto avvocato civilista del capoluogo lucano. Fra i reati contestati ad altri indagati c’è anche quello del voto di scambio politico-mafioso. Il senatore Margiotta ieri mattina ha fatto sapere di non “avere ricevuto alcun avviso di garanzia, né alcun atto del procedimento, neanche l’avviso di proroga delle indagini nonostante l’inchiesta sembrerebbe partita nel 2019”. Il parlamentare dem si è poi detto “assolutamente fiducioso che in breve tempo sarà accertata la mia assoluta estraneità”. Anche l’attuale presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi ha dichiarato di avere “piena fiducia nelle indagini della magistratura”. Fra le persone coinvolte nelle indagini, secondo il Quotidiano del Sud, ci sarebbe anche Mario Araneo che, conferma il governatore Bardi, “ha un contratto di collaborazione esterna di segreteria”. Araneo risulta indagato per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa nella scelta del contraente, in un caso proprio insieme all’ex governatore Pittella.

Calabria: fuoco vicino alle case, ieri 2 morti. Chiesto stato d’emergenza. Roghi in Sicilia

Quattro vittime in cinque giorni. E ora la Regione chiede lo stato d’emergenza. È sempre più grave la situazione degli incendi in Calabria. Solo ieri in provincia di Reggio sono morte due persone. Il primo, Mario Zavaglia, pensionato di 77 anni, è rimasto carbonizzato nel tentativo di fermare le fiamme che si erano avvicinate al suo casolare di montagna, in contrada Scaletta a Grotteria, vicino Locri. Nel tardo pomeriggio invece a Cardato ha perso la vita anche un uomo di 79 anni, già disperso in mattinata: il suo corpo è stato ritrovato coperto di ustioni. E si teme il peggio per una terza persona, dispersa nei pressi del Santuario di Polsi, sempre nel territorio del Parco dell’Aspromonte, al momento quello più colpito dall’emergenza roghi. Altre quattro persone sono rimaste ustionate a Vinco, frazione pedemontana di Reggio Calabria, e sono state portate in ospedale. Il presidente facente funzioni Nino Spirlì ha deliberato la richiesta al governo di dichiarazione dello stato di emergenza. Nella delibera si dà atto che “si procederà, con successivi atti, alla quantificazione dei danni derivanti dagli eventi, a seguito di apposita ricognizione che verrà effettuata presso i Comuni interessati”. “Il territorio della Calabria – è scritto nel provvedimento – è stato diffusamente interessato, già a partire dal mese di giugno 2021, da un numero estremamente rilevante di incendi boschivi e di interfaccia che hanno provocato ingenti e gravi danni all’intero ecosistema regionale, ivi comprese le colture agricole, gli allevamenti, gli insediamenti civili, rurali ed industriali”. Nuovi rinforzi ieri sono arrivati dal centro operativo nazionale di Roma con l’invio di 130 vigili del fuoco provenienti da Lazio, Lombardia, Toscana, Marche, Veneto ed Emilia Romagna.

Non solo Calabria. Le fiamme hanno divorato ettari di bosco anche in Sicilia, Sardegna e Campania. Proprio in Sicilia un agricoltore di 30 anni è morto a Paternò (Catania) schiacciato dal suo trattore nel tentativo di spegnere un incendio in un podere nell’area di Ponte Barca. “Abbiamo mappato oltre 40 cause alla base degli incendi boschivi – spiega il colonnello Marco di Fonzo, comandante del Nucleo Informativo Antincendio Boschivo dei carabinieri forestali – dalle ripuliture dei fondi alle bruciature delle stoppe ai comportamenti dei piromani, che sono una percentuale residuale, al vandalismo. È capitato anche di giovani che hanno dato fuoco per vedere in azione la macchina dei soccorsi”.

Procura di Nola, la lettera dei gip: “Urge soluzione”

“Preoccupazione e sgomento”. L’ufficio Gip e Gup di Nola interviene sulla vicenda del possibile trasferimento di Laura Triassi, la procuratrice di Nola su cui pende un procedimento disciplinare al Csm e anche una pratica per incompatibilità ambientale in Prima commissione (da settembre sono attesi nuovi accertamenti). Contro la procuratrice una lettera di tutti i pm nolani per alcune frasi che “incidono sull’immagine di imparzialità, indipendenza, credibilità del dirigente”. La notizia dell’intervento dei giudici è stata riportata dall’agenzia Dire. Fra le preoccupazioni, “il protrarsi di una situazione di conflittualità e di incertezza come quella venutasi a creare nell’ufficio di procura sarebbe incompatibile con il proficuo esercizio delle proprie funzioni da parte di coloro che vi operano, con le immaginabili ricadute sul buon andamento dell’attività giurisdizionale del circondario”. L’appello è stato rilanciato in una riunione dello scorso 9 agosto da tutti i giudici della sottosezione di Nola dell’Associazione nazionale magistrati (Anm).