A sera, in terrazza, quando il caldo prende un po’ di requie, Matteo Salvini formalizza quel feeling che alimenta le virtù triangolari di Matteo Renzi: “Fortunatamente c’è sintonia con Italia Viva e così riusciamo a stoppare le pretese di Pd e Cinquestelle”. Tace su Durigon, invece. Diamante, la capitale della riviera dei cedri, la baia più preziosa della costa e anche il segno della politica calabrese: il paese del mare, meta di un flusso turistico rilevante, si raggiunge solo via terra. Il porto è in progettazione da 30 anni, ed è una rovina a cielo aperto: “Certo che lo faremo, quando andremo al governo”, assicura Salvini dimenticando che il suo schieramento si è dato il cambio con il centrosinistra dal giorno della nascita della Regione. Una legislatura a te e una a me. Il risultato è ciò che purtroppo si vede. “Lo faremo” conferma Ernesto Magorno, senatore di Italia Viva e sindaco del borgo ospitante: “Onoratissimo, veramente di averti qui tra noi”.
Lucifero fa ansimare i poliziotti ingaggiati per accompagnare il leader leghista nel rinnovato tour del peperoncino. Rispetto a due anni fa (la Regione rivota per il decesso della presidente eletta Jole Santelli) la truppa dei selfisti è ridotta al lumicino, e il gazebo – al netto degli accompagnatori e dei questurini – accoglie non più di una quarantina di osservatori, prevalentemente della terza età. Curiosi ma a distanza, attenti e anche, a dire il vero, un po’ diffidenti. Pochi fan, pochi selfie. Ai fini della conta politica la serata vale poco e non prova nulla. Il centrodestra infatti chiama al bis e non c’è alcun dubbio che sarà una riconferma: “Vinco col 55 per cento, forse arrivo al 60”, considera Roberto Occhiuto, il cui fratello è sindaco di Cosenza e lui candidato presidente di FI e portavoce di una delle più influenti famiglie calabresi.
Le famiglie in Calabria funzionano sempre. Se quella di Occhiuto è in pole position per il governo regionale, quella mini di Magorno (con moglie ex vicesindaco del paese) era data al fixing in procinto di lasciare Renzi e immettersi nella larga compagnia salviniana. “Nuovi ingressi ci saranno”, garantisce peraltro Nino Spirlì, il presidente pro tempore della Regione noto in Italia per essersi dichiarato, lui omosessuale, favorevole alle incontinenze lessicali: “Un ricchione è ricchione. Perché chiamarlo gay?”. Spirlì assiste il capo che, mano nella mano con l’amata Francesca Verdini, si avvia a completare il breve tour. Il sindaco-senatore Magorno passa o non passa? “Non passo, mi fermo dove sto”, dice il politico accreditato come il teorico dell’ambivalenza, il senatore perduto nel sospetto che diriga, nel segreto dell’urna, le simpatie verso quel che ufficialmente è l’avversario incallito.
In Calabria il trasformismo è così sfacciato, così aperto alla voce del popolo che, per esempio, la famiglia che detiene il pacchetto di maggioranza del Pd di Crotone, rappresentato dalla consigliera regionale Flora Sculco, è data come silente ma operosa testimone della transumanza dal povero centrosinistra, guidato per questa corsa da un medico, Amalia Bruni – chiamata in extremis a sostituire un’altra donna, Anna Maria Ventura, colta in flagranza di conflitto di interessi –, al ricco centrodestra. E tutte le opinioni, i pronostici, le assicurazioni, le convinzioni, addirittura le certezze, illustrano un capitombolo per Pd e Cinquestelle. “Il centrodestra vince, ma secondo arriva De Magistris, che pesca nel largo scontento sociale e si intesta il voto di protesta. La Bruni subirà le defezioni dei vari cacicchi del Pd che si sistemeranno, nel dopo voto, con Occhiuto. È la storia di sempre”, dice Francesco Saccomanno, segretario cosentino di Rifondazione comunista.
La Calabria è quella di sempre. Vuota tra le montagne, dove in queste terribili giornate arde di un fuoco incessante e assassino. Incendi in Aspromonte e sulle pendici tirreniche. A nord e a sud, lungo i fianchi marini e dentro le magnifiche gole interne, i boschi secolari, fino a insidiare le mirabili faggete, vero e proprio tesoro naturalistico. Non è Lucifero, non è il caldo torrido a scatenare questo inferno, ma la mano omicida, volontaria, organizzata e premeditata dei piromani. E così in questo agosto di fuoco nelle piazze non c’è vita. O al mare, o chiusi in casa. Anche per questo la visita turistico-elettorale di Salvini è senza appeal, svuotata dei fotogrammi personalizzati, di quelle lunghe file di selfisti che Matteo omaggiava con un abbraccio e un sorriso fino a tarda notte.
Nella piccola confessione serale c’è però questa rinnovata ed emergente sintonia con l’altro Matteo, che pure figurerebbe nominalmente nel campo avverso, e una confermata distonia con Giorgia Meloni, che pure dovrebbe esserle alleata. Ci sarà da contare le schede e valutare se la predizione che a Roma, perfino a Milano e anche in Calabria Fratelli d’Italia sarà in testa ai consensi, diverrà certezza ma il dubbio, ecco, è tutto interno a chi, nello schieramento largamente favorito, avrà la quota di maggioranza.