A un estremo c’è Pompei, che ha offerto a tutti i visitatori non dotati di Green pass la possibilità di fare un tampone rapido gratuito in un presidio dell’Asl all’ingresso di porta Anfiteatro. Il direttore Gabriel Zuchtriegel lo rivendica con orgoglio: nella giornata di domenica, 363 visitatori ne hanno usufruito per poter accedere. Un servizio utile a tanti: alle famiglie con figli adolescenti non ancora vaccinati, a chi ha fatto il vaccino da meno di 15 giorni, ai russi e ai cinesi immunizzati con vaccini non riconosciuti dall’Ue. All’altro estremo la Biennale di Venezia, che ha deciso autonomamente di richiedere il Green pass non solo ai visitatori, come richiesto dal decreto, ma anche a tutte le centinaia di lavoratori ivi impiegati, sia dalla fondazione, sia esternalizzati. Senza prevedere un punto tamponi rapidi all’ingresso. Conseguenza: da venerdì ci sono circa 150 lavoratori che, per non restare alla porta, devono recarsi a fare un tampone rapido ogni 48 ore. Molti di loro sono vaccinati, ma per i tempi tecnici, o piccoli disguidi, non hanno ancora un pass attivo. Nel mezzo, gli oltre quattromila musei italiani, molti piccoli o piccolissimi, che da venerdì devono richiedere il certificato verde a chiunque voglia accedere alle sale.
Il primo weekend di “musei, altri luoghi della cultura e mostre” (secondo la dicitura usata nel decreto del 23 luglio) con obbligo di Green pass è scivolato via senza clamorosi intoppi, seppur con qualche prevedibile disguido: app che non leggevano bene il Qr code, persone che erano convinte di avere un pass che si rivelava non valido. Le guide turistiche di Agta, una associazione di categoria, in una nota spiegano di aver “notato soprattutto una grande confusione in chi ha fatto solo il tampone, perché tutti davano per scontato di poter accedere con il certificato rilasciato dal laboratorio, che invece non equivale alla Certificazione verde (quella specifica di 48 ore post-tampone) e non avevano idea di come scaricare il Green pass partendo dal certificato di laboratorio. Non ne parliamo degli italiani residenti e vaccinati all’estero, per i quali è uscita una specifica circolare del ministero della Sanità solo il 4 Agosto e che quasi nessuno conosce”.
La realtà dei casi è stata ampia. Al Colosseo gli operatori turistici hanno lamentato grossi ritardi: il controllo dei Qr code e dei certificati ha creato code anche di due ore, per persone che avevano già prenotato i biglietti a orari prestabiliti. Quarantacinque minuti di coda anche per entrare al Pantheon, ad accesso libero, e lungaggini in molti dei siti più visitati, con qualche eccezione (i Musei Vaticani, che però rispondono a un’altra amministrazione, registravano accessi veloci).
In assenza di dati ufficiali sui visitatori del weekend, sembra che il calo ci sia stato, ma senza i crolli che si temevano, anche se le differenze nell’utenza contano: chi lavora soprattutto con le famiglie, spesso con figli non ancora vaccinati, ha faticato di più. Dalle Gallerie degli Uffizi, dove si sono registrati numeri in linea coi weekend precedenti, fanno sapere che le proteste sono state poche, pochi quelli rimasti fuori, segno che chi non era dotato di certificato probabilmente aveva già desistito. Spesso, qui come altrove, ai visitatori senza Green pass sono state segnalate le farmacie più vicine dove effettuare il tampone rapido: ma ciò sta già mettendo sotto stress il sistema. E per chi non è potuto entrare a causa delle nuove norme, nel caso degli Uffizi il concessionario ha concesso un rimborso, in voucher, a chi aveva prenotato la visita prima del 22 giugno. Purtroppo però la normativa nazionale non prevede nulla di simile, e in tanti rischiano di trovarsi senza rimborso.
Lontano dai musei meno noti e ricchi, invece, il controllo è spesso stato meno rigido: l’attrezzatura necessaria a controllare i Qr code non era arrivata, o il personale non era formato per utilizzarla. Per entrare bastava un documento, con buona pace dei certificati falsi o dei pass ancora non attivi. Anche le norme, vaghe, sono applicate in modo diverso a seconda dei luoghi, lamentano le guide. Per esempio per le chiese, dove il Green pass non è richiesto, in alcuni casi, come quello di San Petronio a Bologna “chiedono il pass ai visitatori che fanno parte di gruppi con guida”, ma non se entrano da soli.
Tanti piccoli vuoti che si andranno a chiarire nelle prossime settimane, rischiando però di creare un ulteriore varco tra i musei e il pubblico, o meglio i non-pubblici, quelli che non li frequentano ancora: nel 2019 erano il 68 per cento degli italiani. Tanti hanno attaccato sui social i musei che hanno rivendicato con orgoglio e ironia la richiesta del Green pass all’ingresso: “Non ci vedremo più”. Ma i musei, come servizi al pubblico e alla cittadinanza, hanno il dovere di non perderli di vista. Anche, e soprattutto, negli anni in cui il turismo straniero non c’è più: a Pompei domenica i visitatori erano 7 mila, ma nell’agosto del 2019 erano in media 15 mila al giorno, con picchi di oltre 30 mila nei weekend.