La mossa arriva a pochi giorni dal terzo anniversario del disastro del Ponte Morandi coi suoi 43 morti, ma interviene in una partita finanziaria che rischia di costare cara a milioni di automobilisti nel silenzio generale. Ieri 17 parlamentari, 15 del gruppo L’Alternativa C’è, hanno depositato un esposto alla Procura di Roma, alla Corte dei Conti, al Cipess, alla Ragioneria dello Stato, all’Antitrust e all’Autorità di Regolazione dei Trasporti. La richiesta è chiara: indagare se ci sono danni erariali, profili di illegittimità o reati commessi nel passaggio di Autostrade per l’Italia dalla Atlantia dei Benetton al consorzio guidato da Cassa Depositi e Prestiti cui partecipano i fondi Blackstone e Macquarie.
Come noto, il governo Conte bis ha rinunciato a revocare la concessione per il Morandi in cambio dell’uscita di scena di Atlantia. Dopo un braccio di ferro lungo un anno e mezzo, a giugno scorso le parti hanno siglato l’accordo: Cdp e soci valorizzano Aspi 9,1 miliardi di euro, quindi 8 miliardi per l’88% della concessionaria in mano ad Atlantia. Alla holding controllata dai Benetton andrebbero anche parte degli indennizzi Covid per il calo di traffico del 2020 (300 milioni).
L’operazione però non si è ancora chiusa: all’appello manca il Piano economico finanziario (Pef), che fissa il livello di investimenti, manutenzioni e pedaggi di Autostrade nei prossimi anni. Dev’essere approvato dal Cipess (il Comitato per la programmazione economica, presieduto a Palazzo Chigi dal sottosegretario Bruno Tabacci) e i parlamentari lanciano l’allarme: quello proposto dalle Autostrade targate Benetton e accettato dal ministero delle Infrastrutture a ottobre scorso è infatti talmente generoso che l’Autorità dei Trasporti lo ha stroncato con un parere durissimo.
Al netto dei tecnicismi, è costruito su stime di traffico molto alte ed espedienti tecnici per garantire un aumento tariffario sempre al massimo livello consentito dagli accordi col governo (una crescita dei pedaggi dell’1,75% l’anno, mentre secondo l’Authority dovrebbe essere dello 0,87%). In questo modo verrebbero garantiti 21 miliardi di utili nei prossimi 18 anni di concessione: una redditività stellare, perfino superiore a quella che ha fatto ricchi i Benetton. Nell’esposto i parlamentari annotano che “può esservi il rischio che il ministero sia indotto a valutare positivamente il Pef nonostante sia eccessivamente vantaggioso per il concessionario” e questo per “aumentare il valore delle quote di Aspi” e poi “consentire la remunerazione dell’investimento fatto da Cdp e dai fondi”. Tradotto: il sospetto è che la disponibilità a pagare una tombola la concessione sarà compensata in futuro con la garanzia di pedaggi salati che pagheremo tutti noi su oltre il 50 per cento di tutta la rete autostradale italiana.
Il Pef al momento non è stato ancora trasmesso al Cipess, ma solo inviato all’Avvocatura dello Stato per un parere. L’esposto ripercorre le tappe della vicenda e chiede a magistrati e Authority di verificare perché non si è cercata una soluzione migliore che versare 9 miliardi a Benetton e soci. La domanda è legittima: quanto sarebbe costata la strada della revoca? Secondo i calcoli fatti effettuare dai parlamentari, anche con la maxi-penale prevista dalla concessione assicurata ai Benetton nel 2007 non si sarebbero superati i 7,8 miliardi, cioè meno di quanto si spenderà ora. La nuova Autostrade targata Cdp rischia poi “sanzioni amministrative anche pesanti” in caso di condanna nel procedimento del Morandi. Tanto più che l’accordo prevede che Atlantia si accolli solo il 75% delle richieste di danni e fino a un tetto di 459 milioni. Oltre questa cifra, saranno Cdp e soci a pagare. “È ragionevole ritenere che i risarcimenti possano ammontare a cifre ben più elevate, finendo per gravare su Cdp, e quindi sui contribuenti”.
“Il crollo del Morandi, che è costato la vita a 43 persone ha rappresentato, con drammatica iconicità, il fallimento delle privatizzazioni italiane – spiega Mattia Crucioli di Alternativa C’è –. Nonostante sia chiaro a tutti che quanto è avvenuto a Genova sia frutto della cupidigia del concessionario, il governo è a un passo dal ricompensare con miliardi chi ha tradito la fiducia degli italiani nonché specifici obblighi contrattuali, invece che sanzionarlo rigorosamente. Credo che quanto sta avvenendo sia, oltre che immorale, anche illegittimo”.
Proprio ieri, però, il governo ha dato il via libera finale non esercitando il golden power, i poteri speciali per le operazioni strategiche.