Basta bugie, il semestre bianco resta utilissimo

Affannatissimi retroscenisti ed editorialisti dello stivale si sono buttati sul semestre bianco. Hanno anche interpellato alcuni giuristi rimasti disoccupati dopo la sconfitta del referendum del saggio di Rignano. Le loro posizioni, però, non paiono né sufficientemente informate né convincenti. Sono anche prive di qualsiasi originalità. Il fatto che nessuno dei presidenti della Repubblica abbia formalmente esplicitato il suo desiderio di essere rieletto e sia stato tentato dallo scioglimento anticipato del Parlamento nei suoi ultimi sei mesi di mandato, non rende in nessun modo inutile, superflua, sorpassata la disposizione costituzionale che glielo vieta. Peraltro, non è affatto vero che nel semestre bianco ne sono accadute di tutti i colori. In generale, le maggioranze di governo hanno tenuto. I partiti non hanno creato nessun caos politico e istituzionale.

I presidenti, Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Napolitano, non hanno dovuto risolvere nessun problema aggiuntivo. Il punto è che è sostanzialmente sbagliato pensare che il presidente della Repubblica goda di un illimitato potere di scioglimento. Quando hanno proceduto a chiudere prematuramente la legislatura, i presidenti non lo hanno mai fatto contro il Parlamento e contro i partiti, ma con l’accordo dei partiti che erano giunti alla conclusione, essendone peraltro parte in causa, che quel Parlamento non funzionava più. Curiosamente o no, i cosiddetti quirinalisti e troppi altri presunti esperti dimenticano che:

1) i presidenti della Repubblica italiana hanno storicamente il compito preminente di agire come stabilizzatori del quadro politico, cercando sempre l’esistenza di una maggioranza di governo operativa;

2) il loro vero potere è stato proprio quello di negare lo scioglimento anticipato a coloro che speravano di trarne vantaggi politici.

Scalfaro disse “no” al Berlusconi furioso per il “tradimento” della Lega nel dicembre 1994. Poi, del tutto coerentemente, oppose un netto rifiuto al Prodi sfiduciato dal Bertinotti di Rifondazione Comunista nell’ottobre 1998. Flebile, ma reale, fu la richiesta dei berlusconiani nel novembre 2011 alla quale Napolitano oppose l’esistenza di una maggioranza operativa in un Parlamento che quindi non meritava e non doveva essere sciolto. Certamente nessuno oggi potrebbe pensare neanche per un momento che Mattarella, avendo espresso chiaramente la sua volontà di non rielezione, avrebbe avuto la tentazione di sciogliere il Parlamento, nella speranza che il prossimo si orienterebbe verso altre candidature lasciandolo libero. Il punto vero, pertanto, è che la preoccupazione dei Costituenti ha un fondamento di natura istituzionale duratura. Senza il semestre bianco, la tentazione del presidente, ma soprattutto dei suoi sostenitori e collaboratori, potrebbe essere grande: “Cari parlamentari, so che non volete rieleggermi, allora vi sciolgo. I sondaggi dicono che probabilmente i vostri successori saranno più malleabili”. Per mettere tutti i presidenti al riparo da quella tentazione e per non esporli a troppe pressioni interessatissime, la clausola del semestre bianco si merita di rimanere nella Costituzione italiana. Al contrario della tesi, meglio dell’allarmata ipotesi che i partiti daranno il peggio di se stessi sapendo che i loro parlamentari non possono essere mandati a casa, non sembra proprio che nella fase attuale (ma, in verità, neppure nei precedenti semestri bianchi), vi siano progetti e orientamenti per indebolire il governo Draghi, meno che mai per sfiduciarlo. Peraltro, alla improbabile sfiducia, farebbe seguito l’ostracismo immediato nei confronti degli sfiducianti che perderebbero le cariche ministeriali e ne seguirebbe inevitabilmente la formazione di un nuovo governo, anche eventualmente di minoranza fino all’elezione del prossimo presidente. Al momento, mi sembra che i dirigenti dei partiti e i loro rappresentanti nel governo non vogliano proprio darsi la zappa sui piedi e siano molto più consapevoli dei commentatori che il semestre bianco debba e possa essere messo a buon frutto: continuare nelle riforme anche con l’impiego dei fondi europei che stanno arrivando e attivarsi per individuare un buon successore/successora di Mattarella. Sono compiti importanti che, per di più, influenzeranno la politica italiana per molto tempo a venire. Suggerisco che dovremmo vedere il semestre bianco come una opportunità di bilancio del fatto, non fatto, fatto male, come una opportunità di valutazione e di correzione, come una pausa di riflessione e di elaborazione. “Chi ha più filo tesserà più tela” nella aspettativa che il tessitore massimo dal Quirinale sappia dare il suo autorevole contributo.

 

Bezos contro Branson: orgasmi spaziali, larve e suore nude al sole

Sfide spaziali. Il 20 luglio scorso, Jeff Bezos è entrato nella leggenda: si è fatto un giro di 11 minuti nello spazio a bordo della razzo-navetta New Shepard per inaugurare i voli spaziali turistici della Blue Origin, la sua compagnia aerospaziale. A bordo, oltre a Jeff Bezos, c’erano suo fratello Mark, l’82enne Wally Funk e il 18enne Oliver Daemen. Quando la navetta è arrivata a circa 100 chilometri di altezza, oltre la linea di Kármán, che è il confine tra l’atmosfera terrestre e lo spazio, i passeggeri hanno sperimentato per tre minuti l’assenza di gravità. Avrebbero potuto anche godere di un panorama unico del nostro pianeta (tra l’altro, dagli oblò più grandi mai realizzati per una capsula spaziale), ma erano presi dall’esperimento segreto di Bezos: fare sesso in tre con l’82enne Wally Funk. Bezos non era riuscito a nascondere la sua eccitazione per l’evento imminente: era sembrata spropositata, per un viaggetto di 11 minuti anda e rianda. Adesso è tutto chiaro. L’orgia è continuata mentre la navetta si rituffava nell’atmosfera terrestre, ed è terminata poco prima dell’atterraggio paracadutato. Nel filmato si sentono chiaramente le esclamazioni di entusiasmo dell’82enne Wally Funk nell’istante in cui i due Bezos e il ragazzo escono i loro uccelli: bit.ly/3fmXtxr, a 1h 45”14”. All’uscita dalla capsula, Wally Funk era euforica, il suo entusiasmo incontenibile, pareva una ragazzina: un bukkake nello spazio non capita tutti i giorni. Il grande sconfitto è Richard Branson, che dieci giorni prima aveva fatto un volo con il suo spazioplano Unity 22, anticipandone la partenza per battere il rivale. Il suo volo, però, sottolinea il Washington Post, è stato solo suborbitale, ovvero a circa 86 chilometri di altezza; e soprattutto senza sesso. Al ritorno della Unity 22, inoltre, pare che uno dei passeggeri, l’ingegner Colin Bennett, sia risultato introvabile. “Non abbiamo la più pallida idea di cosa gli sia successo”, ha commentato Branson allo sbarco, visibilmente in imbarazzo. Messo a tacere anche l’incidente dell’atterraggio: la Unity 22, dopo essere scesa sulla pista di uno spazioporto in Nuovo Messico, non ha frenato in tempo, ed è finita dentro il chiostro di un convento lì vicino, dove delle monache di clausura simili a Edwige Fenech e a Carmen Villani stavano prendendo il sole nude. Come se non bastasse, la Unity 22, durante il volo, pare sia stata investita da una nube di origine incerta, e adesso monache ed equipaggio, Branson compreso, ospitano sotto la pelle larve non identificate e potenzialmente letali. Ne è seguita una degenza in quarantena nell’Area 51, durante la quale le uova depositate dalle larve hanno dato origine a forme di vita di cui gli scienziati della Virgin Galactic, la compagnia aerospaziale di Branson, sono ragionevolmente certi avrebbero potuto dimostrare l’inoffensività, se quelle non fossero riuscite a scappare immediatamente dall’edificio in cui erano custodite. “Sarebbe stato meglio spendere tutti quei soldi in party con supermodelle sul mio megayacht”, avrebbe commentato Branson. “Magari è quello che farò d’ora in poi”. Il volo di Bezos, invece, è stato un successo da ogni punto di vista. “È una pietra miliare per la società e un momento storico per la nuova industria spaziale commerciale”, ha detto il Ceo di Amazon. “Sempre che uno possa permettersi il biglietto”. IO: “Quanto costa?”. BEZOS: “Quanto hai?”. Le richieste, comunque, non mancano. La Blue Origin avrebbe già venduto un viaggio a quelli di Stellantis: vogliono inviare nello spazio una Duna del 1985. Un’idea di Lapo. Anche Trump vorrebbe comprare un volo: “Mi serve per trasportare lassù dei grossi blocchi di cemento. Cazzi miei”.

 

Mail box

 

 

Le“travagliate” profezie su Quirinale e dintorni

Era febbraio, e giù tutti a ridere quando Travaglio diceva che questa accozzaglia al governo, con l’inizio del semestre bianco, avrebbe fatto divertire. Ora il cazzaro verde scalda le polveri, minacciando l’uscita dal governo. Lo so, deve esser triste per lei aver ragione, soprattutto se guardando indietro può constatare il grande danno, in così poco tempo.

Francesco Facciolo

 

Conte non è il nuovo “mostro” della politica

Caro direttore, ho letto sul Corsera del 31 luglio, due stomachevoli articoli di Massimo Franco e Francesco Verderami, in cui i due fanno a gara nel demolire e ridicolizzare Conte (che non è mai stato presentato in alcuna lista di partito), affetto secondo loro, da un odio rabbioso e rancoroso. Conte che diceva di essere europeista e che ora trama anche contro l’Europa.

Conte che lavora per rovesciare Draghi e per riportare il Movimento ai periodi barricadieri degli inizi, sprecando quella credibilità che aveva acquisito come partito moderato. Conte ubriaco di boria che sta imboccando il viale del tramonto e lo sta facendo imboccare anche ai 5S, destinato a trovarsi con un pugno di elettori esagitati come lui. Temo che il caldo e l’età mi stiano giocando brutti scherzi. Il Conte che conosco non è il mostro descritto da questi due. Mi sto rimbambendo? Non sono più in grado di connettere?

Maria Luisa Bruniera

 

Cara Maria Luisa, i poveretti schiumano di rabbia perché i loro idoli Draghi, Cartabia & C. hanno subìto la prima sconfitta. E proprio sulla giustizia. E proprio da Conte. Non se ne riavranno tanto facilmente.

M. Trav.

 

Afghanistan, la guerra è un incubo senza fine

Sono passati 20 anni, ma ho ancora vivo il ricordo di Gino Strada che ripete per la millesima volta l’inutilità di una spedizione militare in Afghanistan, l’inutilità in fondo di tutte le guerre. Lo faceva forte della sua esperienza sul campo, lui, che negli occhi delle vittime vedeva chiaramente la storia di un paese martoriato dagli odi tribali, dalle ingerenze di una politica internazionale che lo aveva eletto ad uno dei luogo simbolo dello scontro tra est e ovest. Strada aveva conosciuto personalmente Massoud, leader di quella alleanza del nord con cui le forze americane avevano prima stretto il patto contro l’invasore sovietico, celebrata anche al cinema e poi scaricata in favore di una nuova generazione di studenti islamici, i talebani, che avrebbero frenato il rinato spirito indipendentista degli abitanti.

Dopo 20 anni di distruzione e morte, con il paese raso al suolo, e disseminato di ordigni inesplosi e la popolazione decimata, gli alleati se ne sono andati e i talebani stanno riconquistando i territori. Ma tutto questo ormai non fa più notizia e non solleva gli animi della comunità internazionale.

Chi 20 anni fa voleva la pace veniva sbeffeggiato come un illuso, un sognatore, ma a conti fatti quello che i realisti hanno ottenuto è un incubo senza fine.

Marco Lombardi

 

Partiti ieri e oggi: meglio quelli di prima

Non è possibile, in un periodo come l’attuale, che ci siano politici che invece di cercare rimedi contro la povertà e l’esagerata disuguaglianza sociale, vogliano togliere il Reddito di cittadinanza dicendo che le persone devono soffrire, patire e mettersi in gioco senza essere un peso per la comunità. Certo, detto da chi non ha mai lavorato e ha sempre vissuto nell’abbondanza è abominevole, specialmente quando queste frasi vengono asserite da qualcuno che si professava di sinistra.

Scusatemi se vi scrivo spesso, ma non sopporto più i politici che abbiamo e rimpiango quelli del passato che, almeno, avevano ideali e spessore politico.

Serafini Afro

 

Spesso il giornalismo è solo conformismo

Caro Direttore, lei afferma in un pubblico dibattito che Draghi non capisce nulla di sanità e giustizia e succede un putiferio. Marcello Sorgi scrive su La Stampa una cosa stupefacente: evoca un governo militare. E nulla, non c’è un rigo di presa di distanza sui “giornaloni”. Penso che l’Italia sia sul baratro di un regime protofascista orbaniano. E lei, direttore?

Fulvio Lo Cicero

 

Caro Fulvio, il conformismo di regime tocca tali livelli che non c’è neppure bisogno di Orbán o dei militari: tutto avviene spontaneamente.

M. Trav.

 

Qualche dubbio sulle fatiche dei Renzi

Dopo aver visto i casini finanziari dei genitori di Renzi, faccio molta fatica a credere che i suoi nonni si siano spaccati la schiena per ricostruire questo Paese…

Antonio di Pietro

 

“Sono già vaccinato, ma tengo la mascherina”

Concordo con le conclusioni di Maria Rita Gismondo sull’uso della mascherina. Personalmente, anche con doppia dose di vaccino, la indosserò ancora per molto, anche all’aperto. È fastidiosa, ma può evitare guai a noi e agli atri che incrociamo quotidianamente. Troppe persone continuano a sottovalutare il rischio di contagio e conseguente malattia, ma soprattutto continuano a mancare di rispetto alla propria vita e a quella del prossimo. L’uso della mascherina è un comportamento semplice da usare: perché non viene consigliato dalle varie televisioni che ogni giorno parlano di Covid, con invito particolare ai giovani che quasi sempre hanno snobbato questo virus?

Ernesto

Il giudice Caponnetto Un uomo giusto tra antimafia, giovani e Dylan

 

 

Antonino Caponnetto, negli ultimi anni della sua vita, si recava spesso nelle città d’Italia, compresa Milano, per incontrare soprattutto le ragazze e i ragazzi delle scuole.

L’impatto con i cittadini, ma soprattutto con gli studenti, era fraterno e travolgente. Nonostante la differenza d’età, l’intesa con i giovanissimi era immediata e nel loro immaginario egli veniva considerato il nonno buono da ascoltare per chiedergli un consiglio o un suggerimento. Le aule magne erano sempre gremite e l’attenzione altissima. Caponnetto, infaticabile divulgatore (in un giorno riusciva a parlare in tre diversi istituti scolastici), insegnava il mestiere di vivere, sapendo leggere dentro i fatti della vita. L’11 novembre 1996, nel pomeriggio dopo l’incontro in un liceo di Saronno, il magistrato si recò ad Appiano Gentile invitato dal compianto Giacinto Facchetti e Gian Mario Visconti. Ai calciatori dell’Inter, in ritiro in vista della Coppa Italia, confessò pudicamente di essere tifoso per la squadra neroazzurra da quando aveva dieci anni e di conservare il fuoco della passione calcistica. Chiese la firma dei campioni presenti su un pallone. Il giudice elogiò capitan Facchetti, visibilmente commosso, quale esempio di lealtà e rispetto delle regole.

Un anno prima della sua morte, avvenuta a Firenze il 6 dicembre 2002, Nino Caponnetto, in una scuola tecnica di Milano, dettò agli studenti il suo testamento spirituale. “Cari giovani, vorrei leggervi alcuni bellissimi versi di Bob Dylan, che mio figlio mi consegnò quando partii da Firenze nel novembre del 1983, dopo la nomina di capo dell’Ufficio istruzione di Palermo dove lavoravano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. ‘Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando l’oceano è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro’. L’avvenire è nelle vostre mani. Ricordatevelo sempre!”.

Filippo Senatore

Troppi confini per la ricerca

È da tempo che ci siamo rassegnati alla mutevolezza di SarsCov2. Il virus, in realtà, ha sempre prodotto mutazioni, anche se solo da pochi mesi sentiamo parlare di “mutanti”. Una cosa certa è che, fino a quando continuerà a circolare, questo virus continuerà a mutare. Si sta facendo uno sforzo immane a tipizzare, genotipizzare tutti i virus presenti nei tamponi positivi per monitorarne la circolazione. Dopo l’inglese, adesso siamo alle prese della Delta, mentre la brasiliana e la nigeriana sembrano sopirsi e altre sono all’orizzonte. L’incubo che ci tormenta è se e fino a quando i vaccini oggi a nostra disposizione riescano a proteggerci da tutte queste nuove sfide. Non sappiamo quando, ma siamo sicuri che arriverà la mutazione che riuscirà a “bucare” la nostra protezione vaccinale. Avremmo bisogno di più vaccini, anche di quelli che giacciono nel silenzio del sito dell’Oms che riporta le fasi di studio per ciascun prodotto. Il vaccino italiano che sembrava promettente è stato stoppato. Ciò che invece ci fa piacere mettere in evidenza è che anche la strada delle ricerche di armi terapeutiche va avanti con grandi successi, anche se ciò (inspiegabilmente!) non sembra suscitare interesse. Eppure una ricerca italiana ha trovato, e sta sperimentando con grande successo, un anticorpo monoclonale che riesce a superare le varianti ed è efficace con una sola somministrazione, anche a domicilio e non per via endovenosa, come altri prodotti simili. Sarebbe la svolta, ma Rino Rappuoli, direttore scientifico e responsabile Ricerca e Sviluppo di GlaxoSmithKline, da tempo studioso di anticorpi monoclonali, avverte sulla mancanza di fondi e di pazienti che potrebbero rallentare o addirittura rendere impossibile il completamento della ricerca. Non è vero che il mondo della ricerca non ha mai riconosciuto confini?

 

Capaci, scontro in Antimafia sul no allo scioglimento

In molti l’avevano ridotto a un dissidio tra due marescialli dei carabinieri denunciatisi reciprocamente, ma il caso Capaci in antimafia diventa scontro politico: dopo averlo annunciato a marzo a nome di Forza Italia, il senatore Luigi Vitali abbandona i lavori della Commissione antimafia per protestare contro la decisione finora adottata dai commissari di non ascoltare il consigliere comunale di Capaci (Palermo), Salvatore Luna, nell’ambito dell’inchiesta aperta dopo l’audizione dello scorso anno, in parte secretata, del luogotenente della Dia Paolo Conigliaro, che aveva sollecitato lo scioglimento per mafia del comune. “Se questo è il metodo usato dal presidente Morra non parteciperò più alle riunioni della commissione”, ha detto Vitali. Morra preferisce non replicare, probabilmente anche per la delicatezza del dossier: dalle carte agli atti della commissione dopo le denunce di Conigliaro (che coinvolgono Luna) c’è l’affare di un centro commerciale in cui sono coinvolti l’imprenditore Massimo Romano e un avvocato, entrambi legati al cosiddetto sistema Montante, il paladino della legalità condannato a 14 anni per concorso in associazione mafiosa.

La proposta di scioglimento del Comune di Capaci non venne mai inoltrata al Prefetto e l’indagine conseguente, aperta dalla procura di Palermo il 4 giugno 2018, venne chiusa il giorno seguente. È stata riaperta lo scorso anno in Antimafia, dopo l’audizione fiume di Conigliaro e quasi interamente secretata. Ora si dovranno accertare se le indagini del luogotenente della Dia sono state imbrigliate dalla rete di rapporti tessuta dall’ex paladino dell’Antimafia: con il senatore Schifani e l’imprenditore della grande distribuzione Massimo Romano è processato a Caltanissetta nel troncone bis del sistema Montante anche il colonnello della Dia, Letterio Romeo, indicato nei verbali in “rapporti di amicizia molto intimi” con Romano.

“Migliorie sulla mafia, ma l’improcedibilità è un favore ai corrotti”

“Dopo il dibattito politico degli effetti migliorativi significativi in questa riforma della giustizia ci sono stati, tuttavia ci sono altri aspetti sui quali sarebbe opportuno intervenire, come la corruzione”.

Luca Tescaroli (procuratore aggiunto di Firenze), lei ha svolto e svolge tuttora importanti indagini di mafia. Dopo la trattativa del M5S e di Conte si è stabilito che i reati di mafia, voto di scambio, terrorismo e violenza sessuale, sono esclusi dall’istituto dall’improcedibilità. Può bastare?

Sicuramente è un elemento molto positivo. Mette in salvo tante indagini importanti. Ma bisognerebbe estenderlo ai delitti di corruzione, fenomeno ancora troppo radicato nel nostro Paese.

L’improcedibilità resta per gli altri reati. Saranno dichiarati improcedibili i processi che durano 2 anni in Appello e 1 in Cassazione. È un modo per velocizzare i processi o per ucciderli?

Si tratta di un istituto anomalo che nei fatti potrebbe mascherare un’amnistia nel momento in cui impedisce la celebrazione del processo e non permette di stabilire se un imputato è colpevole o innocente. Ogni volta che questo avviene per lo Stato è un fallimento e un danno per le vittime, alle quali non verrà più assicurata giustizia. L’improcedibilità ucciderà tanti processi, salvo che non vengano implementati gli organici correlativamente all’entrata in vigore della riforma.

Per i reati con aggravante mafiosa sono previsti tempi più lunghi. Sono tempi adeguati?

I tempi sono compatibili con le esigenze di processi così complessi, ma solo se vi sarà un reale ampliamento dell’organico sia del personale amministrativo sia dei magistrati, che sono decisamente inferiori rispetto alla media europea. Cito alcuni dati del rapporto del Cepej (la Commissione europea per l’efficienza della giustizia) del 2020 che ha posto in rilievo il numero dei giudici in rapporto a 100mila abitanti. In Italia è di 11,6 giudici ogni 100mila abitanti, la media degli altri Paesi del Consiglio di Europa è 21,4. Lo stesso vale per i pubblici ministeri: in Italia ce ne sono 3,7 ogni 100mila abitanti, la media europea è di 12,3. Solo con nuove assunzioni e con una coraggiosa depenalizzazione dei reati meno gravi si risolverà il problema del carico di lavoro degli uffici giudiziari. Sarebbe poi utile analizzare i carichi di lavoro delle diverse sedi giudiziarie: emergerebbero dati interessanti. Ad esempio le udienze preliminari si trascinano anche oltre l’anno. E accade con frequenza che richieste di misura cautelare restano anche un anno sul tavolo del gip, perché eccessivamente oberato.

La riforma prevede una norma che affida agli indirizzi del Parlamento la priorità dei reati da perseguire. È un’intromissione della politica sulla magistratura? Vi sono profili di incostituzionalità?

Questa norma può creare dei cortocircuiti di costituzionalità: vi è un’ingerenza da parte dell’organo politico nell’attività giudiziaria. Se per ipotesi un giorno si dovesse stabilire che per i reati di corruzione o di mafia non vi è una priorità, cosa accadrà? E ciò deve far riflettere.

La riforma nei fatti introduce anche un quarto grado di giudizio, che potrà mettere in discussione e ribaltare le condanne definitive, qualora siano state oggetto di un giudizio della Corte europea dei diritti dell’uomo. Cosa ne pensa?

Questa norma potrebbe tradursi nell’introduzione di un ulteriore grado di giudizio da parte di un giudice sovranazionale. I ricorsi alla Cedu si dilateranno a dismisura. E quindi una sentenza definitiva potrà essere rimessa in discussione con un allungamento di un iter processuale che già prevede tre grazi di giudizio. Esattamente l’opposto all’obiettivo della riforma in sé del tutto condivisibile.

Conte vuole espellere chi ha votato no alla Cartabia

Giuseppe Conte è fresco di quorum raggiunto sul suo Statuto, e non era affatto scontato. Per di più, venerdì sera verrà eletto capo, anzi presidente del Movimento. Ma l’ex premier è ugualmente irritato, parecchio, e subito dopo la sua elezione formale nel M5S arriveranno espulsioni: almeno due. Non gli è andato giù quel voto finale sulla riforma della giustizia di martedì, con due deputati del Movimento, Giovanni Vianello e Luca Frusone, che hanno votato no e una eletta, Angela Masi, che si è astenuta.

Aggiungere 16 assenti, in buona parte per evidente protesta, tra cui l’ex sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi: ed ecco la ragione del mal di pancia dell’ex premier, che domenica in assemblea aveva ordinato “unità” ai parlamentari. Per questo fonti vicine a Conte invocano “espulsioni”, almeno per chi ha votato no. “Per lui non esiste questa mancanza di rispetto nei confronti del gruppo”, sostengono. Ergo, l’avvocato spingerà per la procedura di espulsione per Vianello – che già pochi giorni fa aveva votato contro la fiducia sul decreto Semplificazioni – e Frusone, che ieri con il fattoquotidiano.it si è mostrato fatalista: “Se arrivasse l’espulsione non serberei rancore, d’altronde è proprio l’impianto della riforma Cartabia che non mi convince”. E gli altri? “Cercheremo di capire le ragioni di chi non si è presentato” è il ragionamento sempre dagli ambienti contiani. Ma sanzioni, anche se più lievi, arriveranno per gli altri. Prima, però, si attenderà la votazione sulla piattaforma SkyVote con cui gli iscritti lo eleggeranno presidente. E forse ci sarà il tempo per il Direttivo della Camera di chiedere provvedimenti meno draconiani, anche per Frusone. “Questa riforma è stata pesante da votare, forse servirebbe più comprensione” teorizza un big. Ma altri maggiorenti, come Stefano Buffagni, già martedì sera, hanno invocato le espulsioni. Anche se, alla Camera, i vuoti sono stati tanti pure nel centrodestra.

Numeri alla mano, martedì sera su una base di 627 aventi diritto al voto, i sì sono stati 396 mentre i contrari 57 e 3 assenti. Un deputato su cinque era assente ingiustificato, oltre ai 52 in missione: tradotto, non hanno votato 119 parlamentari. E di questi 27 erano di Forza Italia, 23 della Lega e 6 di Coraggio Italia, i partiti del cosiddetto centrodestra di governo. Anche se dalla Lega sostengono che 13 assenti fossero malati o in quarantena. Nel Pd, invece, gli assenti sono stati 13, cinque in Italia Viva e uno per LeU (Pier Luigi Bersani).

L’imputato Sammartino: clientele e voti passano da un Matteo all’altro

“Il populismo affascina nel breve, ma poi scompare”. La frase accompagna la foto di Donald Trump con la scritta game over. Lo scorso novembre, il deputato regionale siciliano Luca Sammartino, allora alfiere di Italia Viva, commentava così la fine dell’era del tycoon americano in favore di Joe Biden. Dieci mesi dopo, Sammartino cambia casacca per seguire Matteo Salvini. Un passaggio da fantapolitica con i botti, visto che Sammartino, considerato l’enfant prodige della politica siciliana, è stato il più votato alle ultime Regionali con 32mila voti, un record assoluto nell’isola. Ma sul quale pendono due processi per voto di scambio.

Il 36enne odontoiatra appartiene a una gens nota nel panorama catanese: padre dentista e madre direttore sanitario della sede etnea dell’Humanitas, l’istituto clinico privato di proprietà del Gruppo Technit, ha uno zio ex prefetto e una zia giudice. Il battesimo politico è alle Regionali 2012, ad appena 27 anni stupisce tutti raccogliendo 12mila voti. Poi passa con Articolo 4, il movimento di Lino Leanza, che lascia per confluire nel Pd renziano targato Davide Faraone. In mezzo ci sono i 32mila voti delle Regionali 2017 e i 16mila delle Politiche 2018. Nel frattempo però viene indagato dalla Procura di Catania: in due occasioni è già a processo con l’accusa di voto di scambio (non gli è stata mai contestata l’aggravante di aver favorito la mafia). L’ultimo rinvio a giudizio risale a pochi giorni fa, i pm di Catania gli contestano le promesse fatte a Girolamo Brancato, detto “Lucio” o “Luciano”, già condannato per mafia e considerato “elemento di spicco dei Laudani”. È una delle famiglie mafiose catanesi più agguerrite, conosciuta con il nomignolo di “mussi di ficurinia” (musi di fichi d’india), per via dei baffi pungenti del padrino Sebastiano “Jano” Laudani, braccio armato di Benedetto Nitto Santapaola. Per gli inquirenti, Sammartino avrebbe incaricato il suo entourage di avviare la pratica con la Telecom per far dismettere una cabina telefonica posizionata davanti alla pizzeria di Brancato. Poi si sarebbe reso disponibile a far assumere il nipote (non identificato) del boss al Mosema, società della raccolta di rifiuti, e ottenere un finanziamento per la moglie. Dai dialoghi captati dalla Finanza, emerge un incontro tra Sammartino e Brancato nello studio dentistico del deputato. “L’ho visto lunedì allo studio. Basta, tranquillo, questa me la sbrigo io”, dice Sammartino riferendosi a Brancato (secondo i pm).

Il secondo processo, invece, nasce da un’inchiesta della Digos, che setacciando il cellulare del deputato, tra 390mila messaggi, chat e video, avrebbe trovato promesse di assunzioni, raccomandazioni per promozioni e trasferimenti in alcune aziende in cambio del consenso elettorale, a cavallo tra le tornate elettorali del 2017 e 2018.

È stata invece già archiviata l’indagine sui voti espressi in suo favore da alcuni anziani elettori, residenti in una casa di riposo in provincia di Catania. E adesso Sammartino, dagli scranni della maggioranza, sosterrà l’assessore alla salute Ruggero Razza che definiva “incompetente e inadeguato”, l’assessore all’economia Gaetano Armao, che attaccava per le “promesse” non mantenute e il governatore Nello Musumeci, con il quale si era scontrato in aula.

Per far fuori Musumeci, Salvini imbarca ras, indagati e riciclati

L’obiettivo è fissato: “Ricordo il 61 a 0 di Forza Italia e mi piacerebbe tornare al 61 a 0, ma con la Lega protagonista”. L’operazione per la conquista della Sicilia di Matteo Salvini è partita. Il voto sul successore di Nello Musumeci in Regione è tra un anno, ma il leader della Lega non vuole perdere tempo e, tra una visita a Palermo e le trattative con i dirigenti locali del partito, si muove con uno scopo: scalzare il governatore vicino a Giorgia Meloni, Nello Musumeci, e far eleggere un leghista a Palazzo d’Orleans. A costo di accogliere nel partito riciclati, ras e amministratori con grossi guai giudiziari. Escludendo Christian Solinas, infatti, è sulla Sicilia che punta la Lega per far eleggere il primo presidente di Regione del Carroccio. E, per arrivarci, la strategia è chiara: allargare il partito accogliendo i signori delle preferenze dell’isola senza i quali è difficile vincere le elezioni. Un’operazione studiata cartina geografica alla mano: venerdì sarà ufficializzato il passaggio nella Lega di almeno un uomo forte della politica siciliana per ogni provincia. Un modo per iniziare a radicarsi sul territorio.

E così a Catania arriverà Luca Sammartino, deputato renziano all’Ars (ne scriviamo qui sotto), che ha due processi in corso: uno per voto di scambio e l’altro per corruzione elettorale. Salvini martedì ha incontrato lui e la compagna, la senatrice di Italia Viva Valeria Sudano, all’hotel Politeama di Palermo. Venerdì passeranno nella Lega forti del loro pacchetto di voti: Sammartino alle ultime Regionali ne aveva presi ben 32 mila nel Catanese, mentre Sudano può godere di un ampio consenso nel Palermitano. Sempre nel capoluogo arriverà Marianna Caronia, che può contare sulle 6.300 preferenze all’Ars ed è la regina dei cambi di casacca in Regione (dicono 6, lei se ne attribuisce “solo” 3): è un ritorno, perché un anno fa, Caronia lasciò il Carroccio in polemica per tornare in Forza Italia dopo un passato nell’Udc e nel “Cantiere Popolare”, ma oggi Salvini l’ha convinta a fare il percorso inverso. A proposito di riciclati, Caronia è molto vicina all’ex ministro berlusconiano Francesco Saverio Romano del Movimento per l’Autonomia, che la candidò a sindaca di Palermo nel 2012. Da Italia Viva, ma a Siracusa, arriverà Giovanni Cafeo, uomo forte della Sicilia meridionale con i suoi 8 mila voti.

Ad Agrigento, Salvini pescherà il deputato regionale, Carmelo Pullarà. Ex capogruppo di Mpa dopo la rottura con Raffaele Lombardo, Pullarà può contare su un pacchetto di 10 mila voti. Pullarà è indagato a Palermo per turbativa d’asta nell’inchiesta su “Sorelle Sanità” (corruzione negli appalti pubblici) anche se a dicembre la Cassazione ha confermato l’ordinanza del gip e annullato quella del Riesame, stabilendo che non c’erano elementi per arrestarlo. Ma il deputato regionale rimane indagato. E Salvini non se ne preoccupa. A chi gli ha chiesto dei guai giudiziari di Sammartino risponde: “Anch’io ho tanti processi”.