Dai racconti apocrifi di Johann Maier. Viveva a Marburgo una giovane nobildonna, assai consapevole della propria bellezza, che deplorava in cuor suo il vecchio marito, le cui immense ricchezze non potevano ricompensarla di ciò che le faceva mancare a letto; ma un giorno arrivò in città un giovane gagliardo che sembrava la risposta alle sue preghiere più impudiche. Era il nuovo allievo di un anziano monaco luterano. Poiché questi era noto per la sua fede in Cristo e il suo senso di giustizia, la nobildonna escogitò un piano ingegnoso per papparsi il bocconcino. Si recò in convento e annunciò al monaco l’intenzione di convertirsi, raccontando con dovizia di particolari il percorso interiore, del tutto inventato, attraverso il quale era maturata la sua decisione. “È un grande passo, e dovresti gioirne”, disse il monaco, “ma non posso non notare che qualcosa opprime il tuo cuore.” La nobildonna recitò la parte a puntino: “Buon pastore, lei ha un giovane allievo a causa del quale potrei essere oggetto di pettegolezzi.” Gli mostro tre fogli di carta pergamena. “Ha gettato queste tre lettere sul mio balcone, nella grande villa dietro il mercato.” Le aveva scritte lei stessa. “Gli parli, e gli dica di smettere. Dio non voglia che mio marito lo venga a sapere e prenda le misure di cui ha diritto!” Il giorno dopo, il monaco sgridò l’allievo, agitandogli al volto i tre fogli. Il giovane, che aveva sentito decantare la bellezza della nobildonna, ma non sapeva che lei gli avesse messo gli occhi addosso, protestò con veemenza contro le accuse. Il monaco replicò: “Puoi forse negare di aver gettato queste tre lettere, colme di parole di lussuria, sul balcone della grande villa dietro il mercato?” L’esattezza delle parole del monaco fecero intuire qualcosa al giovane, che, chiesto perdono, si recò subito alla villa, dove la bellissima nobildonna, seduta al balcone, gli rivolse uno sguardo pieno di desiderio. Gli occhi del giovane si accesero di fervore. La settimana dopo, la nobildonna portò al monaco un sacchetto di velluto rosso colmo di gemme preziose e monete d’oro. “Buon pastore, guardi: stavolta ha avuto la sfrontatezza di gettare questo sacchetto dentro la finestra della mia camera.” Il monaco convocò il giovane: “Da dove vengono queste tue improvvise ricchezze? Senz’altro da scommesse o furti. Riprenditi questi frutti del peccato. E smetti di importunare quella donna!” Il giovane finse di nuovo il rimorso, prese gemme e soldi, e corse a comprarsi bei vestiti e un cavallo. La nobildonna smaniava, e con molta difficoltà riuscì ad aspettare altri sette giorni prima di visitare il convento una terza volta. Simulando angoscia, disse al monaco: “Buon pastore, sto perdendo la salute. Quale persona crudele può aver detto a quel giovane che mio marito ieri ha lasciato la città ieri per un viaggio di affari che durerà molte settimane? Chi può avergli aperto la porta all’angolo del giardino, a mezzanotte, dicendogli di attraversare il ruscello e poi girare a sinistra fino al tiglio odoroso, percorrendo un grosso ramo del quale si arriva alla mia finestra aperta? Per fortuna mi sono svegliata in tempo, e alle mie grida sono sopraggiunti i servi a metterlo in fuga. Il mascalzone non potrà negare un solo dettaglio di ciò che ho detto.” Il giorno dopo, il vecchio monaco era fuori di sé dalla collera, e poiché l’allievo negava la circostanza, gliene elencò ogni dettaglio. Il giovane chiese perdono in ginocchio, e a mezzanotte seguì il percorso che il monaco gli aveva rivelato: la porta, il giardino, il ruscello e il ramo del tiglio. La donna e il giovane amante ringraziarono in cuor loro l’ignaro e pio sensale parecchie volte, quella notte. Perché pentirsi del peccato, se la salvezza viene solo da Dio?