Aleggere gli ultimi fatti con gli occhi di chi sta fuori, potrebbe sembrare la solita messinscena del poliziotto buono e del poliziotto cattivo tra la Lega di governo (Giancarlo Giorgetti) e quella scesa in piazza con i no green pass – in prima fila c’erano Borghi, Siri e Bagnai – con il placet di Matteo Salvini. E invece no. Qualcosa di più profondo sta succedendo nella Lega. Qualcosa che in passato non era mai accaduto. Per la prima volta c’è un accenno di dissenso nei confronti del leader. Non ancora una rivolta. È una scintilla. Perché se era stato il segretario della Lega a dire “no” ai vaccini per gli under 40, a definire il pass una “ca… pazzesca” e a dare il suo via libera ai leghisti in piazza, nelle ultime ore i governatori Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) e Luca Zaia (Veneto) lo hanno sconfessato pubblicamente. Prima Fedriga: “Io non sarei sceso in piazza” ha detto a Repubblica. Ieri Zaia sul Corriere: “Non mi identifico nella linea della manifestazione. E mi rifiuto di pensare che sia quella del partito”.
E visto che era stato Salvini a dire che la piazza “non va attaccata ma capita”, si intuisce che le uscite di Zaia e Fredriga non erano tanto rivolte ai tupamaros leghisti ma al segretario. È “l’asse del nord-est”, come viene chiamato con disprezzo ai piani alti di via Bellerio. Un’unione che si è creata quando i due hanno capito che il leader li stava tagliando fuori dalla linea politica. Zaia e Fedriga si sentono, condividono istanze in Conferenza Stato-Regioni e stanno organizzando le truppe parlamentari. C’è chi dice 15, chi 30, tra deputati e senatori che fanno riferimento a loro. Con una prospettiva: nel 2023 sia Zaia che Fedriga potrebbero aspirare a un ruolo nazionale. A i due si aggiunge il ministro Giorgetti a cui non è piaciuto il benestare di Salvini ai leghisti che in piazza: “Matteo, così non va – gli ha detto – dopo un po’ anche Draghi si stancherà…”. E non è un caso che ieri, sul Foglio, sia uscita una frase, non smentita, attribuita a Giorgetti che ha fatto infuriare il leader: “Non mi ricandido più, non mi riconosco più nel progetto”. I salviniani vorrebbero candidarlo nel 2023 per la Regione Lombardia per “mandarlo via da Roma”. Dall’altra parte, Salvini si sente accerchiato nel suo bunker.
Alla vigilia di ogni Cdm convoca un gabinetto di guerra formato dai suoi fedelissimi tra cui Durigon, Fontana, Borghi, Bagnai e Siri. Sul covid chiede tabelle e dati e in base a quelli imposta la sua narrazione anti-restrizioni. Tant’è che Borghi spiega che lui e Zaia-Fedriga stanno su due fronti opposti: “Sono dall’altra parte della piazza perché governano”. Intanto ieri a Milano Marittima, al Papeete, è iniziata la festa della Lega: servirà al leader per contare le truppe. E tenere a distanza gli avversari interni: Zaia e Giorgetti parleranno lunedì, penultimo giorno dopo gli eventi clou del week-end Quasi a tenerli nascondere.