Nel giorno decisivo sul fronte giustizia e sulle misure anti-Covid sulla scuola, il governo decide di rinviare. La cabina di regia e il Consiglio dei ministri anti-contagi vengono posticipati di una settimana. L’annuncio arriva a metà mattinata, appena uscito da Palazzo Chigi, da un soddisfatto Matteo Salvini che si intesta la vittoria politica. “Avevo letto sui giornali che il governo stava per fare altre restrizioni, ma se ne riparla la prossima settimana in base ai dati”, ha detto il leader della Lega dopo aver incontrato Mario Draghi per un chiarimento dopo la stoccata del premier in conferenza stampa (“un appello a non vaccinarsi è un appello a morire”) che lo aveva fatto irritare (“sono rammaricato” ha ripetuto ieri Salvini).
Una motivazione ufficiale – quella dell’attesa di capire se i contagi continueranno a salire – concreta (al ministero della Salute stanno monitorando il caso Uk con i casi in discesa) ma dietro cui si cela una grossa questione politica: Draghi, di fronte all’opposizione leghista su green pass e obbligo vaccinale nelle scuole, non poteva permettersi di aprire un nuovo fronte nella maggioranza durante la delicata trattativa sulla riforma della giustizia che arriverà in aula venerdì e su cui il governo ha intenzione di mettere la fiducia. “Prima dobbiamo chiudere la partita giustizia, poi pensiamo al resto” ha detto Draghi a Salvini. E su questo il premier ha incassato una vittoria: la Lega non metterà i bastoni tra le ruote al governo sulla giustizia. Un ministro conferma che all’ordine del giorno del governo al momento c’è solo la riforma Cartabia. Ed è anche per facilitare la mediazione che Draghi ha deciso di rinviare il Cdm sul decreto anti-Covid: che dovrà accontentare i 5S sulla giustizia e ha dovuto cedere alle richieste del Carroccio di non approvare nuove misure restrittive. Anche perché la Lega temeva una ricaduta sul turismo a ridosso di Ferragosto. Da qui il rinvio perché intenzione di Draghi è approvare comunque il decreto entro la pausa estiva, probabilmente giovedì prossimo.
E un assist al premier ieri è arrivato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che durante la cerimonia del Ventaglio ha blindato il governo su riforme (“vanno rispettati gli impegni”), green pass e vaccini mandando un messaggio anche alla Lega: “La vaccinazione è un dovere morale e civico – ha detto il capo dello Stato – Altrimenti rischiamo nuova paralisi, chiusure, pesanti conseguenze su famiglie e imprese che possono essere evitate con attenzione e senso di responsabilità. È il virus che limita le libertà, non le regole”. Mattarella ha anche definito “una priorità assoluta” la riapertura delle scuole in presenza e spiegato che “le persone hanno il diritto che nessuno porti contagio nei luoghi pubblici”.
La prossima settimana però i nodi politici verranno al pettine, le divisioni nella maggioranza restano profonde. “Non c’è accordo su nulla” è la sintesi di un ministro. Perché sull’obbligo vaccinale (o il green pass) per il personale scolastico (circa 200 mila gli insegnanti non ancora immunizzati), Lega e M5S sono contrari mentre il Carroccio ha espresso perplessità anche sui mezzi di trasporto – treni, navi e aerei – su cui si vorrebbe imporre il pass già dalla seconda metà di agosto.
Il vero nodo del governo però riguarda le decisioni sulla scuola con il ministro Patrizio Bianchi che ha incontrato più volte i sindacati e annunciato che a settembre gli studenti torneranno in presenza al 100% nonostante le proteste di presidi e sindacati. Ieri il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli, ha chiesto l’obbligo vaccinale per il personale e posto dei dubbi sul rientro in classe in presenza perché non è stato risolto il problema dei trasporti: “Non si è riusciti a comprare più mezzi e assumere più autisti” ha denunciato Giannelli. Oggi Bianchi presenterà alle Regioni il piano per il rientro a scuola che prevederà il 60% degli studenti vaccinati, gli ingressi scaglionati e l’80% della capienza sui mezzi pubblici. Il dilemma sarà come metterlo in pratica. Resta però il problema della Lega di lotta e di governo. Perché se da Chigi hanno definito il faccia a faccia Draghi-Salvini “proficuo e cordiale” e i due hanno superato le ultime tensioni, il leghista ha chiesto chiarimenti sull’uscita del premier in conferenza, mentre quest’ultimo ha posto un paletto: “Sui vaccini non possono esserci dubbi”. Ieri è stato il giorno delle manifestazioni in 12 città (da Torino a Milano, da Palermo a Roma) del comitato “Libera scelta” contro il pass e l’obbligo vaccinale. Alla fiaccolata in piazza della Scala a Milano c’erano 200 persone mentre tra i mille a Roma, in piazza del Popolo, c’erano anche diversi parlamentari della Lega che protestavano contro il governo di cui fanno parte, tra cui Claudio Borghi, Armando Siri e Alberto Bagnai. Siri e Vittorio Sgarbi, che guidavano il corteo che ha lanciato un coro di “vaffa” contro Draghi.
I pareri
Donatella Di Cesare il bene comune rende accettabile questo sacrificio
Parlare di discriminazione verso chi non ha il Green pass è un’argomentazione che non sta in piedi. “Discriminare” è una parola che ha un peso, un valore preciso. In questo caso non è solo un’esagerazione, ma un’affermazione senza fondamento. Anche perché il vaccino è un’opportunità che hanno tutti, dunque quella di non vaccinarsi è una scelta. Chi preferisce rinunciarvi, si auto-esclude dallo spazio pubblico. Da un anno e mezzo è evidente a tutti che abbiamo dovuto accettare alcune limitazioni, perché il nostro corpo può trasformarsi in un’arma contro gli altri. Il senso della comunità e del bene collettivo deve far sì che tutti quanti sopportino qualche sacrificio, non si può ragionare soltanto sulla base del nostro ego sovrano. La discriminazione esisterebbe se il vaccino fosse impedito a certe categorie, se all’improvviso si dicesse che le donne o gli ebrei non hanno diritto a immunizzarsi. La situazione, ovviamente, è ben diversa.
Massimo Cacciari Misure severe e contraddizioni dopo l’europeo
La mia critica al Green pass nasce dal fatto che non sia stato fissato alcun criterio preciso in base alla quale questa emergenza possa finire. Oggi siamo in una situazione che dal punto di vista degli ospedalizzati è incomparabile con quella di qualche mese fa e con quella del primo lockdown, tuttavia restano misure estremamente severe e oltretutto contraddittorie, perché trovo indecente che chi ha autorizzato i mega-schermi e le manifestazioni di giubilo per l’Europeo oggi ci dica che non possiamo andare al ristorante al chiuso. È un segnale pericoloso, non perché ci sia chissà quale disegno oscuro sotto, ma perché testimonia l’inconsapevole deriva che continua da anni e che ci porta da un’emergenza all’altra con l’unica soluzione di ridurre i diritti fondamentali, sorvegliare e punire. Il tutto mentre nessuno degli scienziati che circondano il ministro Speranza fa mai chiarezza su alcuni aspetti poco chiari sui dati delle vaccinazioni e sulla sicurezza dei farmaci.
Michele Ainis Ok i limiti ai diritti “secondari”, non a scuola e lavoro
I diritti non sono tutti uguali, alcuni sono dichiarati fondamentali dalla stessa Costituzione, altri li definirei “secondari” perché riguardano soprattutto la gestione del tempo libero. Un conto è quindi limitare l’ingresso nei ristoranti o nelle piscine, un altro intervenire sul diritto al lavoro o alla scuola. L’ultimo decreto è una mediazione figlia di una situazione sanitaria non certo grave come quella dello scorso anno, per cui oggi è possibile imporre degli obblighi purché restino alcuni limiti. In concreto, così come si è obbligato il personale sanitario a vaccinarsi lo si potrà fare, dal punto di vista costituzionale, anche con gli insegnanti. Ma non si può certo pensare di intervenire su chi fruisce del servizio pubblico, che sia l’ospedale o la scuola. Senza dimenticare che per i più giovani esiste anche un problema di affidabilità dei vaccini.