Mai dei razzi avevano preso di mira il palazzo presidenziale afghano durante la cerimonia che segna la fine del Ramadan. L’Eid al-Fitr, cioè la “festa della fine del digiuno” è una delle ricorrenze più importanti della religione islamica ed era stata finora rispettata anche nei momenti più tragici della storia afghana. Per questo l’attacco missilistico contro la “zona verde” – la cittadella iper-fortificata di Kabul dove si trovano oltre al palazzo presidenziale anche le sedi delle ambasciate, a partire da quella americana, la più dirimente per la storia recente del Paese – avvenuto lunedì mattina mentre il presidente della Repubblica, Ashraf Ghani, stava pregando, è la dimostrazione che la situazione è ormai caotica e una nuova guerra civile potrebbe non essere lontana.
Nei giorni più bui da quando è stato eletto per la seconda volta, Ghani sta cercando di evitare un conflitto interno che invece, nonostante le note stampa e le dichiarazioni ufficiali a favore di telecamere in sede negoziale a Doha, i talebani stanno propiziando. A tentare di far ricadere l’Afghanistan nel baratro del conflitto interno c’è però anche il gruppo Khorasan, cioè il movimento locale affiliato dell’Isis.
I tre razzi sparati da un’auto e atterrati vicino al palazzo presidenziale afghano sono stati infatti rivendicati dai tagliagole dello Stato Islamico sull’app Telegram. Non ci sono state segnalazioni di feriti o vittime. Non tutti, del resto, credono che gli autori siano del gruppo Khorasan, piuttosto è molto probabile che siano stati i talebani per alzare la posta e arrivare a ottenere una sorta di resa da parte del governo senza imporlo in ambito ufficiale per non sembrare chiusi al dialogo e ai compromessi. L’attacco coincide infatti con l’ampia offensiva talebana in tutto il Paese mentre le forze americane e Nato stanno completando il ritiro. A differenza del passato, i talebani non hanno dichiarato un cessate il fuoco durante la festa di Eid, nonostante gli urgenti appelli della società civile afghana e della comunità internazionale per porre fine ai combattimenti. “I talebani non hanno volontà di pace”, ha detto Ghani. “Abbiamo dimostrato di avere l’intenzione, la volontà e ci siamo sacrificati per la pace”. Lunedì 15 missioni diplomatiche e il rappresentante della Nato a Kabul hanno esortato i talebani a fermare l’offensiva, poche ore dopo che il gruppo e il governo afgano non erano riusciti a concordare un cessate il fuoco nei colloqui in Qatar.
“L’offensiva dei talebani è in contraddizione con la loro pretesa di sostenere un accordo negoziato”, si legge nella dichiarazione. Intanto il Pakistan, i cui servizi segreti crearono e sostennero i talebani in chiave anti-occidentale, nega che la propria aviazione militare stia aiutando i talebani. La corruzione è un altro problema enorme per la pacificazione del Paese. I signori della guerra, che partecipano sia al governo sia alla controffensiva militare sui talebani, hanno contribuito a devastare l’Afghanistan.