Il messaggio (registrato) di Giuseppe Conte, trasmesso sabato scorso sulla sua pagina Facebook, ha sortito l’effetto più prevedibile del mondo. È piaciuto a chi di lui ama acriticamente tutto e non ha convinto chi, quando vede Conte, reagisce come Cacciari quando vedeva la Picierno (e non solo la Picierno).
Non è stato, per scelta, un messaggio rivoluzionario. Non conteneva nulla di che, era registrato e non faceva neanche mezzo accenno agli scazzi delle settimane precedenti con Beppe Grillo. Anche i contenuti erano assai larghi e dunque difficili da analizzare. “Contaminiamoci”, “stateci vicini”, “ascolteremo le proposte dei cittadini”, “non ho mai agito per tornaconto personale” e via così. Bene la selezione di una nuova classe dirigente con scuole di formazione, affinché nel prossimo Parlamento non entri gente come Cunial (o peggio Paragone). Bene l’idea di una politica sul territorio. E bene pure l’idea di difendere le riforme volute e attuate in passato dal Movimento 5 Stelle. Per esempio il reddito di cittadinanza, ma pure la riforma Bonafede che verrebbe sventrata laddove fosse approvato quell’abominio della riforma (si fa per dire) Cartabia-Draghi. Ma è troppo presto per affermare che, con la sola presenza di Conte, tutto sia ora risolto. Tre, in particolare, i problemi.
Il primo problema è la selezione non solo della classe dirigente, ma pure la scelta dei leader di cui Conte deciderà di circondarsi. Chi sarà (se ci sarà) il vice? E da chi sarà composta (se ci sarà) la segreteria? Un conto sarebbe scegliere Azzolina (bene) e un altro Castelli (male). Un conto sarebbe scegliere Di Maio (bene) e un altro Sibilia (malissimo). Eccetera.
Il secondo problema è legato alla difesa (effettiva) di quelle riforme volute e ottenute dai 5 Stelle. Quanto è disposto Conte a lottare, e dunque rischiare, per difenderle? Da quando è nato il santo esecutivo del Divino Draghi, i 5 Stelle si sono azzerbinati con una mancanza di dignità politica sconcertante. Non contano nulla, non toccano palla e incidono meno di Castrovilli nella vittoria dell’Italia agli Europei. Stare dentro un governo di centrodestra è già di per sé imbarazzante, ma farlo pure senza colpo ferire (avendo la maggioranza relativa a Camera e Senato!) è da scellerati. Conte dovrà sancire un netto cambio di passo: basta con questo M5S eunuco, impalpabile e sommamente citrullo (per non dir peggio). Conte non è tipo da spaccare tutto, ma quando vuole la voce sa alzarla eccome (altrimenti il Recovery Fund sarebbe ancora e soltanto una chimera). È tempo di alzare quella voce, sempre che Conte voglia essere il leader di una forza votabile e non di una salma politica. Draghi si arrabbierà? Pazienza: male che vada, i 5 Stelle usciranno dal governo. Possiamo garantire che la Terra resterebbe comunque in asse.
Il terzo problema è Grillo. Questo Grillo. Se è vero (ed è vero eccome) che senza di lui e Gianroberto Casaleggio non sarebbe mai esistito alcun M5S, è altrettanto vero che dal governo Draghi in poi l’Elevato (?) le sbaglia tutte. Fino a due settimane fa Grillo e Conte neanche si parlavano. Ora, come per magia, è bastato un pranzo a Marina di Bibbona (con tanto di foto ilare) per risolvere tutto. Wow! Mica lo sapevo che la spigola avesse poteri così miracolosi. O i due sono dotati di pazienza gandhiana (Conte forse, Grillo non credo) oppure il loro è un armistizio delicatissimo. E travestito da pace santa. Davvero qualcuno crede che Grillo volesse fino a ieri la diarchia e oggi si sia magicamente placato? Via, su: c’è un limite anche alle favole. O alle prese per i fondelli.