Re ingenui e giganti fifoni: Lavia e i “diversi” di Wilde

Siamo certi che le contraddizioni della morale borghese in epoca vittoriana siano superate? Varrà la pena ascoltarle attraverso il racconto sapiente dell’attore, autore e regista Gabriele Lavia, che martedì alle 21 con Le Favole di Oscar Wilde chiuderà la rassegna “Tutta scena – Il teatro in camera al Proietti Globe Theatre”, progetto realizzato da Loft Produzioni (i biglietti sono acquistabili su TicketOne).

Il gusto per la favola dello scrittore accomuna gran parte della sua produzione ­– secondo Lavia –, a partire dalla trama inverosimile del Ritratto di Dorian Gray. Sul palcoscenico questa volta, però, non ci sarà il Wilde a cui siamo abituati, bensì quello apparentemente minore delle favole. Due titoli “o forse di più ­– precisa –, purché fino a martedì si mantenga la riservatezza sulle scelte”.

L’artista torinese ha ritrovato il poeta irlandese tra gli scaffali della libreria di casa: “Camminando per il corridoio che è pieno di libri, mi sono chiesto cosa fosse quel tomo che sporgeva. Spesso mi capita di guardare i libri che sporgono perché lì ci sono buone idee, credo si mettano così per farsi notare e ho trovato le favole del nostro Oscar”. Storie complesse e fantastiche, accomunate dal dolore per le discriminazioni subite anche in vita. “Credo che a un certo punto la favola sia diventata il suo genere prediletto – spiega Lavia ­–: sono destinate ai bambini e ai grandi che hanno ancora una fantasia viva, sveglia”.

Wilde ha raccontato attraverso i suoi personaggi il grande tema dell’accettarsi e del farsi accettare pur essendo diversi dai canoni, da quello che la società considera “normale” e dunque dalla collettività omologata. La sua storia personale, divisa tra la vita coniugale e l’omosessualità, ne è un esempio. Scrisse le fiabe quando la sua fama era già consolidata. Lo fece per i figli Cyril e Vyvyan attraverso trame malinconiche o, viceversa, divertenti; comunque strabilianti. Sono memorabili i suoi principi ingenui, le regine in incognito, i giganti insicuri, i razzi lacrimosi. Il bersaglio è sempre l’ipocrisia borghese a tal punto colma di sovrastrutture da castrare la fantasia e l’ingenuità tipiche dell’età infantile che, con le favole, viene sapientemente recuperata. “C’è una difficoltà a essere accettati – dice Lavia – anche quando si è belli o intelligenti fuori dal comune e il povero Oscar Wilde ci viene a dire che ognuno ha la sua diversità”.

“I poker con Celentano, il dualismo con Ranieri e ‘L’Allegria’ di Jovanotti”

Si definisce un testimone; un uomo che ha attraversato decenni con un bel po’ di fortuna. A 76 anni ancora si stupisce della sua vita, della carriera, degli incontri (“Ho conosciuto tutti, dai papi ai leader politici”), e arriva a immedesimarsi in Forrest Gump.

Come la Coca Cola piace da infinite generazioni, ma a differenza della bollicina caramellata, la sua formula non è segreta, eppure sembra semplice: “Sorrido, so che è più facile un sì di un no, guardo a quel bicchiere sempre come mezzo pieno, anche quattro mesi fa, quando mi sono ustionato: all’inizio ho pianto, poi ho capito di essere vivo e senza ustioni sul viso. Ci metto allegria”. E proprio L’Allegria è l’ultimo singolo di Gianni Morandi, con testo di Jovanotti, parole e rime talmente morandiane da risultare perfette (“Questa canzone è stato un aiuto per uscire da una situazione non semplice”).

Per Sergio Endrigo lei sorrideva pure da serio.

Può essere; quando sono partito dal paese non sapevo mai se fossi accettato o no. Il sorriso era una forma di difesa, come a dire: “Sono qui, facciamo quello che c’è da fare”. Forse me lo hanno insegnato i miei genitori.

Endrigo rideva poco…

A Roma abitavamo vicini; negli anni Sessanta la sede della Rca era sul Raccordo anulare e tutti noi, cantanti e musicisti, da Bacalov a Morricone, vivevamo nei dintorni; io e Rita Pavone avevamo 17 e 18 anni, mentre Sergio era sulla trentina. Ci guardava. E mentre sospirava aggiungeva: “Beati voi che siete giovani e sorridete”.

Vi frequentavate?

Era una specie di ritrovo, come andare in ufficio: si arrivava la mattina, si ascoltavano i nuovi brani, si discuteva, poi magari compariva Edoardo Vianello con un brano per l’estate, Gino Paoli che voleva produrre Lucio Dalla; Nico Fidenco che era una star; poi c’era il bar di Mario, non quello di Ligabue, dove ci incontravamo.

Il top del tempo.

Magari trovavamo Arthur Rubinstein, uno dei più grandi pianisti del mondo; oppure Frank Sinatra mentre incideva I Caroselli per la Perugina: 12 brani accompagnato dal suo quintetto; (ci pensa) quando è venuto non c’ero, avevo una serata in Salento, ma alla Rca avevano preparato festeggiamenti importanti. Lui invece arrivò, cantò e dopo un’ora e un quarto aveva già finito, senza riascoltarle. “Vanno bene”.

Torniamo alla disponibilità: ha accettato il selfie con medici e infermieri mentre era in barella.

In realtà anche in ambulanza; avevo una mano rovinata, con la pelle cadente, bruciature sui glutei, le ginocchia e dopo un po’ che stavamo lì, forse mi avevano dato la morfina, il ragazzo non ha resistito: “Facciamo una foto?”. “Va bene”. Una volta in ospedale sono arrivati gli altri scatti: forse non pensavano fossi grave, mentre sono stato ricoverato per 27 giorni.

Però ha detto “sì”.

È più difficile dire “no”, perché tocca motivarlo e poi ti becchi pure dello stronzo; il “sì” è facile e veloce.

Totti durante il lockdown usciva con la mascherina, stupito per la libertà…

È stato l’unico aspetto positivo; (ci ripensa) a me piace stare in mezzo alle persone, perché negli anni Settanta ho passato dieci anni quasi in anonimato, non mi filavano, e ho capito che è meglio venir guardati rispetto all’indifferenza.

Però…

Con mia moglie siamo andati in giro in mascherina, stupiti di poter entrare nei negozi, passeggiare senza venir riconosciuti; normalmente non è così: se sono solo va benissimo, ma un po’ mi dispiace quando c’è lei, perché magari le chiedono di scattare la foto. Fa parte del gioco.

Attraversa generazioni.

A volte mi passano il cellulare per gli auguri alla zia, alla nonna, al cognato che si sposa.

Si presta.

E al telefono devo convincerli che sono realmente io.

Quale tecnica adotta?

Inizio a cantare Fatti mandare dalla mamma (e la intona).

Suo figlio Marco detesta quel brano.

(Ride) È una specie di incubo, sembra che non abbia inciso altro; (pausa) tra una settimana, dieci anni o venti, quando me ne andrò, in televisione manderanno Fatti mandare dalla mamma. Chissà perché, forse ricorda un periodo felice dell’Italia, gli inizi del boom, o forse perché contiene due termini chiave: mamma e latte.

Un incubo…

Ho provato a toglierla dal repertorio, alla mia età mi sembrava assurdo cantarla, ma finito il concerto il pubblico ci restava malissimo e iniziava a intonarla; oramai è una forma di rituale talmente consolidato da aver perso senso. Quasi nessuno pensa al ragazzo che invita la ragazza a trovare una scusa per vedersi: ci sono nonne che la insegnano ai nipotini di tre anni.

L’altro classico è C’era un ragazzo

No, poi c’è Uno su mille , tramutata in una specie di scherzo, della serie “dai che ce la fai”, soprattutto dopo l’imitazione di Ballantini (a Striscia la notizia); comunque C’era un ragazzo è la più importante…

Scritta da Migliacci.

È l’unica canzone che ho voluto; sono arrivato alla Rca che avevo 16 anni, ho inciso a 17 e i miei interlocutori erano Ennio Morricone, Migliacci, già autore di Volare, quindi una divinità assoluta, e Luis Bacalov: con personalità del genere non potevo dire neanche “beo”. Finché un giorno, in un ristorante, Migliacci mi parlò di una canzone bellissima, e per la prima volta mi imposi: “È mia”.

Venne censurata.

Dalla Rai: “Non si può cantare contro un Paese alleato”.

Non molto tempo dopo è iniziato il periodo della contestazione e molti suoi colleghi, da Leali a Dodi Battaglia, lo ricordano come uno choc. Per loro lei ne è l’emblema…

(Scandisce la data) 5 luglio 1971 al Vigorelli di Milano.

È il lodo-Morandi.

Vero; Ezio Radaelli, patron del Cantagiro, decise di portare un ospite straniero per ogni serata, artisti come Donovan o Ike & Tina Turner, fino ai Led Zeppelin. E già tre giorni prima dell’evento arrivarono i ragazzi per accamparsi sotto il palco e aspettare i Led Zeppelin.

E voi…

Eravamo preoccupati, da programma ci dovevamo esibire prima delle star straniere: chiunque saliva sul palco si beccava di tutto, io forse più degli altri, rappresentavo l’Italia degli anni Sessanta, quella da cancellare. (Silenzio) In privato avevo insistito con Radaelli: “Ho paura”. E lui: “Ma figurati”. Poi quando hanno annunciato il mio nome ho sentito un boato clamoroso. Ed Ezio: “Hai visto? E tu che avevi timore”. Peccato che era un boato all’incontrario, sottintendeva il “vai via, hai rotto le palle”, e sono stato accolto da pomodori e lattine.

Solo quattro anni prima era l’epoca dei musicarelli.

E ovunque andassi era il delirio, anche perché non esistevano le radio libere, i personaggi non si vedevano facilmente.

Rivede i musicarelli?

Li passano di continuo, e per me sono un capitale: dentro ci sono almeno 20 o 25 brani diventati immortali, una sorta di memoria cromosomica, videoclip ante litteram.

Nino Taranto la sua spalla.

Erano bravi i produttori, consapevoli che noi cantanti non eravamo grandi attori, così ci mettevano accanto professionisti come Taranto, Enrico Viarisio, Dolores Palumbo, Raimondo Vianello, Gino Bramieri e Raffaele Pisu. Era sempre la stessa storia, con il maresciallo, la ragazza e il soldatino che cantava.

Pisu le era legato.

Con lui e Bramieri avevo un rapporto particolare, poi c’era Nino Taranto, dotato di un’autorità notevole: se il regista era in difficoltà, arrivava lui e dettava la linea. Da uomo di teatro ci teneva e molte scene erano senza copione, si ipotizzava un’idea di massima e ci si affidava all’estro.

Con Germi altra storia.

Provò a coinvolgermi in un film serio, Le castagne sono buone, con un me diverso, tramutato in un giornalista cinico, non sorridente, con i baffi. Non ero credibile, non ce l’avevo dentro.

Ogni tanto vogliono tirarle fuori un presunto lato negativo, come Cugia per la trasmissione su Rai1…

Tutti hanno un po’ la mania di voler cambiare le persone, e magari i risultati arrivano a metà; Cugia si inventò scherzi feroci con me protagonista, ma il pubblico ci restava male, s’imbarazzava, non voleva crederci; (cambia tono) chiunque ha dentro qualcosa di cinico, di finzione, delle bugie.

A poker è necessario essere finti, bugiardi e cinici. Lei gioca…

Con Adriano (Celentano, ndr), Nori Corbucci, Lino Jannuzzi, Pasquale Festa Campanile, Antonello Falqui, Claudia Mori: erano i Settanta, avevo tempo libero e volevo diventare un professionista; chi gioca molto, perde molto, non esiste il vincente.

Cosa emerge al tavolo?

Un po’ il carattere delle persone: se uno è avaro, se è spericolato, se è impulsivo; non è un gioco da buoni, al tavolo è necessario sparare all’avversario e quando lui sta perdendo devi assestargli la botta finale; (ride). Chi scherzava e rideva molto era Celentano, un matto: se uno gli rilanciava contro era contento, e andava avanti pure con punti bassissimi.

Chi era il più forte?

Renato Salvatori è stato un grandissimo, non perdeva mai: ogni giorno giocava con Adriano a Teresina, testa a testa, e Adriano perdeva sempre; Renato in quegli anni, ad alcuni, ha vinto delle case.

Quante bugie hanno raccontato su di lei?

Molte non le so. Però hanno creato dei dualismi: io contro Claudio Villa o io contro Massimo Ranieri; oddio, un po’ di competizione c’era, magari i fan di uno riportavano qualcosa di negativo all’altro, e forse ha dato fastidio la mia carriera; (cambia tono) non credo di essere un grandissimo artista, mi son trovato al posto giusto nel momento giusto.

Ne è sicuro?

Non ho fatto la storia.

E chi, allora?

Modugno e Lucio Battisti. Io no. Ero lì. Sono un testimone. E in questi decenni ho conosciuto tutti, ho incontrato tanti papi, politici come Andreotti, intellettuali del livello di Pasolini, registi tipo Bertolucci, Visconti o De Sica, attori come Sophia Loren, cantanti. C’ero. Passava il treno e lo prendevo.

Messa così sembra un Forrest Gump.

La mia storia è Forrest Gump, in fin dei conti nasco dilettante, senza scuola e senza niente, poi un arbitro di pugilato mi consiglia di tentare con la boxe, invece arriva il provino con la Rca e Migliacci racconta che il nastro con la mia canzone gli cade per terra, gli si attorciglia alla caviglia e incuriosito lo ascolta. Gli piace. Mi dà Andavo a cento all’ora.

E…

Una volta lì, per imparare, ho rubato a tutti, poi un sorriso, una manata amichevole, un abbraccio, essere positivi, allegri e non rompere le palle.

Per Fo rubare è da geni.

Realmente ho rubato a Mina, Celentano, e ora a Jovanotti: con la sua voglia di rischiare, la sua energia, il desiderio di provare cose nuove; (ci pensa) avevo la quinta elementare, e quando sono andato al Conservatorio di Santa Cecilia pretendevano la terza media: così mi sono iscritto a una scuola serale. Ci vuole fortuna e pure saper prendere gli schiaffi.

Uno su mille…

Quando ho ricominciato è stata dura, tante porte chiuse in faccia: conquistavo un centimetro alla settimana, mentre nei Sessanta galoppavo per chilometri con il cambio in folle.

Massimo Ferrero racconta di essere stato il suo autista, senza patente.

Nel 1974 vendeva i programmi del mio spettacolo su Jacopone da Todi: 1.000 lire l’uno, e gli lasciavo 100 lire. Allora viveva una situazione difficile, dormiva sotto il palco; (sorride) poco tempo fa l’ho incontrato e mi ha confessato: “Lo sai che combinavo? Dichiaravo di aver piazzato tre programmi, in realtà ne avevo venduti 30 e me tenevo i sordi”.

A cosa ha rinunciato?

A diventare ciabattino come mio padre? Ad abitare a Monghidoro? No, ho avuto solo vantaggi.

Chi è lei?

Un uomo molto fortunato che sa vedere l’aspetto positivo nei momenti drammatici.

(Gianni Morandi canta in “Domani”: “Troverò parole nuove, frasi vere non troppo consumate, per arrivare da te, per riscoprire quella speranza che ancora c’è. Nascosta nel nostro cuore”).

La tratta dei baby calciatori, tra “Fenomeni” e poveri cristi

Ogni anno, tra i 14mila e i 15mila bambini partono dall’Africa Occidentale con il sogno di diventare calciatori in Europa. Ambiscono a eguagliare i successi di campioni come Didier Drogba e Samuel Eto’o, Franck Kessie e Sadio Mané. Ma solo pochissimi ce la fanno: la maggior parte, attirata da presunti procuratori, viene invece abbandonata nella nazione d’arrivo dopo aver pagato migliaia di euro ai propri sfruttatori. Come successo a O.V., senegalese arrivato a Parigi quando aveva 17 anni, che oggi vive di espedienti in Francia: si è ritrovato in mezzo alla strada dopo che la sua famiglia aveva dato 9mila euro a un procuratore che prometteva di farlo diventare una stella del calcio mondiale e invece lo ha abbandonato. È questo il tema al centro della seconda puntata della nuova trasmissione di Rai3 Il Fattore Umano, in onda lunedì 19 luglio dalle 23.15.

Uno su mille ce la fa tre inchieste aperte

La tratta di giovani calciatori è un fenomeno internazionale che continua a crescere. Per questo la Fifa ha istituito una norma che vieta il trasferimento di minorenni da un continente all’altro per motivi calcistici. Eppure, i settori giovanili delle grandi squadre europee sono pieni di giovanissimi cresciuti in Africa. Com’è possibile? Parte da questa domanda l’inchiesta di Rai3 Il Fenomeno, realizzata tra Italia, Francia e Costa d’Avorio intervistando vittime della tratta, presunti carnefici, famiglie di bambini africani desiderosi di partire per l’Europa, investigatori, attivisti che si battono per arginare il fenomeno, ma anche ragazzi che sono riusciti a coronare il sogno. Come Christian Kouamé, oggi attaccante ivoriano della Fiorentina, arrivato in Italia da minorenne aggirando i regolamenti della Fifa. La storia di Kouamé, diventato professionista con la maglia del Prato e passato per varie altre squadre tra cui Inter e Genoa prima di approdare alla Viola, è diventata parte di un’indagine della Procura della città toscana, che nei mesi scorsi ha ottenuto il rinvio a giudizio dell’allora patron del club cittadino, Paolo Toccafondi, e di suoi collaboratori per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Si vedrà come andrà il processo penale. Di certo la giustizia sportiva, che ha già sanzionato Toccafondi e soci, ha certificato che insieme a Kouamé sono arrivati al Prato altri tre minorenni. Ragazzini che, a differenza dell’attaccante della Fiorentina, non ce l’hanno fatta. Poco male per l’ex presidente del club toscano: secondo la Procura, grazie alla vendita del solo Kouamé, Toccafondi è riuscito a guadagnare 1 milione di euro.

Sul tema del traffico di baby calciatori, finora in Italia sono state aperte altre due inchieste giudiziarie, oltre a quella di Prato: una a La Spezia e l’altra a Parma. Su quest’ultima si concentra un’altra parte della puntata de Il Fattore Umano, nuova serie di documentari sulla violazione dei diritti umani nel mondo, coordinati da Raffaella Pusceddu e Luigi Montebello. Le telecamere della Rai sono infatti arrivate nella periferia di Abidjan, Capitale della Costa d’Avorio, per ricostruire particolari inediti della storia di Drissa Camara, giovanissimo talento oggi in forza al Parma, per il cui trasferimento in Italia il procuratore Damiano Drago ha patteggiato nel 2019 una pena di 1 anno e 10 mesi per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Storie di successo che nascondono migliaia di casi di fallimento, di sfruttamento del sogno di ragazzini (e delle loro famiglie) a cui mancano le informazioni essenziali per comprendere i rischi del trasferimento in Europa.

“Minori nigeriani fuori regola”: la fifa condanna Lo spezia

“Oggi alcune reti di trafficanti di migranti lavorano proprio sfruttando il sogno dei tanti giovani africani che vogliono diventare calciatori professionisti”, spiega Jean Claude Mbvoumin, ex difensore della Nazionale del Camerun e fondatore di Foot Solidaire, ong che si occupa del tema della tratta dei baby calciatori. Un business milionario, che finalmente sta trovando spazio nel dibattito pubblico. Lo dimostra l’ultimo caso di cronaca. Venerdì, la Fifa ha condannato per questo tipo di trasferimenti lo Spezia. L’organo di governo del calcio mondiale ha detto che il club ligure, che milita in Serie A, negli anni scorsi ha violato l’articolo 19 del regolamento “avendo portato in Italia parecchi calciatori nigeriani minorenni usando un sistema finalizzato ad aggirare il suddetto articolo oltre alle norme nazionali sull’immigrazione.” Per questo, oltre a una multa da 460mila euro, la società è stata inibita per due anni dalla possibilità di partecipare al mercato.

Valigie che volano, torte e la lucertola che fa lo strip-tease

Con l’età, il celebre Ruggero Ruggeri cominciò ad avere vuoti di memoria. In una scena dove entrava con una rosa in mano, doveva annusarla e dire: “Ah, il dolce profumo della mia amata!” Quando lo fece, tutta la troupe scoppiò a ridere. Si era dimenticato la rosa.

LE GAG CINEMATOGRAFICHE

GAG SULLA FORMA DEL CONTENUTO

Completiamo la panoramica delle gag sulle unità del racconto. Dopo quelle su nuclei, catalisi e indizi, restano quelle sugli informanti (collocano l’azione nello spazio e nel tempo) e sugli attanti (i personaggi considerati secondo la loro funzione narrativa: cfr. Qc # 44). Alcuni esempi:

Informanti: luoghi

Sottrazione: il paesaggio scompare all’inizio di Duck Amuck, un cartoon con Daffy Duck (bit.ly/2TcLTNp). Aggiunzione: la pioggia su Gene Kelly che canta Singin’ in the rain (con antifrasi tra l’euforia del protagonista e il dato atmosferico uggioso: bit.ly/3h1uO0Z). Sostituzione: lo sfondo cambia di continuo in Sherlock jr. di Keaton (shorturl.at/hlvOR, da 3’10”); la stessa gag viene riutilizzata in Duck Amuck (bit.ly/2TcLTNp).

Informanti: oggetti

Sottrazione: le valigie buttate dal finestrino in Totò. Aggiunzione: il cumulo di persone e valigie in cabina coi fratelli Marx; il cappello della Garbo in Ninotchka (uno degli elementi del cosiddetto Lubitsch Touch: il dettaglio rivelatore). Sostituzione: Charlot affamato mangia laccetti con una forchetta e succhia chiodi come fossero ossicini; Allen crocifisso litiga con un altro crocifisso per il parcheggio. Permutazione: il logo di Italia1 va in frantumi colpito accidentalmente con una mazza da golf da Pangallo: bit.ly/3qGzbmF; il rettangolino web che segnala il crash viene impugnato da Maccio Capatonda per colpire il montatore geloso: bit.ly/2Ua3FRt, a 1’52”.

Informanti: gesti

Sottrazione: il dead-pan di Oliver Hardy (quando, vittima di una catastrofe di Stanlio, Ollio non reagisce affatto); la maschera fissa di Keaton; la deambulazione impedita di Winnie in Giorni felici di Beckett. Aggiunzione: lo slow- burn (la reazione pacata, ma in crescendo, a partire da un incidente minimo, come nella battaglia a torte in faccia in Stanlio & Ollio: shorturl.at/ brwzG). Sostituzione: Charlot ausculta la sveglia rotta con gesti da medico (shorturl.at/bjMZ8). Permutazione: la camminata di John Cleese nel ruolo di impiegato del Ministero delle Camminate Strambe (shorturl.at/gBNT6); il balletto di Stanlio & Ollio (shorturl.at/rxE26).

Attanti

Sottrazione: Edipo è l’investigatore e il colpevole (accorpamento di ruoli attanziali); il prete è vittima (equivoco sulla veste) e ostacolo (segreto confessionale) in Io confesso di Hitchcock; il giardiniere è un vescovo ne Il fascino discreto della borghesia di Buñuel (shorturl.at/yEOX3, a 20’). Aggiunzione: la vicenda amorosa del padrone è imitata dal domestico in Plauto, Shakespeare e Da Ponte, con similitudine dei lamenti e contrasto dei registri (raddoppiamento di ruoli attanziali con variazione). Sostituzione (commutazione, nel testo di Greimas): l’innocente che si ritrova colpevole nei film di Hitchcock.

GAG SULLA SOSTANZA DEL CONTENUTO

Sono parodie dei frame narrativi (personaggi, ambienti, azioni, avvenimenti, cambiamenti; stile; generi) e cinematografici (Qc #50).

Personaggi

Sottrazione: la zebra spaventata salta fuori dalle proprie strisce in Tex Avery (con effetto iperbolico: shorturl.at/ kxO25, a 0’05”); otto anni dopo, la stessa gag viene usata, con variazione del ruolo attanziale, in una pubblicità Kellogg’s. Aggiunzione: l’elmetto enorme di Lord Casco Nero in Balle spaziali di Mel Brooks (shorturl.at/lvJZ1). Sostituzione: la pantomima del portiere di Jacques Tati (shorturl.at/cfpB4). La gag allo specchio di Groucho Marx (bit.ly/2USvQol). Permutazione: il leone ruggisce così forte che proietta se stesso fuori dalla gola (con effetto iperbolico: shorturl.at/kxO25, a 0’20”).

Ambienti

Sostituzione: durante una parata, Woody Allen tenta di suonare il violoncello seduto su una sedia (shorturl.at/mFHMR). Un orrido tribunale dell’Inquisizione diventa il set di un musical ne La pazza storia del mondo di Mel Brooks (shorturl.at/npsET).

Azioni

Alle gag linguistiche (metaplasmi, metatassi, metasememi, metalogismi: cfr. Qc da # 16 a # 42), il cinema aggiunge le gag visive, fondate sulle stesse operazioni logiche (sottrazione, aggiunzione, sostituzione, permutazione). Sottrazione: il canguro spaventato si nasconde nella propria tasca e scompare (è una versione visiva dell’autofagia, un metalogismo, cfr. Qc #22: shorturl.at/ kxO25, a 1’15”). Aggiunzione: il cronografo al polso del signor Baxter (Peter Sellers) in un film che si svolge nel 1878 (bit.ly/3reFnCu); la scivolata sulla buccia di banana (shorturl.at/brwzG, con gag di permutazione fallita quando Ollio cerca di dare la banana che scotta a Stanlio). Sostituzione: la botta in testa alla persona sbagliata (shorturl.at/ eHIRU, a 0’20”); lo strip-tease di una lucertola (shorturl.at/ uxL56, a 1’54”); il calembour visivo (un pugile sta suonando il sax nello spogliatoio, Drebin glielo prende dicendo “Niente sax prima dell’incontro”: bit.ly/ 3qZjQNQ; il giardino giapponese: bit.ly/2TThyE1). Permutazione: “Tenente, ha un coltello! Ha una mazza! Ha un Picasso firmato!”: bit.ly/ 3xxKsIi.

Avvenimenti

Aggiunzione: le strisce della zebra scappano spaventate (shorturl.at/kxO25, a 0’08”).

Cambiamenti

Sottrazione: in un’inquadratura Drebin ha il volto sporco dopo una scazzottata, in quella dopo il volto è pulito: bit.ly/ 3xxKsIi a 1’30”. Permutazione: i cattivi di Balle spaziali rintracciano i fuggitivi guardando il VHS del film Balle Spaziali (shorturl.at/lvJZ1, a 0’15”).

Stile

Sostituzione: le parodie dei classici del cinema (Welles, Fellini, Truffaut, Godard, Bergman, Buñuel, Lelouch) nell’ultimo di Woody Allen, Rifkin’s Festival (bit.ly/35FivlG).

Genere

Aggiunzione: il cast del film western invade il set di un musical in Mezzogiorno e mezzo di fuoco di Mel Brooks (shorturl.at/hLMQ4, a 1’12”). Sostituzione: nel finale del western di Mel Brooks, i due protagonisti si allontanano a cavallo verso il tramonto su musica epica, ma li attende una limousine con chauffeur: salgono in auto e vengono portati via (shorturl.at/dxzTV).

Frame cinematografici

Aggiunzione: la comparsa delle sagome nere degli spettatori al cinema, con il personaggio del cartoon che interagisce con loro (shorturl.at/qtuN8, da 8’52”); una gag isologa è nella Rosa purpurea del Cairo di Woody Allen (shorturl.at/pxZ39, a 1’00”). Poco dopo, altra gag, il protagonista esce dallo schermo: la gag isologa reciproca è in Sherlock Jr. (1924), dove Keaton entra nello schermo (shorturl.at/hlvOR, a 2’45”).

(64. Continua)

 

Spd-Cdu: la sfida della ricostruzione

Berlino vuole ricorrere al piano di ricostruzione usato già per l’alluvione del 2002. Ma mentre si contano ancora le vittime, molti si chiedono se la tragedia poteva essere evitata.

Molti miliardi e molto tempo. E anche moltissima meticolosità. È quello che servirà per la ricostruzione dei Länder divorati dal fango dei fiumi ingrossati dai diluvi, quei treni liquidi che irrefrenabili hanno inghiottito palazzi, case, cittadini della Germania ovest. “Ci sarà bisogno di un grosso sforzo finanziario. Ripareremo case, ricostruiremo ponti, rifaremo strade, ma le vite perse sono insostituibili”. Per Armin Laschet, il candidato alla cancelleria dei democristiani della Cdu, la Repubblica Federale deve ricostruirsi proprio come ha già saputo fare due decadi fa: “Il modello è l’alluvione 2002”. Laschet, proprio come fece Gerhard Schröder dopo l’alluvione di 20 anni fa, ha immerso subito i suoi stivali nel fango per mostrarsi agli elettori prima delle urne del prossimo 26 febbraio. Anche Olaf Scholz, ministro delle Finanze e candidato della Spd, è subito andato in Renania per promettere aiuti insieme al premier del suo partito, Malu Dreyer. Per il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, invece, bisogna seguire i passi intrapresi dopo lo straripamento dell’Elba e Danubio nel 2013, quando le somme stanziate per gli aiuti finirono per ammontare ad 8 miliardi. “Perché in questo momento quello che serve”, ha riferito alla tv pubblica Zdf il capo del dicastero, è “una dimostrazione nazionale di forza, così che alle cose più terribili verrà subito rimediato”. Dai governi statali e da quello centrale di Berlino sono stati già promessi aiuti a privati e aziende. Tagliate tasse e pagamenti anticipati ai cittadini colpiti dal disastro, ora in attesa di bonifiche e ricostruzioni che inizieranno quando l’acqua comincerà a defluire e riemergeranno a galla macerie e altri morti, che al momento risultano solo dispersi. Solidarietà l’hanno mostrata cittadini comuni, qualche banca, come la Nrw, che ha azzerato i tassi di interesse sui debiti, e la lega calcistica nazionale, che ha stanziato tre milioni di euro per quanti hanno perso tutto. Almeno trecento persone sono state salvate con le funi calate dagli elicotteri della polizia nelle ultime ore. Ma mentre i soccorritori tentano di limitare danni, e soprattutto che aumenti il numero delle vittime che al momento superano il centinaio, cominciano le critiche di quanti si chiedono se il disastro poteva essere evitato. “Non possono morire così tante persone per un’alluvione nel 2021” ha detto l’esperta di idrologia Hannah Clocke, che ha definito la tragedia “un monumentale fallimento del sistema”. Nonostante fossero state allertate dall’Istituto meteorologico, le autorità locali non hanno fatto evacuare i cittadini prima delle precipitazioni.

Iniziato il grande esodo dal regime dei Talebani

Uzra va orgogliosa del proprio nome perché è lo stesso della prima donna afgana, di etnia hazara, diventata sindaco. Quando nel 2009, otto anni dopo l’inizio della guerra statunitense contro il regime dei talebani fiancheggiatori di Bin Laden, Uzra Jafari fu nominata prima cittadina di Nili, nel centro montuoso del paese, la sua omonima aveva appena compiuto 5 anni. Allora la piccola Uzra, che già aiutava i genitori e i due fratelli a gestire la povera economia familiare basata sulla pastorizia, coltivava la speranza di poter andare a scuola come Ahmad, il fratello maggiore, rifugiato in Grecia da due anni dove lavora per una Organizzazione non governativa.

L’etnia hazara, un tempo la più ingente tra le minoranze che popolano l’Afghanistan, è stata la più perseguitata dai talebani essendo i propri membri di fede musulmana sciita. Sia i talebani, sia i rivali del gruppo Khorasan affiliato dell’Isis, così come l’establishment di Kabul sono invece “devoti” all’islam sunnita. Dopo essere riuscita a frequentare la scuola grazie alla ritirata dei talebani e ai dollari guadagnati da Ahmad, che nel frattempo era stato ingaggiato come traduttore dagli americani nella base militare di Kabul per la sua conoscenza dei dialetti locali, Uzra ora è in fuga da giorni assieme a un gruppo di ragazzi e ragazze hazare verso il Turkmenistan. Siamo riusciti a scambiare con lei alcuni messaggi : “Per noi donne, per giunta di etnia hazara, la rimonta dei talebani è una vera e propria sciagura. Non ci rimane che tentare di fuggire dal paese. Avrei voluto andare verso oriente per raggiungere l’Iran, dove i miei genitori avevano già vissuto come rifugiati durante il regime dei talebani nella seconda metà degli anni Novanta e pertanto hanno contatti, ma la maggior parte dei valichi sono già controllati da questi mostri che vogliono farci tornare alla preistoria. Non ci resta che raggiungere il confine nord-occidentale per tentare di entrare in Turkmenistan e quindi procedere verso la Turchia e la Grecia, dove spero mio fratello mi aiuterà a trovare lavoro”. Il lungo confine con il Turkmenistan non è stato ancora messo del tutto sotto controllo dai talebani che hanno dato la precedenza alla conquista dei distretti nord-orientali, dove stanno uccidendo senza pietà civili e soldati regolari già in stato di resa. Distruggono le infrastrutture per privare i villaggi di elettricità per bloccare le telecomunicazioni. “Sono disposta a morire piuttosto che rimanere in Afghanistan sotto il tallone dei talebani. Se fossi riuscita a raggiungere l’Iran dove la maggior parte della gente è di religione sciita come noi hazari, avrei avuto più possibilitá di farcela, ma a questo punto non posso scegliere. In Turkmenistan le condizioni sono più sfavorevoli a causa della dittatura, della religione e della tipologia del territorio che ci rende maggiormente vulnerabili. Non sono potuta partire con mio fratello due anni fa perchè i soldi che aveva per pagare i trafficanti non erano sufficienti per entrambi. Ora ho con me 5mila dollari frutto del lavoro di Ahmad in Europa. I miei genitori me li hanno dati, pur avendone bisogno, perché sanno che io sono la persona della famiglia più esposta alla vendetta dei talebani£.

Migliaia di afgani sono da giorni in fuga verso la Turchia nella speranza di imbarcarsi clandestinamente verso le isole greche. Ma il trattato di respingimento stipulato nel 2016 tra Ankara e Bruxelles rende questo obiettivo molto difficile da ottenere. Il fratello di Uzra aveva deciso di lasciare il paese quando si era visto rifiutare il visto per gli Stati Uniti, promesso da Washington agli afgani che hanno collaborato con i propri militari, mentre iniziavano a Doha i colloqui voluti dall’allora presidente Trump per il ritiro militare, realizzato dal successore Joe Biden questo mese.

“Carcere e minacce non ci fermano più Cuba ora è alla svolta”

“Impossibile far uscire le informazioni da Cuba. L’opposizione non può permettersi media propri e quelli che possono farlo sono i fuoriusciti accusati di venire finanziati dagli Stati Uniti”. Carlos Fuentes è un giovane artista cubano di stanza ad Amsterdam che, come molti suoi colleghi schierati al fianco dei concittadini in rivolta nell’isola caraibica, vuole portare la loro voce in Europa, soprattutto da quando lunedì il governo di Miguel Diaz-Canel ha staccato Internet. “Le proteste non sono terminate né il regime è riuscito a sedarle. Dopo gli arresti di massa di questi giorni e con le strade militarizzate, a scendere in piazza sono sempre meno persone. Ma Diaz-Canel non si dia per vincente”.

“Le manifestazioni iniziate domenica scorsa segnano uno spartiacque per il regime. Sono molto più forti e più numerose del Maleconazo del ’94. Non so come andrà a finire, soprattutto viste le rappresaglie della polizia, ma questa volta i cubani non si accontenteranno delle briciole per farsi azzittire, ormai il gioco del regime è scoperto”.

Dayron Ramos e Arianna Torres, laureati in Fisica nucleare all’Università de L’Avana, rispondono da Bari, dove nel 2019 hanno vinto un dottorato di ricerca: “A Cuba c’è un’unica compagnia che fornisce i dati Internet ed è governativa. Nel 2018 ha iniziato la sua attività sui cellulari. Nel 2019 ha sperimentata l’attivazione e la disattivazione per settori. Ciò che è successo in questi giorni di rivolta attraverso i social: la Rete è stata disattivata completamente e solo da giovedì sera hanno riattivato l’accesso a Facebook”, spiega Dayron. Il giovane fisico è originario della città in cui hanno avuto inizio le rivolte, San Antonio de los Baños, 35 km da L’Avana, patria della cinematografia per volere di Gabriel Garcia Marquez che lì fondo il Centro sperimentale nel 1986 con apparecchiature di ultima generazione. “Staccare Internet era imprescindibile – racconta Dayron –, è dai gruppi sul mercato nero di generi alimentari che è partita la rivolta. Gruppi WhatsApp e Facebook di cittadini stanchi dei black out elettrici che nelle ultime settimane li hanno lasciati otto ore al giorno senza luce. Questo dopo i vaccini obbligatori, ma non testati anche sui bambini mentre la pandemia avanza”. “Probabile che le conversazioni fossero spiate dal governo, oppure no. Per la prima volta il regime è stato colto di sorpresa”, continua Arianna. La fisica che studia a Bari è convinta che Diaz-Canel non riuscirà a fermare la rivolta. “Non so cosa cambierà – prosegue – ma i cubani hanno aperto gli occhi”.

Intanto a Cuba “sono centinaia gli scomparsi – ci dice Carlos. Quando la situazione è sfuggita di mano e le proteste sono dilagate in molte città come mai prima, il regime è andato a cercare gli intellettuali leader delle rivolte del novembre scorso, casa per casa, li ha fermati per qualche giorno e poi rilasciati. Questo per incutere timore al resto dei cittadini. Ma Diaz-Canel non capisce è che questa è una rivolta senza leader”. “Ci siamo riuniti fuori dall’Istituto cubano di Radio e Televisione (Icrt) per esigere in modo pacifico il diritto ad avere diritti: replica televisiva (alle dichiarazioni tv del presidente Diaz-Canel, ndr), accesso ai notiziari, fine della repressione e della criminalizzazione delle opinioni non allineate e a chiedere 15 minuti per leggere ai cittadini le nostre idee. Eravamo artisti, intellettuali, attivisti Lgbt, cattolici: un’unica Cuba con dolori da parto al grido di ‘solidarietà per i detenuti del carcere di Hamlet Lavastida e per tutti i cubani spogliati della propria dignità”. Il racconto che Carlos condivide con noi è quello di un amico artista, Leo Fdez Ocaño, portato via “da 5 ufficiali della sicurezza dello Stato su un camion come un animale insieme ad altre 6 persone” prima in commissariato per un duro interrogatorio di sei ore in quanto “capetti della rivolta” e poi in carcere per essere rilasciati dopo aver tentato invano di far scrivere loro un’ammissione di colpevolezza. “Un’esperienza comune a molti amici” conclude Carlos. “Non ci sono soltanto i rastrellamenti. Tra i manifestanti vengono infiltrati cittadini istruiti alle arti marziali, finti cubani in difesa del regime”.

“La strategia del governo è vecchia. Ora inizia con le contromanifestazioni di cittadini-comparse per mettere in scena la difesa di Cuba dai traditori pagati dagli americani”, avverte Dayron poco prima che Diaz-Canel parli alla folla. Per i due fisici “la soluzione sta all’Onu, dove Cuba ha una poltrona e che può esigere il rispetto dei diritti umani”. “Il presidente Usa non farà niente, l’ha già detto. Ma il Papa e l’Onu possono intervenire per non lasciare solo i cubani”, dice Arianna. “Non abbiamo intenzione di resistere ancora perché per qualche sinistrorso venuto qui un paio di giorni con un cocco in mano a importunare le nostre ragazze siamo il faro dell’America Latina”, è il messaggio su Facebook del regista del film Santa y Andrés, Carlos Lechuga. “Fatevi da parte e lasciateci raccontare la nostra storia”.

 

 

MailBox

 

Tav e opere pubbliche: solo spreco di denaro

Si può avere piena comprensione per lo spreco di risorse pubbliche rappresentato dalla nuova linea Torino-Lione, “bandiera” dei 5S, perché da sempre resistenze locali di una valle già afflitta da un’autostrada e una ferrovia normale con poco traffico. Il giornale deve tener conto che i tempi sono cambiati dalla dichiarazione di Toninelli del 29 marzo 2019: “i 5S da oggi diranno di sì a qualsiasi grande opera, escluso il Tav”.

Da allora viene detto sì a tutto, al nord, al centro e soprattutto alla Av al sud (promossa dal governo Conte senza analisi di sorta): opere che saranno semi-deserte (altro che Tav) e costeranno almeno 10 volte di più. Giusto prendersela con quell’opera simbolica, ma non mi pare lecito non affiancare ogni volta i numeri complessivi reali, dati che la fanno diventare, in realtà, piccola in termini relativi. Anche i numeri contano.

Marco Ponti

 

Medici e infermieri si devono vaccinare

Nel Servizio Sanitario Pubblico, o quel che ne rimane, è tollerabile che medici e infermieri non rispettino le indicazioni del loro datore di lavoro, ovvero la collettività nazionale? Che non rispettino il diritto alla salute dei pazienti, non proteggendosi con il vaccino? È tollerabile l’obiezione di coscienza nei confronti delle leggi dello Stato, come nel caso dell’interruzione di gravidanza o della somministrazione della pillola del giorno dopo?

Ma siamo uno Stato laico o confessionale? Se non rispettano le leggi di chi li paga, con i soldi dei cittadini, che hanno il diritto a quelle cure, prego… quella è la porta.

Melquiades

 

Sblocco licenziamenti: sindacati, ci siete?

Non si spiega lo sgomento che stanno provocando le centinaia, migliaia di licenziamenti. Mi domando: cosa ci si aspettava? Davvero qualcuno sano di mente ha creduto alla favola che governo, sindacati e Confindustria, hanno raccontato circa la necessità di sbloccare i licenziamenti “per ripartire”?

Draghi, Orlando, Bonomi, Landini: tutti sapevano qual era la situazione, centinaia di vertenze (i cosiddetti “dossier”) erano accumulati al Mise, l’unico argine alla frana era il blocco decretato dal governo Conte II, tolto quello la slavina ha iniziato a muoversi, inarrestabile. Ma cosa poteva succedere di diverso da quello che sta succedendo? Davvero qualcuno si illudeva che, “volontariamente” (obbligarle pareva brutto), gli industriali avrebbero usufruito delle famose 13 settimane di cassa integrazione gratuita, col rischio di qualche improbabile, ma sempre possibile, ripensamento governativo? Era tutto previsto, da quando Draghi ha sostituito Conte, i giochi erano fatti: Bonomi chiede, Draghi concede.

Landini e colleghi dovrebbero avere il coraggio di opporsi veramente a questo governo Confindustriale, a questo punto, viene da chiedersi che altro deve succedere per svegliare finalmente le organizzazioni che dovrebbero difendere gli interessi dei lavoratori.

 

Europei: la parata in strada era da evitare

Condivido appieno le osservazioni di Travaglio. Volevo tuttavia far notare che il colpevole primo della situazione che si è creata (obiettivamente difficile da gestire) è stato uno solo.

Il nostro beneamato premier che, fuori da ogni regola, ha voluto mettere il cappello sulla vittoria agli Europei. Tutto poteva finire, come da tradizione, al Quirinale in sua presenza, evitando l’attraversamento delle vie di Roma, che non poteva non creare problemi. Perché non dirlo?

Renato DeChaurand

 

Caro “Fatto”, attenzione a confondere Pd e Pdl

Gentile redazione, stavo leggendo l’articolo del 15 luglio di Giacomo Salvini, un buon cronista che ho avuto il piacere di conoscere e intervistare, quando ho notato un errore.

Nel punto in cui parla dei “capogruppo e vice capogruppo del Pd al Senato, Maurizio Gasparri e Gaetano Quaglierello”, penso gli sia scappata un “l” di troppo, appartenendo i due geni in questione al Pdl.

Andrea Campanelli

 

In effetti, è difficile – almeno sulla giustizia – distinguere Pdl e Pd.

M. Trav.

 

Non solo prescrizione: si intervenga sui rincari

Gentile Direttore, Alessandro Robecchi nell’articolo del 14 luglio, segnala le difficoltà delle famiglie senza reddito dopo i licenziamenti, le quali dovranno rimandare l’acquisto di un paio di scarpe, un biglietto del cinema o una gita fuori porta: tutte cose vere, ma le famiglie italiane sono abituate a stringere la cinghia e a rimandare i divertimenti. Quello che fa più paura sono le bollette, quelle non si possono rimandare, i continui aumenti del gas, della Tari, e pure della spesa quotidiana. Le maggiori preoccupazioni delle famiglie sono taciute dai giornali per non disturbare Draghi. Il governo intanto si interessa di banche, di prescrizione e non si esprime su rincari e licenziamenti in atto, che ci mettono in difficoltà.

Antonio Perrone

Comunali a Roma: “Michetti chi?”

 

“Michetti è come mister Wolf, risolve problemi”.

Giorgia Meloni

 

 

Meriterebbe più attenzione Enrico Michetti, candidato dalla destra a sindaco di Roma, per la semplice ragione che i sondaggi lo danno in vantaggio e dunque quasi sicuramente al ballottaggio. Mentre più incerta, al momento, appare la corsa di Roberto Gualtieri, Carlo Calenda e Virginia Raggi, sindaca uscente che malgrado i bombardamenti sull’eterna questione rifiuti è ancora in gara nei pronostici. Lo slogan autoironico “Michetti chi?”, che riempie manifesti e cartelloni stradali, sembra abbastanza azzeccato purché al punto di domanda si sostituisca, e rapidamente, qualcosa di meno vago. Per ora, l’avvocato-tribuno divenuto popolare dai microfoni dell’emittente romana Radio-Radio sembra impegnato soprattutto a smentire una serie di fraintendimenti sulla sua persona, non proprio commendevoli. La storia del saluto romano, per esempio, “quello con la mano aperta”, che lui ebbe a definire “più igienico”, e che gli viene stucchevolmente rinfacciato in certi salotti televisivi de’ sinistra come segnale di una qualche inconscia propensione fascistoide. Mentre rivela solo la mancanza di argomenti più seri. Poi c’è il Michetti “Mr. Wolf che risolve problemi”, slogan coniato dalla leader di FdI, e anche qui si tratta di un disguido abbastanza imbarazzante. Visto che nella famosa sequenza di “Pulp Fiction”, citata a sproposito, il magnifico Harvey Keitel è un esperto criminale che accorre in soccorso di due killer non troppo svegli, John Travolta e Samuel L. Jackson, che hanno involontariamente fatto esplodere il cervello a un malcapitato ostaggio nella loro auto. Ora va bene tutto, ma non ce lo vediamo proprio il mite avvocato romano mentre ordina: “In garage avete un cadavere a cui manca la testa, portatemici”. Oppure: “Prendete il corpo e mettetelo nel portabagagli”. Per non parlare della scena dei detersivi richiesti da Mr. Wolf alla coppia intronata incaricata di svolgere una missione piuttosto sgradevole: “Dovete togliere tutti quei pezzetti di cervello e di cranio”. Quindi, nell’invitare Giorgia Meloni a un attento ripasso della filmografia di Quentin Tarantino (ma anche sul Green Pass paragonato alla “dittatura del pensiero unico di Orwell”, non ci siamo), resta l’interrogativo: “Michetti chi?”.

 

Germania e Belgio, inondazioni causate dalla “depressione”

In Italia – Archiviato il quarto giugno più caldo dal 1800 nel Paese, la prima metà di luglio è trascorsa più fresca al Nord, con temperature mezzo grado sotto media e temporali. La depressione “Bernd”, causa delle inondazioni in Europa centrale, si è fatta sentire anche da noi specie martedì 13. Nubifragi da 200 mm in Val d’Ossola, dove il fiume Toce ha invaso la centrale idroelettrica di Verampio, e sulle prealpi vicentine con colate detritiche sulle strade. Molti danni per una tempesta di vento sul Garda e grandine da 6 cm di diametro a Torino e nel Mantovano, inoltre le imponenti grandinate hanno fracassato il muso di un Boeing 777 appena decollato da Malpensa e coperto con mezzo metro di ghiaccio le vie di Castellinaldo (Cuneo). Quasi indenne il Sud, dove la calura è proseguita (39,8 °C a Bari) attenuandosi solo da giovedì. Nel 2020 la cementificazione del territorio non è andata in lockdown, dice il nuovo rapporto Ispra sul consumo di suolo, proseguendo al ritmo di 2 metri quadrati al secondo (60 km2 nell’anno) e compromettendo servizi ecosistemici tra cui produzione agricola, assorbimento di carbonio e acqua piovana durante i nubifragi, e raffrescamento estivo da parte della vegetazione. Urge una legge per bloccare questo scempio.

Nel mondo – A scatenare le catastrofiche alluvioni tra Ovest della Germania, Belgio, Lussemburgo, Francia nordorientale e Olanda, tra le peggiori mai sofferte in queste zone, sono state piogge eccezionali fino a 209 mm in 9 ore mercoledì 14 (50 km a Ovest di Coblenza), quasi il triplo della media dell’intero mese di luglio, cadute su suoli già saturi per le precipitazioni delle settimane precedenti in Europa centro-occidentale (in Bretagna è l’estate più bagnata in oltre mezzo secolo). Almeno 162 morti tra Germania e Belgio e 1.300 dispersi, oltre alla distruzione di abitati e reti di comunicazione. Il fiume Ahr, affluente del Reno, è tra quelli che hanno provocato i disastri peggiori, in poche ore è salito di 5 metri sommergendo zone funestate anche nel giugno 1910, ma i climatologi ritengono che l’evento attuale sia stato amplificato dai cambiamenti climatici. Fiumi e laghi in piena anche in Svizzera, flash-flood pure a Londra, e ulteriori alluvioni in Kirghizistan e Uzbekistan (15 vittime), Turchia, Giappone e Colombia. Di nuovo caldo straordinario nell’Ovest americano (54,4 °C nella Death Valley, pari merito col record mondiale del 16 agosto 2020 nello stesso luogo, ma il dato è in fase di verifica), in Marocco (49,6 °C) e Finlandia (33,9 °C), alle prese con l’ondata di calore più lunga della sua storia. Molto freddo invece in Sudafrica, -10 °C in Namibia, a un soffio dal record storico nazionale. L’agenzia meteo americana Noaa segnala che giugno 2021 è stato il più caldo in Africa e Nordamerica, secondo in Europa e Asia, e quarto in un secolo e mezzo nel mondo (anomalia +0,88 °C) malgrado il gelo più intenso del solito in Antartide. La Commissione europea ha presentato dodici misure per ridurre le emissioni serra del 55% entro il 2030 rispetto al 1990: la strada è giusta ma l’ambizione non è ancora all’altezza degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Alcuni lettori contestano i dati che segnalo in questa rubrica, come i 41,7 °C di Siracusa citati domenica scorsa, attendibili e ufficialmente rilevati dal servizio agrometeorologico siciliano (Sias) in località Monasteri a 5 km dalla costa; non è un record, ma nell’insieme dell’isola il caldo dell’ultimo mese ha pochi eguali in passato. Chi nega la crisi climatica seminando dubbi e disinformazione scientifica per mantenere lo scellerato status quo dell’economia fossile ha gravi responsabilità verso le generazioni future. Sono i “ Bugiardi del clima, titolo del libro della giornalista ambientale Stella Levantesi, appena uscito per Laterza.